Codice di Procedura Penale art. 27 - Misure cautelari disposte dal giudice incompetente.

Aldo Aceto

Misure cautelari disposte dal giudice incompetente.

1. Le misure cautelari [272 s.] disposte dal giudice che, contestualmente o successivamente, si dichiara incompetente per qualsiasi causa [291] cessano di avere effetto se, entro venti giorni dalla ordinanza di trasmissione degli atti, il giudice competente non provvede a norma degli articoli 292, 317 e 321.

Inquadramento

Il giudice per qualsiasi causa incompetente non può disporre alcuna misura cautelare; questa è la regola. La necessità di soddisfare le esigenze cautelari (personali o reali) prevale sul rispetto della regola quando l'urgenza del provvedere l'imponga. A tanto provvede la norma in commento che concilia la regola con l'eccezione attribuendo a quest'ultima una limitata efficacia temporale.

I presupposti di applicabilità della norma. La dichiarazione di incompetenza contestuale

Il giudice investito di una qualsiasi richiesta cautelare (personale o reale), può declinare la propria competenza in due modi: a) dichiarandola puramente e semplicemente e restituendo gli atti al pubblico ministero senza adottare la misura cautelare (art. 22, commi 1 e 2); oppure, se ricorrono i presupposti previsti dall'art. 291, comma 2 o comunque di urgenza, b) adottando il provvedimento richiesto e contestualmente dichiarandosi incompetente “per qualsiasi causa” (per materia, per territorio, per connessione o anche per incompetenza funzionale (Cass. S.U., n. 14/1994); il significato dell'espressione «per qualsiasi causa» non può, invece, essere esteso sino a ricomprendere anche le ipotesi di istituzione di nuovi uffici giudiziari; in siffatte ipotesi il provvedimento cautelare emesso dal giudice originariamente competente mantiene la sua efficacia e nessun nuovo provvedimento deve essere adottato dal giudice al quale gli atti del procedimento sono stati trasmessi: Cass. I, n. 4485/1991; Cass. I, n. 2515/1991).

L'art. 27 disciplina quest'ultima ipotesi (Cass. VI, n. 3516/1994; Cass. VI, n. 2055/1993) e non trova, pertanto, applicazione né nel caso di mancanza di giurisdizione del giudice ordinario, né nella ipotesi di trasmissione di atti ad altro ufficio disposta dal pubblico ministero durante le indagini preliminari ai sensi dell'art. 54, comma 1, nemmeno se ciò avvenga in conseguenza del provvedimento con cui il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione individua la competenza di una determinata procura a procedere per il reato ipotizzato, trattandosi di provvedimenti che hanno natura organizzatoria e non spiegano alcun effetto sull'efficacia della misura cautelare, sulla quale incidono unicamente i provvedimenti dichiarativi di incompetenza del giudice che l'ha disposta (Cass. VI, n. 2336/2015; in termini generali, per l'inapplicabilità dell'art. 27 ai casi di trasmissione di atti ad altro ufficio del P.M. ai sensi dell'art. 54, cfr. Cass. VI, n. 16309/2015; Cass. II, n. 16056/2015).

