Codice di Procedura Penale art. 169 - Notificazioni all'imputato all'estero.Notificazioni all'imputato all'estero. 1. Quando l'autorità giudiziaria non può procedere alla notificazione con modalità telematiche e risulta dagli atti notizia precisa del luogo di residenza o di dimora all'estero della persona nei cui confronti si deve procedere ovvero del luogo in cui all'estero la stessa esercita abitualmente l'attività lavorativa, il giudice o il pubblico ministero le invia raccomandata con avviso di ricevimento, contenente l'indicazione della autorità che procede, del titolo del reato e della data e del luogo in cui è stato commesso, nonché l'invito a dichiarare o eleggere domicilio nel territorio dello Stato ovvero a dichiarare un indirizzo di posta elettronica certificata o altro servizio elettronico di recapito certificato qualificato. Se nel termine di trenta giorni dalla ricezione della raccomandata o della comunicazione telematica non viene effettuata la dichiarazione o l'elezione di domicilio ovvero se la stessa è insufficiente o risulta inidonea, le notificazioni sono eseguite mediante consegna al difensore1. 2. Nello stesso modo si provvede se la persona risulta essersi trasferita all'estero successivamente al decreto di irreperibilità emesso a norma dell'articolo 159 2. 3. L'invito previsto dal comma 1 è redatto nella lingua dell'imputato straniero [63 att.] quando dagli atti non risulta che egli conosca la lingua italiana [143]. 4. Quando dagli atti risulta che la persona nei cui confronti si deve procedere risiede [43 c.c.] o dimora all'estero, ma non si hanno notizie sufficienti per provvedere a norma del comma 1, il giudice o il pubblico ministero, prima di pronunciare decreto di irreperibilità [159], dispone le ricerche anche fuori del territorio dello Stato nei limiti consentiti dalle convenzioni internazionali. 5. Le disposizioni precedenti si applicano anche nel caso in cui dagli atti risulti che la persona è detenuta all'estero.
[1] Comma sostituito dall'articolo 10, comma 1, lett. v) d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, il testo precedente era il seguente: <<1. Se risulta dagli atti notizia precisa del luogo di residenza [43 c.c.] o di dimora all'estero della persona nei cui confronti si deve procedere [60, 61], il giudice o il pubblico ministero le invia raccomandata con avviso di ricevimento, contenente l'indicazione della autorità che procede, il titolo del reato e la data e il luogo in cui è stato commesso [369] nonché l'invito a dichiarare o eleggere domicilio nel territorio dello Stato [161]. Se nel termine di trenta giorni dalla ricezione della raccomandata non viene effettuata la dichiarazione o l'elezione di domicilio ovvero se la stessa è insufficiente o risulta inidonea, le notificazioni sono eseguite mediante consegna al difensore.>>; per l'entrata in vigore delle modifiche disposte dal citato d.lgs. n. 150/2022, vedi art. 99-bis, come aggiunto dall'art. 6, comma 1, d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, conv., con modif., in l. 30 dicembre 2022, n. 199. [2] Comma così modificato dall'art. 6 d.lgs. 14 gennaio 1991, n. 12. InquadramentoL'art. 169 disciplina le specifiche modalità di effettuazione delle notificazioni degli atti all'imputato che si trovi all'estero, e cioè al di fuori del territorio dello Stato. Le notificazioni all'imputato all'esteroIl comma 1 regola l'ordinaria modalità di effettuazione della notificazione all'imputato all'estero, con riferimento all'ipotesi in cui, per diretta cognizione dagli atti processuali, si abbia notizia certa del luogo in cui costui risieda o dimori al di fuori dei confini nazionali. In questo caso l'autorità procedente — giudice o pubblico ministero — invia all'imputato, presso l'indirizzo conosciuto, una raccomandata con avviso di ricevimento, il cui contenuto — tassativamente stabilito dal testo normativo — deve contenere l'indicazione dell'autorità che procede, il titolo del reato e la data e il luogo in cui è stato commesso, oltre all'invito a dichiarare o eleggere domicilio nel territorio dello Stato. Principale presupposto per l'applicazione della norma è che possa ravvisarsi dagli atti notizia precisa del luogo di residenza o di dimora all'estero dell'imputato. Entrambe le nozioni sono riconducibili a quelle indicate dall'art. 157, nel senso che il concetto di residenza pertiene al luogo in cui l'imputato conduce