Codice di Procedura Penale art. 52 - Astensione.Astensione. 1. Il magistrato del pubblico ministero ha la facoltà di astenersi quando esistono gravi ragioni di convenienza [36 1h]. 2. Sulla dichiarazione di astensione decidono, nell'ambito dei rispettivi uffici, il procuratore della Repubblica presso il tribunale e il procuratore generale (1). 3. Sulla dichiarazione di astensione del procuratore della Repubblica presso il tribunale e del procuratore generale presso la corte di appello decidono, rispettivamente, il procuratore generale presso la corte di appello e il procuratore generale presso la corte di cassazione (2). 4. Con il provvedimento che accoglie la dichiarazione di astensione, il magistrato del pubblico ministero astenuto è sostituito con un altro magistrato del pubblico ministero appartenente al medesimo ufficio. Nondimeno, quando viene accolta la dichiarazione di astensione del procuratore della Repubblica presso il tribunale e del procuratore generale presso la corte di appello, può essere designato alla sostituzione altro magistrato del pubblico ministero appartenente all'ufficio ugualmente competente determinato a norma dell'articolo 11 (1). (1) L'art. 176 lett. a) d.lg. 19 febbraio 1998, n. 51 ha modificato il comma 2 e il comma 4 , con effetto, ai sensi dell'art. 247 comma 1 dello stesso decreto quale modificato dall'art. 1 l. 16 giugno 1998, n. 188, dal 2 giugno 1999. (2) Comma così modificato dall'art. 176 lett. b) d.lg. n. 51, cit., con effetto, ai sensi dell'art. 247 comma 1 dello stesso decreto quale modificato dall'art. 1 l. 16 giugno 1998, n. 188, dal 2 giugno 1999. Il testo originario recitava: «Sulla dichiarazione di astensione del procuratore della Repubblica presso la pretura, del procuratore della Repubblica presso il tribunale e del procuratore generale presso la corte di appello decidono, rispettivamente, il procuratore della Repubblica presso il tribunale, il procuratore generale presso la corte di appello e il procuratore generale presso la corte di cassazione». InquadramentoIl pubblico ministero è parte e non può essere ricusato. L'obbligatorietà del suo munus gli impedisce di astenersi dalla trattazione del procedimento assegnatogli, a meno che sussistano non tipizzabili ragioni di convenienza che siano connotate dal carattere di gravità. In tal caso la norma in commento disciplina, sul piano procedimentale interno all'ufficio del pubblico ministero, l'esercizio di tale facoltà. Il pubblico ministero come parte processuale non ricusabileIl magistrato del pubblico ministero è parte (processale) pubblica. Pur essendo tenuto, nel corso delle indagini preliminari, a svolgere accertamenti anche su fatti e circostanze a favore della persona sottoposta alle indagini (art. 358), ciò nondimeno tale attività non è obbligatoria, né la sua omissione (fatto salvo l'obbligo di procedere all'interrogatorio quando richiesto dalla persona sottoposta alle indagini ai sensi dell'art. 415-bis, comma 3) è processualmente sanzionata o condiziona l'esercizio dell'azione penale, essendo comunque finalizzata all'assunzione delle determinazioni inerenti all'esercizio proficuo dell'azione penale stessa (artt. 326, e 125, disp. att.) e a garantire la maggior completezza possibile delle indagini preliminari. Lontano da pur possibili suggestivi accostamenti a figure cardine del codice di rito del 1930 come quella del giudice istruttore (dinanzi al quale, nel precedente codice di rito, il pubblico ministero formalizzava l'inchiesta che veniva di conseguenza da lui condotta), il pubblico ministero, dominus dell'azione e delle indagini preliminari strumentali al suo esercizio, resta comunque parte processuale, la cui natura non è snaturata da quest'obbligo, non altrimenti sanzionato, di svolgere indagini anche a favore della persona sottoposta alle indagini, né ovviamente dall'obbligo di esercitare le proprie funzioni con imparzialità (art. 1, d.lgs. n. 109/2006, e 97, Cost.; concetto diverso dalla imparzialità che caratterizza la figura e la funzione del giudice ai sensi dell'art. 111, comma 2, Cost.). Non essendo giudice, ma parte (pubblica, ancorché imparziale) del processo, per di più appartenente ad un ufficio che si caratterizza per la sua natura impersonale, l'imparzialità e il pre-giudizio del pubblico ministero non sono presidiati né garantiti, sul piano processuale, dai medesimi meccanismi processuali che disciplinano l'incompatibilità, l'astensione e la ricusazione del giudice. Sicché il magistrato del pubblico ministero assegnatario, ai sensi dell'art. 2, d.lgs. n. 106/2006, del procedimento e/o incaricato di sostenere l'accusa in giudizio, ferme restando eventuali