Su un curioso tentativo di riforma “retroattiva” della disciplina del concordato “in bianco”

Danilo Galletti
25 Marzo 2014

La recente conversione in legge del decreto-legge n. 145/2013 (“Destinazione Italia”) contiene una singolare norma che vorrebbe costituire interpretazione autentica dell'art. 111 l.fall., e che fissa il principio della prededuzione per i crediti sorti “in occasione o in funzione” della procedura concordataria in bianco, soltanto se il piano sia poi tempestivamente presentato e sia altresì oggetto di ammissione ai sensi dell'art. 163 l. fall.

La recente conversione in legge del decreto-legge n. 145/2013 (“Destinazione Italia”) contiene una singolare norma che vorrebbe costituire interpretazione autentica dell'art. 111 l.fall., e che fissa il principio della prededuzione per i crediti sorti “in occasione o in funzione” della procedura concordataria in bianco, soltanto se il piano sia poi tempestivamente presentato e sia altresì oggetto di ammissione ai sensi dell'art. 163 l. fall.
La ratio dell'intervento, probabilmente originato anche dalla poco commendevole urgenza di tentare di intervenire su alcuni specifici procedimenti giudiziari pendenti, si manifesta subito per la sua portata asistematica e distonica rispetto alla struttura dell'ordinamento concorsuale.
Certo uno dei problemi principali introdotti dalla recente “ondata” di concordati preventivi in bianco, come è noto, è il rischio di aggravamento del dissesto comportato dalla massiccia concessione della prededuzione a tutti gli atti “legalmente” compiuti in pendenza della procedura, dove l'attributo della legalità spetta tanto agli atti urgenti e di straordinaria amministrazione autorizzati dal Tribunale, quanto a quelli di ordinaria amministrazione compiuti dal debitore senza assistenza, categoria nella quale non possono non rientrare i debiti di funzionamento dell'impresa assunti nella continuità della stessa.
E di certo pure non può non creare sorpresa l'aumento esponenziale dei concordati presentati come “in continuità”, dopo la Riforma del 2012, rispetto al passato, circostanza determinata non già dall'introduzione dell'art. 186-bis, bensì dalla disciplina del concordato “in bianco”.
Alla sostanziale incapacità del sistema di scriminare in partenza fra concordati in bianco ed in continuità che possano aspirare con fondamento alla ristrutturazione, e concordati semplicemente dissipatori di ricchezza, il sistema ha cercato di porre in qualche modo rimedio con il Decreto del Fare, e così con gli strumenti antielusivi costituiti dalla nomina del Commissario e dall'estensione dei poteri di arresto del procedimento del Tribunale.
Sorprende tuttavia questo ulteriore intervento “a gamba tesa” del Legislatore, che per la sua rigidità rischia di eccedere ampiamente nella direzione opposta, disincentivando fortemente la collaborazione dei creditori e dei partners commerciali nella ristrutturazione dell'impresa in crisi, che addirittura scelga la procedura concorsuale più “vigilata”, in manifesta antitesi rispetto alla ratio che aveva guidato lo stesso Legislatore nelle Riforma dal 2005 in poi.
Gli atti posti in essere dal debitore, assolutamente legittimi, e financo autorizzati dal Tribunale, non fonderebbero un diritto del creditore al pagamento integrale, a seconda di un esito della procedura che sfugge completamente al suo controllo, ove neppure astrattamente (per l'assenza appunto di un “piano”) è possibile imputare al creditore di aver mal valutato il rischio che si assume.
Del tutto irrazionalmente, tuttavia, il pagamento posto in essere pendente il concordato per contratti stipulati dopo l'apertura, anch'esso legittimo, parrebbe (altrimenti che “continuità” potrebbe esservi ?), non potrebbe comunque essere revocato nel successivo fallimento, poiché comunque esso sarebbe “successivo” alla domanda, e nessuna interpolazione è avvenuta quanto alla lett. e) dell'art. 67, comma 3, l. fall.
Ma allora come si spiega la disparità di trattamento fra il creditore precedente l'apertura del concorso, che se riceve il pagamento subisce la revoca, e può essere pagato in costanza di procedura solo con l'autorizzazione del Giudice, laddove il creditore successivo può essere pagato integralmente senza alcuna autorizzazione, ma se non viene soddisfatto si colloca comunque al chirografo?
