Codice di Procedura Penale art. 90 - Diritti e facoltà della persona offesa dal reato.Diritti e facoltà della persona offesa dal reato. 1. La persona offesa dal reato, oltre ad esercitare i diritti e le facoltà ad essa espressamente riconosciuti dalla legge [101, 336, 341, 360, 367, 369, 394, 398, 401, 408-410, 413, 419, 429, 451, 456, 572], in ogni stato e grado del procedimento può presentare memorie e, con esclusione del giudizio di cassazione, indicare elementi di prova [33 att.; 244 1c trans.]1. 1-bis. La persona offesa ha facoltà di dichiarare o eleggere domicilio. Ai fini della dichiarazione di domicilio la persona offesa può indicare un indirizzo di posta elettronica certificata o altro servizio elettronico di recapito certificato qualificato2. 2. La persona offesa minore, interdetta per infermità di mente o inabilitata esercita le facoltà e i diritti a essa attribuiti a mezzo dei soggetti indicati negli articoli 120 e 121 del codice penale. 2-bis. Quando vi è incertezza sulla minore età della persona offesa dal reato, il giudice dispone, anche di ufficio, perizia. Se, anche dopo la perizia, permangono dubbi, la minore età è presunta, ma soltanto ai fini dell'applicazione delle disposizioni processuali 3. 3. Qualora la persona offesa sia deceduta in conseguenza del reato, le facoltà e i diritti previsti dalla legge sono esercitati dai prossimi congiunti [307 4 c.p.] di essa o da persona alla medesima legata da relazione affettiva e con essa stabilmente convivente 45.
[1] V. l’art. 609-decies, commi 3 e 5, c.p., per l’assistenza del minorenne persona offesa dai reati previsti dal comma 1 dello stesso articolo. [2] Comma inserito dall'art. 5, comma 1, lett. d), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150. Per l'entrata in vigore delle modifiche disposte dal citato d.lgs. n. 150/2022, vedi art. 99-bis, come aggiunto dall'art. 6, comma 1, d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, conv., con modif., in l. 30 dicembre 2022, n. 199. [3] Comma inserito dall'art. 1 d.lg. 15 dicembre 2015, n. 212. [4] L'art. 1 d.lg. 15 dicembre 2015, n. 212 ha inserito le parole: «o da persona alla medesima legata da relazione affettiva e con essa stabilmente convivente». [5] Per il procedimento davanti al giudice di pace v. gli artt. 21 e 28 d.lg. 28 agosto 2000, n. 274. InquadramentoLa legge non fornisce una definizione di persona offesa. La dottrina e la giurisprudenza la individuano nel soggetto titolare dell’interesse leso dalla norma incriminatrice violata, da cui dipende la configurabilità dell’illecito penale. La sua presenza nel processo penale è stata ritenuta anche conforme al dettato costituzionale, in quanto funzionale ad assicurare l’attuazione del principio dell’obbligatorietà dell’esercizio dell’azione penale. La persona offesa in ambito nazionaleLa figura della persona offesa ha subito un’ampia evoluzione nell’attuale struttura processuali, assumendo un ruolo attivo nel codice vigente. Da semplice “questuante” (Cordero, 255), è diventato uno dei soggetti del processo a seguito dei diritti che gli sono stati riconosciuti in considerazione dell'essere portatrice di un interesse squisitamente penale finalizzato alla repressione del fatto criminoso, a differenza della parte civile titolare di una pretesa civilistica restitutoria e riparatoria. Ai fini di un corretto inquadramento della figura della persona offesa dal reato, va dapprima evidenziata la scelta operata dal legislatore di riservare a tale soggetto una collocazione diversa ed autonoma rispetto a quella riservata alle parti private diverse dall'imputato lasciando, quindi, intendere che la persona offesa non sia una parte privata (relazione progetto prel. 41). Ciononostante è certamente incrementato il suo ruolo rispetto a quello precedentemente attribuitogli in quanto non più circoscritto ad una mera attività di collaborazione con l'istruttore, ma dotato di funzioni di stimolo e controllo dell'attività del P.M. (Cass. S.U., n. 24/1999). La persona offesa interviene in quella fondamentale attività di controllo, connessa all'obbligatorietà dell'azione penale, con la quale si mira a conseguire risultati di correttezza e linearità nello svolgimento delle indagini e nelle determinazioni consequenziali al loro epilogo (Cass. III, n. 3010/1996). La mancata assunzione al ruolo di parte, secondo illuminata dottrina, non fa venir meno il ruolo di “postulante” della persona offesa (Cordero, 256). Ed invero, nonostante il suo diretto interesse agli esiti del processo, resta sempre ai margini come subalterno del pubblico ministero. La sua funzione è meramente accessoria ed adesiva rispetto a quella pubblica, ancorchè munita di poteri di controllo e stimolo delle indagini. La sostanziale marginalizzazione del ruolo della persona offesa nel processo penale non è stata superata nemmeno a seguito della riforma costituzionale sul giusto processo del 1999, che nel declinare i caratteri del “fair trail”, nell'art. 111 Cost. fa esclusivo riferimento alla persona accusata senza alcun cenno ai diritti o ai poteri della persona offesa. La legittimazione all'esercizio dei diritti e delle facoltà che gli sono riconosciuti, consegue alla persona offesa solo dopo la commissione del reato. La persona offesa in ambito internazionaleL’esigenza di omologare gli ordinamenti degli Stati membri, pertanto, ha portato all'emanazione di una serie di decisioni il cui fine ultimo risulta quello di creare una “carta dei diritti delle vittime”. Tra queste riveste un ruolo certamente rilevante la decisione quadro del Consiglio dell’Unione europea del 15 marzo 2001 mediante la quale si è inteso un livello comune di protezione per le vittime del reato in qualunque Stato si trovino. In attuazione di tale disposizione ogni Stato deve riconoscere un “ruolo effettivo ed appropriato” alla vittima del reato, garantendole un “trattamento debitamente rispettoso della sua dignità personale durante il procedimento”. Le disposizioni, peraltro, non hanno ad oggetto il solo momento processuale ma si estendono comprendendo anche misure assistenziali prima, durante e, soprattutto, dopo il procedimento e finalizzate ad attenuare le conseguenze negative degli effetti negativi subiti. Con la Direttiva Cee 2012/29/UE del Parlamento Europeo (che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato), si è operato un ulteriore passo in avanti rispetto alla decisione quadro 2001/220/Gai utilizzata in precedenza di uno strumento più efficace, e teso ad armonizzare nei Paesi dell’Unione, omologhi diritti per le vittime dei reati. L’obiettivo principale della direttiva 2012/29/UE, infatti, è assicurare a tutte le vittime, e non soltanto a particolari gruppi di esse, parità