Codice di Procedura Penale art. 211 - Presupposti del confronto.InquadramentoLe disposizioni degli art. 211 e 212 c.p.p., relative rispettivamente ai presupposti e alle modalità del confronto, vanno lette unitariamente. Il confronto, non definito in via diretta dalla disposizione, consiste nell'esame contestuale di due o più dichiaranti, testimoni e/o parti. Il codice indica il confronto tra i mezzi di prova ma esso è, in realtà, un metodo di valutazione delle prove orali tra loro contrastanti (così, del resto, lo disciplina l'art. 254 c. p. c., “confronto dei testimoni”): difatti, l'articolo in esame prevede che il confronto sia ammesso “esclusivamente fra persone già esaminate o interrogate” quando sia emerso un contrasto significativo, in relazione a “fatti e circostanze importanti”. Non è, invece, ammesso a fronte di un contrasto solo potenziale tra persone che dovranno ancora essere sentite. La giurisprudenza ha coerentemente affermato che, pur dovendosi tenere conto della scelta normativa di ritenere il confronto un mezzo di prova e non “un mezzo di valutazione della prova già acquisita” comunque, “essendo la ripresa di esami o deposizioni rese dalle parti o dai testimoni, è in sostanza la prosecuzione di precedenti atti già assunti, con il fine di eliminare in quanto possibile difformità o contrasti” (Cass. VI, n. 6282/1997). Il “metodo” consiste nel mettere a confronto le parti che, nel rendere dichiarazioni, hanno raggiunto conclusioni diverse, invitandoli anche ad un dialogo tra loro (“invitandoli, ove occorra, alle reciproche contestazioni”); ovvero è un metodo dialettico che serve a fare a emergere elementi per la corretta ricostruzione dei fatti di interesse. Si noti che non rileva la ragione del contrasto, se cioè si tratti di sospetta falsità dell'una o dell'altra versione, ovvero di difficoltà o errore involontario di memoria o di contrasto tra valutazioni tecniche quando siano in questione le dichiarazioni di esperti, che si tratti di consulenti, periti o testimoni “esperti”. In definitiva, si tratta di una scelta, facoltativa, di metodo di conduzione della istruttoria dibattimentale (ma anche di indagine, in quanto il confronto è espressamente previsto tra gli atti di tale fase dagli artt. 364 e 376 c.p.p., esame condotto dal Pm o dalla polizia giudiziaria). PresuppostiIl presupposto più rilevante è la previsione che si possa procedere a confronto solo quando le parti siano già state sentite, emergendo difformità “su fatti e circostanze importanti”. Ciò vuol dire che il giudice non può, in prevenzione di un contrasto fra dichiaranti, disporre la audizione “corale” di testimoni, imputato e coimputati. Inoltre, proprio perché è il “sistema per eliminare i contrasti” si deve trattare di dichiarazioni rese nell'ambito dello stesso processo (Cass. VI, n. 6282/1997). La scelta di procedere a confronto, quale prosecuzione della escussione dei dichiaranti, è facoltativa: spetta al giudice apprezzare, secondo il proprio libero convincimento e in base alle complessive risultanze processuali, il grado di affidabilità e completezza dell'una piuttosto che dell'altra dichiarazione e la necessità di risolvere il contrasto (Cass. III, n. 24979/2018), non essendovi quindi alcun ambito per ritenerlo un atto “dovuto” (Cass. VI, n. 37691/2022; Cass. VI, n. 20269/2016). La condizione del trattarsi di persone già esaminate, appunto perché il confronto “altro non è che la prosecuzione di un atto di esame”, esclude che possa procedersi ex art. 211 c.p.p. quando l'imputato si sia rifiutato di sottoporsi ad esame e abbia semplicemente reso spontanee dichiarazioni (Cass. I, n. 34947/2006). I soggettiIl riferimento alle “persone già esaminate o interrogate” non lascia dubbi a potersi trattare di dichiarazioni rese in qualsiasi veste. Quindi, poiché, come già detto, il contrasto può riguardare anche profili di apprezzamento tecnico, “non sussiste alcun ostacolo normativo all'espletamento di un confronto, in sede dibattimentale, tra periti e consulenti” (Cass. III, n. 24979/2018); del resto, si fa notare, l'art. 501 c.p.p. assimila la loro posizione a quella dei testimoni e proprio tale materia si presta al metodo dialettico a fronte di posizioni variegate. Non vi è alcuna previsione nel senso che il confronto sia consentito solo fra soggetti della medesima posizione, potendo quindi confrontarsi l'imputato o il coimputato con testimoni. Né la norma limita il confronto a due dichiaranti per volta: non vi è alcun limite normativo o logico per escludere che possano essere chiamate al confronti anche tre o più persone insieme. BibliografiaBellavista, Confronto (dir. proc. pen.), in Enc. dir., Milano, 1961, VIII, 1043; Bonzano, Confronti, in Spangher, Teoria e pratica del processo, I, Torino, 2015, 899; Cordero, Procedura penale, Milano, 2012; Chiavario, Diritto processuale penale, Torino, 2019; Cordero, Procedura penale, Milano, 2012; Cuosta, Confronto (dir. proc. pen.), in Enc. giur. Treccani, 2007, IX; Nappi, Nuova guida al Codice di procedura penale, Lanciano, 2022; Dalia - Ferraioli, Manuale di diritto processuale penale, Padova, 2010; Felicioni, Brevi note sul rapporto fra diritto al silenzio e accompagnamento coattivo dell’imputato per il confronto (nota a Cass., sez. VI, 17 novembre 1994), in Cass. pen. 1995, 3467; Mazza, L’interrogatorio e l’esame dell’imputato nel suo procedimento, Milano, 2004. |