in modo effettivo ed abituale la propria vita domestica, mentre la nozione di dimora si riferisce al luogo in cui l'imputato esercita comunemente le proprie occupazioni professionali. Altro indispensabile presupposto è che l'imputato non abbia effettuato una precedente dichiarazione o elezione di domicilio. In proposito, la giurisprudenza di legittimità ha osservato che la previsione dell'art. 169 trova applicazione soltanto quando al soggetto che risulti avere residenza o dimora all'estero debba essergli data notizia di un procedimento penale, con contestuale invito ad eleggere domicilio nel territorio dello Stato per le relative notificazioni di atti. Detta disposizione, invece , non si applica nella diversa ipotesi in cui si sia già svolto il giudizio di primo grado e l'imputato abbia ricevuto tutte le previste notificazioni nel domicilio dichiarato o determinato ai sensi dell'art. 161; in tal caso, ove la notificazione presso il predetto domicilio sia divenuta impossibile a seguito del trasferimento all'estero, essa deve essere effettuata ai sensi dell'art. 161, comma 4, mediante consegna al difensore (Cass. V, n. 12717/2020). Le disposizioni relative alla notifica all'imputato all'estero stabilite dall'art. 169 non si applicano nel caso in cui l'imputato abbia in precedenza avuto notizia del procedimento penale instaurato nei suoi confronti ed abbia eletto domicilio (Cass. III, n. 6418/2008); per cui la notifica del primo atto a mani proprie in Italia, contenente l'invito previsto dall'art. 161, comma 1, a dichiarare ed eleggere domicilio per le successive notifiche, adempie anche alla finalità fissata dall'art. 169, comma 1, di guisa che, nel caso in cui nessuna elezione o dichiarazione di domicilio vi faccia seguito, deve essere considerato domicilio eletto quello già noto all'autorità giudiziaria, in cui è avvenuta la prima notifica (Cass. III, n. 36381/2019). Non è necessario procedere all'invio della raccomandata all'estero, secondo le modalità e con il contenuto indicati dall'art. 169, comma 1, quando l'indagato, che risulti avere residenza o dimora fuori dal territorio nazionale, abbia già appreso, in occasione di altro atto, tanto del procedimento come della sollecitazione ad eleggere o dichiarare domicilio in Italia, potendosi perciò procedere, nel caso di inottemperanza a tale invito, alla notifica ai sensi dell'art. 161, comma 4, mediante consegna al difensore, considerato che la disposizione dell'art. 169, comma 1, si riferisce soltanto al primo atto di cui l'indagato debba essere informato (Cass. III, n. 45278/2015). La seconda parte del primo comma prevede, poi, che ove l'imputato all'estero non provveda, entro il termine di trenta giorni dalla ricezione della raccomandata, a dichiarare o eleggere domicilio nel territorio dello Stato, ovvero la stessa risulti insufficiente o inidonea, le notificazioni debbano essere eseguite mediante consegna dell'atto al difensore. L'indicato termine di trenta giorni, cui si applica la sospensione dei termini processuali nel periodo feriale (Cass. III, n. 19735/2010), si riferisce all'effettuazione della dichiarazione e non al momento in cui essa perviene all'autorità procedente. Presupposto per l'applicazione della norma è che la raccomandata sia stata effettivamente ricevuta dall'imputato all'estero. Qualora , infatti, l'imputato non abbia ricevuto o, comunque, manchi la prova della ricezione della raccomandata, l'autorità giudiziaria procedente deve disporre nuove ricerche nei luoghi indicati dall'art. 159, al fine della declaratoria di irreperibilità dell'imputato, posto che si tratta di situazione assimilabile a quella in cui risulti o appaia probabile che l'imputato non abbia avuto effettiva conoscenza dell'atto (art. 157, comma 5); ne deriva che, in tal caso, è illegittima la consegna degli atti al difensore, secondo il disposto di cui all'art. 169, comma primo, ultima parte, in quanto tale procedura presuppone che l'elezione di domicilio sia insufficiente o non sia stata effettuata e, quindi, presuppone, pur sempre, l'avvenuta ricezione della suddetta raccomandata (Cass. V, n. 34504/2011). È rituale, invece, la notificazione eseguita a mani del difensore allorché la raccomandata spedita all'imputato all'estero venga dallo stesso rifiutata e l'ufficiale postale straniero abbia provveduto alla sua restituzione barrando sul modulo la relativa voce pre-stampata e apponendovi