conseguenze penali o disciplinari (Cass. VI, n. 7992/2005), non può essere ricusato dalle altre parti, né ha l'obbligo (processuale) di astenersi nei casi previsti dagli artt. 36 e 37, nemmeno quando sussistono le cause di incompatibilità disciplinate dagli artt. 18 e 19, r.d. n. 12/1941, non essendo la violazione di tali obblighi sanzionata in alcun modo sul piano processuale e non comportando l’inutilizzabilità degli atti di indagine da lui compiuti, potendo eventualmente incidere solo sulla attendibilità delle prove (Cass. VI, n. 12655/2016). L'astensione del pubblico ministeroIl pubblico ministero, dunque, ha (solo la) facoltà di astenersi quando esistono gravi (e non tipizzate) ragioni di convenienza e sulla sua dichiarazione decide, insindacabilmente, il titolare dell'ufficio di appartenenza del magistrato che, se l'accoglie, provvede a sostituirlo nei termini e modi scanditi dalla norma in commento, senza alcun pregiudizio per la validità e utilizzabilità degli atti di indagine compiuti dal pubblico ministero sostituito. La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che la disposizione di cui in commento si riferisce, per contenuto e collocazione sistematica, al solo pubblico ministero, disciplinandone il corretto funzionamento nei casi di astensione e dettando all'uopo varie regole fra cui quella, in ipotesi di astensione del procuratore della Repubblica e del procuratore generale, della possibilità di sostituzione del magistrato astenuto con altro magistrato appartenente ad un ufficio del pubblico ministero egualmente competente, designato a norma dell'art. 11; il richiamo a quest'ultima norma, pertanto, deve intendersi operato, secondo una corretta interpretazione, esclusivamente al limitato fine della individuazione del magistrato sostituto, la cui conseguente legittimazione rimane ristretta allo svolgimento dell'attività ricadente nell'ambito delle indagini preliminari, senza alcuna influenza sulla competenza territoriale del giudice che resta stabilita secondo le regole generali ex artt. 8 e 9 (Cass. I, n. 5427/1995). Ferma restando la possibilità di sostituire il magistrato del pubblico ministero in udienza nei casi previsti dall'art. 53, la norma in commento non consente (e sembra anzi escludere) la sostituzione d'ufficio del magistrato assegnatario del procedimento nel corso delle indagini preliminari quando sussistano gravi ragioni di convenienza (o nei casi previsti dall'art. 53). Salvi i casi di avocazione (che comportano la sostituzione di un ufficio ad un altro nella trattazione del medesimo procedimento), all'interno del medesimo ufficio del pubblico ministero l'assegnazione della trattazione del procedimento può essere revocata dal procuratore della Repubblica nei soli casi previsti dall'art. 2, d.lgs. n. 106/2006, e tuttavia, quando ciò non avvenisse, la assegnazione del procedimento ad altro magistrato in violazione di detta norma non comporterebbe alcuna sanzione processuale. CasisticaÈ irrituale il provvedimento con il quale il Pretore, dopo la dichiarazione di astensione del pubblico ministero, disponga la trasmissione degli atti all'ufficio di quest'ultimo, in quanto non è consentita la regressione del procedimento a una fase ormai superata. (Fattispecie, nella quale la S.C. ha affermato che il giudice, in una simile circostanza avrebbe dovuto rinviare il dibattimento in attesa di conoscere le determinazioni del Procuratore della Repubblica in ordine alla designazione di altro magistrato dell'ufficio) (Cass. I, n. 1581/1998). La norma che incrimina l'abuso di ufficio, nella parte relativa all'omessa astensione in presenza di un interesse proprio dell'agente o di un prossimo congiunto, ha introdotto nell'ordinamento, in via diretta e generale, un dovere di astensione per i pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio che si trovino in una situazione di conflitto di interessi. Dunque l'inosservanza di tale dovere comporta l'integrazione del reato anche quando faccia difetto, per il procedimento ove l'agente è chiamato ad operare, una specifica disciplina dell'astensione, o nei casi in cui la disciplina eventualmente esistente riguardi un numero più ridotto di ipotesi o sia priva di carattere cogente. (In applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto la responsabilità di un magistrato del P.M. che aveva agito in una situazione di conflitto di interessi, sebbene l'art. 52 preveda, per questa come per altre gravi ragioni di convenienza, una mera facoltà di astensione) (Cass. VI, n. 7992/2005). BibliografiaVergine, Sub art. 52, in Codice di procedura penale, a cura di Canzio e Tranchina, t. I, Milano, 2012, 651 ss. |