Codice di Procedura Penale art. 228 - Attività del perito.

Aldo Aceto

Attività del perito.

1. Il perito procede alle operazioni necessarie per rispondere ai quesiti. A tal fine può essere autorizzato dal giudice a prendere visione degli atti, dei documenti e delle cose prodotti dalle parti dei quali la legge prevede l'acquisizione al fascicolo per il dibattimento [431; 76 att.].

2. Il perito può essere inoltre autorizzato ad assistere all'esame delle parti e all'assunzione di prove nonché a servirsi di ausiliari di sua fiducia per lo svolgimento di attività materiali non implicanti apprezzamenti e valutazioni.

3. Qualora, ai fini dello svolgimento dell'incarico, il perito richieda notizie all'imputato [60], alla persona offesa o ad altre persone, gli elementi in tal modo acquisiti possono essere utilizzati [191] solo ai fini dell'accertamento peritale.

4. Quando le operazioni peritali si svolgono senza la presenza del giudice e sorgono questioni relative ai poteri del perito e ai limiti dell'incarico, la decisione è rimessa al giudice [508 2], senza che ciò importi sospensione delle operazioni stesse.

Inquadramento

La norma disciplina l’attività del perito, attribuendogli poteri e fissandone i limiti. È deputato a formulare pareri, non a raccogliere prove, ma se vi assiste esse possono dare sostanza al parere, rendendolo più solido nelle sue premesse di fatto.

Le attività (e i poteri) del perito. Gli ausiliari

Ai fini dello svolgimento dell'incarico, il perito può procedere alle operazioni ritenute necessarie per rispondere al quesito. Il giudice, a tal fine, può autorizzarlo a prendere visione degli atti, dei documenti e delle cose prodotte dalle parti già acquisiti al fascicolo del dibattimento (in tal caso, della consegna è redatto verbale; il giudice può disporre l'estrazione di copia autentica dei documenti consegnati in originale; art. 76, disp. att.).

Il perito può essere autorizzato non solo a consultare le prove già acquisite, ma anche ad assistere alla formazione della prova dichiarativa (esame delle parti) e alla assunzione delle altre prove. Può essere autorizzato a prendere cognizione degli atti “dei quali la legge precede l'acquisizione al fascicolo al dibattimento” ossia gli atti suscettibili di farvi legittimamente ingresso nel corso del giudizio anche in un momento successivo al conferimento dell'incarico (Cass. V, n. 28698/2015; Cass. 809/2009; Cass. I, n. 35187/2002, che ha ritenuto legittima l'attività del perito che aveva preso cognizione delle dichiarazioni rese dalle parti nel corso delle indagini preliminari, nonché del contenuto delle intercettazioni ambientali, in quanto si trattava di atti suscettibili di essere inseriti nel fascicolo per il dibattimento).

Il perito può altresì essere autorizzato dal giudice a servirsi di ausiliari di sua fiducia per lo svolgimento delle attività materiali che non comportano apprezzamenti o valutazioni (Cass. IV, n. 6405/2019; Cass. III, n. 10058/2000, secondo cui al perito nominato di ufficio è consentito affidare adempimenti materiali e analisi di laboratorio a terzi di sua fiducia, a condizione che ciò non si risolva in una sorta di incarico completamente affidato ai terzi stessi ovvero in una “delega” ad espletare la perizia e sempre che egli controlli, sottoponga a vaglio critico e faccia proprio i risultati degli esami e delle attività eseguiti altrove; nello stesso senso, Cass. VI, n. 16634/1990; si veda al riguardo anche il commento dell'art. 220. Per la liquidazione dell'ausiliario si rimanda al commento dell'art. 232).

A prescindere dalla necessità dell'autorizzazione, la scelta (e la nomina) dell'ausiliario non è regolamentata dal codice di rito che non prevede nemmeno specifiche cause di incapacità o incompatibilità. Il che si potrebbe spiegare con la natura delle attività (meramente materiali) che l'ausiliario può compiere. La mancanza di autorizzazione, per il principio di tassatività codificato nell'art. 177, non determina la nullità della perizia sempre che l'ausiliario si sia limitato ad effettuare attività moralmente materiali (Cass. V, n. 26817/2016, in tema di perizia relativa alla trascrizione di intercettazioni telefoniche; Cass. IV, n. 5822/2005, in caso relativo a perizia medico-legale, nel corso della quale il perito, senza previa autorizzazione del giudice, si era avvalso di un altro tecnico solo “per la lettura del tracciato elettrocardiografico”, trattandosi di attività materiale non implicante apprezzamenti e valutazioni, sostanziandosi questa solo nel rendere intellegibili risultanze oggettive in precedenza acquisite con il tracciato; Cass. V, n. 31523/2004 in un caso in cui l'ausiliario si era limitato alla mera effettuazione di calcoli matematici, non implicanti apprezzamenti e valutazioni con riguardo a calcoli matematici utilizzati per una perizia balistica; Cass. VI, n. 2976/1992, che, nel ribadire la mancanza di una sanzione processuale per il caso in cui il perito ometta di chiedere al giudice l'autorizzazione di attività materiali non implicanti apprezzamenti o valutazioni, fa salvo il potere del giudice di ravvisare in quella mancata richiesta un caso di negligente svolgimento dell'incarico e, quindi, un caso di possibile sostituire del perito condannandolo, se del caso, al pagamento di una somma a favore della casa delle ammende).