di condizioni in materia di informazione, assistenza e protezione, indipendentemente dal luogo di svolgimento del processo e per tutto l’arco del procedimento penale, dalle indagini al giudizio e successivamente ad esso. l’Italia, quale paese membro, ha progressivamente recepito queste esigenze riconoscendo una sempre maggior rilevanza alla figura della persona offesa anche se attraverso interventi aventi ad oggetto specifici reati nominativamente indicati, come, appunto, la l. n. 172/2012 di ratifica della Convenzione di Lanzarote, per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l’abuso sessuale; il d.lgs. n. 24/2014 relativo alle vittime di tratta; il d.l. n. 93/2013, convertito dalla l. n. 119/2013, riguardante le vittime della violenza di genere e domestica. Più di recente, con le disposizioni di cui al d.lgs. n. 212/2015 il legislatore, ha introdotto una normativa generalizzata, ancorché contenente modifiche di natura esclusivamente processuale che ha portato all'introduzione di nuove disposizioni, quali gli artt. 90-bis, ter e quater, oltre a riformare il comma 3 ed ad inserire il comma il 2-bis nello stesso art. 90. Le modifiche ed innovazioni dell'art. 90 apportate dal d.lgs. 15 dicembre 2015, n. 212L’art. 90, attraverso il decreto, come detto, è stato oggetto di modifiche ed innovazioni, che attengono prevalentemente alla necessità di accertamento della minore età della persona offesa, ovvero all'estensione della categoria delle persone legittimate ad esercitare i diritti della persona offesa deceduta. La perizia per l'accertamento della minore età È prevista dal nuovo comma, il 2 bis, che introduce l'obbligo di disporre perizia in caso vi sia dubbio in ordine alla minore età della persona offesa. Pertanto ogni qual volta sussiste un dubbio in ordine alla determinazione dell’effettiva età della persona offesa, il giudice dovrà, necessariamente, essere svolta una perizia di carattere medico legale, allo scopo di accertare la maggiore o minore età della persona offesa attraverso il ricorso alle tecniche scientifiche normalmente utilizzate per stabilire l'età che fanno ricorso all'auxologia, che si avvale di accertamenti radiologici per valutare la maturazione scheletrica e gli stadi di sviluppo dentale della persona. Il nuovo comma 2-bis prevede la possibilità che il giudice disponga la perizia anche d’ufficio: ragionevolmente si può affermare che l’autorità debba essere identificata di volta in volta dal giudice procedente e che tale accertamento tecnico possa essere sollecitato anche dalle parti, soprattutto nei casi in cui il giudice non sia ancora venuto a conoscenza del problema (come a titolo esemplificativo in fase di indagini preliminari). Il riferimento all'istituto della perizia richiama la disciplina di cui agli artt. 220 e ss. e, di conseguenza, impone la necessità degli avvisi e delle garanzie per le parti; ed allora, nell'ipotesi di incertezza sulla minore età della vittima nella fase iniziale delle indagini, il pubblico mistero potrebbe trovarsi nella necessità di valutare se proseguire nel segreto le attività investigative, per non pregiudicarne gli esiti, oppure provocare l'intervento del giudice perché disponga l'accertamento peritale con la conseguente discovery. Nell’ipotesi in cui, nonostante lo svolgimento della perizia non sia stato possibile accertare inconfutabilmente l’età della persona offesa, la stessa dovrà ritenersi presunta e ciò ai fini dell’applicazione delle norme processuali. Più nello specifico della minore età avrà rilievo soltanto con riferimento all'applicazione delle norme previste a protezione della parte offesa, con esclusione, pertanto, di quelle che possono aggravare la posizione dell'imputato (come, a titolo esemplificativo, la contestazione di una circostanza aggravante). Rilevanza della convivenza Una ulteriore e rilevante modifica introdotta dal decreto legislativo all'art. 90 consiste nel riconoscimento delle situazioni di convivenza in virtù della quale si è imposto di includere nella nozione di familiari, oltre al coniuge, anche «la persona che convive con la vittima in una relazione intima, nello stesso nucleo familiare e in modo stabile e continuo». È stata aggiunta la previsione che in caso di decesso della persona offesa in conseguenza del reato, estende le facoltà e i diritti esercitabili anche « alla persona alla medesima legata da relazione affettiva e con essa stabilmente convivente ». Suddetta norma è di particolare rilevanza in quanto riconosce valore giuridico ad una situazione di fatto, rimandando, necessariamente, per la concreta individuazione della stessa, ad una valutazione effettuata caso per caso sulla base degli elementi offerti dall'interessato che ben potranno avere forma e contenuto estremamente diversificati. Individuazione della persona offesaLa persona offesa va individuata in rapporto alla singola fattispecie delittuosa. Come affermato in precedenza, questa deve essere identificata nel titolare del bene giuridico protetto dalla singola norma incriminatrice. Per il ruolo attribuitole nel vigente codice di procedura penale alla persona offesa, è necessario individuare, con precisione e rigore, il soggetto che nella struttura del reato sia il titolare del bene giuridico protetto. La persona offesa deve essere individuata, ad opera della p.g. ovvero del P.M., sin dal momento di acquisizione della notitia criminis, tale competenza resta di quest’organo, di talché, in caso di mancata identificazione sarà sempre compito di suddetta autorità operare la concreta identificazione della persona offesa. La titolarità dell'interesse può far capo sia alle persone fisiche che alle persone giuridiche, siano pubblici o privati. Anche lo Stato, inteso come Stato amministrazione può, in quanto tale, essere individuato come persona offesa. Possono assumere la qualifica di soggetto passivo sia persone fisiche, sia i soggetti pubblici e privati, anche se privi di personalità giuridica, purché risultino in concreto titolari degli interessi tutelati dalla norma incriminatrice. In relazione all’interesse tutelato si possono enucleare fondamentalmente tre categorie di reati. Reati monoffensivi I reati monoffensivi sono quelli che tutelano un unico interesse in rapporto al quale risulta semplice l'identificazione del titolare di detto interesse essendo unico il titolare. Rientrano nella categoria dei reati monoffensivi quelli relativi alla prevenzione del rischio sismico, poiché in tali reati, persona offesa è solo la p.a., in quanto si tratta di fattispecie avente ad oggetto esclusivamente la tutela dell'interesse pubblico, sicché il privato che sostenga di aver subito un pregiudizio dalla realizzazione di una