La Corte costituzionale, nel dichiarare infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 27, nella parte in cui non prevede che la cessazione dell'efficacia della misura cautelare disposta dal giudice dichiaratosi incompetente, ove quello competente non provveda «a norma degli articoli 292, 317 e 321» «entro venti giorni dalla ordinanza di trasmissione degli atti», non si applichi anche nel caso di trasmissione degli atti disposta dal pubblico ministero ai sensi dell'art. 54 stesso codice, ha spiegato che «presupposto per l'applicazione di tale disciplina è una declaratoria giurisdizionale di incompetenza che - pur se non irreversibile in quanto emessa allo stato degli atti e non fondata su una completa conoscenza di questi (art. 22, comma 2) - rende necessaria una nuova pronuncia sulla misura cautelare da parte del giudice ritenuto competente e può essere rimossa, in caso di declinatoria da parte di entrambi i giudici, solo con la procedura dei conflitti (artt. 28 ss.). L'art. 54, invece, concerne i rapporti tra diversi uffici del pubblico ministero, che il nuovo codice disciplina secondo criteri diversi da quelli che regolano la materia della competenza-incompetenza tra giudici. Data la natura di parte sia pure pubblica, del pubblico ministero e la circostanza che le ipotesi ricostruttive dei fatti sono, nelle indagini preliminari, suscettibili di modificazioni idonee ad influire sulla titolarità di queste, si è privilegiata l'esigenza di efficacia e tempestività della funzione investigativa e si sono perciò adottati criteri di elasticità nella definizione dei rapporti tra i diversi uffici del pubblico ministero, evitando una netta e rigorosa separazione dei rispettivi poteri (cfr. Relazione al progetto preliminare, p. 24). Così si è, da un lato, omesso di apprestare rimedi per imporre al pubblico ministero non legittimato la trasmissione degli atti a quello che sia titolare delle indagini preliminari alla stregua dei criteri di cui all'art. 51, e consentito che il pubblico ministero procedente le prosegua nonostante la declaratoria di incompetenza intervenuta in tale fase da parte del corrispondente giudice per le indagini preliminari (arg. ex art. 22 cit.); dall'altro, si sono regolati i conflitti negativi tra diversi uffici del pubblico ministero all'interno della struttura organizzativa di tale parte, attribuendone la risoluzione al procuratore generale (art. 54, comma 2) ed evitando, così, di demandarla ad un giudice. Nel contesto di una tale disciplina, perciò, la circostanza che il pubblico ministero procedente trasmetta gli atti a quello incardinato presso il giudice che egli ritenga competente (art. 54, comma 1) non è idonea né a comportare la competenza di quest'ultimo giudice — che può infatti declinarla ove gli si chieda un provvedimento —; né ad escludere la competenza del giudice presso il quale il pubblico ministero trasmittente esercita le funzioni. Di conseguenza, tale traslazione degli atti non vale ad infirmare la validità della misura cautelare già disposta da quest'ultimo né ad attribuirle un'efficacia solo interinale; e non vi è ragione di ritenere che ad essa debba sovrapporsi un nuovo provvedimento di altro giudice, mancando in tal caso — diversamente che in quello contemplato dall'art. 27 — una pronuncia declinatoria di competenza. Non sono invocabili, pertanto, né l'art. 3, trattandosi di situazioni diverse, né l'art. 25 Cost., non essendo la traslazione degli atti attributiva di competenza; e nemmeno può dirsi violato il diritto di difesa, che ben può essere esercitato chiedendo la revoca della misura o al giudice presso il cui ufficio è il pubblico ministero che ha ricevuto gli atti ovvero - qualora egli declini la propria competenza - allo stesso giudice che l'ha emessa» (Corte cost. n. 262/1991).

La mancanza di giurisdizione costituisce, invece, patologia che rende il provvedimento del tutto privo di effetti, e non può conservare validità ed efficacia in via provvisoria per il termine di venti giorni, dopo il rilievo del difetto di potestas iudicandi, in applicazione analogica dell'art. 27, poiché questa è norma riferibile soltanto alle ipotesi di difetto di competenza (Cass. I, n. 23372/2015).

La norma non trova applicazione nemmeno nel caso in cui il giudice che deve emettere il nuovo provvedimento non è diverso da quello incompetente (Cass. S.U., n. 1/1996, secondo cui nell'ipotesi di declaratoria di incompetenza per materia pronunciata dal giudice dibattimentale, cui consegue la regressione del procedimento alla fase delle indagini preliminari, occorre aver riguardo alla competenza del giudice per le indagini preliminari, che è una derivazione, se non proprio una proiezione, di quella del giudice del giudizio, al quale la legge fa riferimento per determinare i limiti della giurisdizione sotto il profilo territoriale, della materia e della funzione. Conseguentemente, stante l'unicità dell'organo giurisdizionale della fase delle indagini per i procedimenti di competenza del Tribunale e della Corte d'Assise, la S.C. ha ritenuto che nella specie difettava il presupposto stesso per l'applicazione dell'art. 27, giacché l'organo che aveva disposto la misura — e cioè il g.i.p. presso il Tribunale — era proprio quello dichiarato competente).

