I professionisti con contratto di consulenza sono esenti da revocatoria fallimentare?

Salvatore Sanzo
16 Dicembre 2011

I professionisti con contratto di consulenza sono esenti da revocatoria fallimentare? Vi è Cassazione sul punto?

I professionisti con contratto di consulenza sono esenti da revocatoria fallimentare? Vi è Cassazione sul punto?

Per la risposta è opportuno in primo luogo distinguere tra il passato e il presente, intendendosi per passato l'epoca anteriore alla modificazione dell'art. 67 l. fall. operata con il d.l. n. 35/2005, convertito con l. n. 80/2005.
Per quanto concerne appunto il passato, la giurisprudenza più vicina nel tempo si è indirizzata verso una sostanziale revocabilità senza limiti dei pagamenti effettuati in favore dei professionisti, ovviamente nella ricorrenza dei presupposti prescritti dall'art. 67, comma 2, l. fall. (sul punto, cfr. Cass. 10 novembre 2006, n. 24046, in materia di revocatoria dei compensi pagati ad un avvocato, nonché Cass. 21 ottobre 2010, n. 21651, entrambe emesse sulla scia di Cass. Sez. Un. 28 marzo 2006, n. 7028, contenente la netta affermazione del principio circa la persistente natura antindennitaria del sistema revocatorio fallimentare recepito dal legislatore).
In epoca anteriore, invece, buona parte della stessa giurisprudenza di legittimità riteneva che la natura (tendenzialmente sempre) privilegiata del credito del professionista potesse escluderne la revocabilità, in difetto di una specifica prova circa il pregiudizio arrecato alla massa (cfr. Cass. 16 marzo 2005, n. 5713).
La riforma del 2005 appare in linea di principio idonea ad incidere sul sistema soltanto mediante il meccanismo delle esenzioni introdotte con il nuovo art. 67, comma 3, l. fall. Tanto, invero, con riguardo al tema qui in esame, in forma comunque limitata, nella misura in cui:
1) da un lato, parrebbe difficile poter applicare ai rapporti professionali le esenzioni di cui alle lett. a), b) e c) della norma suddetta;
2) dall'altro lato, sembra convincimento pacifico che l'esenzione di cui alla lett. f), benché testualmente riferita anche a rapporti di lavoro “non subordinati”, non possa trovare applicazione al lavoro autonomo (e probabilmente neppure a quello parasubordinato);
3) dall'altro lato ancora, le esenzioni di cui alle lett. d), e) e g) sono strettamente connesse ad assistenza professionale in materia specificamente “concorsuale”.
Il che dovrebbe indurre a concludere che, soprattutto tenuto conto del fatto che la sentenza delle Sezioni Unite sopra richiamata è intervenuta dopo la riforma specifica del 2005 e dopo quella organica del 2006 (in un contesto di dichiarata consapevolezza circa gli effetti di quella riforma), il nuovo sistema, al pari del vecchio, debba considerarsi improntato ad un principio antindennitario, sicché, fatta salva l'eventuale applicabilità di una esenzione, parrebbero non esservi limiti in astratto alla revocabilità, nella ricorrenza dei presupposti di cui all'art. 67, comma 2, l. fall.
Allo stato non si registrano pronunce della Suprema Corte sulla nuova disciplina in questa tematica.

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