E' chiaro che in questa prospettiva la modifica determinerebbe la conseguenza per cui ogni fornitore per consegnare quanto ordinato pretenderebbe il pagamento in advance, con aggravamento esponenziale delle criticità di cassa del debitore concordatario.
Nell'impossibilità per i fornitori di distinguere fra debitori ristrutturabili e non, ciò comporterebbe un aggravamento delle condizioni commerciali per tutti gli imprenditori in crisi, ivi compresi e soprattutto quelli più meritevoli (adverse selection).
La selezione dei concordati “buoni” e “cattivi” infatti dovrebbe essere fatta in concreto dal Tribunale, non dai soggetti meno attrezzati per tale valutazione, attraverso l'irrigidimento astratto e generalizzato della disciplina della prededuzione.
Non sembra tuttavia che la disposizione, comunque non particolarmente perspicua, debba necessariamente legittimare un'applicazione così distonica rispetto alla sistematica dell'ordinamento.
La norma infatti si richiama ai debiti sorti “in occasione od in funzione” del concordato, e dunque si riconnette alla sola seconda parte del comma 2 dell'art. 111 l. fall.; non è richiamata invece la parte del disposto in cui esso fa riferimento ai casi “tipici” di prededuzione; nel caso principale che ci preoccupa, invece, la prededuzione si basa su una disposizione specifica (l'art 161, comma 7, l. fall.), e dunque attiene ad una parte dell'art. 111 l. fall., che non è stata oggetto dell'intervento “interpretativo”.
D'altro canto i creditori del debitore che presenti domanda di concordato “in bianco” non hanno, appunto, fatto affidamento sulla norma generale di cui all'art. 111 l. fall., assumendosi così anche il rischio di aver mal valutato i presupposti di “occasionalità” e/o “funzionalità”, bensì su di una disposizione specifica ed espressa (appunto l'art. 161, comma 7, l. fall., che attribuisce loro il beneficio senza riserve né condizioni).
Alla potenziale obiezione circa l'inesistenza di un residuo campo applicativo del disposto, può rispondersi che i crediti sorti “in funzione” od “in occasione” che andranno valutati solo in caso di successiva ammissione saranno quelli relativi all'attività pregressa, anche professionale, strumentale all'instaurazione del concordato (ove la S.C. ormai in forza di un orientamento “di diritto vivente”, invero assai discutibile, riconosce il beneficio prededuttivo, a condizione di utilità della prestazione).
Inoltre la parte finale del testo emendato (“senza soluzione di continuità rispetto alla presentazione della domanda ai sensi del citato art. 161, comma 6”) fa esplicito riferimento a quei casi ove non possa parlarsi di “consecuzione” fra le due procedure. Il Legislatore sembrerebbe voler fare riferimento a quei concordati che siano presentati, ovviamente “in pieno”, dopo che il precedente concordato “in bianco” sia dichiarato inammissibile, senza che sopravvenga contestualmente il fallimento. Ma allora perché sanzionare il creditore per un comportamento del debitore maturato nel corso della fase in bianco, quando invece la prededuzione rimane salda ove l'ammissione al concordato sia revocata addirittura per atti di frode ex art. 173 l. fall. ?
Poco sembra esserci da dire sulla “studiata” retroattività del disposto.
E' appena il caso di dire che se l'intervento fosse animato dalla finalità “recondita” di influire su giudizi specifici, la norma non potrebbe sfuggire al vaglio di costituzionalità; la retroattività, negli interventi di interpretazione autentica del Legislatore, è infatti consentita esclusivamente nei casi in cui “la retroattività trovi adeguata giustificazione nell'esigenza di tutelare principi, diritti e beni di rilievo costituzionale, che costituiscono altrettanti motivi imperativi di interesse generale; la scure di incostituzionalità è invece assicurata là dove “la norma lede il legittimo affidamento sorto in coloro che hanno acquistato … nel periodo nel quale vigeva ancora la norma "sostituita" e contrasta con il principio di ragionevolezza, in quanto produce disparità di trattamento … in assenza di alcuna giustificazione, e favorisce una parte a scapito dell'altra, incidendo retroattivamente sull'obbligo dei privati” (CORTE COST., n. 103/2013), oppure quando addirittura l'intervento si prefigga di influire su di un giudizio in corso (v. CORTE COST., n. 308/2013).
Pare difficile dunque che il disposto superi comunque il vaglio di costituzionalità, nei giudizi riguardanti fattispecie pregresse in cui dovesse tentarsi di applicarlo.

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