Codice di Procedura Penale art. 207 - Testimoni sospettati di falsità o reticenza. Testimoni renitenti.Testimoni sospettati di falsità o reticenza. Testimoni renitenti. 1. Se nel corso dell'esame un testimone rende dichiarazioni contraddittorie, incomplete o contrastanti con le prove già acquisite, il presidente o il giudice glielo fa rilevare rinnovandogli, se del caso, l'avvertimento previsto dall'articolo 497 comma 2. Allo stesso avvertimento provvede se un testimone rifiuta di deporre fuori dei casi espressamente previsti dalla legge e, se il testimone persiste nel rifiuto, dispone l'immediata trasmissione degli atti al pubblico ministero perché proceda a norma di legge. 2. Con la decisione che definisce la fase processuale in cui il testimone ha prestato il suo ufficio, il giudice, se ravvisa indizi del reato previsto dall'articolo 372 del codice penale, ne informa il pubblico ministero trasmettendogli i relativi atti 1.
[1] Il comma era stato soppresso dall'art. 1 d.l. 8 giugno 1992, n. 306. La legge di conversione 7 agosto 1992, n. 356, ha, tuttavia, a sua volta soppresso l'art. 1 del decreto. InquadramentoLa disposizione prevede le regole cui si deve attenere il giudice nel corso dell'esame testimoniale nel caso di reticenza o sospetta falsità delle dichiarazioni del testimone: nel caso in cui questi renda “dichiarazioni contraddittorie, incomplete o contrastanti con le prove già acquisite”, il giudice glielo fa rilevare rinnovandogli, se del caso, l'avviso in ordine alle responsabilità previste dalla legge penale per i testimoni falsi o reticenti. La norma, a fronte della persistenza dell'atteggiamento del teste, prevede: – in caso di rifiuto di deporre, la trasmissione degli atti al pubblico ministero per procedere per il corrispondente reato; – in caso di dichiarazioni appaiano false o parziali, la trasmissione degli atti al pubblico ministero solo all'esito del giudizio. Con tale norma, al giudice spetta esclusivamente il compito di valutazione della testimonianza ai fini della decisione del processo in cui è stata resa e non anche la adozione diretta di iniziative penali a carico del testimone che abbia eventualmente deposto il falso. La previsione dettagliata dell'art. 207 c.p.p. sul punto era evidentemente funzionale, al momento della introduzione del codice, alla profonda innovazione rispetto al rito previgente che, nella medesima situazione, permanendo la condotta falsa o reticente del testimone, attribuiva al giudice il potere di arresto immediato del teste (con una prima fase “provvisoria” per convincerlo a mutare atteggiamento) e, quindi, l'iniziativa del procedimento per falsa o reticente testimonianza. Allo stato, invero, il giudice esercita il comune obbligo di denuncia, dovendo posporre all'esito del processo la valutazione – e la conseguente iniziativa – per la falsità. Sotteso a tale disciplina è il principio che il giudice non debba anticipare giudizi. Infatti, mentre in caso di reticenza non vi sono dubbi perché la condotta è immediatamente qualificabile con assoluta certezza come illecita, per il rifiuto di testimoniare, nel caso di falsità o incompletezza della testimonianza, prima che il processo sia concluso può esservi un sospetto ma non una certezza della voluta difformità del narrato dal vero. Questa, quindi, la ragione per la quale la denuncia di falsità debba collocarsi solo all'esito della fase processuale. D'altro canto, spostando l'apprezzamento della falsità all'esito del processo, la norma intende evitare che, anticipando il giudizio sulla affidabilità della prova, si realizzi una incompatibilità alla testimonianza. Cass. V n. 215/1993 ha difatti precisato che il sospetto di falsità o reticenza non muta le forme dell'assunzione e il dichiarante non diventa un “indagato”. DisciplinaIl contenuto della norma consiste, come detto, in regole dirette al giudice per la conduzione dell'esame e la gestione della situazione peculiare; non si tratta, invece, di regole probatorie la cui violazione sia sanzionata da nullità o inutilizzabilità. Ne consegue, innanzitutto, che – l'omesso avvertimento del giudice al teste sospettato di falsità o reticenza, quand'anche dovesse apparire un atto dovuto per il concreto andamento della deposizione, non integra alcuna nullità (Cass. V, n. 475/1999) risolvendosi in una mera irregolarità (Cass. II, n. 6914/2011); – la mancata trasmissione degli atti al pubblico ministero da parte del giudice, anche nel caso in cui risulti conclamata in sentenza la condotta di falsa testimonianza, non produce alcuna conseguenza nel processo: non si tratta di una violazione di legge che incida sulla validità della decisione (Cass. III, n. 18412/2025). Anche la eventuale e indebita trasmissione immediata degli atti al pubblico ministero per la ipotizzata falsità della testimonianza non ha alcuna sanzione specifica, come in un caso nel quale il giudice aveva trasmesso gli atti immediatamente all'esito di ogni testimonianza da lui sospettata di falso, ritenuto da Cass. VI, n. 18065/2012 integrare una mera irregolarità che, nel caso concreto, non aveva avuto alcuna influenza sulla decisione. Tale gestione del processo, però, è stata ritenuta valutabile in sede di ricusazione: Cass. V, n. 475/1999, accoglieva l'istanza di ricusazione di un giudice che aveva proceduto alla denuncia “anticipata” di falsità del testimone ritenendo che in quel modo avesse valutato la prova e anticipato il suo convincimento a un momento anteriore alla completa acquisizione probatoria ed alla fase deliberativa. BibliografiaFalcinelli, Il dilemma del diritto penale davanti al falso testimone. L’offesa alla “libertà” del convincimento giudiziale, tra regole processuali e criteri “impliciti” di accertamento del fatto, in Riv. it. dir. proc. pen. 2013, 789; Giannone, Il divieto di arresto in flagranza per i delitti di false informazioni, calunnia, favoreggiamento in dichiarazioni rese al pubblico ministero o alla polizia giudiziaria (Commento all’art. 26), in AA.VV., Commento alle nuove norme sulla custodia cautelare (l. 8 agosto 1995, n. 332), Bologna, 1996, 245; Scomparin, La tutela del testimone nel processo penale, Padova, 2000; Zacché, Falsa testimonianza, valutazione anticipata e iudex suspectus, in Dir. pen. e proc. 1999, 1417. |