Il tema di cui si è iniziato l'esame con intervento sul portale del 5 aprile u.s., trae origine, come già osservato, dalla lettura della massima P.B.1 (degli orientamenti del comitato triveneto dei notai in materia di atti societari): deliberazioni sulle perdite di società soggette a concordato preventivo o ad accordo di ristrutturazione dei debiti omologati.
L'art. 182-sexies l. fall., introdotto dall'art. 33 del D.L. 22/06/2012 n. 83, dispone la sospensione delle norme in tema di tutela dell'integrità del capitale sociale con decorrenza dalla data di deposito della domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo o del ricorso per ottenere l'omologa dell'accordo di ristrutturazione dei debiti, fino all'emissione del provvedimento di omologazione di entrambe le citate procedure rispettivamente concorsuale e preconcorsuale di gestione delle crisi di impresa.
Con l'omologa del concordato preventivo, come noto, chiudendosi la procedura, si rende definitivo l'accordo stipulato con i creditori con la possibile utilizzazione del cd. bonus da concordato (differenza tra il debito nominale e quanto effettivamente pagato); ne consegue che il deficit patrimoniale potrebbe trovare copertura senza che gli artt. 2446 comma 2 e 3, 2447, 2482-bis commi 4, 5 e 6, 2482-ter e 2484, n. 4 c.c. tornino ad assumere operatività (particolarità rilevano, come di seguito, per i concordati con continuità aziendale).
Analoga situazione si determina con il bonus da esdebitazione negli accordi di ristrutturazione dei debiti.
Il citato intervento del comitato triveneto dei notai, oltre che prevedere l'anzidetta operatività per attuare la copertura del deficit patrimoniale post omologa, evidenzia anche la possibilità di rivalutare i beni sociali, rivalutazione che può rappresentare la differenza tra costo di libro rispetto al valore espresso dal piano attestato (del tema si è trattato con il precedente intervento summezionato).
Lo studio richiamato individua anche nell' “eventuale previsione che contempli il pagamento di una percentuale di determinate passività con utili futuri prodotti dalla società” altra metodica per superare il citato deficit patrimoniale.
Il Comitato del Triveneto dei notai così motiva tale possibilità:
“Qualora, invece, sia garantito il pagamento di una determinata percentuale di passività con utili futuri il cui conseguimento è “certificato” nel piano, pena la risoluzione della procedura, detta percentuale di passività non potrà essere stralciata dalla situazione patrimoniale, in quanto rimane attuale, ma dovrà essere controbilanciata con l'inserimento di una specifica posta dell'attivo che evidenzi l'utile atteso, una sorta di “avviamento da piano di ristrutturazione”.
In conclusione, si ritiene che i bilanci e le situazioni patrimoniali di una società ammessa ad una procedura di concordato preventivo in continuità o ad un accordo di ristrutturazione dei debiti debbano essere redatti in modo da rappresentare in maniera chiara, veritiera e corretta gli effetti del piano omologato sul patrimonio della società, derogando, ove necessario, alle disposizioni di legge con ciò incompatibili ai sensi dell'art. 2423, comma 4, c.c., rendendo in tal modo possibile la corretta applicazione delle norme codicistiche che tutelano l'integrità del capitale sociale”.
L'ipotesi all'attenzione è quella riferita a procedure di concordato preventivo in continuità aziendale (art. 186-bis l. fall.) o a procedura di accordo di ristrutturazione dei debiti in cui rileva continuità (art. 182-bis l. fall.).
In particolare le passività concordatarie o da accordo vengono soddisfatte con i flussi di liquidità attesa; ne consegue che con l'omologa, pur determinandosi il cd. bonus da esdebitazione, lo stesso non potrebbe essere imputato a conto economico, tra le sopravvenienze attive, in quanto le risorse destinate alla soddisfazione del debito non presentano il medesimo grado di attendibilità dei debiti (su questa interpretazione del comitato dei notai, a parere di chi scrive, vi sono dubbi sia dal punto di vista aziendalistico che giuridico).
