Sull'obbligo di autorizzazione alla proposizione dell'istanza di accertamento con adesione avanti all'Amministrazione finanziaria da parte di un imprenditore ammesso alla procedura di concordato preventivo. L'istanza di accertamento con adesione, ex art. 6, comma 2, D.Lgs. n. 218 del 19 giugno 1997, proposta da un'impresa ammessa alla procedura di concordato preventivo, necessita dell'autorizzazione da parte del Giudice Delegato?
RIFERIMENTI NORMATIVI - L'art. 167 l. fall. stabilisce che il debitore concordatario, durante la procedura di concordato preventivo, conserva l'amministrazione dei suoi beni e l'esercizio dell'impresa, “sotto la vigilanza del Commissario Giudiziale”.
Per gli atti di straordinaria amministrazione, poi, il secondo comma di tale articolo dispone che alcuni atti, specificamente ivi indicati (con un'elencazione non tassativa) e, più in generale, tutti quelli che possono essere ritenuti di straordinaria amministrazione, debbono essere previamente autorizzati da parte del Giudice Delegato mediante apposito provvedimento. In mancanza di tale autorizzazione gli atti qualificati di straordinaria amministrazione potranno essere dichiarati inefficaci e, per l'effetto, inopponibili ai creditori anteriori al concordato.
OSSERVAZIONI – Al fine di stabilire se la proposizione, da parte del debitore, dell'istanza di accertamento con adesione nei confronti dell'Amministrazione finanziaria sia un atto di ordinaria o straordinaria amministrazione e, come tale, necessiti dell'approvazione del Giudice delegato (con il parere del Commissario Giudiziale), occorre avere riguardo agli effetti che tale procedimento amministrativo produce nei confronti del patrimonio del debitore.
Infatti il legislatore, con l'art. 167 l. fall., disponendo che il debitore nel corso della procedura di concordato preventivo è soggetto alla vigilanza del Commissario Giudiziale e del Giudice Delegato, ha voluto porre sotto osservazione il patrimonio del debitore affinchè non vengano disperse le già di per sé limitate risorse del debitore da destinare al soddisfacimento del ceto creditorio, secondo il principio della par condicio creditorum (cfr. in dottrina, Maugeri, Considerazioni in materia di concordato preventivo in Riv. Soc., 2-3, 2013, 336).
Tornando alla distinzione tra atti di ordinaria e straordinaria amministrazione, si rileva che, negli anni, la prassi giurisprudenziale ha individuato un criterio discretivo per stabilire se un atto sia di ordinaria o straordinaria amministrazione, ravvisandolo nella diversa natura ed intensità degli effetti economici prodotti da tale atto rispetto al patrimonio del debitore. Per tale via la giurisprudenza ha precisato che gli atti di ordinaria amministrazione sono quelli destinati alla conservazione o al miglioramento del patrimonio, mentre sono atti di straordinaria amministrazione quelli che incidono negativamente.
Più di recente la giurisprudenza ha avuto modo di precisare che, nell'ambito del concordato preventivo, la valutazione circa il carattere ordinaria o straordinaria amministrazione dell'atto posto in essere dall'imprenditore senza la previa autorizzazione del giudice delegato e, come tale, passibile di dichiarazione di inefficacia ai sensi dell'art. 167 l.fall., deve essere valutato avuto riguardo all'idoneità dell'atto stesso ad incidere negativamente sul patrimonio del debitore in danno dei creditori, di talché, come sopra accennato, devono ritenersi di ordinaria amministrazione gli atti attinenti alla gestione ordinaria dell'azienda e quelli che, seppur comportanti una spesa elevata in termini economici, comportino un miglioramento e/o una conservazione del patrimonio del debitore, mentre, a contrario, devono considerarsi atti di straordinaria amministrazione gli atti suscettibili di ridurre o gravare di pesi o vincoli senza una reale attività per l'interesse dei creditori (cfr., recentemente, Trib. Terni 28 dicembre 2012)
Ebbene, poiché la proposizione dell'istanza di accertamento con adesione è volta, sostanzialmente, alla ricerca di un accordo tra contribuente e fisco, rispetto ad un presunto debito dell'erario nei confronti del debitore e dal cui esito può cristallizzarsi un ulteriore debito della società in pregiudizio dei creditori, si ritiene che tale atto ecceda l'ordinaria amministrazione e, come tale, debba essere autorizzato dal Giudice delegato.
L'atto conclusivo del procedimento di adesione può, infatti, incidere direttamente sul patrimonio dell'impresa ammessa alla procedura concorsuale. Da ciò discende che la società ammessa alla procedura di concordato preventivo, per la proposizione dell'istanza di accertamento con adesione, dovrebbe richiedere l'autorizzazione al Giudice Delegato.
Semmai un dubbio potrebbe esservi sul se sia l'atto finale del procedimento a dover essere autorizzato, o già la stessa proposizione dell'istanza, che, essendo meramente prodromica, potrebbe non considerarsi già di per sé idonea ad incidere sul patrimonio.
Nel primo caso, peraltro, l'autorizzazione comunque dovrebbe considerarsi idonea a ratificare la antecedente proposizione dell'istanza, laddove, nel secondo, l'autorizzazione dovrebbe considerarsi già finalizzata a legittimare entrambi gli atti procedimentali.
Deve osservarsi poi, da un altro ma convergente punto di vista, che l'accertamento con adesione potrebbe tecnicamente ricondursi ad un atto di transazione tra fisco e contribuente e, come tale, ricondursi alla previsione di cui all'art. 167, comma 2, l. fall. tra gli atti, perciò, espressamente considerati straordinari e quindi inefficaci se posti in essere senza l'autorizzazione del Giudice Delegato.