la data e la sottoscrizione . In motivazione, la Corte ha precisato che, ai fini della ritualità della notifica, non rileva che il difensore d'ufficio sia stato nominato prima del decorso del termine di trenta giorni di cui all'art. 169, ma solo che la stessa sia stata eseguita dopo il decorso di detto termine (Cass. V, n. 20208/2022). La procedura di notifica prevista dall'art. 169, comma 1, non ha carattere tassativo, considerato che essa non trova applicazione nel caso in cui specifiche convenzioni internazionali consentano una diretta presa di contatto da parte dello Stato estero con l'imputato ivi residente. Ne consegue che è legittimo il ricorso alla rogatoria internazionale, anziché alla raccomandata con avviso di ricevimento, per la notifica dell'avviso di conclusione delle indagini e del decreto dispositivo del giudizio ad imputato residente nella Repubblica di San Marino (Cass. V, n. 45522/2008). Le notificazioni all'imputato trasferito all'estero dopo l'emissione del decreto di irreperibilitàIn ragione dell'estensione applicativa dettata dal comma 2 dell'art. 169, la disciplina del primo comma trova applicazione anche nei confronti della persona che risulti essersi trasferita all'estero successivamente all'emissione del decreto di irreperibilità, di cui all'art. 159. La specificazione temporale indicata dal comma 2 non deve essere interpretata in maniera tassativa, in quanto ciò che realmente viene escluso è che l'irreperibilità possa sopravvenire all'effettuazione degli adempimenti ex art. 169. La giurisprudenza ha osservato che nel caso di trasferimento dell'imputato, l'obbligo di disporre le ricerche all'estero, ai fini del decreto di irreperibilità, sorge soltanto se le ricerche svolte nel territorio dello Stato consentano di individuare la località ove l'imputato dimori o eserciti abitualmente la sua attività, ed in cui, quindi, possano utilmente effettuarsi le ricerche per l'accertamento di un esatto indirizzo (Cass. V, n. 17690/2010) È poi invalida, e pertanto inidonea agli scopi di legge, l'elezione di domicilio presso un'ambasciata o un consolato straniero, non essendo consentito procedere a notificazione in detti luoghi, caratterizzati da extraterritorialità (Cass. fer., n. 34503/2008). La traduzione dell'invito ad eleggere o dichiarare domicilio nella lingua dell'imputato stranieroIl comma 3 dell'art. 169 tutela l'effettiva conoscenza dell'atto da parte dell'imputato, disponendo che l'invito a dichiarare o eleggere domicilio nel territorio dello Stato, deve essere redatto nella lingua dell'imputato straniero, se dagli atti non risulta che egli conosca l'italiano. Si tratta di un'applicazione concreta del principio enunciato dall'art. 6, n. 3, lett. a) della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, che assicura il diritto per ogni accusato di essere informato in una lingua a lui comprensibile sulla natura e sui motivi dell'accusa elevata a suo carico. La norma si pone in combinato con l'art. 63 disp. att., per il quale, ai fini di quanto previsto dall'art. 169, comma 3, all'avviso redatto in lingua italiana e sottoscritto dall'autorità giudiziaria è allegata la traduzione nella lingua ufficiale dello Stato di nascita dell'imputato. L'esigenza di garantire l'effettiva conoscenza degli atti processuali da parte dell'imputato è stata ritenuta sia dalla giurisprudenza costituzionale (cfr. Corte cost. n. 10/1993), che dalle Sezioni Unite della S.C., che hanno espressamente affermato che qualora sia applicata una misura cautelare personale nei confronti di un cittadino straniero, del quale si ignori che non è in grado di comprendere la lingua italiana, non è dovuta l'immediata traduzione dell'ordinanza che la dispone e il diritto alla conoscenza del relativo contenuto è soddisfatto — una volta eseguito il provvedimento — o dalla traduzione in lingua a lui nota (anche in applicazione dell'art. 94, comma 1-bis, disp. att.), ovvero dalla nomina, in sede di interrogatorio di garanzia, di un interprete che traduca le contestazioni mossegli, rendendolo edotto delle ragioni che hanno determinato l'emissione del provvedimento nei suoi confronti. In tal caso la decorrenza del termine per impugnare il provvedimento è differita al momento in cui il destinatario ne abbia compreso il contenuto (Cass. S.U., n. 5052/2004). In applicazione dell'indicato principio è stato osservato che qualora sia applicata una misura