I poteri istruttori del perito

Il perito, ai fini dello svolgimento dell'incarico, può chiedere notizie all'imputato, alla persona offesa e alle altri parti private ma di tali informazioni non può essere fatto uso alcuno se non ai fini dell'accertamento; in altre parole, le informazioni rese al perito non possono essere utilizzate a fini di prova, a meno che tali informazioni non vengano acquisite nel corso dell'assunzione della prova effettuata nel contraddittorio delle parti ai sensi del secondo comma della norma in commento.

Si tratta di inutilizzabilità patologica, non sanabile neppure in caso di celebrazione del processo nelle forme del diritto abbreviato (Cass. III, n. 16503/2019, che ha escluso che ricorresse detta causa di inutilizzabilità, in quanto le dichiarazioni delle persone offese erano state rese al P.M. in sede di sommarie informazioni testimoniali alla presenza del consulente di questi; nello stesso senso Cass. III, n. 36351/2015, secondo cui le dichiarazioni rese dal minore vittima di reati sessuali al perito o al consulente tecnico officiato di un accertamento personologico esauriscono la loro funzione nella definizione delle risposte ai quesiti circa la credibilità della persona offesa e la sussistenza degli indici di patito abuso sessuale, ma non possono essere utilizzate, neppure nel giudizio abbreviato, come fonte di prova per la ricostruzione del fatto. In motivazione, la Corte ha osservato che, nel prevedere l'utilizzabilità di tali dichiarazioni ai soli fini dell'accertamento peritale, l'art. 228, comma terzo, pone un divieto di utilizzabilità per qualsiasi altro fine diverso da quello consentito; in senso conforme, Cass. III, n. 43723/2013; Cass. I, n. 12731/2012; Cass. III, n. 16470/2010). In senso contrario, Cass. III, n. 2101/2009, ha sostenuto che l'inutilizzabilità delle notizie che il perito o il consulente riceva, in sede di espletamento di incarico, dall'imputato, dalla persona offesa o da altre persone, non ha natura patologica bensì fisiologica, sicché il contenuto della consulenza tecnica disposta dal P.M. può essere legittimamente utilizzato nel rito abbreviato, ai fini di prova della responsabilità dell'imputato, anche con riguardo a dette notizie (fattispecie di avvenuta utilizzazione di consulenza psicopedagogica disposta in procedimento per reato di violenza sessuale su minore contenente la descrizione, da parte della persona offesa, degli abusi subiti). In questa ottica, Cass. I, n. 21185/2015 ha però operato una diversificazione: solo le informazioni fornite dall'imputato al perito sono irrimediabilmente inutilizzabili per fini diversi da quelli dell'accertamento peritale e tale inutilizzabilità, avendo natura patologica, opera anche con riferimento al giudizio abbreviato; per quanto riguarda, invece, le dichiarazioni della persona offesa o di altri testimoni al perito, l'inutilizzabilità ha natura fisiologica, per cui in questo secondo caso le informazioni possono essere legittimamente utilizzate nel rito abbreviato, ai fini di prova della responsabilità dell'imputato.

Possono però essere utilizzati, a fine di prova, i documenti legittimamente acquisiti dal perito nel corso dell'incarico (Cass. III, n. 8557/2022). Il perito, oltre a richiedere direttamente notizie all'imputato, alla persona offesa o ad altro soggetto, può anche prendere visione di atti processuali nei quali le predette notizie siano state già raccolte dal pubblico ministero o dalla polizia giudiziaria, a prescindere dal previo consenso della difesa e a nulla rilevando il divieto di inserimento degli atti visionati nel fascicolo per il dibattimento posto che le informazioni in tal modo acquisite non costituiscono prova, essendo utilizzabili solo ai fini dell'accertamento peritale (Cass. 24145/2019; Cass. V, n. 2903/2013 ;Cass. IV, n. 5060/2010;Cass. II, n. 752/2004; Cass. I, n. 1064/1995).