La continuazione dell'attività di impresa è la base su cui si fonda, attraverso i flussi di liquidità, la possibilità di far fronte, per la durata del piano, agli impegni assunti con i creditori.
La soluzione proposta dallo studio “notarile” è di estrema attualità ma di grande delicatezza, dato che prevede la valorizzazione dei flussi finanziari futuri, flussi su cui il piano concordatario o di accordo fonda la soluzione della crisi.
E' vero che il piano è stato asseverato, visionato dal commissario giudiziale (nel concordato preventivo) e approvato dai creditori (sia nel concordato che nell'accordo), ma di contro va sottolineato come, aziendalisticamente, la soluzione prospettata non si presta a un facile inquadramento contabile; neppure in chiave di deroga ex art. 2423, comma 4, c.c. risultano soddisfacenti gli elementi alla base di tale operatività con particolare riferimento alla sua oggettiva quantificazione.
Una chiave di lettura, per potere dare corpo aziendalistico alle indicazioni del Comitato Notarile del Triveneto (una sorta di “avviamento da piano di ristrutturazione”), potrebbe intravedersi traendo spunti dall'OIC 5 “Bilanci di liquidazione”, considerando che la situazione della società in concordato preventivo o in accordo di ristrutturazione dei debiti per la fase ante omologa (in ambito della sua esecuzione) può essere inquadrata in una specie particolare di liquidazione (attività destinate al pagamento dei debiti: flussi prospettici e alle passività da pagare, cristallizzate dalla proposta e dall'omologa).
Approfondendo l'esame del principio OIC 5 si osserva:
- al capitolo 4.3.1, lettera d), relativamente all'avviamento è prescritto che: “… l'avviamento originario può essere iscritto all'attivo del bilancio iniziale di liquidazione in un solo caso: qualora vi sia un impegno contrattuale per la cessione in uno o più rami d'azienda …”. Sembra difficile assimilare l'ipotesi “notarile” a quella prevista dal principio contabile, considerando poi che l'art. 2426 c.c. al n. 6 prevede la possibilità di iscrivere tale posta solo se acquisita a tiolo oneroso;
- al capitolo 4.3.2. rileva l'analisi del “Fondo per costi ed oneri di liquidazione”, fondo che, sulla base del citato principio, ha “la funzione (…) di indicare l'ammontare complessivo dei costi ed oneri che si prevede di sostenere per tutta la durata della liquidazione, al netto dei proventi che si prevede di conseguire, i quali forniscono una copertura (…) di quei costi ed oneri”. Nel caso in esame, potendo tale fondo avere un saldo attivo, lo stesso dovrebbe essere contabilmente rappresentato tra le immobilizzazioni immateriali.
Partendo da tale assunto si può ritenere (sempre seguendo l'interpretazione del Comitato) che i proventi prospettici rappresentati dai flussi di liquidità e al servizio del debito (concordatario o da piano) possano essere capitalizzati tra le immobilizzazioni immateriali (in specifica posta) avendo quale contro-partita l'esposizione debitoria cristallizzata ante omologa valutata con il metodo del costo ammortizzato.
Tale metodo, si ricorda, consiste, secondo le indicazioni dell'OIC 19, nella versione sottoposta in consultazione ed emessa post D.Lgs. n. 139/2015, come il valore a cui “l'attività o la passività finanziaria è stata valutata al momento della rilevazione iniziale al netto dei rimborsi di capitale, aumentato o diminuito dell'ammortamento cumulato utilizzando il criterio dell'interesse effettivo su qualsiasi differenza tra il valore iniziale e quello a scadenza e dedotta qualsiasi riduzione (operata direttamente o attraverso l'uso di un accantonamento) a seguito di una riduzione di valore o di irrecuperabilità”. Sempre utilizzando le definizioni dell'OIC 19, in tale ambito, il tasso di interesse effettivo “è il tasso interno di rendimento, costante lungo la durata del debito, che rende uguale il valore attuale dei flussi futuri derivanti dal debito e il suo valore di rilevazione iniziale”.