cautelare personale nei confronti di un cittadino straniero che non è in grado di comprendere la lingua italiana, l'omessa traduzione del provvedimento determina la sua nullità solo se la predetta circostanza era già nota al momento dell'emissione del titolo cautelare; laddove, invece, la mancata conoscenza della lingua italiana emerga in un momento successivo, la traduzione dell'ordinanza applicativa della misura dovrà essere richiesta dallo straniero alloglotta nel corso dell'interrogatorio di garanzia, ovvero con istanza ex art. 299, con la possibilità di proporre appello ex art. 310 in caso di rigetto, mentre il termine per proporre la richiesta di riesame avverso il titolo cautelare, ai sensi dell'art. 309, decorrerà dall'avvenuta traduzione del titolo stesso (Cass. VI, n. 50766/2014). Le ricerche all'estero antecedenti alla declaratoria di irreperibilitàL'art. 169 stabilisce, al comma 4, che nel caso in cui risulti che l'imputato risiede o dimora all'estero, senza, però, avere notizie sufficienti per poter provvedere ai sensi del comma 1, l'autorità giudiziaria, prima di poter pronunciare decreto di irreperibilità, deve disporre ricerche anche all'estero, nei limiti consentiti dalle convenzioni internazionali. Tale disciplina è affine a quella dettata per il soggetto irreperibile nel territorio dello Stato, con la fondamentale differenza, però, che prima di emettere il decreto di irreperibilità le nuove ricerche devono essere disposte anche al di fuori del territorio nazionale. La giurisprudenza ha chiarito che, ai fini della dichiarazione di latitanza, tenuto conto delle differenze che non rendono compatibili tale condizione con quella della irreperibilità, le ricerche effettuate dalla polizia giudiziaria ai sensi dell'art. 295 — pur dovendo essere tali da risultare esaustive al duplice scopo di consentire al giudice di valutare l'impossibilità di procedere alla esecuzione della misura per il mancato rintraccio dell'imputato e la volontaria sottrazione di quest'ultimo alla esecuzione della misura emessa nei suoi confronti — non devono necessariamente comprendere quelle nei luoghi specificati dal codice di rito ai fini della dichiarazione di irreperibilità e, di conseguenza, neanche le ricerche all'estero quando ricorrano le condizioni previste dall'art. 169, comma 4 (Cass. S.U., n. 18822/2014). Non può essere dichiarato irreperibile, poi, l'imputato, residente o dimorante all'estero in luogo certo, che rifiuti di ricevere la raccomandata con avviso di ricevimento contenente l'informazione sull'addebito e l'invito a eleggere o dichiarare domicilio in Italia, o ne ometta il ritiro all'ufficio postale, sicché non occorre procedere allo svolgimento di nuove ricerche e la compiuta giacenza della raccomandata equivale ad effettiva ricezione con conseguente perfezionamento della procedura di notificazione (Cass. V, n. 47542/2016). Le notificazioni all'imputato detenuto all'esteroIl comma 5 stabilisce, infine, che le precedenti disposizioni normative devono trovare applicazione anche nel caso in cui si evinca dagli atti che la persona è detenuta all'estero. L'arresto dell'imputato all'estero configura una situazione differente dalla latitanza, in quanto la detenzione oltre confine altro non è se non un tipo particolare di dimora, che consente di individuare, con assoluta precisione, il luogo in cui si trova l'imputato. Per come chiarito dalla giurisprudenza, lo stato di latitanza viene meno, oltre che per le cause previste dall'art. 296, comma 4, soltanto con la cattura o la costituzione spontanea in Italia ovvero con l'arresto dell'imputato all'estero a fini estradizionali, in relazione al reato per il quale si procede, poiché in questo modo l'imputato viene a trovarsi anche nella disponibilità dell'autorità giudiziaria italiana (Cass. II, n. 31253/2002). Secondo l'interpretazione prevalente, la notifica nei confronti dell'imputato latitante o evaso, successivamente arrestato all'estero, deve essere effettuata, ai sensi dell'art. 165, mediante la consegna dell'atto al difensore, non potendo trovare applicazione la speciale procedura prevista dall'art. 169, riguardante l'imputato dimorante o residente all'estero (Cass. III, n. 44065/2014). CasisticaTalune situazioni peculiari sono state risolte della giurisprudenza di legittimità con l'adozione di specifiche pronunce. Così, ad esempio, è stato affermato che la conoscenza della