costruzione in violazione della normativa antisismica può assumere esclusivamente la qualità di soggetto danneggiato (Cass. III, n. 7786/2014). Analogamente, chi assume di avere subito un pregiudizio dalla edificazione abusiva non è persona offesa dal reato, ma solo danneggiato, in quanto parte offesa è esclusivamente la pubblica amministrazione, che è titolare degli interessi attinenti alla tutela del territorio protetti dalla norma incriminatrice (Cass. III, n. 6229/2009). Sotto altro profilo si è affermata la natura monoffensiva anche del reato di falso giuramento, che è delitto contro l'amministrazione della giustizia, trattandosi di fattispecie incriminatrice lesiva dell'interesse della collettività al corretto funzionamento della giustizia, per cui la persona singola, che abbia subito un danno diretto o indiretto, può assumere solo la qualifica di persona danneggiata dal reato ma non quella di persona offesa (Cass. VII, ord. n. 8160/2013). Sulla stessa scia, inoltre, anche per il reato di falsa testimonianza il bene giuridico protetto è il normale svolgimento dell'attività giudiziaria con la conseguenza che soggetto passivo del reato è la collettività e non già la persona che, per effetto della violazione della norma, subisce danni risarcibili sul piano civile (Cass. VI, n. 1695/1998). Quanto al reato di reato di abuso di ufficio finalizzato a procurare un ingiusto vantaggio, lo stesso deve ritenersi avere natura monoffensiva, in quanto tutela soltanto l'interesse al buon andamento, alla imparzialità ed alla trasparenza del comportamento dei pubblici ufficiali, con la conseguenza che il privato eventualmente danneggiato, non può essere considerato persona offesa dal reato (Cass. VI, n. 21989/2013). Anche i reati di malversazione e di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato (art. 316-bis c.p. e art. 316-ter c.p.), sono posti a tutela dell'interesse dello Stato o di un ente pubblico ovvero dell'Unione Europea, per la corretta gestione e utilizzazione delle risorse pubbliche destinate a fini di incentivazione economica, sicché persona offesa è sempre il soggetto pubblico, sia esso lo stesso Stato o l'Unione Europea ovvero un ente pubblico (Cass. VI, n. 20847/2010). Reati plurioffensivi I reati plurioffensivi, viceversa, tutelano una pluralità di interessi in rapporto ai quali sono individuabili più persone offese. Sono reati che implicano una pluralità di persone offese e ciò anche se la classificazione del reato avvenga in base all'interesse ritenuto prevalente. Va evidenziato che, in linea generale, la plurioffensività si riscontra nei reati che individuano quale persona offesa lo Stato, cui può aggiungersi un'altra vittima quando nella struttura della fattispecie astratta vi sia anche la descrizione dell'aggressione alla sfera giuridica di questa, la cui posizione viene così a differenziarsi da quella di qualsiasi ulteriore danneggiato (Cass. VI, ord. n 1109/1999). In primo luogo può verificarsi nei delitti contro l'amministrazione della giustizia. Rientra certamente in questa categoria il reato di patrocinio o consulenza infedele, reato proprio (soggetto attivo potendo esserne soltanto un difensore patrocinatore o un consulente tecnico) che ha lo scopo di tutelare il regolare funzionamento della giustizia. Ne discende che la persona offesa in senso tecnico da tale reato è in primo luogo la pubblica amministrazione nella sua articolazione dell'amministrazione giudiziaria. Nondimeno la peculiare struttura normativa della fattispecie definita dall'art. 380 c.p., coniuga il perfezionamento del reato di infedeltà del patrocinatore alla produzione, per fatto commissivo od omissivo, di uno specifico evento costituito da un oggettivo danno cagionato agli interessi patrimoniali o non della parte assistita. Di tal che la norma incriminatrice configura la fattispecie come reato necessariamente plurioffensivo (Cass. VI, n. 45059/2014). A tale valutazione non sfugge neanche il delitto di calunnia che lede non solo l'interesse primario dello Stato (soggetto passivo principale) alla corretta amministrazione della giustizia, ma anche il diritto all'onore dell'incolpato, che assume la veste di concorrente persona offesa (Cass. VI, n. 10535/2007). Altra categoria di reati aventi natura plurioffensiva sono i delitti contro la fede pubblica (artt. 453 e segg. c.p.), in quanto tutelano direttamente non solo l'interesse pubblico alla genuinità materiale e alla veridicità ideologica di determinati atti, ma anche quello dei soggetti privati sulla cui sfera giuridica l'atto sia destinato a incidere concretamente (Cass. III, n. 2511/2014). Rientrano in questa categoria i delitti di falso. Quanto, ancora, con riferimento ai reati contro la pubblica amministrazione si assiste ad una situazione ambivalente. Al fianco di ipotesi quali il peculato in cui, oltre a vulnerare l'interesse per il buon andamento e l'imparzialità della P.A., si offende anche l'interesse che il titolare del bene oggetto dell'appropriazione ha di conservarlo (Cass. VI, n. 46797/2015) ed in cui chiara è la natura plurioffensiva del reato, vi sono fattispecie nelle quali, la natura mono o plurioffensiva, si determina in conseguenza delle modalità di attuazione del delitto. È il caso dell'abuso di ufficio il quale può assurgere anche a reato plurioffensivo quando sia commesso in danno di privati (e non sia cioè finalizzato a concedere un ingiusto vantaggio da parte del pubblico ufficiale), nel senso che lede l'interesse della pubblica amministrazione ma, contemporaneamente, anche quello del privato (ex plurimis Cass. VI, n. 17642/2008). Reati cd. vaghi o vaganti Tali reati si caratterizzano per essere a soggetto passivo indeterminato in quanto il reato offende una cerchia indeterminata di persone e nei quali la persona offesa non risulta sempre individuabile. Si tratta di reati aventi ad oggetto condotte lesive di interessi interpersonali quali l’ordine pubblico, l’amministrazione della giustizia, la famiglia o la razza. La persona offesa in tali ipotesi di reato, è solo eventualmente ricoperta da coloro che entrano in concreto in contatto col comportamento ritenuto penalmente sanzionato. Reati ostativi Si tratta di reati nei quali si prevede una sanzione per una situazione di fatto che lo Stato ha interesse a che non si verifichi ma che non colpiscono interessi specifici e per i quali non è rinvenibile una persona offesa. Si tratta delle fattispecie in materia di armi e stupefacenti. Persona offesa, danneggiato e querelanteGeneralmente si tratta di figure che convergono sulla medesima persona, in quanto certamente al titolare dell’interesse leso fa capo il diritto di ottenere il ristoro dei danni subiti e, quindi, di agire per la loro soddisfazione. Tale sarà anche la persona che potrà legittimamente sporgere querela nel caso in cui la fattispecie di reato sia sottoposta a tale condizione di procedibilità. Ciò non toglie che si tratti di concetti e figure processuali che devono essere mantenute ben distinte tra loro. Persona offesa e danneggiato Netta è la differenza che tra la persona offesa ed il danneggiato, atteso che la prima, come detto, sorge a seguito del danno criminale, in quanto è il fatto reato che la fa sorgere, la seconda, viceversa, si fonda sul più generale principio del neminem laedere che impone l’obbligo del risarcimento nei confronti di chiunque abbia cagionato un danno ad un altro, danno che ben può non essere conseguenza del reato. La differenza tra le due figure, a ben vedere, si riscontra nelle finalità che sono sostanzialmente diverse. La persona offesa, infatti, non agisce per ottenere il ristoro del danno subito, ma per il perseguimento dell'interesse “penalistico” che si sostanzia nell'accertamento dell'esistenza del reato e della responsabilità dell'imputato, il danneggiato opera per il soddisfacimento dei danni subiti. Diretta conseguenza di quanto premesso è che mentre l'esercizio dei poteri richiamati dall'art. 90, in quanto finalizzati alla realizzazione dei fini penalistici dell'azione, spetta solo alla persona offesa, la capacità di costituirsi parte civile spetta al solo danneggiato. Ne consegue, altresì, che nei casi in cui la condotta antigiuridica in un reato di abuso sia indirizzata a procurare all'agente o a terzi un «vantaggio» patrimoniale la natura monoffensiva del reato non viene, in quanto l'interesse tutelato è soltanto quello costituito dal buon andamento, dalla imparzialità e dalla trasparenza del comportamento dei pubblici ufficiali. Ne consegue che il privato controinteressato, non potrà essere qualificato come persona offesa, ma potrà rivestire solo la veste di danneggiato dal reato ma non quella di persona offesa in senso tecnico-giuridico per cui, pur avendo titolo per la costituzione di parte civile, non può essere titolare dei diritti processuali di cui agli artt. 408, 409 e 410 (Cass. VI, n. 40694/2006). Persona offesa e querelante Più sottile è la distinzione tra la figura della persona offesa e quella del querelante in quanto il diritto di querela, secondo il disposto dell'art. 120 c.p., spetta alla persona offesa dal reato, individuata nel titolare dell'interesse direttamente protetto dalla norma penale e la cui lesione o esposizione a pericolo costituisce l'essenza dell'illecito (Cass. VI, n. 21090/2004). Si tratta, come appare evidente, di due figure che tendono a sovrapporsi, assumendo che il diritto di querela non sia altro che una facoltà della persona offesa. Ciò è senza dubbio vero ma non si esclude che vi siano casi nei quali si verifica uno sdoppiamento in conseguenza del quale il querelante risulti essere soggetto diverso rispetto alla persona offesa. Il riferimento è, a titolo esemplificativo, ai casi in cui la persona offesa sia minore o incapace e, come tale, inibita a proporre querela. In tal caso sarà la persona che ne abbia la rappresentanza a poter esercitare il diritto ovvero, in caso di un conflitto di interessi, il curatore speciale. Altra ipotesi è prevista dall'art. 597, comma 3 c.p., che estende la facoltà di querela ai prossimi congiunti, soggetti diversi dalla persona offesa. La distinzione, peraltro, ha anche risvolti pratici che si colgono nel disposto degli artt. 427 e 542 laddove si dispone la condanna alla rifusione alle spese in caso di pronuncia di sentenza di non luogo a procedere perché il fatto non sussiste o perché l'imputato non lo ha commesso, o di assoluzione, solo nei confronti del querelante e non della persona offesa. Legittimazione e capacità processuale della persona offesa
Una volta accertata l’identità della persona offesa, occorre verificarne la capacità ovvero la legittimazione processuale. La legittimazione processuale ha ad oggetto le condizioni per poter assumere la veste di soggetto all'interno del processo ed è collegata direttamente al bene tutelato dalla norma. Pertanto sorge in capo al soggetto titolare dell’interesse leso dalla commissione del reato. La capacità processuale costituisce un profilo della capacità di agire e va distinta se rapportata alle persone fisiche o giuridiche.
Capacità processuale delle persone fisiche È un aspetto della capacità di agire, pertanto presuppone la sussistenza di tale capacità. Deve ritenersi che, alla luce dell’espresso richiamo agli artt. 120 e 121 c.p., in presenza di soggetti privi di detta capacità, debbano trovare applicazione i medesimi principi previsti per la proposizione della querela. Ne deriva che, nei confronti di soggetti minori di anni quattordici ed interdetti per infermità di mente, saranno rispettivamente l’esercente la potestà genitoriale o il tutore a poter esercitare le facoltà spettanti al minore o all'incapace. Il minore ultraquattordicenne e l’inabilitato, infatti, potranno esercitare personalmente le facoltà spettanti alla persona offesa ovvero le stesse potranno essere svolte dal genitore, tutore o curatore, nonostante ogni contraria dichiarazione di volontà espressa o tacita, del minore o dell’inabilitato (art. 120, comma 3 c.p.). Nel caso in cui non vi sia il rappresentante, ovvero lo stesso si trovi in condizione di conflitto di interessi col rappresentato, dovrà procedersi alla nomina di un curatore speciale da effettuarsi ad opera del G.i.p. ovvero del giudice del dibattimento. Quanto alla sussistenza del conflitto va rilevato che l'unico rilevante, previsto dall'art. 121 c.p., è quello tra il curatore speciale e la persona rappresentata e non quello tra il rappresentante-curatore speciale ed altri soggetti, come l'imputato, a nulla rilevando l'eventuale conflitto di interessi tra i genitori della persona offesa (minore o inferma di mente) (Cass. VI, n. n. 41828/2014). Capacità processuale delle persone giuridiche Quanto alle persone giuridiche ed agli enti non dotati di personalità giuridica, in mancanza di norme specifiche si ritiene che trovino applicazione i principi di cui all'art. 75, comma 2 e 3 determinandosi una coincidenza con la capacità di proporre l'azione civile di danno. Il difetto di capacità, sia per le persone fisiche che giuridiche ovvero gli enti, potrà essere eccepito dalla parte interessata ai fini dell’esclusione ma potrà anche essere sempre rilevabile di ufficio in quanto la presenza di un soggetto, soprattutto se dotato di specifiche competenze e poteri, necessita della piena capacità. D'altronde la rilevabilità di ufficio trova un richiamo nella previsione di cui all'art. 95, comma 4 relativa all'esclusione dell'ente o associazione trattandosi di norma applicabile analogicamente anche al caso in esame. I prossimi congiuntiAi sensi dell'art. 90, comma 3, che sul punto ha innovato la previgente disciplina, i poteri e le facoltà della persona offesa possono essere esercitate anche dai prossimi congiunti della persona deceduta. Per prossimi congiunti devono intendersi gli ascendenti, i discendenti, coniuge, fratelli, sorelle, affini nello stesso grado, zii, nipoti con esclusione degli affini, allorché sia morto il coniuge e non vi sia prole (art. 307, comma 4 c.p.). Tra le facoltà deve necessariamente ricomprendersi rientri il diritto di ricevere tutte le notificazioni, tra cui quella di cui all'art. 299 c.p.p. comma 4-bis, preordinate e funzionali proprio all'esercizio di quei diritti e di quelle facoltà: la titolarità del diritto attivo a un facere presuppone logicamente (e necessariamente) quella del diritto (passivo) all'adempimento informativo che è preordinato al relativo esercizio (Cass. I, n. 51402/2016). Quanto ai conviventi more uxorio, si è già esaminato come la riforma operata dal d.lgs. n. 212/2015, li abbia parificati ai prossimi congiunti. Il decesso, naturalmente, deve porsi in diretta conseguenza della commissione del reato. Solo in tal caso, infatti, è possibile acquisire le facoltà che sarebbero state proprie del deceduto. La qualità di persona offesa è strettamente personale e correlata ai rapporto processuale penale che si instaura con l'indagato e non è trasmissibile jure hereditatis. Ne consegue che se la morte è successiva alla commissione del reato e, soprattutto, non è conseguenza diretta di questo, gli eredi, se del caso i prossimi congiunti, potranno acquistare jure hereditatis, solo il diritto al risarcimento dei danni patrimoniali o morali cagionati dal reato. In applicazione di questo principio, invero, si è escluso che gli eredi o i prossimi congiunti della persona offesa deceduta non in conseguenza del reato sia attribuibile la facoltà di opporsi alla richiesta di archiviazione sia quella di presentare ricorso contro il provvedimento di archiviazione (Cass. II, n. 7043/2013). La norma però non prevede alcuna disciplina nel caso di contrasto tra prossimi congiunti. Nel silenzio della disposizione appare logico ipotizzare che la facoltà spetti singolarmente a ciascuno dei prossimi congiunti che potrà autonomamente esercitarla. Poteri e facoltà della persona offesaIn conformità con il riconoscimento attribuito alla persona offesa da parte del legislatore quale soggetto del processo e in funzione di quella che potrebbe essere la sua posizione all'interno del giudizio a seguito della costituzione di parte civile, numerosi sono i poteri e facoltà ad essa riconosciuti ed in linea di principio finalizzati al raggiungimento del suo scopo essenziale che è quello di affiancare il ruolo della pubblica accusa nel perseguimento del responsabile del reato lesivo dell'interesse della persona offesa. Si tratta di diritti o facoltà espressamente previste dalla legge, in rapporto alle quali sussiste una riserva di legge. Per di più si tratta di attribuzioni proprie della persona offesa che gli sono attribuite in ogni stato e grado del procedimento e ne caratterizzano il “ruolo accusatorio” funzionale all'accertamento dei fatti, valutazione delle prove ed interpretazione ed applicazione delle norme. Tra le facoltà riconosciute alla persona offesa è stata introdotta, con la cd. “Riforma Cartabia” e, in particolare, con l'art. 5, comma 1, lett. d), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, quella di eleggere domicilio anche indicando un indirizzo di posta elettronica certificata o altro servizio elettronico di recapito certificato qualificato. Tale innovazione rappresenta una manifestazione della volontà del legislatore di ridurre i tempi processuali che spesso si dilatano anche nel tentativo di notificare correttamente atti alle parti che, con l'introduzione del domicilio “digitale” possono essere recapitati immediatamente, con prova dell'avvenuta ricezione. Diritti e facoltà generali e specialiI diritti e le facoltà della persona offesa devono trovare fondamento in una norma che li riconosca e li attribuisca. Sotto questo aspetto possono distinguersi i diritti e le facoltà in generali allorquando sono previste da norma di carattere generale ed investono la figura della persona offesa nel suo complesso e speciali se sono previste da singole norme e relative a specifici aspetti. L'art. 90, a ben vedere, riconosce, in via generale, alla persona offesa una serie di diritti e facoltà. Presentazione e deposito memorie Costituisce una facoltà di carattere generale ed esperibile in ogni fase del procedimento con esclusione del giudizio per Cassazione. Le memorie sono atti scritti che hanno ad oggetto qualsiasi aspetto della questione che possa essere rilevante ai fini della decisione sia finale sia interlocutoria. Possono essere rivolte sia al P.M. sia al giudice e non necessitano di comunicazione alle parti, essendo sufficiente il solo deposito nella segreteria del P.M. o nella cancelleria del Giudice. Indicazione di elementi di prova Trattasi di una facoltà che può essere esercitata sia per orientare lo svolgimento delle indagini da parte dell'autorità inquirente, sia per stimolare il potere proprio del giudice. Tale potere è esercitabile sia nella fase istruttoria che in quella dibattimentale anche se appare evidente la maggior pregnanza che la stessa assume durante lo svolgimento delle indagini. Detta facoltà va tenuta ben distinta dal diritto alla prova che il legislatore ha riconosciuto espressamente solo alle parti processuali intese in senso tecnico (art. 190). Potrà, tuttavia, riguardare anche la persona offesa all'esito della costituzione di parte civile. È stata, tuttavia, ritenuta corretta la presentazione della lista testi delle parti offese ovvero degli eredi anche prima della formale costituzione anche se: «siffatte iniziative potranno concretizzarsi in un formale apporto probatorio con la rituale costituzione di parte civile» (Cass. IV, n.7401/2000). Siffatta possibilità, peraltro, è stata riconosciuta anche in sede di procedimento a citazione diretta, nel quale l'assenza di udienza preliminare non aveva ancora consentito la possibilità alla persona offesa di costituirsi parte civile. In tal caso, la possibilità di una memoria contenente la propria lista testi è stata ritenuta valida ancorché operante un “deposito anticipato” rispetto alla formale acquisizione di parte in quanto ha permesso la discovery prevista dall'art. 468, evitando l'eventuale inammissibilità della prova indicata oltre il termine ed ha consentito alla controparte