Tale metodo sarà, nel caso di specie, utilizzato per attualizzare i debiti cristallizzati all'omologa ma che vengono pagati, sulla base del piano, in date future. Dovendo prestare particolare attenzione al fattore temporale l'attualizzazione dei debiti, già in fase di rilevazione iniziale, dovrà sensibilmente apprezzare i debiti non produttivi di interessi o con un tasso significativamente diverso da quello di mercato.
Venendo ora ad un'esemplificazione, valga quanto di seguito, ricordando che il proposto recepimento contabile va fatto alla data della omologa:
Valore attuale flussi di cassa prodotti dalla gestione futura esposto nell'attivo patrimoniale lasciando invariate le passività che va a coprire (orientamento Notai Triveneto)
Situazione ante omologazione
Passività 1.000.000
Patrimonio netto: (200.000)
Post omologazione-soddisfazione proposta ai creditori 50%
Passività 1.000.000
Patrimonio netto: 300.000 (500.000 – 200.000)
Immobilizzazioni immateriali: 500.000
Altre immobilizzazioni immateriali attivo situazione patrimoniale B7
(Valore attuale flussi di cassa gestione futura)
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a
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Altre riserve passivo situazione patrimoniale A VI
(Riserva di ristrutturazione)
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500.000
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500.000
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Tale previsione consente, pur mantenendo inalterata nello stato patrimoniale l'esposizione debitoria oggetto di ristrutturazione, di dare rilievo agli effetti degli accordi omologati con i creditori. La rappresentazione in bilancio ha diretto effetto sul patrimonio netto mediante iscrizione nell'attivo patrimoniale di una voce immobilizzata relativa ai flussi futuri generati dall'impresa a servizio dei creditori secondo quanto concordato con gli stessi.
Ciò dovrebbe, secondo le indicazioni molto sintetiche contenute nella motivazione sul tema a cura del consorzio dei notai del triveneto, consentire di poter superare il cd. deficit patrimoniale rispettando l'operatività degli artt. 2446, commi 2, 3; 2447; 2482-
bis, commi 4, 5 e 6; 2482-
ter e 2484 n. 4 c.c.
Al momento in cui si procederà, sulla base dei flussi, a fare fronte al pagamento dei debiti, si stornerà la scrittura che precede operando con la classica registrazione:
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debiti a sopravvenienze attive
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Nel caso in cui i flussi non si determinassero sufficienti a coprire gli impegni assunti potrebbe rilevare l'applicazione dell'
art. 186 l. fall. (Risoluzione e annullamento del concordato) (e forse dell'
art. 183 l. fall. – Reclamo - nell'accordo di ristrutturazione).
Quanto alla deroga di cui all'art. 2423, comma 4, c.c. si potrebbe sostenere, sempre richiamando l'OIC 5, che l'iscrizione iniziale tra le immobilizzazioni immateriali della valorizzazione dei flussi attesi, pur costituendo “una deviazione dai principi contabili applicati al bilancio di esercizio, consente di rappresentare in modo chiaro e preciso i fatti aziendali”. Di tale situazione dovrà fornirsi motivata analisi in nota integrativa.
Alternativa contabile (a parere di chi scrive, sicuramente più corretta e meno problematica sia aziendalisticamente che civilisticamente) a quella in precedenza prospettata è in particolare quella con cui, alla data di omologa, si contabilizzano le sopravvenienze attive avendo come contropartita il debito sulla base della percentuale proposta, di cui al piano approvato e cristallizzato con l'omologa, per poi procedere a eventuale rettifica sulla base della diversa soddisfazione e seguito adempimento.
Anche in questa ipotesi potrebbe rilevare l'applicazione dell'art. 186 l. fall. nel caso in cui i creditori richiedano la risoluzione del concordato per inadempimento (e negli accordi di ristrutturazione dei debiti potrebbe rilevare reclamo
ex art. 183 l. fall.).