Atti urgenti di straordinaria amministrazione alla luce del redigendo piano concordatario
Antonio Maria Leozappa
08 Aprile 2014
L'art. 161, comma 7, l. fall. consente al debitore, che ha presentato domanda di concordato in bianco, di richiedere l'autorizzazione al compimento di “atti urgenti di straordinaria amministrazione” al Tribunale che, a tal fine, “può” assumere sommarie informazioni e “deve” acquisire il parere del commissario giudiziale, se nominato. Detto regime opera tra la data di deposito del ricorso e quello del decreto di ammissione alla procedura ex art. 163 l. fall.
L'art. 161, comma 7, l. fall. consente al debitore, che ha presentato domanda di concordato in bianco, di richiedere l'autorizzazione al compimento di “atti urgenti di straordinaria amministrazione” al Tribunale che, a tal fine, “può” assumere sommarie informazioni e “deve” acquisire il parere del commissario giudiziale, se nominato. Detto regime opera tra la data di deposito del ricorso e quello del decreto di ammissione alla procedura ex art. 163 l. fall. La giurisprudenza (vedi, per tutti, Trib. Padova, 15 novembre 2013; Trib. Milano, 11 dicembre 2012) sembra concordare nel riconoscere agli atti di straordinaria amministrazione lo stesso significato affermato dalla Cassazione in ordine agli “atti eccedenti l'ordinaria amministrazione” disciplinati dall'art. 167 l.fall.: sostanzialmente tali sono da considerarsi gli atti che incidono sul patrimonio del debitore, con possibile pregiudizio dei creditori (Cass. 20 ottobre 2005, n. 20291). Il dibattito in ordine alle condizioni e ai termini per la concessione della autorizzazione è, invece, apertissimo. L'indirizzo più rigoroso richiede che l'istanza di autorizzazione sia corredata dall'attestazione del professionista, ritenendosi che “non sembra consentito rimettere al tribunale, in assenza del deposito delle relative attestazioni in merito agli atti da compiere e di idonee linea guida atte a caratterizzare il piano e le singole operazioni, alcuna valutazione preventiva sul compimento di atti di straordinaria amministrazione”. Diversamente, “il tribunale sarebbe chiamato ad anticipare un vero e proprio giudizio di ‘fattibilità', con un inammissibile salto logico, e anche giuridico, rispetto alla normativa di carattere generale e con una sorta di aprioristico svuotamento del ruolo dell'attestatore e persino della ratio della normativa del novellato art. 236-bis l.fall.” (Trib. Roma, 21 dicembre 2012). L'indirizzo risponde, a tutta evidenza, all'esigenza di circoscrivere gli abusi a cui si espone, in carenza di adeguate informazioni, la disciplina del pre-concordato, individuando nell'attestazione lo strumento in grado di garantire la coerenza e credibilità dell'iniziativa del debitore nel concordato con riserva (il Tribunale di Roma era stato chiamato a pronunciarsi in ordine all'autorizzazione alla sottoscrizione dell'atto di fusione per incorporazione di una controllata). L'impostazione ha trovato considerevole adesione nella giurisprudenza di merito: si veda ad es. il decreto del Tribunale di Torino 3 gennaio 2013, che ha però rilevato, al contempo, che possono sussistere atti valutabili anche a prescindere dal piano, come nel caso di un immobile che non abbia carattere strategico dell'impresa in quanto adibito in parte ad ufficio e in parte ad abitazione. Invero, la circostanza che il regime introdotto dall'art. 161, 7 comma, l. fall. sia espressamente dettato per disciplinare il compimento degli atti di straordinaria amministrazione nel periodo tra il deposito del ricorso e il decreto di ammissione alla procedura - e, quindi, nel lasso di tempo nel quale il debitore sta predisponendo il piano concordatario - può condizionare in fatto la attestazione, che non è difficile immaginare, il più delle volte, potrà essere resa solo con riferimento alla natura “straordinaria” dell'atto da autorizzare, ai risultati attesi e/o connessi al compimento dell'atto nonché al carattere dell'”urgenza”. Ora – come, peraltro, è già stato rilevato, in questo sito (F. Lamanna, La problematica relazione tra pre-concordato e concordato con continuità aziendale alla luce delle speciali autorizzazioni del Tribunale) - è proprio il requisito normativo dell'urgenza l'indice che, nella ratio dell'art. 161 l.f., presidia il corretto andamento della procedura nel periodo dato. Il comma 7 stabilisce che il debitore può compiere gli atti urgenti di straordinaria amministrazione, previa autorizzazione