Nuove modalità telematiche di notifica e rispetto dei principi costituzionali

Lucio Di Nosse
15 Aprile 2015

La mia opinione - sulla quale chiedo un confronto – è che l'art. 15, comma 3, l. fall. (come modificato dall'art. 17,  comma 1, lett. a), del D.L. n. 179/12, conv., con mod., nella L. n. 221/2012) sia incostituzionale per la violazione dei principi di cui agli artt. 3, 24 e 111 Cost.La disposizione dell'art. 15 relativa alle modalità di notificazione del ricorso di fallimento, infatti, sembra trattare in modo differente situazioni giuridiche eguali. Il che, in primis, appare palesemente irragionevole, giacché la norma incriminata, a fronte del generale diritto, costituzionalmente garantito, di conoscenza effettiva e concreta degli atti giudiziari, solo in caso di notificazione di ricorso per la dichiarazione di fallimento omette l'adempimento, da parte dell'ufficiale giudiziario, delle formalità di cui all'art. 140 c.p.c., colpendo l'imprenditore incolpevole, con conseguenze gravi dal punto di vista sia economico che patrimoniale, talvolta irreparabili.

La mia opinione - sulla quale chiedo un confronto – è che l'art. 15, comma 3, l. fall. (come modificato dall'art. 17, comma 1, lett. a), del D.L. n. 179/12, conv., con mod., nella L. n. 221/2012) sia incostituzionale per la violazione dei principi di cui agli artt. 3, 24 e 111 Cost.
La disposizione dell'art. 15 relativa alle modalità di notificazione del ricorso di fallimento, infatti, sembra trattare in modo differente situazioni giuridiche eguali. Il che,
in primis, appare palesemente irragionevole, giacché la norma incriminata, a fronte del generale diritto, costituzionalmente garantito, di conoscenza effettiva e concreta degli atti giudiziari, solo in caso di notificazione di ricorso per la dichiarazione di fallimento omette l'adempimento, da parte dell'ufficiale giudiziario, delle formalità di cui all'art. 140 c.p.c., colpendo l'imprenditore incolpevole, con conseguenze gravi dal punto di vista sia economico che patrimoniale, talvolta irreparabili.
Inoltre, il perno della difesa, garantito dall' art. 24 della Costituzione, si poggia sul principio della concreta possibilità di tutelare in giudizio le propri ragioni, ponendo a tal fine domande ed eccezioni ovvero opponendosi a quelle avanzate dalle controparti. Soprattutto la tutela costituzionale garantisce il diritto alla prova circa i fatti sui quali le ragioni si fondano. Il perfezionamento della notificazione del ricorso di fallimento mediante il deposito dell'atto presso la casa comunale, non accompagnato dall'adempimento di cui all'art. 140 c.p.c. di comunicazione della notizia "per raccomandata con avviso di ricevimento", contrasterebbe con il principio dell'art. 24, comma 2, Cost., in quanto limiterebbe il diritto di difesa del cittadino-imprenditore e si paleserebbe dunque irragionevole, in quanto tratta in maniera differente il debitore soggetto alla procedura concorsuale rispetto al cittadino-debitore al quale non si applicano le norme in materia fallimentare e concorsuale.
In ragione di ciò, la norma incriminata sarebbe costituzionalmente illegittima nella parte in cui prevede che la notifica si perfezioni, per il destinatario, con il deposito dell'atto presso la casa comunale, anziché con la comunicazione di cui all'art. 140 c.p.c. dell'avviso
ex art. 48 disp. att. c.p.c.

