Crediti professionali sorti in funzione della procedura e diritto alla prededuzione
29 Settembre 2014
Il credito spettante ad un professionista (nella fattispecie dottore commercialista) inerente a prestazione professionale a favore del debitore nell'accesso alla procedura di fallimento in proprio è da considerarsi in prededuzione ai sensi dell'art. 111 l. fall. o privilegiato ex art. 2751-bis c.c.?
PREMESSA – Come noto, l'art. 111, comma 2, l. fall., considera prededucibili i crediti così qualificati da una specifica disposizione di legge ed i crediti sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali. In virtù di tale disposizione, pertanto, la prededuzione è riconosciuta, oltre che nelle fattispecie tassativamente previste dalla legge fallimentare, anche per i crediti sorti durante la procedura e per quelli in funzione della stessa, cioè per i crediti sorti antecedentemente alla procedura concorsuale strumentali alle finalità della medesima. La disposizione in esame detta, quindi, un precetto di carattere generale che, al fine di favorire il ricorso a forme di soluzione concordata della crisi d'impresa, introduce un'eccezione al principio della par condicio creditorum, estendendo, in caso di fallimento, la prededucibilità a tutti i crediti sorti in funzione di precedenti procedure concorsuali (cfr. Cass. 18 aprile 2013, n. 9489; Cass. 8 aprile 2013, n. 8533, in IlFallimentarista.it, secondo cui l'art. 111, comma 2, l. fall., intenderebbe prevedere la prededucibilità per tutti i crediti sorti in funzione di procedure concorsuali, senza distinzioni tra tipologie di crediti). LA SOLUZIONE – Il principio anzidetto – relativo alla prededucibilità dei crediti professionali dell'impresa che accede alla procedura di concordato preventivo, nel successivo fallimento - trova conferma, a parere di chi scrive, anche per i crediti dei professionisti che assistono la società in sede di presentazione dell'istanza di fallimento in proprio (nello stesso senso, Cass. 9 settembre 2014, n. 18922 (già nelle news de ilFallimentarista), secondo cui il citato art. 111 l. fall. si configura quale norma a carattere generale, applicabile alla pluralità delle procedure concorsuali. A parere dei giudici di legittimità, infatti, non vi è motivo di diversificare il trattamento del professionista che sia stato d'ausilio al debitore nelle attività prodromiche e necessarie all'ammissione alla procedura di concordato preventivo, rispetto al professionista che abbia assistito l'imprenditore nella predisposizione della documentazione per l'istanza di fallimento. Il diritto alla prestazione professionale, infatti, può ben ricollegarsi alla nozione di funzionalità come sopra delineata, rispondendo all'interesse del ceto creditorio al non aggravarsi dello stato di dissesto, cui corrisponde la correlata responsabilità dell'organo amministrativo ai sensi dell'art. 2394 c.c. In altre parole, dal momento che la legge impone a carico dell'organo amministrativo un obbligo di conservazione del patrimonio sociale, lo stesso deve agire per tale finalità qualora si manifesti uno stato di crisi dell'impresa che può avvenire anche attraverso il ricorso alla istanza di fallimento in proprio ex art. 14 l. fall. (così Trib. Firenze 1 luglio 2014). In tale ottica, quindi, la prestazione professionale dell'esperto chiamato ad assistere l'imprenditore nell'accesso in proprio alla procedura fallimentare, volta ad evitare ulteriore aggravio alla posizione creditoria, integra la valutazione di funzionalità della prestazione resa alle ragioni della procedura, trattandosi di attività svolta nell'interesse del ceto creditorio, motivo per cui il relativo credito ha diritto alla prededuzione di cui al secondo comma dell'art. 111 l. fall. (sul punto, cfr., altresì, Trib. Prato 24 giugno 2011). |