Codice di Procedura Penale art. 73 - Provvedimenti cautelari.

Irma Conti

Provvedimenti cautelari.

1. In ogni caso in cui lo stato di mente dell'imputato [60] appare tale da renderne necessaria la cura nell'ambito del servizio psichiatrico, il giudice informa con il mezzo più rapido l'autorità competente per l'adozione delle misure previste dalle leggi sul trattamento sanitario per malattie mentali [252 trans.].

2. Qualora vi sia pericolo nel ritardo, il giudice dispone anche di ufficio il ricovero provvisorio dell'imputato in idonea struttura del servizio psichiatrico ospedaliero. L'ordinanza perde in ogni caso efficacia nel momento in cui viene data esecuzione al provvedimento dell'autorità indicata nel comma 1.

3. Quando è stata o deve essere disposta la custodia cautelare [284-286] dell'imputato, il giudice ordina che la misura sia eseguita nelle forme previste dall'articolo 286.

4. Nel corso delle indagini preliminari, il pubblico ministero provvede all'informativa prevista dal comma 1 e, se ne ricorrono le condizioni, chiede al giudice il provvedimento di ricovero provvisorio previsto dal comma 2.

Inquadramento

L'art. 73 predispone modalità di tutela della salute dell'imputato o indagato che necessiti di cure psichiatriche.

Si tratta di una norma che esemplifica il rifiuto di una logica custodiale e la contestuale necessità di salvaguardare il diritto alla salute, tutelato dalla stessa Costituzione. La norma in parola, infatti, ricomprende tutte le ipotesi in cui un imputato o un indagato palesi necessità di cure di natura psichiatrica. Per la sua generale portata, la disposizione appare essere una norma di chiusura, che disciplina i casi in cui vi sia una sofferenza di carattere psichiatrico la quale, pur necessitando di cure ad opera del servizio sanitario, non necessariamente implichi un'incapacità di partecipare al processo. Si tratta, pertanto, di ipotesi meno gravi rispetto a quelle di cui al precedente art. 70 ma in ogni caso rilevanti in quanto lesive del diritto alla salute e tali da necessitare in ogni caso di un intervento sanitario da parte delle strutture a ciò deputate.

Applicazione

Il parametro per delimitare l'ambito applicativo della disposizione è esclusivamente di natura soggettiva e si identifica con lo stesso imputato, cui va necessariamente parificato anche l'indagato. I principi ispiratori di tutta la norma sono indirizzati alla tutela della sua persona, della sua condizione psichica. Come si evince chiaramente dall'incipit del comma 1, “in ogni caso” in cui il giudice riscontri l'esistenza di una condizione di sofferenza tale da necessitare il ricorso a cure psichiatriche deve procedere come imposto dall'articolo in esame. 

Nessuna ulteriore incombenza ha imposto il legislatore, onde alcuna ulteriore attività deve compiere il giudice prima di procedere alle comunicazioni previste dalla disciplina codificata. Al giudice è richiesta solo la tempestività dell'intervento.

Va, peraltro, evidenziato che la disciplina, che individua il giudice nell'organo competente ad iniziare la procedura, trova applicazione solo in pendenza di procedimento. Durante la fase delle indagini preliminari l'organo deputato sarà il P.m. su cui graveranno gli stessi obblighi imposti al giudice per la fase del giudizio.

L'applicabilità della disposizione, inoltre, va circoscritta alla sola fase della cognizione atteso che nel caso in cui sopravvenga una infermità psichica prima o durante l'esecuzione della pena, troverà applicazione la norma di cui all'art. 148 c.p. che prevede espressamente il caso in cui la malattia insorga durante la fase di esecuzione della pena definitivamente irrogata.

Secondo la Corte costituzionale, invero, le due disposizioni disciplinano situazioni differenti. Mentre l'art. 73 opera in seno al processo di cognizione e nei confronti di soggetto imputato di qualche reato e non necessariamente in stato detentivo, la norma sostanziale si riferisce a persona condannata con sentenza definitiva a pena che deve espiare (Corte cost. n. 111/1996).

Accertamento dello stato di sofferenza

 L’esistenza dello stato di sofferenza dell’imputato costituisce sia il presupposto per l’attivazione della procedura prevista dalla norma, sia l’oggetto delle verifiche che il giudice deve eseguire attraverso tutti gli esami che ritiene necessari. Si precisa, invero, che tali esami non costituiscono un obbligo in quanto il legislatore non ha imposto lo svolgimento di preventivi accertamenti né ha indicato le modalità con le quali gli stessi devono essere disposti. La mancanza di specifiche previsioni in tal senso, ha lo scopo di consentire all'A.G., in presenza di condizioni di urgenza, di poter immediatamente ricorrere agli enti competenti. La priorità del diritto alla salute è stata perseguita, quindi, riconoscendo in capo al giudice una discrezionalità operativa da esercitarsi in rapporto alle condizioni manifestate dall'imputato. Pertanto, anche in assenza di accertamenti tecnici il giudice, se ritiene la necessità, debba immediatamente esercitare i poteri attribuitigli dal legislatore che si sostanziano nell'obbligo di informare, con il mezzo più rapido, l’autorità competente per l’adozione delle misure previste dalle leggi sul trattamento sanitario delle malattie mentali.

