Vendite concorsuali e offerte concorrenti: la fine dell’era delle proposte di concordato chiuse

02 Novembre 2015

Una ragionata ricognizione della casistica consente di ricondurre la maggior parte dei piani concordatari presentati nel vigore della disciplina antecedente a quella scaturita dal d.l. n. 83/15 e della relativa legge di conversione, ad uno schema collaudato: la presentazione di un piano imperniato sull'affitto dell'azienda ad un soggetto, spesso costituito ad hoc, riconducibile direttamente o indirettamente alla medesima compagine sociale del debitore in crisi, che accompagnava la stipula del contratto di affitto con una promessa irrevocabile di acquisto dell'azienda condizionata all'omologazione del concordato.

Una ragionata ricognizione della casistica consente di ricondurre la maggior parte dei piani concordatari presentati nel vigore della disciplina antecedente a quella scaturita dal d.l. n. 83/15 e della relativa legge di conversione, ad uno schema collaudato: la presentazione di un piano imperniato sull'affitto dell'azienda ad un soggetto, spesso costituito ad hoc, riconducibile direttamente o indirettamente alla medesima compagine sociale del debitore in crisi, che accompagnava la stipula del contratto di affitto con una promessa irrevocabile di acquisto dell'azienda condizionata all'omologazione del concordato.
La proposta di concordato (non a caso definita chiusa o vincolata) determinava in tali casi l'impossibilità, per il tribunale, di applicare la disciplina dettata dall'art. 182 l. fall. per le vendite da eseguirsi nella fase esecutiva del concordato; di qui la mancata applicazione dei due noti principi che da sempre connotano le vendite coattive realizzatesi in ambito concorsuale: quello della pubblicità e quello della natura competitiva del procedimento inteso ad individuare l'acquirente del bene.
A parte qualche pronuncia rimasta sostanzialmente priva di seguito, che teorizzava la necessaria applicazione dell'art. 182 l. fall. ad ogni vendita concordataria, eccezion fatta per il caso in cui società debitrice e promissaria acquirente avessero concluso un contratto preliminare in epoca antecedente alla presentazione della domanda concordataria, la maggior parte dei tribunale riconosceva la legittimità della proposta chiusa o vincolata, valorizzando l'accentuata impronta negoziale della procedura di concordato preventivo e, quindi, il diritto del debitore di definire la sua crisi determinando, nella sostanza, a chi e a quale prezzo collocare i proprio beni, fermi restando i necessari controlli del commissario giudiziale sulla congruità del prezzo pattuito e sulla mancanza, quindi, di aspetti di natura fraudolenta certamente idonei a determinare l'arresto della procedura previa instaurazione del procedimento incidentale di cui all'art. 173 l. fall.
Con l'introduzione dell'art. 163-bis l. fall., il legislatore ha inteso porre fine al fenomeno delle proposte vincolate ed ha recepito un principio non derogabile che impone sempre la necessaria pubblicizzazione dell'offerta pervenuta al debitore e la altrettanto necessaria natura competitiva del procedimento mirato ad individuare l'acquirente.
Tra l'altro, precisandosi espressamente, nell'ultima parte del primo comma dell'art. 163-bis, che “le disposizioni del presente articolo di applicano anche quando il debitore ha stipulato un contratto che comunque abbia la finalità del trasferimento non immediato dell'azienda, del ramo di azienda o di specifici beni”, il divieto della vendita vincolata è stato esteso anche alle ipotesi in cui debitore ed offerente avessero concluso un contratto preliminare di compravendita prima del momento dell'apertura del concorso dei creditori, con ciò risultando inefficace e, quindi, inopponibile alla massa, anche un eventuale pregresso incontro delle volontà negoziali di debitore e offerente.
In coerenza, l'art. 182 è stato integrato con la previsione espressa che “alle vendite, alle cessioni e ai trasferimenti legalmente posti in essere dopo il deposito della domanda di concordato o in esecuzione di questo, si applicano gli artt. da 105 a 108 ter in quanto compatibili”.
E' stato quindi espressamente previsto che la vendita concorsuale possa avvenire nella fase preconcordataria, cioè prima della scadenza del termine concesso dal tribunale ex art. 161, comma 6, l. fall., in assenza di piano, proposta e relazione attestatrice, e sempre con l'effetto tipico delle vendite di natura coattiva, quello purgativo delle eventuali iscrizioni o trascrizioni pregiudizievoli sul bene venduto.
La novità, non di poco conto, dipende dall'affidamento che il legislatore ha nella capacità del mercato di valorizzare al meglio l'oggetto della vendita.
E in effetti, se la vendita viene pubblicizzata nel modo più idoneo a garantire la massima diffusione possibile della notizia, la natura competitiva del procedimento inteso ad individuare l'acquirente garantisce in merito alla ottimizzazione del realizzo nell'interesse dei creditori, e ciò rende irrilevante l'eventuale mancanza del piano concordatario.
Detto questo, dall'espressa previsione della eventualità della vendita con effetti purgativi anche in un momento che preceda la presentazione del piano pare potersi dedurre una ricaduta sistematica tale da imporre di considerare la fase cd. preconcordataria quale parte integrante della procedura concordataria vera e propria, dovendosi così ritenere superato il contrasto tra i sostenitori della tesi secondo cui il concordato ha inizio soltanto con il decreto di ammissione e i sostenitori della tesi che individua nella pubblicazione a registro delle imprese il momento di apertura della procedura concorsuale.
Va ulteriormente evidenziato come il contrasto tra l'art. 107 l. fall., espressamente richiamato dall'art. 182, che nel fallimento autorizza la gestione della procedura competitiva anche da parte di un organo diverso dal giudice (il curatore o un soggetto da quest'ultimo incaricato), e l'art. 163-bis l. fall., che impone che nel concordato preventivo a dirigere la procedura competitiva sia l'organo giurisdizionale, va ovviamente risolto dando applicazione a quest'ultima norma, da cui consegue che la ricerca di offerte concorrenti e la conseguente eventuale gara non possano che essere gestite dall'organo giurisdizionale, essendo riservata in particolare al tribunale, in composizione collegiale, la determinazione dei contenuti del bando e al giudice delegato la gestione della gara.
Quest'ultima, poi, deve concludersi prima dell'adunanza dei creditori anche quando il piano prevede che la vendita o l'aggiudicazione abbia luogo dopo l'omologazione.
Nell'affermare, con la norma in parola, il condivisibile principio secondo cui la massa dei creditori deve poter votare sulla proposta del debitore con la consapevolezza dell'ammontare delle risorse ricavate dalla vendita, il legislatore ha peraltro dimenticato di raccordare la prescrizione con il termine concesso al commissario giudiziale per la presentazione della relazione ex art. 172 l. fall. (quarantacinque giorni prima dell'adunanza).
Sarà pertanto il giudice delegato a dover tener conto di tale omesso raccordo normativo in modo da assicurare, nel definire la tempistica della gara, ciò che deve ritenersi essenziale, cioè che il commissario giudiziale abbia notizia dell'esito della stessa prima della scadenza del termine prescritto per il deposito della relazione ex art. 172 l. fall.

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