Jobs Act e crisi d’impresa: ancora nebbia sugli ammortizzatori sociali che verranno

Alessandro Corrado
11 Marzo 2015

A partire dal 1° gennaio 2016, l'art. 3 della legge 223/91 – che detta la disciplina della Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria nelle procedure concorsuali – sarà abrogato.

Articolo scritto in collaborazione con Diego Corrado, avvocato

A partire dal 1° gennaio 2016, l'art. 3 della legge 223/91 – che detta la disciplina della Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria nelle procedure concorsuali – sarà abrogato.
La norma garantiva inizialmente alle sole procedure concorsuali di tipo liquidatorio (fallimento, concordato preventivo con cessione di beni, amministrazione straordinaria, liquidazione coatta amministrativa che avessero cessato – o non continuato – l'attività d'impresa) l'accesso al beneficio della CIGS per i propri dipendenti.
La mancanza di qualsivoglia “principio di condizionalità”, tanto a carico degli organi della procedura quanto dei singoli lavoratori (secondo cui per godere del beneficio occorre, per i primi, presentare un piano finalizzato alla prosecuzione o ripresa dell'attività, mediante cessione o affitto di tutta o di parte dell'azienda, e, per i secondi, l'attiva ricerca di un nuovo lavoro), unito alla strutturale carenza di politiche attive, aveva consentito per lungo tempo un uso sin troppo disinvolto di questo strumento. Esso era così diventato un sussidio distribuito a pioggia, complici la contingenza economica (soprattutto durante la crisi cominciata dal 2008) e la convenienza politica.
Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, chiamato ad esaminare la sussistenza dei requisiti per l'erogazione del beneficio, ha del resto spesso piegato il proprio orientamento ad esigenze congiunturali, adottando vere e proprie iniziative di interpretazione autentica che hanno destabilizzato il sistema normativo di cui fa parte l'art. 3: pensiamo in particolare alla Circolare 17 marzo 2009, n. 14/4314 con cui il Ministero ha avallato l'applicazione della CIGS in casi di turnaround, operazioni di ristrutturazione dei debiti e concordati preventivi con finalità liquidatoria, che apparivano ictu oculi estranei alla previsione normativa.
Un'interpretazione a tratti certamente opinabile e da non pochi criticata, come nel caso in cui si è risposto positivamente al quesito posto da una società in liquidazione che aveva chiesto l'omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti ai sensi dell'art. 182-bis l.fall., sulla possibilità di veder riconosciuto, a favore dei propri dipendenti, il trattamento di integrazione salariale straordinario per la causale ex art. 3 legge n. 223/1991 (sia consentito richiamare il mio contributo in Concordato fallimentare. Profili giuridici ed economico-aziendali. Casi, cur. Bianco C.; Giorgetti M.; Riva P., Egea 2013).
Quando la crisi comincia a mordere davvero, tutto ciò diventa insostenibile. Non a caso, dunque, la Riforma Fornero (legge 92/2012), nel giugno 2012, ha disposto che a partire dal 1° gennaio 2016 l'art. 3 sarà abrogato.
Pochi mesi dopo, in sede di conversione del decreto legge 83/2012 (avvenuta con legge 134/2012), si è deciso che l'ultima “stagione” della CIGS concorsuale sarebbe stata all'insegna dell'austerity: è stato infatti introdotto a carico delle procedure concorsuali quel principio di condizionalità prima mancante, per cui l'ammissione al beneficio è subordinata alla sussistenza di prospettive di continuazione o di ripresa dell'attività, secondo i parametri oggettivi individuati dal Decreto del Ministero del Lavoro 4 dicembre 2012, n. 70750 (attivazione di azioni miranti alla prosecuzione o alla ripresa dell'attività aziendale, manifestazioni di interesse finalizzate a cessioni anche parziali o proposte di affitto di azienda di suoi rami, trattative finalizzate all'individuazione di soluzioni tese alla continuazione o ripresa dell'attività mediante cessione o affitto di azienda o di suoi rami).
Diventa a questo punto necessario fare il punto della situazione, al fine di non trovarsi impreparati alla scadenza del 31 dicembre 2015.
Un primo spunto di riflessione viene dal Decreto Interministeriale 1° agosto 2014, n. 83473, con cui è stata disciplinata la materia della Cassa Integrazione Guadagni in deroga: esso, in linea con l'impostazione della Riforma Fornero, stabilisce che “in nessun caso il trattamento di cui al comma 1 (la CIGS “concorsuale”, n.d.r.) può essere concesso in caso di cessazione dell'attività dell'impresa o di parte di essa”.
Successivamente il Jobs Act (legge 183/2014) ha delegato al Governo un'ampia riforma degli ammortizzatori sociali. Tra i principi cui dovrà ispirarsi la nuova disciplina, l'art. 1, comma 2, lett. a, n. 1, prevede la “impossibilità di autorizzare le integrazioni salariali in caso di cessazione definitiva di attività aziendale o di un ramo di essa”. L'introduzione della parola “definitiva”, avvenuta in sede di ultima lettura alla Camera, fa ipotizzare un ritorno almeno parziale all'antico, giacché cessazioni “temporanee” non osterebbero alla concessione dell'ammortizzatore “concorsuale”. Ma a ridosso dell'apertura di una procedura, quante cessazioni dell'attività possono con certezza dirsi “definitive”?
In attesa dell'attuazione della delega, l'incertezza à grande.
Il legislatore delegato si trova infatti stretto tra la necessità di razionalizzare l'utilizzo degli ammortizzatori, destinando risorse sempre più scarse a casi di effettivo risanamento, e le esigenze di un'economia che appare ancora lontana dal superare una crisi di straordinaria durata

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