Un debitore con sede principale in Italia e sede dipendente in Stato extra-UE viene dichiarato fallito in Italia: quali implicazioni per i creditori nazionali e stranieri?
INQUADRAMENTO – Il caso oltrepassa la portata applicativa del Regolamento CE 1346/2000 relativo alle procedure di insolvenza di carattere transfrontaliero intracomunitario. Purtuttavia, può essere inteso, per semplicità, alla stregua degli elementi definitori propri del predetto Regolamento, considerando il “COMI” (centro principale degli interessi, sede legale, amministrativa) in Italia e la “dipendenza” (stabile organizzazione di beni e persone per l'esercizio di attività economica) in uno Stato estero, con la sola scriminante riguardante il collocamento di tale Stato al di fuori dell'Unione europea.
Considerato che la procedura concorsuale ha per oggetto esclusivo i beni del fallito che si trovano nell'ambito territoriale di sovranità dello Stato italiano, le molteplici questioni implicate dal caso in esame si riassumono nell'esigenza di: a) aggredire anche i beni del fallito etero situati all'estero; b) ottenere eventualmente il riconoscimento (e l'esecuzione) all'estero della sentenza italiana di fallimento; c) tutelare i creditori stranieri in misura almeno pari a quella accordata ai creditori nazionali.
BASE GIURIDICA – L'inapplicabilità del Regolamento CE 1346/2000 importa l'operatività della disciplina nazionale degli Stati coinvolti.
Se si assume l'assenza di convenzioni internazionali tra l'Italia, sede del “COMI”, e lo Stato terzo, sede della “dipendenza”, il fallimento italiano avrà ingresso nell'ordinamento straniero, e ivi produrrà eventualmente effetti, esclusivamente sulla base delle norme di conflitto adottate dal Paese straniero.
In particolare, il provvedimento di apertura del fallimento troverà all'estero un diverso accoglimento – e, conseguentemente, potrà esplicare in differente grado riflessi nei confronti dei creditori (locali e non) –, a seconda che lo Stato terzo, con riguardo al procedimento di insolvenza, abbia optato: a) per il principio di universalità; b) per il principio di territorialità; c) o per una combinazione mista dei predetti. A verifica di ciò, occorre riferirsi alle norme domestiche (di diritto positivo o vivente), le quali, qualora regolamentino specificatamente il caso in questione, potrebbero anche accogliere (come auspicabile) l'UNICITRAL Model Law on Cross-border Insolvency (1997)*. In tale ipotesi il principio cui confrontarsi sarà quello dell'universalità limitata. Esaminiamo le diverse ipotesi.
A) Nello Stato terzo vige il principio di universalità:
- gli effetti della procedura concorsuale, che rimane unica, si estendono oltre i confini nazionali dello Stato di apertura (Italia);
- la sentenza italiana di fallimento può quindi produrre i propri effetti anche all'estero, coinvolgendo tutti i beni del debitore, senza prodromiche formalità;
- i creditori locali, al pari di quelli nazionali, subiscono le regole del concorso, secondo la legge dello Stato di apertura.
B) Nello Stato terzo vige il principio di territorialità:
- gli effetti della procedura concorsuale restano confinati entro lo Stato di apertura (Italia) e i beni che il fallito possiede all'estero non rientrano automaticamente nella massa attiva;
- per ottenere l'acquisizione dei beni eterosituati occorre il riconoscimento della sentenza italiana di fallimento nello Stato terzo e quindi esperire le relative azioni secondo i principi di quell'ordinamento (Cass. civ., sez. un., 19 dicembre 1990, n. 12031);
- la sentenza italiana non può nello Stato terzo produrre gli effetti concorsuali che le sono propri (riconducibili allo spossessamento e al divieto di azioni individuali); sarà semmai l'ordinamento straniero a disciplinare gli effetti interni (per la dipendenza e i suoi creditori) prodotti dall'eventuale riconoscimento della sentenza di fallimento, in ossequio alle norme in quel luogo vigenti;
- in linea di principio, e salvo eventuali limitazioni previste dall'ordinamento dello Stato terzo a seguito del riconoscimento del fallimento italiano, i singoli creditori della sede italiana, già appartenenti alla massa, insieme ai creditori locali, possono agire individualmente, in via cautelare ed esecutiva, sui beni situati nel Paese straniero, secondo la lex fori; il risultato utile dell'esecuzione individuale sui beni del fallito situati all'estero deve infatti attivarsi davanti al giudice del forum rei sitae, in virtù dell'imprescindibile relazione tra ubicazione dei beni ed esecuzione forzata ad essi inerente (Cass. civ., sez. un., 19 dicembre 1990, n. 12031, cit.);
- similmente il curatore, che pure intende recuperare le somme conseguite attraverso esecuzioni forzate singolari attivate nel Paese della dipendenza, non può che ricorrere ai mezzi di tutela giurisdizionale eventualmente esperibili dinanzi al giudice straniero.