del tribunale, nonché quelli di ordinaria amministrazione (la cui portata deve essere valutata alla luce dell'oggetto sociale del debitore). Stando alla lettera della norma, risultano pertanto preclusi quelli eccedenti l'ordinaria amministrazione che non rivestono carattere di urgenza. Ne deriva che all'autorizzazione del tribunale dovrebbero, e potrebbero, essere sottoposti solo gli atti di straordinaria amministrazione di cui il debitore dimostri indifferibile il compimento prima del decreto di ammissione alla procedura. Nel sopra citato decreto, il Tribunale di Torino ha, condivisibilmente, ritenuto che “il requisito dell'urgenza deve essere inteso nel senso che esso, se non compiuto immediatamente, determina un danno ovvero una mancata utilità per la massa dei creditori”. Si deve trattare di una necessità di carattere “oggettivo”, come si deduce dal fatto che il Tribunale “deve” acquisire il parere del commissario giudiziale, un organo che - mentre non è necessariamente edotto del piano concordatario in fieri – dovrebbe avere maggior cognizione dell'esercizio dell'impresa e dell'amministrazione dei beni, così come si deduce dall'art. 161, comma 6, ult. periodo, l.fall. E' indubbio che l'eventuale autorizzazione è suscettibile di incidere sulla stessa predisposizione del piano, con ciò alterando, se non invertendo, l'ordinario rapporto tra atti di gestione e piano concordatario, per il quale sono i primi a doversi conformare al secondo e non viceversa. Vero è, però, che di piano si potrà parlare solo al momento del suo deposito e, pertanto, ove dovesse sussistere l'oggettiva urgenza e necessità che il debitore ponga in essere un atto di straordinaria amministrazione prima della sua formalizzazione è, altresì, indubbio che sia la proposta a doversi configurare in ragione di detto atto. In altri termini, presentando l'istanza di autorizzazione al tribunale, il debitore accetta di comprimere la propria discrezionalità nella predisposizione del piano di concordato, vincolandosi a recepire nella proposta gli effetti dell'atto da compiere ed accettando il rischio che lo stesso ne comprometta la fattibilità. Tra il regime autorizzatorio dell'art. 161, comma 7, l. fall. e quello dell'art. 167 l. fall. sussiste una soluzione di continuità. Il primo, consentendo l'autorizzazione di atti urgenti di straordinaria amministrazione prima della presentazione del piano e senza l'attestazione, postula che possano venirsi a determinare, dopo il deposito del ricorso, delle condizioni oggettive in grado di imporsi all'autonomia del debitore, che sarà chiamato a predisporre il piano in ragione degli effetti dell'atto autorizzato, con la conseguenza che la fattibilità stessa del concordato dovrà essere valutata dall'attestatore e, successivamente, sindacata (nei limiti propri) dal Tribunale anche alla luce di quanto nelle more accaduto. Il secondo, ossia l'art. 167 l.fall., presidia invece il compimento degli atti che sono in grado di alterare il patrimonio debitore dopo la presentazione del concordato e richiede che l'autorizzazione sia concessa solo previa verifica della conformità di quanto richiesto con il piano medesimo. Dopo l'ammissione alla procedura, il patrimonio risulta vincolato al piano e, quindi, ogni atto in grado di incidere sullo stesso necessita di un sindacato di conformità da parte degli organi della procedura (salva la possibilità di modifica della stessa proposta nei limiti concessi dall'art. 175, 2° comma, l.fall.). Conclusivamente, è indubbio che il ricorso allo strumento introdotto dall'art. 161, comma 7, l. fall. si esponga a possibili abusi per la scarsità delle informazioni di cui dispongono gli organi della procedura. Il requisito normativo dell'urgenza evidenzia, però, che si tratta di uno strumento finalizzato ad assicurare – più che la realizzabilità del concordato – la salvaguardia degli interessi dei creditori, suscettibili di potenziali pregiudizi nelle more della formalizzazione del piano. In questo ordine di idee, deve ritenersi che proprio l'accertata sussistenza di una oggettiva situazione di necessità possa – quantomeno, in via di principio - essere considerata sufficiente, in presenza degli altri presupposti di legge, per l'esercizio del potere autorizzatorio da parte del tribunale anche nell'ipotesi in cui gli atti da compiere non possano ancora essere compiutamente inquadrati alla luce del (redigendo) piano concordatario.
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