Codice di Procedura Penale art. 263 - Procedimento per la restituzione delle cose sequestrate (1).Procedimento per la restituzione delle cose sequestrate (1). 1. La restituzione delle cose sequestrate è disposta dal giudice con ordinanza se non vi è dubbio sulla loro appartenenza [85 att.]. 2. Quando le cose sono state sequestrate presso un terzo, la restituzione non può essere ordinata a favore di altri senza che il terzo sia sentito in camera di consiglio con le forme previste dall'articolo 127. 3. In caso di controversia sulla proprietà delle cose sequestrate, il giudice ne rimette la risoluzione al giudice civile del luogo competente in primo grado, mantenendo nel frattempo il sequestro. 4. Nel corso delle indagini preliminari [326 s.], sulla restituzione delle cose sequestrate [85 att.] il pubblico ministero provvede con decreto motivato (2). 5. Contro il decreto del pubblico ministero che dispone la restituzione o respinge la relativa richiesta, gli interessati possono proporre opposizione sulla quale il giudice [328] provvede a norma dell'articolo 127 (3) (4). 6. Dopo la sentenza non più soggetta a impugnazione [648, 650 2], provvede il giudice dell'esecuzione [665, 676]. (1) Vedi anche artt. 149-151 d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115. (2) Comma così sostituito dall'art. 10, d.lg. 14 gennaio 1991, n. 12. (3) Comma così modificato dall'art. 10, d.lg. n. 12, cit. (4) Per il procedimento davanti al giudice di pace, v. art. 19 2 d.lg. 28 agosto 2000, n. 274. InquadramentoL'art. 263 regolamenta la procedura per la restituzione agli aventi diritto delle cose sottoposte a sequestro probatorio in tutte le fasi del giudizio, dalle indagini preliminari sino all'esecuzione. La revoca del sequestro probatorioProfili generali Il corpo del reato e le cose pertinenti al reato possono essere oggetto tanto di confisca, — all'esito del merito —, quanto di restituzione agli aventi diritto — sia all'esito del giudizio che nel corso del suo svolgimento. È per tale ragione che il codice prevede una specifica regolamentazione, — anche incidentale —, dell'eventuale restituzione delle cose sottoposte a sequestro probatorio, ben potendo le stesse essere funzionali al processo in modo del tutto contingente. I soggetti interessati Possono essere interessati alla restituzione delle cose sottoposte a sequestro probatorio oltre agli indagati anche persone terze estranee al processo. È anche possibile, — ed è tutt'altro che raro nella prassi —, che quest'ultimi (e cioè soggetti indagati e terzi estranei al reato) siano portatori di interessi in contrasto tra loro, interessi che possono (=debbono) trovare risoluzione in sede penale e, nel caso in cui quest'ultima si riveli inadeguata, in sede civile. I rimedi processuali Il sequestro probatorio (artt. 253 e ss.) oltre ad essere oggetto di riesame (artt. 257-324) può essere revocato, in qualsiasi momento, su istanza di parte ovvero d'ufficio tutte le volte in cui l'autorità giudiziaria che procede non lo ritenga più necessario. Il giudice che procede, — che potrà/dovrà provvedere alla restituzione delle cose sequestrate laddove non siano più sussistenti i presupposti genetici del vincolo disposto ed una volta verificato che non vi siano dubbi sulla loro appartenenza —, viene individuato nei sensi di cui all'art. 91 disp. att. La forma del provvedimento del giudice è quella dell'ordinanza (motivata), avverso cui il rimedio esperibile è, unicamente, quello del ricorso in sede di legittimità. La partecipazione necessaria del terzoProfili generali Il sequestro probatorio può trovare esecuzione sia presso i soggetti indagati (siano essi noti e/o ignoti) che presso persone terze, del tutto estranee al reato. Può anche accadere che un soggetto inizialmente terzo estraneo al reato venga, nel corso delle indagini preliminari, successivamente iscritto nell'apposito registro indagati, ex art. 335 così modificandosi il suo status processuale. Terzo estraneo al reato Qualora le cose siano state poste in sequestro (probatorio) presso persona terza estranea al reato non può provvedersi alla restituzione in favore di altri senza che la stessa venga sentita in udienza camerale (art. 127). A tale onere è sottoposto anche il pubblico ministero in capo al quale è attribuita la competenza funzionale nel corso delle indagini preliminari. Ne consegue che tutte le volte in cui, nel corso delle indagini preliminari, viene presentata istanza di dissequestro (probatorio) al pubblico ministero questi ha l'obbligo di sentire le parti interessate, ponendo