di conoscere i testi di cui avrebbe chiesto l'escussione. In tal senso quindi deve ritenersi del tutto priva di conseguenze la mancata osservanza della forma della presentazione delle liste, prevista dall'art. 468, stante il riconoscimento nel concreto dei diritti di difesa, con conoscibilità per l'imputato delle prove sollecitate dalla controparte, ed effetti identici a quelli previsti per il caso di deposito della lista a cura della parte civile (Cass. VI, n. 43211/2010). Peraltro la giurisprudenza sull'argomento è univoca nel senso di equiparare le liste che la parte civile potrebbe depositare ai sensi dell'art. 468 a quelle indicate dalla parte offesa nella memoria (per tutte Cass. V, n. 28748/2005). Tra le facoltà di indicare elementi di prova non è inclusa quella di chiedere di rivolgere domande ai testi ovvero alle parti private che si sono sottoposte ad esame (Chiliberti, 50). Secondo altra impostazione, viceversa, la possibilità, riconosciuta dall'art. 90 di indicare elementi di prova in ogni stato e grado del processo, consentirebbe alla persona offesa di suggerire al presidente, domande da rivolgere ai testimoni, periti, consulenti, parti private sottoposte ad esame o chiedere la lettura degli atti contenuti nel fascicolo (Cordero, 940). Nomina di un difensore La parte offesa è titolare di vere e proprie pretese penali per le quali può nominare un difensore. Tale possibilità è certamente una delle principali facoltà della persona offesa. A seguito della nomina l’art. 33 disp. att. prevede che l’elezione di domicilio ex lege della persona offesa in quello del difensore nominato. Ciò implica che nell'atto di nomina del difensore deve essere riportato il domicilio dello stesso, dovendosi, in mancanza, procedere alla notifica diretta alla persona offesa, ai sensi dell'art. 154 (Cass. III, n. 38065/2013). Il difensore della persona offesa, a differenza della parte civile, e delle altre parti private, non è investito di funzioni di rappresentanza processuale. Per questa ragione, peraltro, la persona offesa non è obbligata alla nomina di un difensore (art. 101) potendo scegliere di agire personalmente. Vi sono, tuttavia, atti nei quali la presenza del difensore necessaria per il cui compimento si impone la nomina del difensore. Si tratta, ad esempio, della partecipazione ad accertamenti tecnici non ripetibili o lo svolgimento di attività investigative. Rientrano tra gli atti che devono essere necessariamente posti in essere dal difensore anche il ricorso per Cassazione il quale può essere, a pena di inammissibilità, sottoscritto esclusivamente da un difensore iscritto nell' albo speciale della Corte di Cassazione, ciò in quanto, non potendo la stessa considerarsi parte in senso tecnico, non rientra nella previsione dell'art. 613, che consente, appunto, alla parte di sottoscrivere personalmente il ricorso, con ciò derogando al principio generale che impone la sottoscrizione ad opera di un difensore iscritto nell'albo speciale (Cass. V, ord. n. 1541/1999). La necessità della nomina di un difensore legittimato a patrocinare innanzi le alte magistrature non implica che la stessa debba essere conferita al predetto difensore, procura speciale ad hoc ai sensi dell'art. 122, risultando sufficiente anche la dichiarazione resa o consegnata dallo stesso all'autorità procedente ovvero ad essa inviata con raccomandata (Cass. S.U., n. 47473/2007). Sarà obbligata la scelta del difensore anche nel caso di compimento di indagini difensive, trattandosi di un potere riconosciuto al solo difensore. Anche la persona offesa può avvalersi del patrocinio a spese dello Stato che per determinate ipotesi di reato va riconosciuta anche al di là dei limiti di reddito previsto dalle norme vigenti. Si ritiene che la persona offesa possa nominare solo un difensore, onde l'eventuale seconda nomina rimarrà senza effetto se non accompagnata dalla revoca del precedente difensore. Al fianco ed oltre le facoltà ed i diritti di carattere generale ve ne sono altri attribuiti da specifiche norme di legge alla persona offesa e che possono essere suddistinti in rapporto alle fasi procedimentali/processuali cui ineriscono Nella fase delle indagini preliminariIn linea con la funzione di stimolo e propulsiva dell'attività investigativa, alla persona offesa, in questa fase procedimentale, sono riconosciuti una serie di diritti e facoltà di natura processuale. Diritti informativi Una prima serie di competenze attengono ai diritti d’informazione che le spettano. Il primo è il diritto di ricevere l'informazione di garanzia il P.M. è, infatti, obbligato ad avvisare la persona offesa, unitamente a quella nei cui confronti sono in corso le indagini, dell'esistenza del procedimento (art. 369). Il P.M. è tenuto ad effettuare il medesimo avviso nel caso svolgimento di accertamento tecnico non ripetibile (art. 360). Va evidenziato che, in caso di omissione degli avvisi previsti dall'art. 360, comma 1, è ravvisabile la sanzione della nullità di ordine generale prevista dall'art. 178, lett. c), la quale non può più esser fatta valere, se non è stata tempestivamente dedotta prima della deliberazione della sentenza di primo grado a norma dell'art. 180 (Cass. I, n. 28459/2013). Poteri di impulso Comprendono quei diritti e facoltà mediante i quali la persona offesa può orientare e stimolare l’attività del P.M., rientra in questo ambito il potere di sollecitare l’avocazione da parte del P.G. limitatamente ai casi di cd. avocazione obbligatoria (art. 412). Può chiedere al P.M. la trasmissione degli atti al P.M. presso il giudice ritenuto competente (art. 54 quater). Inoltre la persona offesa che ne abbia fatto richiesta, deve ricevere la notifica della richiesta di archiviazione in relazione alla quale può presentare memorie indicando nuove piste investigative ed i relativi mezzi probatori da acquisire. La dichiarazione di essere informata non può che precedere la richiesta di archiviazione. In caso contrario non sarà il P.M. tenuto ad informarla anche se ciò non fa venir meno il suo potere di presentare opposizione (Cass. S.U., n. 29477/2004). In ogni caso va evidenziato che l'omessa notifica alla persona offesa dell'udienza fissata a seguito di opposizione all'archiviazione integra una nullità a regime intermedio, la quale è sanata qualora non sia stata dedotta dal difensore presente all'udienza (Cass. II, n. 17447/2015). Viceversa l'omessa audizione della persona offesa nel corso dell'udienza camerale tenuta a seguito dell'opposizione avverso la richiesta di archiviazione avanzata dal P.M., produce — per il combinato disposto degli artt. 127, commi 3 e 5 e 409, comma 2, — una nullità a regime intermedio, la quale deve essere eccepita