Segue. La dichiarazione di incompetenza successiva.

Il giudice può rilevare la propria incompetenza anche successivamente alla adozione della misura cautelare, in sede, per esempio, di richiesta di revoca, modifica o sostituzione della misura stessa, quando la competenza sia venuta meno per emergenze investigative sopravvenute, ma anche in base al ripensamento sollecitato magari dalla stessa persona sottoposta alle indagini.

Si è discusso se, ai fini dell'applicabilità della norma in commento, la dichiarazione di incompetenza non contestuale all'adozione dell'atto, debba essere resa dallo stesso giudice.

Risolvendo il contrasto, Cass. S.U , n. 1/1996, argomentando anche alla luce di quanto dispone l'art. 32, comma 3, ha affermato il principio che il carattere provvisorio dell'efficacia della misura disposta da giudice incompetente, sancito dall'art. 27, in quanto espressione di un potere eccezionale, non può essere limitato ai casi di identità del giudice disponente e giudice che dichiara l'incompetenza, ma deve estendersi anche ai casi in cui l'incompetenza sia dichiarata dal giudice del processo principale, dell'udienza preliminare o dei diversi gradi del giudizio. La ratio di tale interpretazione risiede proprio nel principio del giudice naturale sancito dall'art. 25 della Carta costituzionale, di cui le norme in tema di competenza costituiscono diretta applicazione, specie in una materia quale la libertà personale, costituzionalmente garantita. L'indagato (o l'imputato) ha diritto comunque, ma particolarmente in tema di misure limitative di tale libertà, ad una decisione, sulla relativa richiesta del pubblico ministero, da parte del suo giudice naturale, di quello cioè precostituito per legge, secondo la disciplina dettata dagli artt. 279, 291 e 91 disp.att., che compia una rinnovata ed autonoma valutazione su tutti i presupposti del provvedimento cautelare.

La provvisoria efficacia dell'ordinanza applicativa di misura cautelare emessa da giudice incompetente, va riconosciuta anche nel caso in cui sia dichiarata dalla Corte di Cassazione a seguito di ricorso per saltum proposto avverso la suddetta ordinanza; e ciò in quanto è soltanto l'incompetenza, come tale, a giustificare la provvisoria ultrattività del provvedimento impositivo della misura cautelare, quale che sia la fase del procedimento nella quale tale incompetenza sia riconosciuta e dichiarata (Cass. S.U. , n. 14/1994). Si è anche precisato che la Corte di cassazione, quando rileva un vizio di competenza funzionale del giudice che ha adottato il provvedimento impugnato non può limitarsi a disporre l'annullamento senza rinvio di quest'ultimo, ma deve anche individuare l'Autorità giudiziaria competente ed ordinare la trasmissione degli atti alla stessa.

La Corte di cassazione ha tuttavia precisato che se il sindacato sulla competenza del giudice che ha adottato la misura cautelare è ammissibile anche nel relativo procedimento incidentale di impugnazione, tale sindacato non è ammissibile in sede di cognizione, stante l'autonomia del procedimento cautelare rispetto a quello principale, sicché l'incompetenza dichiarata dal giudice del dibattimento non travolge la misura stessa (Cass. II, n. 44678/2019, che richiama precedenti specifici sul punto).

La norma non trova applicazione in caso di richiesta di revoca o sostituzione avanzata al giudice che ha adottato la misura cautelare dopo che il pubblico ministero procedente abbia disposto la trasmissione degli atti ad altro ufficio inquirente, istituito presso un diverso giudice (Cass. III, n. 16463/2024, che ha ritenuto immune da censure la decisione con la quale il giudice per le indagini preliminari del tribunale presso cui è istituito l'Ufficio del pubblico ministero spogliatosi della disponibilità degli atti ai sensi dell'art. 54 aveva omesso di pronunciarsi su un'istanza di revoca o sostituzione della misura e, quindi, di dichiararsi incompetente ai sensi dell'art. 27). In questo caso, infatti, non v'è dichiarazione giurisdizionale di incompetenza del giudice richiesto della revoca/modifica della misura, bensì la mera presa d'atto della già avvenuta trasmissione degli atti ad altro ufficio del pubblico ministero.

L'applicabilità della norma in sede di riesame

Si riteneva in giurisprudenza che le ordinanze dispositive di misura cautelare personale, nonché le ordinanze che decidono sulla richiesta di riesame sono provvedimenti emessi allo stato degli atti, rispetto ai quali è del tutto ultronea la risoluzione della questione di competenza territoriale. Difatti, l'eventuale incompetenza non si traduce, di per sé, nella nullità del provvedimento, potendo incidere solamente, ed entro i termini di cui all'art. 27, sull'efficacia della misura, sempre che sia lo stesso giudice che ha emesso il provvedimento a dichiararsi, contestualmente o successivamente, incompetente.

Sulla scorta dell'insegnamento di Cass. S.U., n. 1/1996, cit., è stato affermato che l'incompetenza del giudice che ha adottato una misura cautelare può essere dedotta con le impugnazioni de libertate e, conseguentemente, riconosciuta dal giudice del riesame o da quello di legittimità, i quali dovranno apprezzare non solo la questione di competenza, ma anche, in caso di ritenuta incompetenza, la sussistenza del presupposto dell'urgenza che, ai sensi dell'art. 291, comma 2, legittima, nel caso, il giudice richiesto della misura ad adottarla, pur essendo incompetente. Ne consegue che l'incompetenza eventualmente dichiarata dal giudice dell'impugnazione renderà provvisoria l'efficacia del provvedimento cautelare, legittimamente adottato in caso di urgenza, secondo il disposto dell'art. 27; mentre, nel caso in cui il giudice dell'impugnazione apprezzi l'insussistenza dell'urgenza, con la declaratoria di incompetenza, dovrà annullare la misura. Tale apprezzamento deve essere effettuato con riferimento ai dati processuali, ove si tratti di impugnazione di merito, ovvero con esclusivo riferimento a quanto implicitamente desumibile dalla motivazione del provvedimento impugnato, ove si tratti di impugnazione di legittimità, non essendo consentito alla Corte di cassazione di procedere alla disamina degli atti (Cass. IV, n 30328/2005).

Secondo un diverso orientamento, invece, una volta riconosciuta in sede di riesame l'incompetenza del giudice che ha adottato una misura cautelare, il Tribunale non può pronunciare l'annullamento né la riforma del provvedimento impugnato, ma, dopo averlo confermato, deve provvedere, ai sensi dell'art. 27 (Cass. II, n. 48734/2012).

Occorre peraltro evidenziare che, a norma dell'art. 309, comma 9, come modificato dall'art. 11, comma 3, l. 47/2015, il tribunale del riesame deve annullare il provvedimento impugnato se la motivazione manca. Se ne deve dedurre che se riconosce l'incompetenza del giudice che ha adottato la misura, deve necessariamente annullarla se quest'ultimo non ha motivato in alcun modo sulle ragioni dell'urgenza del provvedere. Il che rende preferibile ormai il primo dei due indirizzi appena esposti.

Certamente è possibile investire il giudice del riesame della sussistenza dell'urgenza del provvedere, questione rispetto alla quale quella della competenza assume valore pregiudiziale e che, se risolta in senso negativo (nel senso cioè della insussistenza dell'urgenza), determina l'annullamento del provvedimento cautelare, non la sua inefficacia (Cass. II, n. 35630/2017). In ogni caso sussiste l'interesse dell'imputato ad impugnare, con richiesta di riesame, l'ordinanza applicativa di una misura cautelare disposta dal giudice il quale si sia nel contempo dichiarato incompetente anche quando, entro il termine di cui all'art. 27, il giudice competente abbia emesso altra analoga ordinanza, atteso che l'eventuale annullamento della prima ordinanza, del tutto autonoma rispetto alla seconda, potrebbe presentare utilità ai fini di una eventuale futura richiesta di riparazione per ingiusta detenzione.

L'incompetenza del giudice della convalida del fermo o dell'arresto

Nell'ipotesi in cui la misura cautelare sia stata disposta dal giudice della convalida ex art. 391, comma 5, e il luogo dell'arresto o del fermo sia diverso da quello di commissione del reato, solo la formale dichiarazione di incompetenza da parte del giudice determina l'inefficacia della misura cautelare che non sia stata rinnovata dal giudice competente entro venti giorni dall'ordinanza di trasmissione degli atti (Cass. S.U., n. 12823/2010).

Secondo la giurisprudenza maggioritaria, inoltre, la disciplina dell'art. 27 non si applica nel caso in cui il giudice non convalidi l'arresto e riscontrando, stante il mancato consenso dell'imputato, l'impossibilità di procedere a giudizio direttissimo, restituisca gli atti al pubblico ministero ex art. 449, comma 2, in quanto la necessità di rinnovazione della misura cautelare, in virtù del disposto di cui all'art. 27, opera soltanto quando il giudice che deve emettere il nuovo provvedimento sia diverso da quello incompetente. Qualora, invece, il nuovo provvedimento sia emesso dal giudice per le indagini preliminari appartenente allo stesso tribunale il cui giudice del dibattimento abbia applicato la misura e disposto la regressione del procedimento, l'identità dell'ufficio giudiziario comporta che non ricorrano gli estremi della incompetenza di cui all'art. 27 suddetto (Cass. V, n. 18075/2010; contra Cass. VI, n. 3653/1991, secondo cui ove il giudice del dibattimento, constata l'insussistenza delle condizioni per procedere a giudizio direttissimo abbia disposto la restituzione degli atti al pubblico ministero, la misura cautelare perde efficacia se nei venti giorni dalla pronuncia di tale provvedimento il giudice competente non abbia provveduto in ordine allo status libertatis della persona in vinculis). In ogni caso, il rigetto della richiesta di misura cautelare disposto dal giudice delle indagini preliminari competente per la convalida del fermo eseguito fuori dal circondario non preclude al pubblico ministero territorialmente competente la reiterazione della suddetta richiesta al giudice naturale, in quanto il provvedimento emesso da quest'ultimo è del tutto autonomo rispetto al primo, che, in quanto non impugnabile, è inidoneo a determinare la formazione di un giudicato cautelare (Cass. VI, n. 21328/2015).

L'efficacia e legittimità della misura applicata dal giudice ai sensi dell'art. 27

L'ordinanza applicativa di misura cautelare personale adottata dal giudice che si dichiara contestualmente incompetente è legittima e provvisoriamente efficace, con quanto ne consegue in termini di adempimenti esecutivi. Se pertanto il giudice che ha adottato l'ordinanza ai sensi dell'art. 27, non procede all'interrogatorio di garanzia di cui all'art. 294 nei termini ivi indicati, l'ordinanza stessa perde efficacia ai sensi dell'art. 302 e la nuova misura potrà essere adottata solo nei ristretti termini in quest'ultima norma indicati (Cass. I, n. 3505/1990). Se, invece, la cessazione dell'efficacia della misura consegue all'inutile decorso del termine di cui all'art. 27, l'emissione da parte del giudice competente di altro provvedimento cautelare è pienamente legittimo anche se è emesso sulla base degli stessi presupposti di fatto e di diritto del precedente (Cass. VI, n. 1056/2012).

Tuttavia nel caso di tempestiva emissione di nuova misura cautelare custodiale conseguente ad una dichiarazione di inefficacia, ai sensi dei commi 5 e 10 dell'art. 309, di quella precedente, il giudice per le indagini preliminari non è tenuto ad interrogare l'indagato prima di ripristinare nei suoi confronti il regime custodiale né a reiterare l'interrogatorio di garanzia successivamente all'esecuzione della nuova misura, sempre che tale adempimento sia stato in precedenza regolarmente espletato e sempre che l'ultima ordinanza cautelare non contenga elementi nuovi e diversi rispetto alla precedente (Cass. S.U., n. 28270/2014), perché altrimenti il giudice competente cui siano stati trasmessi gli atti dovrà provvedere all'interrogatorio di garanzia.

Il termine iniziale di decorrenza

Il termine di venti giorni entro il quale la misura cautelare personale disposta dal giudice dichiaratosi incompetente perde efficacia, se il giudice competente non provvede ad emettere una nuova ordinanza coercitiva, decorre dalla data di deliberazione del provvedimento di incompetenza e dell'ordine conseguente di trasmissione degli atti, e non dal momento eventualmente successivo del loro deposito in cancelleria con la relativa motivazione (Cass. VI, n. 13066/2005; Cass. S.U., n. 3/2001 che parla più specificamente di ordinanza di trasmissione). Nel caso in cui la dichiarazione di incompetenza sia pronunciata con sentenza, l'ordinanza di trasmissione degli atti, è provvedimento accessorio, ragion per cui il dies a quo per il computo di detto termine si individua in quello di deposito della motivazione della sentenza e della connessa ordinanza e non già in quello della lettura del dispositivo (Cass. IV, n. 23714/2013).

I poteri/doveri del nuovo giudice

Il termine di venti giorni, posto dall'art. 27, costituisce il limite temporale dell'efficacia della misura cautelare disposta dal giudice incompetente, ma il suo decorso non comporta alcuna preclusione all'esercizio del potere-dovere del giudice competente ad emettere successivamente il provvedimento applicativo di detta misura, ancorché sulla base degli stessi presupposti e delle stesse esigenze cautelari, ove sussistenti.

Il provvedimento cautelare emesso dal giudice competente, infatti, si caratterizza per la completa «autonomia» rispetto al precedente ad effetti interinali e, quindi, non può essere definito di «conferma» o di «reiterazione» di quello precedente, in quanto appunto emesso da altro giudice sulla base di un'autonoma valutazione delle stesse condizioni legittimanti, ancorché desunte dagli stessi fatti (Cass. S.U., n. 15/1993; Cass. VI, n. 1056/2012).

In sede di adozione della nuova misura il giudice competente può adottare anche la motivazione per relationem, purché il rinvio alle valutazioni già espresse dal primo giudice risulti consapevole e consenta il controllo dell'iter logico - giuridico alla base dell'adozione del titolo restrittivo (Cass. III, n. 20568/2015; si veda altresì Cass. II, n. 6358/2015 secondo cui non è affetto da nullità il provvedimento che riproduce sostanzialmente, anche con la tecnica del «taglia incolla», l'ordinanza emessa dal giudice territorialmente incompetente, qualora la motivazione di quest'ultima risulti congrua rispetto all'iter logico seguito per pervenire alla decisione adottata).

Secondo Cass. II, n. 41996/2022 non è preclusa la possibilità, per il giudice competente, di adottare una nuova misura cautelare di identico contenuto e basata sui medesimi presupposti, con autonomo provvedimento che non richiede motivazione rafforzata quanto alla sopravvenuta gravità del "periculum in mora".

Segue . La necessità di un nuovo interrogatorio di garanzia.