quindi quest'ultime nelle condizioni di formulare le proprie valutazioni. Un eventuale provvedimento (di restituzione) del pubblico ministero, adottato in violazione di tale interlocuzione necessaria, può essere oggetto di opposizione dinanzi al giudice per le indagini preliminari formulando specifica doglianza. L'obbligo che il terzo sia “sentito” si traduce nella condizione di porre lo stesso nella possibilità di interloquire nel merito con la conseguenza che un'eventuale non partecipazione dello stesso alla procedura, purché formalmente posto nelle condizioni di farlo, non impedisce all'autorità giudiziaria di assumere comunque le proprie decisioni. Udienza camerale Ricade in capo al giudice l'obbligo di convocazione del terzo estraneo al reato (presso cui è stato eseguito il sequestro probatorio) nell'apposita udienza camerale fissata in seguito all'opposizione avvero il decreto di rigetto del pubblico ministero. Analogo onere ricorre anche nel caso in cui il pubblico ministero, — competente in fase d'indagini preliminari —, abbia, invece, provveduto alla restituzione ed il soggetto interessato (che ritiene di essere stato danneggiato da tale provvedimento) formuli opposizione. La rimessione al giudice civileProfili generali Il vincolo del sequestro può essere mantenuto dall'Ag anche nell'eventualità che siano venuti meno i motivi (probatori) posti a fondamento dello stesso ma sia evincibile una controversia sulla proprietà delle cose sequestrate, controversia che in sede penale non si è in grado di risolvere. In tali casi il giudice (e non il pubblico ministero che, eventualmente, trasmetterà gli atti al giudice) dà luogo ad un non liquet con il quale mantiene il sequestro e, contestualmente, dispone la rimessione della controversia al giudice civile del luogo competente. La rimessione La rimessione (che non ha carattere decisorio, e non è quindi impugnabile: Cass. V, n. 9108/2013) non avviene d'ufficio, — cioè, disponendo materialmente la trasmissione degli atti —, in quanto essendo il giudizio civile ad impulso delle parti solo in presenza di uno specifico atto di promovimento in quella sede di una di esse (cd. iscrizione a ruolo) determina lo spostamento giurisdizionale della controversia. Il giudice penale, - che una volta spogliatosi della questione “perde” ogni legittimità decisionale in merito ad essa -, per dar luogo all'ordinanza con cui rimette la controversia al giudice civile del luogo competente in primo grado per la risoluzione della stessa, non occorre che accerti la formale pendenza della lite innanzi a quest'ultimo (Cass. II, n. 38418/2015). La competenza funzionaleProfili generali Il comma quattro dell'art. 263, sebbene incongruamente inserito nel corpo della norma, costituisce il caposaldo per individuare in capo a quale soggetto è riconducibile la competenza funzionale ad assumere la decisione in tema di restituzione delle cose sottoposte a sequestro. Nel suo complesso l'art. 263 costituisce una norma di chiusura in quanto prevede un'articolazione che riguarda tutte le fasi del procedimento, dalle indagini preliminari sino alla fase dell'esecuzione. L'art. 676, comma 2 prevede, difatti, che anche il giudice dell'esecuzione qualora vi sia controversia sulla proprietà delle cose confiscate provveda alla rimessione al giudice civile così come disposto dall'art. 263, comma 3. La fase delle indagini preliminari Nel corso delle indagini preliminari la competenza funzionale a provvedere sulla restituzione delle cose sequestrate viene individuata in capo all'ufficio del pubblico ministero. A differenza di quanto sancito dall'art. 321 in materia di sequestro preventivo il pubblico ministero, durante la fase delle indagini preliminari, provvede direttamente sia nel caso in cui ritenga di disporre la restituzione delle cose sottoposte a sequestro, — cioè, vedendosi riconosciuto dal legislatore un potere immediato riguardo al venir meno delle esigenze che giustificano il vincolo reale —, sia nel caso che ritenga di rigettare l'istanza — nel sequestro preventivo il suo diniego si trasfonde nel parere contrario e nella successiva trasmissione degli atti al giudice competente. Il provvedimento emesso dal giudice per le indagini preliminari in ordine all'istanza di restituzione delle cose sottoposte a sequestro probatorio, adottato nel corso delle indagini preliminari, previo parere del pubblico ministero, - e non direttamente da quest'ultimo organo - è affetto da nullità assoluta per incompetenza funzionale (Cass. III, n. 9986/2020). La verifica