Codice di Procedura Penale art. 173 - Termini a pena di decadenza. Abbreviazione.

Alessandro D'Andrea

Termini a pena di decadenza. Abbreviazione.

1. I termini si considerano stabiliti a pena di decadenza soltanto nei casi previsti dalla legge [21, 41, 46, 79, 80, 85, 86, 95, 182 3, 386 7, 391 7, 393 3, 397, 419 5, 458, 461, 468, 585 5, 646 4].

2. I termini stabiliti dalla legge a pena di decadenza non possono essere prorogati, salvo che la legge disponga altrimenti [175].

3. La parte a favore della quale è stabilito un termine può chiederne o consentirne l'abbreviazione con dichiarazione ricevuta nella cancelleria o nella segreteria dell'autorità procedente.

Inquadramento

L'art. 173 regola i termini perentori, stabilendo che essi sono considerati tali solo quando espressamente previsti dalla legge. Per tali termini non è consentita la proroga, salvo che la legge disponga altrimenti.

La norma prevede, inoltre, la possibilità dell'abbreviazione del termine, che può essere richiesta o consentita solo dalla parte nel cui interesse il termine è stato apposto.

I termini perentori

La disciplina dei termini perentori è fissata dal primo comma dell'art. 173, che li identifica in quelli previsti a pena di decadenza da una disposizione legislativa.

La laconica disciplina dei termini contenuta nel codice di rito non consente di individuare, attraverso specifiche indicazioni del legislatore, una compiuta classificazione delle diverse tipologie dei termini, invece foriere di importanti conseguenze applicative.

La norma dell'art. 173, tuttavia, opera un'indiretta distinzione tra termini perentori ed ordinatori, considerando solo i primi soggetti a decadenza, e dunque alla sanzione dell'impossibilità di compiere validamente l'atto oltre lo spirare del termine. I termini perentori si identificano, quindi, in un giorno finale, trascorso infruttuosamente il quale il soggetto decade dal potere di eseguire il relativo atto; mentre i termini ordinatori ricorrono quando lo spirare del dies ad quem non priva il soggetto del potere di compiere l'atto.

In tema di definizioni alternative del procedimento davanti al giudice di pace, è stato poi affermato che l'inosservanza dei termini di cui all'art. 35, comma 1, d.lgs. n. 274 del 2000 — per il quale l'adempimento riparatorio deve avvenire prima dell'udienza di comparizione — non determina alcuna nullità o decadenza, non essendo tali sanzioni previste espressamente dall'art. 173, né potendo il giudice qualificare perentorio un termine che la legge non definisce espressamente tale (Cass. V, n. 40027/2014).

La possibilità della proroga

Il comma 2 dell'art. 173 dispone che i termini stabiliti a pena di decadenza, conformemente alla natura perentoria che li connota, non possono essere prorogati, salvo che la legge disponga diversamente.

La norma impone, quindi, che solo la legge possa provvedere ad un prolungamento dei termini, e cioè ad una posticipazione del dies ad quem, in considerazione di situazioni o eventi che siano sopravvenuti rispetto all'originaria fissazione del termine stesso.

Ciò accade, ad esempio, nel procedimento incidentale di costituzionalità, in quanto la sospensione del giudizio, nel quale venga ritenuta non manifestamente infondata una questione di legittimità costituzionale, non è facoltativa o affidata alla valutazione discrezionale del giudice remittente, ma è imposta obbligatoriamente dall'art. 23, comma 2, l. n. 87/1953 (Cass. VI, n. 2090/1992).

In altre ipotesi, invece, è la legge ad attribuire al giudice la possibilità di prorogare i termini previsti a pena di decadenza, come è, ad esempio, il caso della proroga del termine di durata della custodia cautelare (art. 305) o della durata delle indagini preliminari (art. 406).

L'abbreviazione del termine

Il terzo comma dell'art. 173 regola l'ipotesi dell'abbreviazione del termine, che, come detto, può essere richiesta o consentita dalla parte nel cui interesse il termine è stato stabilito, mediante una dichiarazione ricevuta nella cancelleria o nella segreteria dell'autorità procedente.

In carenza di una specifica indicazione normativa, si ritiene che la richiesta possa essere effettuata sia in forma scritta che orale, purché risulti in maniera inequivoca la volontà della parte di acconsentire alla riduzione del termine.

Non si ravvisa, invece, una uniformità interpretativa nell'individuazione delle tipologie di termine che possono essere sottoposte ad abbreviazione, in quanto, a fronte della generale tendenza a ritenere applicabile la norma nei soli confronti dei termini dilatori, non è mancato chi ha considerato abbreviabili anche i termini perentori.

Data la puntuale attribuzione ex lege del potere di abbreviazione alla parte che ha la possibilità di fruire del termine, si ritiene che la relativa dichiarazione non possa essere resa dal suo difensore, a meno che tale ultimo non sia munito di procura speciale, o, almeno, abbia il sicuro consenso del proprio assistito.

Bibliografia

Fois, voce Termini processuali penali, in Dig. d. pen., I, Agg., Torino, 2000, 600; Giarda, voce Termine (dir. proc. pen.), in Enc. dir., XLIV, Milano, 1992, 252; Jazzetti-Pacini, La disciplina degli atti nel nuovo processo penale, Milano, 1993; Nacar, voce Termini, II, in Enc. dir. Treccani, XXXI, 2007, 1.

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