C) Nello Stato terzo trovano applicazione i principi dell'UNICITRAL Model Law (trattasi della c.d. “legge-modello” - rivolta agli Stati delle Nazioni Unite - per la predisposizione della legislazione interna in materia di insolvenza transfrontaliera, promossa allo scopo di avvicinare i diritti domestici e così agevolare la cooperazione tra le autorità di Paesi diversi ove coinvolte da un fallimento trasnazionale. I Paesi extra-UE che, ad oggi, hanno adottato l'UNICITRAL Model Law sono: Australia, Canada, Colombia, Eritrea, Giappone, Mauritius, Messico, Montenegro - candidato Paese UE -, Nuova Zelanda, Repubblica di Korea, Serbia - candidato Paese UE -, Sud Africa, Uganda, U.S.A.):
- il riconoscimento della sentenza italiana di fallimento nell'ordinamento straniero, che non è automatico (bensì subordinato al rispetto di prefissati requisiti, in primis la compatibilità con l'ordine pubblico del Paese terzo), importa ex se la sospensione delle azioni esecutive individuali sui beni del debitore presenti nello Stato della dipendenza;
- è possibile l'apertura nello Stato terzo di un'autonoma procedura locale; in tal caso i creditori nazionali (della sede italiana) avranno i medesimi diritti dei creditori stranieri, per quanto riguarda sia la richiesta di apertura della procedura, sia la partecipazione alla stessa;
- è quindi assicurato che i creditori nazionali ricevano tutte le informazioni e le comunicazioni relative alla procedura locale, anche in assenza di recapito nello Stato terzo;
- i creditori dei due fallimenti possono insinuarsi reciprocamente nei rispettivi stati passivi, così come i due curatori, ciascuno in rappresentanza della propria massa creditoria; sennonché, solo i creditori nazionali risultano destinatari di specifiche previsioni a loro tutela, in ossequio agli adottati principi dell'UNICITRAL Model Law, a differenza dei concorrenti stranieri, stante l'assenza di regolamentazione ad hoc nella disciplina italiana;
- vige la c.d. hotchpotch rule, per la quale, senza pregiudizio per i creditori privilegiati e per i titolari di diritti reali (che hanno diritto al soddisfacimento integrale), il creditore che abbia già recuperato parte del proprio credito in una procedura può partecipare ai riparti di altra procedura soltanto quando i creditori di pari categoria abbiano ottenuto in detta procedura un'analoga soddisfazione (o, detto altrimenti, con un esempio: se un creditore chirografario ha ricevuto una quota pari al 5% del proprio credito nella procedura italiana e lo stesso creditore partecipa anche alla procedura locale aperta nello Stato terzo che assicura il pagamento di una quota pari al 15%, al fine di collocare il creditore nella medesima posizione degli altri concorrenti nella procedura locale estera, allo stesso, in detta procedura, verrà assegnata una quota pari al 10% del suo credito).
CONCLUSIONI – Nel primo caso i creditori stranieri ricevono (astrattamente) lo stesso trattamento riservato ai concorrenti nazionali. Nel secondo caso i creditori nazionali, anche già ammessi al passivo, possono soddisfarsi addirittura per l'intero qualora vi sia capienza relativamente ai beni esecutati, in via individuale, all'estero; al contempo i creditori locali non subiscono dal fallimento italiano alcuna limitazione in ordine all'esercizio delle loro azioni, soggiacendo unicamente a quanto eventualmente previsto dall'ordinamento dello Stato terzo, a seguito del riconoscimento della sentenza italiana di insolvenza che, di per sé, non esplica nei loro confronti alcun effetto. Nel terzo caso, nell'ipotesi di apertura di una procedura locale nello Stato terzo, stanti le garanzie assicurate dall'adozione dell'UNICITRAL Model Law, a essere agevolati sembrano essere i creditori nazionali; quelli stranieri, invece, troveranno maggiori ostacoli a partecipare alla procedura italiana, per l'assenza di specifica regolamentazione approntata dal nostro ordinamento per i casi di insolvenza transfrontaliera; in ogni caso, nonostante la previsione dell'hotchpotch rule, volta a evitare situazioni in cui un creditore ottenga un trattamento più favorevole rispetto a creditori concorrenti di pari categoria insinuandosi in diverse procedure, per la prevenzione e la regolazione dei conflitti tra creditori resta auspicabile il raggiungimento di un'intesa stragiudiziale.