dei presupposti In sede di restituzione deve essere verificata sia la permanenza o meno delle ragioni poste a fondamento del vincolo genetico che l'assenza di ogni dubbio riguardo all'appartenenza delle cose sequestrate: anche solo la sussistenza di una delle due causali deve determinare il rigetto della richiesta. Il provvedimento con il quale il pubblico ministero rigetta la richiesta di restituzione assume la forma del decreto motivato (art. 125, comma 3). L'opposizione dinanzi al giudice per le indagini preliminariProfili generali Oltre alla procedura di riesame (artt. 257-324) il sequestro probatorio, come sin qui analizzato, può essere fatto oggetto di autonoma istanza di revoca da parte dei soggetti che si ritengono legittimati, istanza che, a seconda della fase in cui si trova il processo, può essere demandata “direttamente” al pubblico ministero ovvero al giudice. Solo nel corso delle indagini preliminari il codice prevede che in caso di diniego da parte del pubblico ministero tale provvedimento può essere opposto dinanzi al giudice per le indagini preliminari. In tutte le altre fasi del processo risiedendo la competenza funzionale in capo al giudice che procede sarà quest'ultimo ad assumere la decisione, de plano, assumendo il parere delle parti interessate. L'atto di opposizione Avverso il provvedimento con il quale il pubblico ministero, nel corso delle indagini preliminari, dispone la restituzione delle cose sequestrate la parte (contro)interessata, — che si ritiene danneggiata dalla decisione —, può proporre opposizione dinanzi al giudice per le indagini preliminari. Analoga opposizione può essere formulata nel caso in cui il pubblico ministero abbia rigettato, tout court, con decreto motivato, la richiesta di restituzione delle cose sequestrate. Non è sancito alcun termine per la decadenza dal diritto di formulare opposizione, se non quello, sistematicamente deducibile, della cessazione della fase delle indagini preliminari. Occorre chiedersi se una volta esercitata l'azione penale l'eventuale competenza funzionale del giudice per le indagini preliminari che ha ancora in corso lo svolgimento dell'udienza ex artt. 127 e 263, comma 5, viene o meno a cessare: una recente decisione in sede di legittimità (Cass. III, n. 36532/2015) sembrerebbe avallare la necessità di immediata trasmissione degli atti al giudice che procede avendo rilievo non il momento della presentazione dell'istanza bensì quello della decisione da assumere. L'udienza camerale In caso di opposizione il giudice per le indagini preliminari, — cui sono trasmessi gli atti dall'ufficio del pubblico ministero nel caso che ivi sia stato depositato l'atto di opposizione ovvero richieda quest'ultimi qualora l'impugnazione sia stata direttamente presentata presso la sua cancelleria —, fissa l'udienza camerale nelle forme di cui all'art. 127. L'avviso della fissazione dell'udienza camerale dinanzi al giudice per le indagini preliminari, — udienza a partecipazione non necessaria delle parti —, riguarda tutti i soggetti interessati (pubblico ministero; difensori; soggetti che rivendicano la titolarità delle cose sequestrate, siano essi indagati ovvero terzi estranei al reato). L'eventuale omessa notificazione dell'avviso di fissazione dell'udienza camerale ad uno dei co-difensori di fiducia dell'indagato non comporta una nullità assoluta bensì a regime intermedio, per cui l'assenza all'udienza di entrambi comporta la sua sanatoria (Cass. II, n. 28563/2015). Di contro configura un'ipotesi di nullità assoluta l'eventuale omesso avviso ad una delle altre parti interessate ovvero al difensore di una di esse. Il giudice provvede, in sede di opposizione, all'esito dell'apposita udienza camerale, “sentite le parti, se compaiono”, con ordinanza. Rimedi esperibili E' ammissibile il ricorso per cassazione avverso l'ordinanza con cui il giudice per le indagini preliminari, ex art. 263, comma 5, c.p.p., provvede sull'opposizione presentata dagli interessati in seguito al rigetto di restituzione delle cose in sequestro adottato dal pubblico ministero – (Cass., V, n. 10987/2020). E' stato ritenuto irragionevole che il soggetto-terzo, dopo l'esercizio dell'azione penale da parte del pubblico ministero, debba attendere la definizione del processo, – allorquando come le altre parti del processo potrà far valere le sue ragioni dinanzi al giudice dell'esecuzione, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 263, comma 5 e 676, comma 1, c.p.p.. –, per cui è stato ritenuto accessibile allo stesso, in forza di