Le nuove forme di notifica del ricorso di fallimento, inserite nell'art.15 l. fall., in realtà non appaiono in contrasto con i principi costituzionali in materia di diritto di difesa.
La Corte Costituzionale ha sempre affermato che, ai fini della tutela del diritto di difesa, è sufficiente che la normativa preveda e metta a disposizione della parte adeguati meccanismi giuridici che le consentano di tutelare in giudizio le proprie ragioni. Non è invece necessario l'esercizio effettivo del diritto di difesa per ritenere assolto il precetto costituzionale, né integra una violazione del diritto di difesa qualunque circostanza imputabile alla condotta della parte, che si traduca in una mancata partecipazione al giudizio.
Riguardo ad una presunta disparità di trattamento legislativo tra il cittadino imprenditore ed il cittadino che non lo è, è evidente che si tratta di situazioni giuridiche diverse, e già tale constatazione è sufficiente per negare la violazione dell'art. 3 della Costituzione.
Colui che svolge un'attività d'impresa assume i rischi economici e giuridici, connessi allo status di imprenditore commerciale; le regole giuridiche, sostanziali e processuali, previste dal legislatore in relazione all'esercizio di attività imprenditoriali non possono applicarsi a chi tale attività non svolge, e dunque le situazioni giuridiche di partenza sono diverse, e ben differenti possono essere le norme a tutela delle rispettive posizioni di fatto.
L'omessa previsione dell'adempimento, da parte dell'ufficiale giudiziario, delle formalità di cui all'art. 140 c.p.c. in sede di notifica presso la sede sociale, in effetti, non rileva sotto un duplice profilo. Innanzitutto, anche secondo l'ordinaria disciplina prevista dal codice di rito, l'art.140 c.p.c. non è applicabile alla notifica da eseguirsi presso la sede delle società, come ha sempre ritenuto la giurisprudenza di legittimità, stante il mancato richiamo di tale norma da parte dell'art. 145 c.p.c. (l'art. 140 c.p.c. è applicabile solo nei confronti della persona fisica che rappresenta la società, ma presso la sua residenza).
Dunque, nulla di nuovo rispetto al codice di rito vi è in relazione alle novellate forme di notifica del ricorso di fallimento.
Inoltre, e a ben vedere, la comunicazione a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento è prevista anche dall'art. 15 l. fall., sebbene con tempistica (anticipata) e con modalità diverse.
La ‘raccomandata' di cui all'art.140 c.p.c. non è altro che la comunicazione a mezzo PEC che in prima battuta la cancelleria deve eseguire nei confronti dell'imprenditore resistente. Si tratta, come comunemente si afferma, di una vera e propria raccomandata inviata, anziché nelle tradizionali forme cartacee, a mezzo dei più moderni strumenti telematici; ed anzi la comunicazione a mezzo posta elettronica certificata dà maggiori garanzie di ricezione rispetto al tradizionale servizio postale.
La tutela accordata all'imprenditore dall'art. 15 l. fall. è poi addirittura duplicata rispetto al sistema tradizionale di notifica del ricorso.
In primis, a mezzo PEC la comunicazione della pendenza del procedimento prefallimentare è immediatamente inviata alla casella di posta certificata indicata dall'imprenditore, come ‘luogo' effettivo di ricezione degli atti e non meramente virtuale, presso il quale egli ha dichiarato (con iscrizione alla CCIAA) di voler ricevere le comunicazioni afferenti la sua impresa ed il suo status di imprenditore commerciale. Egli ne ha quindi ricezione effettiva, concreta ed immediata.
Qualora, per qualunque ragione, la notifica a mezzo PEC non abbia esito positivo, la notificazione degli atti deve avvenire, come seconda possibilità, presso la sede dell'impresa, dove normalmente devono essere reperibili il legale rappresentante dell'impresa o le persone incaricate alla ricezione degli atti.
Esauriti invano tali tentativi, il legislatore non poteva che ricorrere al sistema di notificazione ‘virtuale', già previsto dall'art.143 c.p.c. per i casi di irreperibilità assoluta, disponendo il deposito degli atti presso la casa comunale. È ovvio che in tal caso, ossia in ipotesi di irreperibilità assoluta, secondo la consolidata definizione chiarificatrice della Corte Suprema, nessuna raccomandata è possibile inviare al soggetto notificando, perché sconosciuto o introvabile presso la sua sede, residenza o domicilio.
Si può concludere che l'attuale sistema notificatorio in materia prefallimentare, almeno per quel che concerne le società di capitali, è parimenti se non addirittura più garantista, rispetto alle tradizionali forme di notificazione previste dal c.p.c., che continuano a trovare applicazione nei procedimenti diversi da quello prefallimentare.

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