residenza all'estero dell'imputato colpito da ordinanza di custodia cautelare comporta l'attivazione della procedura per il suo arresto a fini estradizionali, e non l'operatività delle disposizioni per la notifica all'estero, che sono dettate per altri atti, diversi dai provvedimenti restrittivi della libertà personale (Cass. VI, n. 29702/2003). È stato osservato, poi, che la notifica dell’avviso dell’udienza per la trattazione del riesame di misura coercitiva personale nei confronti di indagato o imputato che si trovi all’estero è ritualmente eseguita mediante consegna al difensore, senza necessità di osservare la procedura prevista dall’art. 169, attesa l’esigenza di un tempestivo controllo sulla legittimità del provvedimento coercitivo (Cass. I, n. 51351/2018). Modifiche introdotte dal d.lgs. n. 150/2022 (c.d. “riforma Cartabia”)L'art. 10, comma 1, lett. v), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, ha novellato la disciplina delle notificazioni all'imputato all'estero, introducendo due significative novità, e cioè: la possibilità, in via prodromica, ove l'imputato sia munito di un idoneo domicilio telematico, di ricorrere all'utilizzo della notifica con modalità telematica; l'alternativa di poter effettuare la notificazione pure nel luogo in cui l'imputato all'estero esercita abitualmente attività lavorativa. A tali fini la norma prevede che oltre all'invito a dichiarare o ad eleggere domicilio nel territorio dello Stato sia formulato invito all'imputato a dichiarare un indirizzo di posta elettronica certificata o altro servizio elettronico di recapito certificato qualificato. La modifica, in simmetria a quanto disposto dall'art. 157, è, all'evidenza, ispirata dallo scopo di ampliare i canali di reperimento dell'imputato all'estero, qualora non sia possibile notificare l'atto con modalità telematiche, secondo la regola generale prevista dall'art. 148, comma 1. Per come esplicato nella Relazione illustrativa di accompagnamento al d.lgs. n. 150/2022, i canali «limitati alla sola residenza o dimora, in taluni casi, possono paralizzare il procedimento di notificazione, impedendo il “primo contatto” tra la persona interessata e l'autorità giudiziaria con la comunicazione dei dati concernenti il procedimento a suo carico e con l'invito a procedere alla dichiarazione o elezione di domicilio. Ciò rileva soprattutto allorché l'imputato si trovi o lavori abitualmente in uno Stato con il quale l'Italia non ha stipulato alcun accordo di cooperazione o che non ha aderito a specifiche convenzioni internazionali oppure non dia seguito agli accordi pattizi. L'ampliamento dei canali di rintraccio consente di realizzare un duplice obiettivo, di informazione dell'interessato e , al contempo, di efficienza , in quanto consente di completare il procedimento di notificazione o presso il domicilio dichiarato o eletto ovvero, quando questo manchi, presso il difensore, con tutte le conseguenze correlabili ad un comportamento omissivo o di rifiuto, soprattutto sul piano della successiva celebrazione del processo in assenza». Entrata in vigore della riforma La modifica normativa ha decorrenza dal 30 dicembre 2022, in ossequio a quanto previsto dall’art. 6 del d.l. 31 ottobre 2022, n. 162. In difetto di una normativa transitoria ad hoc, la novella si applicherà secondo il principio tempus regit actum. BibliografiaBartolini-Bartolini-Savarro, Le notificazioni nel processo civile e nel processo penale, Piacenza, 2010; Batà-Carbone, Le notificazioni. Dottrina e giurisprudenza, Milano, 2010; Binetti, La latitanza del detenuto all'estero in stato di custodia estradizionale, in Giur. it. 2005, 153; Cerqua, Le notificazioni nel processo penale, Milano, 2004; Cusato, La notificazione degli atti civili, penali, amministrativi e tributari, Padova, 2008; De Donato, Imputato detenuto all'estero a scopo di estradizione: novità in tema di contumacia, latitanza e di forma delle notificazioni, in Cass. pen., 2003, 796; Gialuz, Per un processo penale più efficiente e giusto. Guida alla lettura della riforma Cartabia, Profili processuali,in Sistema penale, 2022, 1; Grilli, Le notificazioni penali, Milano, 1990; Jazzetti-Pacini, La disciplina degli atti nel nuovo processo penale, Milano, 1993; Palumbo, Le notificazioni nel rito penale, Napoli, 1992; Peroni, Nullità della notifica all'estero e sua propagazione sugli atti processuali, in Dir. pen. e proc. 2006, 52. |