Il giudice non deve necessariamente presiedere alle operazioni peritali, ma quando vengano discussi i poteri del perito e i limiti del suo incarico deve intervenire a risolvere tali questioni, senza che ne risenta la continuità delle operazioni.

Se la perizia è disposta in fase dibattimentale, con l'ordinanza che l'ammette il giudice designa un componente del collegio per l'esercizio dei poteri previsti dalla norma in commento (art. 508, c. 2).

Casistica

In tema di perizia, la somministrazione di test per indagini psicologiche costituisce una attività materiale che, non implicando apprezzamenti o valutazioni, rientra tra le operazioni legittimamente delegabili dal perito ad un ausiliario di sua fiducia a norma dell'art. 228, comma 2, cod. proc. pen. (Cass. III, n. 36231/2020).

In tema di perizia, la “anamnesi”, consistente nella raccolta dal paziente o dai suoi familiari di notizie, informazioni o dati necessari ad indirizzare l'esperto verso una diagnosi, costituisce una attività materiale che, non implicando apprezzamenti o valutazioni, rientra tra le operazioni, legittimamente delegabili dal perito ad un ausiliario di sua fiducia a norma dell'art. 228, comma secondo, cod. proc. pen. (Cass. III, n. 11096/2014).

In tema di perizia o di accertamento tecnico irripetibile, il perito o il consulente tecnico, una volta autorizzato ad avvalersi di un istituto privato per eseguire analisi di laboratorio, non è obbligato a recarsi personalmente presso il laboratorio ed eseguire personalmente le analisi, ben potendo farle eseguire dal responsabile, salvo poi effettuare personalmente gli apprezzamenti e le valutazioni richieste dall'incarico (Cass. I, n. 32925/2005in fattispecie relativa a estrazione del DNA da alcuni reperti e comparazione fra i polimorfismi ricavati dai campioni, mediante l'impiego di macchinari costosi e sofisticati non utilizzabili da soggetti estranei al laboratorio).

Non sussiste nullità della perizia nel caso di mancata documentazione dei colloqui clinici avuti con il periziando , posto che nessun obbligo in tal senso è previsto dalla legge, in difetto di qualsiasi disposizione esplicita in tal senso, e che la garanzia di correttezza delle operazioni è fornita dalla possibilità per il consulente tecnico della parte di assistere alle stesse (Cass. I, n. 17494/2020; Cass. II, n. 30232/2014; Cass. III, n. 12421/2007; Cass. I, n. 35187/2002, secondo cui non sussiste nullità della perizia psichiatrica qualora il perito abbia distrutto la videoregistrazione del relativo colloquio, dovendosi escludere l'esistenza di un suo obbligo di documentazione dell'attività svolta, sia perché manca qualsiasi disposizione esplicita in tal senso, sia perché l'art. 230, mentre impone al giudice di fare menzione, nel verbale, delle richieste, delle osservazioni e delle riserve presentate dal consulente tecnico, esige dal perito soltanto che egli dia atto nella sua relazione di analoghe richieste a lui rivolte. Nell'affermare tale principio, la Corte ha anche sottolineato che la mancanza di un dovere di documentazione dell'attività svolta dal perito è resa evidente dalla considerazione che costui deve fornire le risposte ai quesiti nel corso dell'udienza, alla quale partecipano tutte le parti interessate con i loro consulenti tecnici e che, anche quando è stata autorizzata, per la difficoltà di illustrare soltanto oralmente il parere, la presentazione di relazione scritta, questa può essere letta solo dopo l'esame in contraddittorio del perito, con la conseguenza che eventuali irregolarità o inesattezze in essa contenute possono essere immediatamente contestate).

In tema di perizia, la visione parziale degli atti, dei documenti e delle cose prodotti delle parti non determina alcuna nullità e/o inutilizzabilità, in assenza di espresse previsioni di legge, ma può eventualmente riverberarsi sull'affidabilità delle considerazioni conclusive espresse dal perito, la cui valutazione, rimessa al libero convincimento del giudicante, è sottratta al sindacato di legittimità se congruamente motivata ed immune da vizi logici (Cass. III, n. 11096/2014).

In tema di testimonianza del minore vittima di abusi sessuali, le dichiarazioni – acquisite in violazione delle linee guida della cosiddetta “Carta di Noto”, – nella parte in cui queste ultime non risultano già trasfuse in disposizioni del codice di rito con conseguente disciplina degli effetti derivanti dallo loro inosservanza non sono inutilizzabili, ma in relazione ad esse il giudice ha l'obbligo di motivare perché egli ritiene attendibile la prova assunta con modalità non rispettosa delle cautele e metodologie previste nell'indicato documento (Cass. III, n. 648/2017; Cass. III, n. 39411/2014).