immediatamente dopo il mancato compimento dell'atto (Cass. VI, n. 16169/2014). Nella fase del giudizioNella fase successiva all'esercizio dell’azione penale la persona offesa può decidere di costituirsi parte civile. In conseguenza si assiste ad una riduzione del potere di impulso in favore di un incremento delle competenze connesse all'esercizio dell’azione civile. Peraltro la avvenuta chiusura della fase investigativa, fa di per sé venir meno la funzione di stimolo e controllo dell’attività del P.M, in tale ottica va evidenziato il mancato ruolo attribuito alla persona offesa in sede di udienza preliminare. L'offeso è certamente destinatario dell'avviso della data e del luogo di svolgimento dell'udienza preliminare (art. 419), ma si tratta di un obbligo essenzialmente imposto per consentirne la costituzione quale parte civile la cui presenza in tale veste è certamente ammessa in sede di udienza preliminare. Diversamente è dubbio se la persona offesa in quanto tale possa prendere parte all'udienza. Sul punto va osservato che, indipendentemente dalla possibilità della sua materiale presenza non da tutti ammessa, è indubbio che non possa in ogni caso partecipare attivamente all'udienza. L'unica facoltà che espressamente le è riconosciuta, infatti, è quella di prendere visione ed estrarre copia degli atti depositati in funzione della celebrazione dell'udienza (art. 131 disp. att.). L'omesso avviso di fissazione dell'udienza preliminare alla persona offesa è causa di nullità della procedura, ai sensi dell'art. 419, commi 1 e 7, perché detta nullità, a differenza dell'ordinario regime delle nullità relative delle indagini preliminari e dell'udienza preliminare, non è sanata se non eccepita prima della conclusione dell'udienza stessa (Cass. VI, n. 50384/2014). Alla persona offesa, per la medesima ragione testé esaminata, spetta anche la notifica del decreto che dispone il giudizio (art. 429). L'omissione integra una nullità di ordine generale, ma non assoluta ed insanabile. Essa costituisce una nullità a regime intermedio, tale che non impone la regressione del processo alle indagini preliminari, ma implica la rinnovazione della citazione con notifica alla persona offesa (Cass. III, n. 683/1999). È, tuttavia, abnorme, in quanto determina un'indebita regressione del procedimento, il provvedimento con il quale il Tribunale in composizione monocratica, rilevata la omessa notifica del decreto di citazione a giudizio alla persona offesa, e pertanto la nullità del decreto, restituisca gli atti al pubblico ministero per il rinnovo della citazione anziché provvedere direttamente all'incombente (Cass. n. 34571/2009). Va, però, segnalato il diverso indirizzo per il quale l'abnormità consegue solo nel caso in cui ricorra l'ipotesi dell'irregolarità di una notifica comunque effettuata. In tali casi, infatti, il giudice è tenuto rinnovare la notifica e non ha il potere di disporre la regressione del procedimento (Cass. VI, n. 7088/2010). Va, in linea generale, evidenziato che l'omessa indicazione e citazione delle persone offese, pur sanzionata con nullità ex art. 178, integra vizio che, a norma dell'art. 182, può essere eccepito solo da chi vi abbia interesse e tale non è l'imputato, che conserva sempre la facoltà di citare la persona offesa come testimone (Cass. II, n. 12765/2011). Dibattimento In riferimento a questa fase processuale il legislatore non detta norme specifiche per la persona offesa, sia per l’esaurimento della fase investigativa sia la persona offesa è diventata parte a seguito della costituzione di parte civile. Deve ritenersi, tuttavia, che nella sua veste propria di persona offesa non perda il proprio potere di impulso, che gli consenta di indicare alle parti temi di prova nuovi e più ampi e sollecitare l'assunzione di nuovi mezzi di prova ai sensi dell'art. 507, anche se in tali casi non vanti alcun obbligo di risposta e pertanto la sua richiesta può essere liberamente disattesa senza essere tenuti ad emettere provvedimenti sul punto. Per quanto attiene le investigazioni difensive il difensore della persona offesa potrà compiere attività finalizzata alla richiesta di una riapertura delle indagini a seguito di archiviazione, ovvero alla revoca della sentenza di non luogo a procedere. Riti speciali Nell'originario schema alla persona offesa non era riconosciuto alcun ruolo nell'instaurazione dei riti speciali. La scelta del rito, in via generale, attiene prevalentemente al solo imputato e non è idonea a pregiudicare gli interessi della persona offesa costituenda o costituita parte civile. Conseguentemente va esclusa qualsiasi rilevanza della persona offesa nel giudizio immediato o in quello direttissimo. Quanto al giudizio abbreviato solo alla costituita parte civile è riconosciuta al facoltà di scelta tra l'accettazione del rito ovvero lo spostamento dell'azione risarcitoria in sede civile. Quanto, ancora, all'applicazione della pena su richiesta le ragioni della persona offesa sono tutelate solo in via indiretta atteso che è riconosciuto alla parte civile la possibilità, anche in questo caso, di far valere le proprie ragioni nella sede civile. Nella originaria sede penale alla sola costituita parte civile è riconosciuto il diritto alla rifusione anche delle spese per l'attività svolta prima della costituzione, e quindi in fase procedimentale, e consistita nella partecipazione a incombenti di natura probatoria, in specie all'incidente probatorio (Cass. IV, n. 4136/2011). Considerazioni diverse, viceversa, attengono al decreto penale di condanna. Ed invero, ai sensi dell'art. 459, (come modificato dall' art. 37, comma, l. n. 479/1999) il Pubblico Ministero può richiedere al Giudice delle indagini preliminari la definizione del giudizio con la emissione di un decreto penale di condanna, purché, nel caso di reati perseguibili a querela, questa sia stata validamente presentata dalla parte offesa e che non sia stata espressamente manifestata opposizione alla definizione del giudizio con il decreto penale di condanna. Si segnala che con riferimento alla possibilità di opporsi da parte del querelante, che la Corte Costituzionale, con sentenza emessa il 27 febbraio 2015 ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell'art. 459, comma 1, c.p.p. con specifico riguardo alla "parte in cui prevede la facoltà del querelante di opporsi, in caso di reati perseguibili a querela, alla definizione del procedimento con l'emissione di decreto penale di condanna". Procedimenti cautelari Ancor più limitati, a ben vedere, sono i poteri della persona offesa in materia di procedimenti incidentali in materia cautelare non potendo la stessa proporre neanche ricorso per Cassazione avverso i provvedimenti emessi dal Tribunale della riesame né in tale sede depositare memorie (Cass. IV, n. 18851/2012). Quanto detto con riferimento ai procedimenti incidentali personali va esteso a quelli reali. Deve ritenersi, invero, che in tema di sequestro preventivo, la persona offesa che non sia titolare del diritto all'eventuale restituzione delle cose sequestrate non sia legittimata a partecipare o a presentare memorie nel procedimento di riesame del sequestro né, conseguentemente, nel giudizio di cassazione sull'ordinanza di riesame (Cass. IV, n. 18851/2012). Diversamente, non può essere esclusa ha facoltà di intervento spontaneo della persona offesa che ha diritto alla restituzione delle cose sequestrate. Trattasi di una presenza che non solo non produce alcuna irregolarità o nullità procedurale, ma rappresenta la manifestazione minore di una più ampia facoltà espressamente ammessa dalla legge. Ne consegue che all'interveniente qualificato sono attribuite le stesse prerogative riconosciute al soggetto che ha proposto la richiesta di riesame, e quindi anche quella di produrre documenti e altri elementi di prova, nonché di partecipare all'eventuale giudizio di legittimità, da altri o da lui stesso promosso, con correlativo diritto a ricevere, in quest'ultimo caso, i prescritti avvisi, conformemente al disposto degli artt. 325, comma terzo, 311, comma quinto e 127, comma 1 (Cass. S.U., n. 25932/2008). CasisticaI diritti e le facoltà proprie della persona offesa non spettano al danneggiato il quale non è legittimato a proporre opposizione alla richiesta archiviazione anche se ha presentato denuncia-querela per il delitto di falsa testimonianza in quanto non è contitolare dell'interesse tutelato dalla norma incriminatrice (Cass. VI, n. 45137/2015); i diritti e le facoltà esercitabili dalla persona offesa non le consentono di interloquire nel giudizio di legittimità avente ad oggetto l'applicazione della causa di non punibilità della speciale tenuità del fatto (Cass. VI, n. 44683/2015); ancora non rientra tra i diritti e le facoltà della persona offesa, in quanto non espressamente previsto, la possibilità di proporre incidente di esecuzione al fine di ottenere la revoca del beneficio condizionale della pena concessa al condannato, per mancato adempimento della condizione risarcitoria (Cass. I, n. 35841/2015); il ricorso per cassazione avverso il provvedimento di archiviazione deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da difensore munito di apposito mandato defensionale, pur se non integrato da procura speciale (Cass. VI, 2330/2014); non è titolare dell'interesse leso dalla normativa antisismica il privato la cui abitazione sia stata costruita in violazione di detta normativa, per cui egli può assumere esclusivamente la figura di soggetto danneggiato e non persona offesa. Ne consegue che egli non è legittimato a proporre opposizione alla richiesta di archiviazione formulata dal P.M., né può ricorrere avverso la declaratoria di inammissibilità dell'opposizione (Cass. III, n. 7786/2014); la nozione di parte civile, collegata alla sussistenza di un danno cagionato dal reato, non coincide necessariamente con la veste di persona offesa quale titolare del bene giuridico violato dalla condotta illecita. E ciò tanto più in quanto si verta in materia di reati contravvenzionali volti a tutelare una pluralità fungibile ed indeterminata di soggetti, essendo di tutta evidenza che, quando l'ordinamento giuridico predisponga una tutela «anticipata» del bene protetto la persona offesa non viene automaticamente a coincidere con qualsiasi soggetto avente un generico interesse a che la norma che si assume violata venga rispettata, essendo, invece, necessario un quid pluris che ne permetta l'individuazione soggettiva (Cass. III, n. 1180/2014); la tutela dei diritti e delle facoltà della persona offesa deceduta, in capo ai suoi eredi, si verifica nella sola ipotesi nella quale il decesso della sia avvenuto in conseguenza del reato. Se lo stesso avviene per cause diverse e successivamente alla presentazione del ricorso avverso l'archiviazione tale atto va dichiarato inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse (Cass. V, n. 7464/2013); il ricorso per Cassazione avverso la sentenza di non luogo a procedere è previsto per la tutela dei soli interessi pubblici per cui non può essere proposto da colui che non rivesta il ruolo di persona offesa (Cass. III, n. 50929/2013); è inammissibile il ricorso per Cassazione proposto dalla persona offesa atteso che non sussiste alcuna norma che legittima tale impugnazione riservando lo stesso alla sola parte civile costituita (Cass. VII, n. 48896/2012). in tema di mandato di arresto europeo, la persona offesa non è legittimata a partecipare al procedimento di consegna, non rientrando tra i soggetti tassativamente elencati dall'art. 17, comma 1, legge 22 aprile 2005, n. 69. La Corte di legittimità ha infatti evidenziato che non sussiste alcuna violazione dell’art. 90 c.p.p. in quanto la summenzionata normativa non lascia nessuno spazio né alla disciplina interna, né tanto meno nella decisione quadro 2002/584 per l'intervento di parti diverse da quelle espressamente contemplate e, segnatamente, di parti private diverse dalla persona richiesta in consegna (Cass. VI, n. 47244/2021). BibliografiaAmato, Così le Sezioni Unite fissano i limiti entro cui può agire la persona offesa, in Guida dir 2004, 35, 59; Aprile, Il ruolo della persona offesa nelle recenti riforme del processo penale, in Cass. pen. 2003, 1722; Chiliberti, Azione civile e nuovo processo penale, Milano, 2006; Cordero, Codice di procedura penale commentato, Torino, 1992; Cudemo, È ammissibile il deposito della lista testi da parte della persona offesa, in Dir. pen. e proc. 2011, 1471; De Bellis, Il magistrato che interferisce in procedimenti penali e disciplinari pendenti nei suoi confronti commette abuso d'ufficio? in Cass. pen. 2006, 3643; Iasevoli, Il diritto di proporre opposizione come pretesa autonoma rispetto alla dichiarazione della persona offesa di voler essere informata della richiesta di archiviazione, in Cass. pen. 2004, 3551; Lazzari, Offesa diffusa: una discutibile affermazione della Corte di Cassazione, in Cass. pen. 1999, 508; Scarcella, Non necessaria la procura speciale per impugnare il provvedimento di archiviazione, in Dir. pen. e proc. 2008, 988; Sette, La persona offesa dal reato nel nuovo c.p.p., in Cass. pen. 91, 1907; Squarcia, Persona offesa dal reato e persona danneggiata dal reato: una distinzione non sempre agevole, in Cass. pen. 2001, 3119; Viola, Legittimazione della persona offesa a partecipare al procedimento di riesame del sequestro, in Cass. pen. 2009, 1110. |