Secondo autorevole arresto giurisprudenziale, le misure cautelari disposte, a norma dell'art.27, da un giudice, dichiaratosi contestualmente o successivamente incompetente, non perdono efficacia per il mancato espletamento di un nuovo interrogatorio di garanzia da parte del giudice competente il quale abbia emesso nel termine stabilito una propria ordinanza, sempre che non siano stati contestati all'indagato o all'imputato fatti nuovi ovvero il provvedimento non sia fondato su indizi o su esigenze cautelari in tutto o in parte diversi rispetto a quelli posti a fondamento dell'ordinanza emessa dal giudice incompetente (Cass. S.U., n. 39618/2001; nello stesso senso, anche se in fattispecie diversa, Cass. S.U., n. 28270/2014; in senso conforme Cass. VI, n. 3169/2021 che ha escluso che le sopravvenute dichiarazioni rese da un coindagato rendessero necessaria la rinnovazione dell'interrogatorio, in quanto meramente confermative di elementi di fatto già acquisiti, ciò sul rilievo che per fatti nuovi devono intendersi quelli idonei ad incidere significativamente sull'episodio addebitato, rendendolo diverso o ulteriore). 

Secondo Cass. VI, n. 2057/2018, in tema di misure cautelari emesse ai sensi dell'art. 27 c.p.p., in relazione ad una pluralità di reati, l'inefficacia della misura, prevista dall'art. 302 c.p.p., conseguente al mancato espletamento dell'interrogatorio per effetto della contestazione di elementi nuovi e diversi rispetto a quelli del precedente titolo cautelare, opera limitatamente ai fatti-reato rispetto ai quali sia stato omesso il predetto adempimento.

Si è posto il problema della necessità del nuovo interrogatorio di garanzia nel caso in cui il giudice dichiaratosi incompetente, pur avendo adottato la misura cautelare, non abbia convalidato il provvedimento di fermo. Secondo Cass. II, n. 46440/2023, nel caso in cui una misura cautelare disposta dal giudice incompetente sia rinnovata dal giudice competente ai sensi dell'art. 27 non è necessario procedere a un nuovo interrogatorio di garanzia ex art. 294, conservando piena efficacia quello effettuato nel corso dell'udienza di convalida del fermo a norma dell'art. 391, c. 3, e ciò anche qualora il provvedimento di fermo di indiziato di delitto, cui la misura si ricolleghi, non sia stato convalidato (nello stesso senso, Cass. V, n. 48246/2016; Cass. III, n. 6281/2010).

Si è tuttavia precisato che se la convalida del fermo o dell'arresto sia stata effettuata da giudice funzionalmente incompetente (quale deve ritenersi quello che non sia individuato in relazione al luogo di esecuzione del fermo o dell'arresto) e lo stesso giudice, previo interrogatorio del fermato o dell'arrestato, abbia emesso ordinanza applicativa di custodia cautelare disponendo nel contempo, avuto riguardo alla propria ritenuta incompetenza, la trasmissione degli atti al giudice competente per il procedimento, detta ordinanza ha efficacia provvisoria a norma dell'art. 27 ma l'interrogatorio, dovendo essere considerato nullo, non può valere ai fini del mantenimento della misura che venga eventualmente disposta, entro il termine di cui al citato art. 27, dal giudice competente(Cass. IV, n. 18861/2008).

Casistica

In tema di misure cautelari personali, la mancata trasmissione al giudice da parte del pubblico ministero oltre che degli elementi su cui è fondata la richiesta cautelare, anche di una memoria difensiva già depositata dall'indagato nel corso del procedimento, determina, ex art. 292, comma 2, lett. c) bis, una nullità a carattere intermedio dell'ordinanza applicativa della misura, deducibile con il ricorso per saltum al giudice di legittimità (fattispecie in cui, dopo la dichiarazione di incompetenza del giudice che aveva originariamente emesso la misura da parte del tribunale del riesame, il P.M. presso il giudice dichiarato competente, nel presentare la nuova richiesta, aveva omesso di trasmettere una memoria depositata dall'indagato davanti al tribunale del riesame) (Cass. V, n 20353/2015).

In tema di riparazione per l'ingiusta detenzione, configura un'ipotesi di ingiustizia formale del titolo custodiale ai sensi dell'art. 314, comma 2, la mancata conferma, ex art. 27, della misura cautelare applicata dal giudice per le indagini preliminari dichiaratosi incompetente in difetto delle condizioni di cui agli artt. 273 e 280, trattandosi di decisione definitiva favorevole all'indagato, assunta in un procedimento cautelare "de libertate" (Cass. IV, n. 1976/2024che ha annullato con rinvio l'ordinanza di rigetto della richiesta di riparazione per essere stata erroneamente ricondotta ad un'ipotesi di ingiustizia sostanziale la mancata conferma della misura degli arresti domiciliari da parte del giudice competente ex art. 27, che aveva omesso di considerare la valenza di tale provvedimento, caratterizzato, rispetto a quello non confermato, dall'identità della domanda cautelare).

L'indagato ha interesse ad impugnare l'ordinanza del tribunale del riesame che ha dichiarato l'incompetenza per territorio del giudice che ha disposto la misura cautelare e trasmesso gli atti al giudice ritenuto competente, con riferimento alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, solo ai fini di una futura richiesta di riparazione per ingiusta detenzione, mentre gli è preclusa ogni ulteriore censura, essendo l'ordinanza genetica destinata ad essere sostituita dal titolo emesso dal giudice competente ex art. 27 o, in mancanza, a perdere definitivamente efficacia (Cass. VI n. 1765/2024)

L'interesse dell'indagato a impugnare l'ordinanza applicativa di una misura cautelare personale disposta da giudice dichiaratosi incompetente ex art. 27, e sostituita da altra tempestivamente emessa dal giudice competente, dev'essere ravvisato nella possibilità di presentare istanza per la riparazione dell'ingiusta detenzione e deve essere oggetto di specifica e motivata deduzione in sede di riesame, formulata personalmente o a mezzo di difensore munito di procura speciale (Cass. II, n. 1443/2024che ha dichiarato l'inammissibilità del ricorso per cassazione, in quanto l'interesse ad impugnare la decisione del tribunale, "anche ai fini del futuro riconoscimento dell'ingiusta detenzione subita", era stato manifestato per la prima volta con il ricorso e da un difensore privo di procura speciale).

Quando il giudice incompetente dispone una misura cautelare dopo aver convalidato il precedente provvedimento di fermo, la questione relativa alla sussistenza del requisito dell'urgenza è preclusa per acquiescenza se l'indagato non abbia impugnato l'ordinanza di convalida del fermo e, pur eccependo l'incompetenza, non abbia chiesto alla Corte di cassazione l'annullamento anche dell'originario titolo di custodia oggetto di riesame (Cass. I, n. 974/2015).

È manifestamente infondata, in relazione all'art. 3 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 54 nella parte in cui non prevede che in caso di trasmissione degli atti da un ufficio del pubblico ministero ad altro ufficio del P.M. presso il giudice ritenuto competente, le misure cautelari disposte cessino di avere efficacia, così come avviene, dopo venti giorni, in caso di dichiarata incompetenza del g.i.p. a norma dell'art. 27, in quanto tra le due situazioni si registra una sostanziale diversità che giustifica la differenza di disciplina (Cass. VI, n. 1549/1991).

L'incompetenza per territorio dichiarata dal giudice del dibattimento non ha alcuna incidenza sulla efficacia della misura cautelare disposta in sede di indagini preliminari dal giudice all'epoca ritenutosi competente (Cass. I, n. 4682/1992).

Nella fase dei procedimenti incidentali de libertate il sistema delineato dall'art. 21 e ss. tende alla conservazione dei provvedimenti emessi e delle prove acquisite anche da giudice incompetente, riservando alla fase del giudizio le questioni risolutive sulla competenza. Consegue che in tale fase la valutazione e la pronuncia sulla competenza hanno carattere limitato e non definitivo perché riferite agli elementi dei quali è possibile disporre in quel momento (Cass. VI, n. 4210/1992).

Il giudice funzionalmente competente alla convalida dell'arresto o del fermo non è competente a decidere anche sulla domanda cautelare, sicché quando il luogo dell'arresto o del fermo sia diverso da quello della commissione del reato, l'ordinanza coercitiva eventualmente emessa ha efficacia provvisoria (Cass. S.U., n. 17/1999).

Bibliografia

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