Non determina nullità o inutilizzabilità l'inosservanza dei criteri dettati dalla cosiddetta “Carta di Noto” nella conduzione dell'esame dei minori persone offese di reati di natura sessuale, e non è neanche, di per sé, ragione di inattendibilità delle dichiarazioni raccolte, pur quando l'esame sia condotto dal consulente o dal perito in sede di consulenza o perizia (Cass. III, n. 15157/2010).

In tema di perizia sulla capacità d'intendere e di volere, l'inosservanza da parte del perito delle linee di condotta fissate dalla Carta di Noto per l'espletamento della stessa, non comporta la nullità o la inutilizzabilità della perizia medesima, trattandosi di indicazioni prive di valore nominativo (Cass. I, n. 37244/2014, in un caso in cui il ricorrente si era doluto dell'omessa videoregistrazione ed audioregistrazione dei colloqui svolti dal perito con l'imputata, attività il cui compimento è espressamente prescritto all'“esperto” dall'art. 4 della Carta di Noto).

In tema di incidente probatorio, gli incontri preliminari avvenuti previa autorizzazione del giudice tra il minore vittima di abusi sessuali e l'esperto di neuropsichiatria infantile allo scopo di facilitare il contatto personale tra quest'ultimo e la persona offesa, nella prospettiva di agevolare la successiva acquisizione della prova nel contraddittorio delle parti, non comportano alcuna inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dal soggetto debole, anche se svolti in assenza del consulente tecnico della difesa (Cass. III, n. 10489/2015 che ha giudicato immune da vizi la decisione impugnata che aveva ritenuto attendibile la testimonianza del minore preceduta da incontri preliminari con l'esperto di neuropsichiatria infantile sottoposti a registrazione).

In tema di perizia psichiatrica, nel caso in cui l'imputato si renda irreperibile per il colloquio, il perito non ha l'obbligo di ricercarlo e può trarre “aliunde” elementi di valutazione, sussistendo a carico del periziando un obbligo di diligente collaborazione la cui elusione non può pregiudicare l'indagine tecnica (Cass. II, n. 39950/2018).

In tema di perizia psichiatrica, è legittima, nei casi in cui il periziando rifiuti di collaborare, l'utilizzazione del contenuto di conversazioni intercettate e di filmati di trasmissioni televisive svoltesi con la partecipazione dello stesso, poiché detti materiali sono utili ai fini dell'indagine in quanto comunque appartenenti al vissuto del soggetto; la valutazione della loro pertinenza e rilevanza rientra nelle competenze professionali degli esperti e, in seconda istanza, del giudice (Cass. I, n. 31456/2008).

L'art. 228 comma terzo cod. proc. pen., che consente al perito, ai fini dello svolgimento dell'incarico, di richiedere notizie all'imputato, alla persona offesa nonché ad altri soggetti, è applicabile anche nel procedimento per la riparazione dell'errore giudiziario disciplinato dall'art. 646 cod. proc. pen. (Cass. IV, n. 2050/2004 in fattispecie in cui il perito, dovendo accertare il valore dell'azienda ceduta dall'imputato, a causa della carcerazione ingiustamente sofferta, aveva assunto informazioni presso imprenditori del settore).

L'espressione usata dal legislatore nell'art. 191 cod. proc. pen. per il quale non possono essere utilizzate le prove “acquisite in violazione dei divieti stabiliti dalla legge”, richiede quale presupposto della sanzione della inutilizzabilità un esplicito divieto legislativo. L'inosservanza di norme che in tale modo non siano sanzionate può dar luogo a quelle nullità di ordine diverso, che sono disciplinate dagli artt. 177-186 cod. proc. pen. (Cass. I, n. 1357/1994 che ha ritenuto che l'anomalia verificatasi, in conseguenza della delega non autorizzata ai sensi dell'art. 228 comma secondo cod. proc. pen. da parte del perito ad un terzo dell'incarico affidatogli dal G.I.P. di accertare la eventuale identità dei reperti ematici, avrebbe dovuto, essere eccepita prima del decreto che dispone il giudizio, nel termine previsto dall'art. 181 comma secondo trattandosi di nullità relativa concernente la fase delle indagini preliminari).

In materia di inquinamento delle acque, l'utilizzo di un laboratorio specializzato per le analisi da parte del perito nominato dal giudice non comporta nullità della perizia, ove il perito sia stato autorizzato dal giudice, siano state osservate le garanzie di difesa ed il perito abbia fatto proprie le risultanze delle analisi (Cass. III, n. 7499/1991).

Bibliografia

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