Risposte flash per il professionista (1)

Salvatore Sanzo
23 Dicembre 2011

Concordato fallimentare di una S.p.A.: si premette che i soci di minoranza, quando la società era in bonis, avevano proposto azione revocatoria contro atti dispositivi compiuti dal socio di maggioranza, amministratore, che aveva di fatto svuotato la società di tutti i cespiti immobiliari. Tale azione viene proseguita anche dopo il fallimento e la curatela fallimentare interviene per chiedere la revoca degli atti dispositivi: a) qual è la conseguenza di tale azione nei confronti del terzo assuntore il concordato fallimentare? b) se i beni rientrano nella disponibilità della società il terzo assuntore vanta un credito nei confronti della società per le somme anticipate?

Concordato fallimentare di una S.p.A.: si premette che i soci di minoranza, quando la società era in bonis, avevano proposto azione revocatoria contro atti dispositivi compiuti dal socio di maggioranza, amministratore, che aveva di fatto svuotato la società di tutti i cespiti immobiliari. Tale azione viene proseguita anche dopo il fallimento e la curatela fallimentare interviene per chiedere la revoca degli atti dispositivi: a) qual è la conseguenza di tale azione nei confronti del terzo assuntore il concordato fallimentare? b) se i beni rientrano nella disponibilità della società il terzo assuntore vanta un credito nei confronti della società per le somme anticipate?

L'assuntore del concordato fallimentare, se ciò è espressamente contemplato nella proposta di concordato, può subentrare, in forza della previsione di cui all'art. 124, ultimo comma, l. fall. nelle azioni di massa, tra cui certo rientra l'azione revocatoria ordinaria proposta prima del fallimento da un creditore e proseguita dal curatore a norma dell'art. 66 l. fall.
L'eventuale esito favorevole dell'azione in questione si produrrebbe direttamente (salve diverse previsioni contenute nella proposta di concordato) nel patrimonio dell'assuntore e non in quello della società fallita che, per effetto del concordato, fruirebbe semplicemente della esdebitazione.

Concordato preventivo con cessione dei beni: il proponente ha presentato prima dell'adunanza dei creditori proposta migliorativa, il G.D. ha concesso termine, nel fissato termine il proponente deposita la proposta migliorativa: il commissario è obbligato a comunicare ai creditori la proposta migliorativa?

Certamente sì, nella forma che gli organi della procedura riterranno più idonea: tanto, nella misura in cui l'espressione del diritto di voto da parte dei creditori presuppone la piena conoscenza della proposta concordataria.
Ciò nonostante, alcuni tribunali ritengono comunque valido il voto espresso prima della modificazione, reputando che il creditore ciò abbia fatto a proprio “rischio”.

In caso di fallimento di una società di capitali, nello specifico di una S.r.l., i contributi INPS non versati, per la parte a carico dei lavoratori dipendenti, vengono richiesti all'amministratore ante deposito di fallimento?

Indiscutibilmente il mancato versamento dei contributi previdenziali integra un fatto idoneo ad ingenerare la responsabilità dell'amministratore (ed oltre le soglie di legge, anche un reato): non si tratta però di un debito diretto da contributo previdenziale (debito che grava solo sulla società, nel cui stato passivo dovrà essere ammesso), bensì di una obbligazione risarcitoria esperibile dal curatore. L'INPS, a sua volta, sarà legittimata a formulare domanda di ammissione al passivo del fallimento per i contributi non versati.

Viene richiesta l'ammissione al passivo di una S.p.A. per un importo superiore al milione di euro, di cui oltre il 50% in via privilegiata. Dapprima il curatore, poi il GD hanno risposto entrambi che la documentazione allegata al ricorso non sembra sufficiente a provare le pretese ragioni del credito. È plausibile una tale risposta, avendo peraltro allegato una consistente documentazione?

La motivazione addotta a sostegno del provvedimento di rigetto è, in astratto, corretta: una risposta corretta al quesito non può evidentemente prescindere dall'esame della fattispecie concreta. Quel che è certo è che il numero dei documenti e la mole dei medesimi in astratto non possono ritenersi prova sufficiente della esistenza e dell'ammontare del credito: ciò che conta è che la prova sia idonea, completa e pertinente e, soprattutto, opponibile al curatore.

La pensione di invalidità civile percepita dal fallito rientra tra i beni di cui al n. 1 o al n. 2 dell'art. 46 l. fall?

Per pacifico orientamento della Corte di Cassazione (cfr. fra le più recenti Cass. 7 febbraio 2008, n. 2939 e Cass. 13 dicembre 2002, n. 17839) la pensione di invalidità rientra tra i beni di cui all'art. 46, n. 1, l. fall.
Merita peraltro di essere segnalato il fatto che, nelle cause decise dalla Suprema Corte con le sentenze sopra richiamate, il tema controverso non riguardava (come nel quesito cui si risponde) la possibilità di iscrivere la pensione di invalidità nella previsione dell'art. 46, n. 1 ovvero in quella dell'art. 46 n. 2 l. fall., bensì, più in radice, la possibilità stessa di inquadrare una pensione di tal genere (astrattamente priva di finalità “alimentare”) nella categoria di beni “non compresi nel fallimento”.

In caso di mandato all'incasso e fallimento del mandatario, è possibile per il mandante esperire l'azione di restituzione/rivendica per le somme incassate dal mandatario (in suo nome e per suo conto) ed accreditate su un conto "dedicato" del mandatario destinato esclusivamente ad incassare le somme spettanti al mandante?

Per quanto le somme siano state depositate su un conto “dedicato”, sembra difficilmente tangibile il principio (che la Suprema Corte ha ribadito anche in materia di revocatoria dei pagamenti effettuati in periodo sospetto dal mandatario di un'associazione temporanea di imprese, poi dichiarato fallito, in favore dei mandanti dell'associazione stessa) secondo cui il denaro è il bene fungibile per eccellenza, sicché, una volta che sia entrato nella disponibilità di un determinato soggetto - qualunque ne sia il titolo e la causale - esso si “confonde” con gli altri cespiti attivi: con la conseguenza ulteriore che le relative azioni di recupero molto difficilmente potrebbero qualificarsi di natura “reale” (restitutorie o di revindica), integrando la richiesta di pagamento di una somma di denaro sempre e comunque un'azione obbligatoria, concernente un diritto di credito su un bene fungibile.

Quali controlli aveva a disposizione una banca nel 2000 per accertare lo status di fallito di una persona prima di rilasciargli carnet di assegni?

Aveva in primo luogo la possibilità di richiedere una visura camerale. Comunque avrebbe avuto la possibilità di richiedere una certificazione circa le risultanze esistenti presso la cancelleria del tribunale fallimentare.

Un creditore di S.a.s. agisce in giudizio contro la società e i singoli amministratori sostenendo la loro personale responsabilità per aver agito senza sufficiente capitale sociale. La società in corso di causa fallisce. La causa contro i singoli amministratori può proseguire o deve essere interrotta essendo assorbita dal curatore? E se questi non si attiva?

Il fallimento di una società con soci illimitatamente responsabili, a norma dell'art. 147 l. fall., comporta l'estensione del fallimento anche ai medesimi. Con riguardo poi alla specifica fattispecie oggetto del quesito, va segnalato che la società in accomandita semplice si caratterizza per essere necessariamente amministrata da una particolare categoria di soci, cioè i soci accomandatari (cfr. art. 2318 c.c.): ciò comporta che, per effetto del combinato disposto delle due norme sopra menzionate, il fallimento di una accomandita semplice determina in estensione il fallimento anche dei suoi amministratori/soci accomandatari. Ne consegue ulteriormente che il processo avente ad oggetto l'azione di responsabilità non potrebbe neppure in astratto essere proseguito da parte del curatore di quello stesso fallimento al cui attivo finisce per essere direttamente acquisito l'intero patrimonio sia della società sia dei soci accomandatari.

Una domanda sulla obbligatorietà del rapporto riepilogativo semestrale da inviare all'Agenzia delle Entrate: tale rapporto va inviato anche se non vi sono variazioni?

I rapporti riepilogativi a redigersi da parte del curatore sono disciplinati dall'art. 33 l. fall.: è legittimo presumere che il quesito si riferisca al rapporto riepilogativo semestrale specificamente previsto dall'art. 33, comma 5, l. fall., che impone l'obbligo di trasmissione di siffatto rapporto periodico al comitato dei creditori nonché al Registro delle imprese, in via telematica. Non vi sono dunque obblighi di trasmissione del rapporto in questione all'Agenzia delle Entrate.
E' certo, peraltro, che siffatto rapporto vada redatto e trasmesso al Registro delle imprese anche nel caso in cui esso abbia contenuto negativo, perché nel semestre non si sono registrate variazioni di sorta.

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