un'interpretazione logico-sistematica, il rimedio di cui all'art. 322-bis, c.p.p.. (da ultimo, Cass. VI, n. 46141/2019).Tale principio è stato indirettamente affermato anche da Cass. II, n. 12017/2020, che ha, invece, inteso, ribadire che nei confronti di chi è parte del processo, ed in particolare per l'imputato, il disposto di cui all'art. 586 c.p.p. “esclude l'impugnabilità, separatamente dalla sentenza, di qualsiasi ordinanza, emessa da quel giudice, diversa da quelle pronunciate in materia di libertà personale, dunque anche del provvedimento con cui il giudice di quella fase abbia deciso su una richiesta di restituzione di un bene sottoposto a sequestro probatorio”. La restituzione con prescrizioniProfili generali Sia il pubblico ministero (nel corso delle indagini preliminari) sia il giudice competente (quest'ultimo anche all'esito della fase di opposizione ex art. 263) possono disporre la restituzione delle cose sottoposte a sequestro (probatorio) in favore dei soggetti individuati come legittimati laddove vengano adempiute determinate prescrizioni. Presupposti applicativi Affinché il giudice possa dar luogo alla restituzione con prescrizioni, — art. 85 disp. att. —, v'è necessità di acquisire il consenso del soggetto interessato che ben può sottrarsi a tale onere per le ragioni più varie ma con la consapevolezza che, — salvo diversi, e successivi, provvedimenti di revoca —, solo in tal modo potrà ottenere la cessazione del vincolo reale sui propri beni. Oltre al consenso del soggetto interessato l'autorità giudiziaria deve indicare nel proprio provvedimento di restituzione le specifiche prescrizioni cui l'interessato deve adempiere nonché il termine entro cui farlo. La cauzione A garanzia delle prescrizioni cui la parte dovrà attendere e del fatto che esse siano adempiute entro il termine stabilito l'autorità giudiziaria può fissare una cauzione, il cui importo è discrezionalmente determinabile in base al valore delle cose. Sebbene non specificamente regolamentato ben può ritenersi che sia le prescrizioni dettate che il termine stabilito e l'entità della cauzione possano essere, nel corso della procedura incidentale, adeguate volta per volta in forza dell'evoluzione dei fatti esecutivi. Le sanzioni Nell'eventualità che la parte interessata non adempia a quanto disposto dall'autorità giudiziaria quest'ultima, attesa la sua prognosi favorevole alla restituzione, sia pure con prescrizioni, tutte le volte in cui le cose sottoposte a sequestro (probatorio) possano alterarsi è facultata, ex art. 260, comma 3, a disporne la vendita e/o la distruzione (art. 83 disp. att.). La residuale competenza del giudice dell'esecuzioneProfili generali Tutte le volte in cui il giudice (di merito) assume la decisione finale della fase ad egli affidata occorre che provveda anche sulle cose sottoposte a sequestro (probatorio) determinandosi alla restituzione delle stesse nei casi in cui non ritenga di provvedere alla loro confisca. È di tutta evidenza che ogni cosa sottoposta a sequestro nel corso del processo (o del procedimento, in caso di archiviazione) deve avere una sua destinazione finale, soprattutto laddove esse siano affidate in custodia giudiziale a terzi comportando ciò degli oneri (e dei potenziali danni) in materia contabile. Non è infrequente nella prassi che all'esito del giudizio, — sia che esso si concluda con una sentenza che con decreto di archiviazione —, sui beni sottoposti a sequestro non sia mai stata adottata alcuna decisione in merito alla sua destinazione ovvero sia pur adottata non abbia poi ricevuto esecuzione (art. 86 disp. att.). La competenza Mentre nel corso dello svolgimento del processo la competenza funzionale è affidata al giudice (di merito) che procede nel caso in cui non si sia mai provveduto e la sentenza sia divenuta irrevocabile sulle cose sottoposte a sequestro dovrà provvedere il giudice dell'esecuzione, a sua volta individuato secondo le regole di cui all'art. 665. Il provvedimento con il quale il giudice dell'esecuzione rimette le parti dinanzi al giudice civile per la risoluzione della controversia in materia di proprietà delle cose in sequestro non è ricorribile in sede di legittimità (Cass., I, n. 31088/2018) attesa la natura non decisoria dello stesso. La circostanza che non sia pendente una lite in sede civile (così come, invece, affermato in Cass., I, n. 23333/2014) non svolge alcun ruolo atteso che “le questioni sulla proprietà dei beni in sequestro, seppure non possano essere considerate pregiudiziali in senso proprio perché