Adempimenti successivi

Ritenuta la necessità di procedere a sottoporre a terapia l'imputato l'unico atto che deve compiere il giudice è la comunicazione all'autorità competente da individuarsi, in caso di trattamenti sanitari obbligatori, nella persona del sindaco, competente ai sensi dell'art. 3, comma 2, l. n. 180/1978. Si ritiene che l'obbligo di informativa sussista ogni volta che il giudice, ovvero il P.m. nella fase delle indagini, ravvisino la necessità di sottoporre a terapia una persona. Come appare evidente, quindi, non spetta al giudice, ovvero al P.m. in sede di indagini, né individuare il luogo ove sottoporre a cure l'imputato né, tanto meno, determinare la terapia da somministrare. La sua competenza si esaurisce, con la comunicazione all'autorità amministrativa.

Solo in presenza di una condizione di urgenza che non consenta di attendere l'intervento dell'autorità amministrativa, il giudice di propria iniziativa nella fase del processo, ovvero su richiesta del P.m. nella fase delle indagini, può emettere un provvedimento provvisorio col quale dispone il ricovero in idonea struttura del servizio psichiatrico ospedaliero e che perderà efficacia a seguito dell'intervento dell'autorità amministrativa competente che dovrà, in ogni caso, essere tempestivamente avvisata.

Imputato sottoposto a misura cautelare

Maggiori competenze sono riconosciute al giudice in caso di persona sottoposta o da sottoporre a misura cautelare. In tale ipotesi, a seguito dell'espresso richiamo operato dal comma 3 all'art. 286, il giudice ordina che la custodia cautelare in casa di cura. L'esplicito richiamo compiuto dal legislatore, circoscrive anche il potere del giudice il quale non può applicare una misura diversa rispetto a quella richiamata.

L'obbligatorietà imposta dalla disposizione, pone un problema di coordinamento con la norma richiamata dell'art. 285 la quale conferisce un potere discrezionale al giudice il quale può disporre in luogo della custodia in carcere il ricovero presso una struttura ospedaliera. Si sono formate sul punto due correnti di pensiero: la prima, che ritiene prevalente le esigenze cautelari, opta per la discrezionalità del potere del giudice, il quale può disporre la sostituzione della misura carceraria con quella del ricovero; la seconda, privilegiando le esigenze di tutela della salute sottese alla norma di cui all'art. 73, ritiene che il giudice sia obbligato a disporre il ricovero per assicurare quelle cure che non si potrebbero assicurare all'interno di una struttura carceraria.

La giurisprudenza, invero, appare maggiormente orientata in linea con quest'ultima tesi atteso che ha affermato che in tema di provvedimenti cautelari personali le esigenze di difesa sociale non possono impedire l'adozione della misura della custodia in luogo di cura, in sostituzione di quella in carcere, qualora le condizioni di salute particolarmente gravi dell'indagato non consentano le cure necessarie in stato di detenzione (Cass. I, n. 393/1995). In alternativa, come già ritenuto dalla Corte di Cassazione (Cass. I, n. 4374/1993), può disporsi, ai sensi del d.P.R. n. 230/2000, art. 111, comma 5, (Regolamento recante norme sull'ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà), l'assegnazione dell'indagato ad un istituto o sezione speciale per infermi di mente.

In ogni caso deve ritenersi che non sia possibile sostituire la misura cautelare col ricovero in O.P.G. Nessuna disposizione legittima, invero, l'assegnazione di un detenuto sottoposto a misura detentiva, ad un ospedale psichiatrico giudiziario che è una tipica misura di sicurezza, la cui applicazione provvisoria è sempre subordinata alla prevedibile applicazione in sede definitiva della misura stessa ed è connessa alla sussistenza di una condizione di pericolosità sociale non derivante dalle sole emergenze di natura medico-psichiatrica (Cass. IV, n. 3518/2003).

Casistica

Non è consentito dall'ordinamento disporre l'esecuzione di una misura cautelare detentiva in O.P.G. Ed invero, allorquando siano già note le condizioni mentali che impongano la cura in ambito psichiatrico e debba essere mantenuta la custodia cautelare, dovrà essere applicata la misura del ricovero in una idonea struttura del servizio ospedaliero, come disposto dall'art. 286, previa predisposizione dei provvedimenti necessari per prevenire il pericolo di fuga (Cass. III, n. 47335/2007).

- La pericolosità sociale dell'imputato sottoposto a misura cautelare non può da sola negare la sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere con quella del ricovero in una casa di cura prevista dall'art. 286 atteso che la condizione di pericolosità in soggetto affetto da infermità mentale impone l'applicazione provvisoria della misura di sicurezza, come disposto dall'art. 312 c.p. (Cass. I, n. 1274/1997).

- La norma di cui all'art. 286 deve trovare applicazione non solo nei confronti degli imputati che, con riferimento al momento di commissione del fatto si sospettino essere infermi di mente e mantengano tale condizione ma, in applicazione della disposizione di cui all'art. 73, anche nei confronti di coloro nei quali la condizione di sofferenza psichiatrica sia sopravvenuta ossia sia solo ex nunc (Cass. VI, n. 1824/1992).

- L'ordinanza con la quale si rigetta la richiesta di sostituzione della misura carceraria con quella del ricovero presso struttura sanitaria, deve essere motivata in rapporto all'insussistenza della necessità di apprestare cure sanitarie, ovvero con la possibilità di predisporle intra moenia, in quanto l'art. 286 è collegato solo alla sussistenza di esigenze terapeutiche di natura psichiatrica. Ne consegue che risulterà viziato il provvedimento che giustifichi il rigetto con l'esigenza di tutela della collettività dal pericolo di reiterazione (Cass. fer., n. 2698/1990).

Bibliografia

Aprile, Incapacità processuale, diritto di autodifesa dell'imputato e sospensione del processo penale dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 340/92, in Nuovo dir. 1992, 747; Bertolino, L'infermità mentale al vaglio delle Sezioni Unite, in Dir. pen. e proc. 2005, 853.

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