Codice di Procedura Penale art. 193 - Limiti di prova stabiliti dalle leggi civili.

Alessandro D'Andrea

Limiti di prova stabiliti dalle leggi civili.

1. Nel processo penale non si osservano i limiti di prova stabiliti dalle leggi civili, eccettuati quelli che riguardano lo stato di famiglia e di cittadinanza.

Inquadramento

La disposizione dell'art. 193 si collega e completa il quadro delineato dall'art. 192, affermando che il libero convincimento del giudice penale non può soffrire i limiti di prova imposti dalle leggi civili, con la sola eccezione di quelli riguardanti lo stato di famiglia e di cittadinanza, coerentemente a quanto stabilito dalla norma dell'art. 3 in tema di risoluzione di questioni pregiudiziali.

L'inapplicabilità dei limiti di prova stabiliti dalle leggi extrapenali

La previsione dell'art. 193 fa espresso riferimento ai soli limiti di prova stabiliti dalle leggi civili.

Esempi di tali limiti, inapplicabili al giudizio penale, sono: le ipotesi di responsabilità presunta fino a prova contraria; il divieto di prova testimoniale sui patti aggiunti o contrari al contenuto di un documento, di cui all'art. 2722 c.c.; i limiti riguardanti la prova della simulazione stabiliti dall'art. 1417 c.c. (cfr., in proposito, Cass. V, n. 3949/1991).

A prescindere dall'inequivoco contenuto del disposto normativo, è comunemente ritenuto che la disposizione dell'art. 193 regoli anche i limiti di prova stabiliti da altre leggi extrapenali, come ad esempio quelle amministrative.

Il riferimento, tuttavia, concerne soprattutto le leggi tributarie, rispetto alle quali è particolarmente avvertita l'esigenza di stabilire il valore che assumono nel processo penale gli accertamenti effettuati sulla base di presunzioni previste da leggi fiscali.

Così, ad esempio, la giurisprudenza ha affermato che per la configurabilità del reato di omessa dichiarazione ai fini di evasione dell'imposta sui redditi (art. 5 d.lgs. n. 74/2000) non può farsi ricorso alla presunzione tributaria secondo cui tutti gli accrediti registrati sul conto corrente si considerano ricavi dell'azienda (art. 32, comma 1, n. 2, d.P.R. n. 600/1973), in quanto spetta al giudice penale la determinazione dell'ammontare dell'imposta evasa procedendo d'ufficio ai necessari accertamenti, eventualmente mediante il ricorso a presunzioni di fatto (Cass. III, n. 5490/2009), attraverso una verifica che può venire a sovrapporsi o anche entrare in contraddizione con quella eventualmente effettuata dinanzi al giudice tributario (Cass. III, n. 37335/2014).

In maniera perfettamente analoga, la S.C. ha ritenuto che ai fini della configurabilità del delitto di omessa presentazione di dichiarazione Iva (art. 5 d.lgs. n. 74/2000), è rimesso al giudice penale il compito di accertare l'ammontare dell'imposta evasa, da determinarsi sulla base della contrapposizione tra ricavi e costi d'esercizio detraibili, mediante una verifica che, privilegiando il dato fattuale reale rispetto ai criteri di natura meramente formale che caratterizzano l'ordinamento fiscale, può sovrapporsi ed anche entrare in contraddizione con quella eventualmente effettuata dinanzi al giudice tributario (Cass. III, n. 38684/2014).

È stato diffusamente esplicato, poi, che, in materia di reati tributari, il giudice, nella formazione del suo convincimento, è certamente tenuto all'osservanza dei canoni giuridici che in linea generale governano l'acquisizione, la verifica e la valutazione dei dati probatori, tuttavia, in mancanza di elementi oggettivi — documenti, deposizioni testimoniali, ecc. — non può ignorare la cosiddetta prova logica e neppure le presunzioni secondo la normativa tributaria, avvalendosi, in tal caso, dei dati ontologici, processualmente acquisiti, con una libera valutazione ai fini probatori, anche sulla base delle regole di esperienza, senza rimettersi alle valutazioni effettuate da parte degli uffici finanziari, con la conseguenza che è possibile il ricorso alla presunzione — intesa come particolare disciplina probatoria che consente, per la ricostruzione di un maggior reddito, di ritenere esistenti determinati fatti in via induttiva — in presenza di determinate violazioni di obblighi tributari, anche se, ovviamente, dovendo essere oggetto di autonoma considerazione critica da parte del giudice penale, essa non può svolgere nel processo penale quella stessa funzione “cogente” del convincimento del giudicante che, invece, riveste nella valutazione del giudice tributario (Cass. III, n. 1576/1995).

Le eccezioni dello stato di famiglia e di cittadinanza

Come osservato, l'art. 193 prevede come unica deroga all'inosservanza nel processo penale dei limiti di prova stabiliti dalle leggi civili quelli riguardanti lo stato di famiglia e di cittadinanza.

In tali casi il giudice penale deve attenersi alla decisione del giudice civile, la cui sentenza fa stato anche nel processo penale, ove, pertanto, valgono anche le corrispondenti limitazioni probatorie.

Ci si riferisce, in particolare, alle disposizioni degli artt. 130 e 133 c.c., in materia di prova della celebrazione del matrimonio, nonché all'art. 236 c.c. in ordine alla filiazione, oltre alle norme in materia di acquisto e rinuncia alla cittadinanza, che impongono specifiche regole concernenti le prove documentali.

In giurisprudenza è stato ritenuto, in tema di riconoscimento della circostanza aggravante prevista dall'art. 577, comma 1, n. 1, c.p. (omicidio contro l'ascendente o il discendente), che poiché l'accertamento della paternità naturale è sottoposto, ai sensi dell'art. 540, comma 2, stesso codice, ai medesimi limiti previsti dalla legge civile, secondo la quale (art. 269, comma 2, c.c.) la prova relativa può essere data con ogni mezzo, legittimamente viene ritenuto lo stato di figlio naturale sulla base delle dichiarazioni della madre, di implicite ammissioni scritte del padre naturale e di altri elementi presuntivi gravi e concordanti (Cass. I, n. 15023/2004).

Bibliografia

Angeletti, La costruzione e la valutazione della prova penale, Torino, 2012; Aprile, La prova penale, Milano, 2002; De Luca, Il sistema delle prove penali e il principio del libero convincimento nel nuovo rito, in Riv. it. dir. e proc. pen. 1992, 1255; Giannitti, Spunti per una ricostruzione del sistema probatorio penale, in Riv. it. dir. e proc. pen. 1994, 77; Palladino, Riflessioni in tema di rilevanza delle presunzioni fiscali nel diritto penale tributario, in Cass. pen. 1999, 1019.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario