Un'azienda di commercio al minuto continua ad utilizzare i mezzi di moneta elettronica dopo il deposito dell'istanza di concordato, sul conto corrente del debitore aperto presso una creditrice. Vi è necessita di un intervento giudiziale ex art. 169-bis l. fall. per ottenere la disponibilità della provvista convogliata?
RIFERIMENTI NORMATIVI - L'art. 169-bis l. fall. prevede che “il debitore nel ricorso di cui all'articolo 161 può chiedere che il Tribunale o, dopo il decreto di ammissione, il giudice delegato lo autorizzi a sciogliersi dai contratti in corso di esecuzione alla data della presentazione del ricorso. Su richiesta del debitore può essere autorizzata la sospensione del contratto per non più di sessanta giorni, prorogabili una sola volta”.
OSSERVAZIONI - La soluzione al quesito posto dipende dalla qualificazione del contratto (si presume bancario) in essere.
Se tale contratto è un mero rapporto di conto corrente attivo, non occorre certo alcuna autorizzazione degli organi concorsuali a riottenere la liquidità che giace sul conto, mentre potrebbero essere necessarie specifiche autorizzazioni ex artt. 61, comma 7, e 167 l. fall. se la si volesse poi utilizzare per il compimento di atti di straordinaria amministrazione. In ogni caso la parte può liberamente recedere da siffatto contratto (non potendosi ravvisare nel recesso un atto di straordinaria amministrazione), giacchè il diritto di recesso esclude che sia necessario ricorrere allo scioglimento previsto dall'art. 169-bis per liberarsi dai vincoli contrattuali.
Qualora poi al rapporto di conto corrente acceda un contratto di finanziamento, magari connesso con un mandato all'incasso dotato di clausola di compensazione tra i crediti (da finanziamento) e i debiti (per gli incassi effettuati) di restituzione della banca, tale contratto di finanziamento (mutuo, apertura di credito, anticipazione bancaria ecc.) di norma risulterebbe già interamente eseguito dalla banca (una volta erogato il finanziamento) e quindi non potrebbe considerarsi pendente ai sensi dell'art. 169-bis, stando alla tesi che appare preferibile, non essendo distinta la nozione di rapporti pendenti cui fa riferimento tale norma, da quella di cui all'art. 72 in materia di fallimento (rapporti bilaterali non ancora interamente seguiti da entrambe le parti). In tal caso, dunque, il debitore può al limite ugualmente recedere dal contratto, se lo reputi utile, ma non potrà avvalersi di uno scioglimento del contratto che fosse autorizzato dal Tribunale per potere bloccare la compensazione che la banca cercherebbe di realizzare tra i suoi debiti e crediti. L'eventuale illegittimità di tale compensazione andrebbe quindi fatta valere in sede giudiziale ordinaria, in base all'art. 56 l. fall., come richiamato dall'art. 169 l. fall., norma che vieta la compensazione tra partite debito-credito non co-anteriori al concordato.