la decisione su di esse non condiziona la decisione sull'imputazione, sono certo pregiudiziali in senso logico, dato che la loro risoluzione è necessario antecedente della decisione sulla restituzione”: non esistono, pertanto, ragioni per diversificare l'impugnabilità degli atti di rimessione a seconda che sia, o meno, pendente una lite in sede civile tanto costituendo un mero rinvio delle parti al giudice dei diritti soggettivi tra privati e ”non già una riassunzione in senso tecnico”. Proprio il rimando da ultimo operato consente di individuare non solo il giudice che ha deliberato il provvedimento conclusivo —, che ben può essere il giudice per le indagini preliminari che ha disposto l'archiviazione del procedimento —, ma anche quello la cui decisione è divenuta irrevocabile per ultimo secondo le diverse declinazioni funzionali delle eventuali riforme delle decisioni intervenute (Cass. I, n. 34627/2013). Le modalità decisionali In merito alle cose sottoposte a sequestro su cui non si è mai provveduto prima della sentenza irrevocabile (ovvero del decreto di archiviazione) per le quali il giudice dell'esecuzione dovrà provvedere alla restituzione ovvero alla confisca il legislatore (art. 676) consente di adottare un provvedimento nelle forme semplificate di cui all'art. 667, comma 4. Il provvedimento adottato dal giudice va notificato alle parti interessate, le quali, entro il termine di quindici giorni, possono impugnarlo a mezzo di opposizione dinanzi al medesimo giudice che lo ha adottato. In quest'ultimo caso il giudice dovrà fissare apposita udienza camerale, la quale troverà svolgimento a mezzo della partecipazione necessaria delle parti. Avverso l'ordinanza adottata dal giudice dell'esecuzione, all'esito dell'udienza ex art. 666, è esperibile il rimedio del ricorso per cassazione. CasisticaSull'istanza di restituzione di cose sequestrate, presentata successivamente alla fissazione della udienza preliminare, il giudice per le indagini preliminari, competente a decidere, deve provvedere nel contraddittorio delle parti, previa fissazione di apposita udienza camerale – (Cass., IV, n. 49142/2019). Le possibilità di impugnazione: riepilogo Avverso il decreto di sequestro probatorio il rimedio esperibile è l'impugnazione dinanzi al Tribunale del riesame ex artt. 257 e 324, ove non venga direttamente proposto ricorso per cassazione - (quest'ultimo, eventualmente, rende inammissibile la richiesta di riesame). Contro l'ordinanza ex art. 324 adottata dal Tribunale del riesame tutti i soggetti interessati possono proporre ricorso per cassazione. Nessuna delle impugnazioni ha effetto sospensivo. Il sequestro probatorio non convalidato dal pubblico ministero entro il termine di legge (48 ore) comporta l'onere di restituzione : avverso il provvedimento di diniego la parte interessata deve proporre opposizione ex art. 263, comma 5, c.p.p. dinanzi al giudice per le indagini preliminari e non istanza di riesame (Cass. II, n. 48070/2018). L'inefficacia del sequestro probatorio “si riverbera inevitabilmente sul potere del P.M. di estrarre copia di quanto appreso in esecuzione di un sequestro inefficace : d'altro canto, se anche in presenza di un provvedimento di sequestro probatorio divenuto inefficace per la mancata, tempestiva convalida da parte del P.M., fosse consentito a quest'ultimo di estrarre copia dei materiali oggetto del sequestro inefficace, ed utilizzarli a fini di prova, la prevista inefficacia del sequestro costituirebbe sanzione meramente “canzonatoria” poiché sarebbe legittimo ricorrere ad un pratico espediente elusivo” – Cass. II n. 26609/2019 -. L'interessato, pertanto, che abbia ottenuto la restituzione dei materiali in originale – e non anche le copie estratte da quest'ultimi – ha interesse all'impugnazione nel merito del provvedimento di sequestro probatorio non potendo ritenersi satisfattivo il provvedimento del giudice per le indagini preliminari che, in seguito all'opposizione, ritenga l'istanza assorbita dalla mera restituzione degli originali – (“Nonostante l'intervenuta restituzione degli atti tratti in sequestro in originale, permane certamente l'interesse all'impugnazione del provvedimento che abbia negato la restituzione delle copie di essi, nelle more estratte, onde evitare che quest'ultime entrino a far parte del materiale probatorio utilizzabile”). BibliografiaBiondi, Il procedimento penale in camera di consiglio, Milano, 2011; Buffone, Processo penale: le impugnazioni, Milano, 2007; Lattanzi-Lupo, Codice di procedura penale, Milano, 1997. |