Codice di Procedura Penale art. 121 - Memorie e richieste delle parti.

Angelo Salerno

Memorie e richieste delle parti.

1. In ogni stato e grado del procedimento le parti [90 1, 233] e i difensori possono presentare al giudice [367] memorie o richieste scritte, mediante deposito nella cancelleria.

2. Sulle richieste ritualmente formulate il giudice provvede senza ritardo e comunque, salve specifiche disposizioni di legge [299 3, 398, 418], entro quindici giorni.

Inquadramento

Il contraddittorio nel procedimento penale può avvenire anche in forma scritta, attraverso il deposito di memorie o richieste presso la cancelleria del giudice procedente.

L’art. 121 riconosce infatti alle parti tale facoltà «in ogni stato e grado del procedimento», assegnando un termine al giudice per provvedere sulle richieste formulate ritualmente.

L’avvento del processo penale telematico (PPT) ha profondamente inciso sulle modalità di presentazione di memorie e richieste che oggi, di regola e salvo eccezioni, devono essere depositate con modalità telematiche, ai sensi dell’art. 111-bis, al cui commento si rinvia.

Il riferimento del legislatore ad ogni stato e grado del procedimento consente di ritenere che la facoltà di presentare memorie o richieste possa essere esercitata fin dai primi atti del procedimento e fino al procedimento di esecuzione.

In tal senso si è altresì pronunciata la Corte costituzionale, dichiarando manifestamente infondata la questione di legittimità sollevata dal giudice a quo in relazione all’art. 121, sull’erroneo presupposto della possibilità di procedere al deposito di memorie solo in fase delle indagini preliminari, in mancanza di riferimenti al “processo”. La consulta ha invece chiarito che tale interpretazione è però contraddetta dalla relazione al testo definitivo del codice, ove è precisato che "il termine "processo" è stato sostituito con quello di "procedimento", in quanto la disposizione è stata ritenuta applicabile anche durante le indagini preliminari, con conseguente applicabilità nell'udienza preliminare (Corte cost. n. 238/1991).

Deve tuttavia osservarsi che la facoltà di deposito di richieste e memorie riconosciuta dall’art. 121 è in ogni caso soggetta ai termini decadenziali previsti da norme speciali, come per il giudizio innanzi alla Corte di Cassazione, ai sensi dell’art. 611 (Cass. II, n. 1417/2012), e per i procedimenti in camera di consiglio, di cui all’art. 127, che prevede a pena di inammissibilità il termine di cinque giorni prima dell’udienza per il deposito (Cass. V, n. 16311/2014).

Sul piano soggettivo, la facoltà di presentare memorie spetta a tutte le parti del procedimento, ivi compresi la persona offesa, ai sensi dell’art. 90, nonché il Pubblico Ministero (Cass. S.U., n. 13687/2003).

Qualora non sia consentito alle parti l’esercizio di tale facoltà, la giurisprudenza di legittimità ravvisa una causa di nullità di ordine generale, ai sensi dell’art. 178, comma 1, lett. c), in quanto si impedisce all’imputato di intervenire efficacemente nel processo ricostruttivo e valutativo effettuato dal giudice, così traducendosi in una lesione dei diritti di intervento o assistenza difensiva dell’imputato (Cass. I, n. 31245/2009).

 

Il deposito in cancelleria

Le memorie e le richieste devono essere presentate mediante deposito in cancelleria, sebbene debba ritenersi ormai superata l'impostazione, seguita fino ad un recente passato falla giurisprudenza (Cass. II, n. 29182/2020), secondo cui occorreva depositare fisicamente gli atti in cancelleria.

Come anticipato, l'avvento del processo penale telematico impone oggi il deposito con modalità telematiche (tramite applicativo APP 2.0 per l'Autorità giudiziaria e il Portale Servizi Telematici – PST – per i difensori) di memorie e richieste, secondo modalità e nei termini di cui all'art. 111-bis, al cui commento pertanto si rinvia.

I termini per provvedere sulle richieste delle parti

Ai sensi del comma 2 dell'art. 121, salvo che disposizioni speciali non individuino termini diversi, il giudice è tenuto a provvedere sulle richieste ritualmente formulate senza ritardo e comunque entro quindici giorni.

Si tratta di un termine ordinatorio, la cui violazione non priva il magistrato del potere di pronunciarsi in merito alle richieste ricevute né comporta sanzioni processuali, fermo restando il disposto dell'art. 124, in relazione agli eventuali profili disciplinari dei ritardi.

Con riferimento invece al deposito di memorie, non vi è uniformità di posizioni nella giurisprudenza di legittimità in relazione ai casi in cui il giudice abbia omesso di valutarne il contenuto nella sentenza o nell'ordinanza (fuori dei casi in cui tale omissione sia sanzionata per legge con la nullità, come per l'ordinanza applicativa di una misura cautelare, ai sensi dell'art. 292, al cui commento si rinvia).

Secondo un primo e più recente orientamento, infatti, l'omessa valutazione di memorie difensive non può essere fatta valere in sede di gravame come causa di nullità del provvedimento impugnato, ma può influire sulla congruità e correttezza logico - giuridica della motivazione che definisce la fase o il grado nel cui ambito siano state espresse le ragioni difensive, a meno che contengano la mera ripetizione di difese già svolte o siano inconferenti rispetto all'oggetto del giudizio (Cass. IV, n. 18385/2018; Cass. I, n 26536/2020). Nell'ambito di tale orientamento è comunque riconosciuto che la parte che intenda dedurre l'omessa valutazione di memorie difensive ha l'onere di indicare, pena la genericità del motivo di impugnazione, l'argomento decisivo per la ricostruzione del fatto contenuto nelle memorie e non valutato dal giudice nel provvedimento impugnato (Cass. V, n. 24437/2019).

Di segno contrario il più rigoroso ma meno recente orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui l'omessa valutazione di una memoria difensiva determina una nullità di ordine generale, ai sensi dell'art. 178, comma 1, lett. c), in quanto impedisce all'imputato di intervenire concretamente nel processo ricostruttivo e valutativo effettuato dal giudice in ordine al fatto-reato, comportando la lesione dei diritti di intervento assistenza difensiva dell'imputato stesso, oltre a configurare una violazione delle regole che presiedono alla motivazione delle decisioni giudiziarie, in relazione al necessario vaglio delibativo delle questioni devolute con l'atto di impugnazione (Cass. VI, n. 13085/2014).

La giurisprudenza più recente ha invero adottato un'impostazione intermedia, riconoscendo, da un lato, la configurabilità di una nullità di ordine generale in caso di omessa valutazione di una memoria difensiva, purché però risulti che siano in essa articolate specifiche deduzioni che non si limitino ad approfondire argomenti a fondamento di quelle già prospettate, che rivestano carattere di decisività (Cass. V, n. 11579/2022).

 

 

Bibliografia

Vedi sub art. 109.

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