Codice di Procedura Penale art. 269 - Conservazione della documentazione.Conservazione della documentazione. 1. I verbali e le registrazioni, e ogni altro atto ad esse relativo, sono conservati integralmente in apposito archivio gestito e tenuto sotto la direzione e la sorveglianza del Procuratore della Repubblica dell'ufficio che ha richiesto ed eseguito le intercettazioni. Non sono coperti da segreto solo i verbali e le registrazioni delle comunicazioni e conversazioni acquisite al fascicolo di cui all'articolo 373, comma 5, o comunque utilizzati nel corso delle indagini preliminari. Al giudice per le indagini preliminari e ai difensori delle parti, successivamente al deposito effettuato ai sensi degli articoli 268 e 415-bis o nel caso previsto dall'articolo 454, comma 2-bis, per l'esercizio dei loro diritti e facoltà è consentito l'accesso all'archivio e l'ascolto delle conversazioni o comunicazioni registrate.12 [1-bis. Non sono coperti da segreto i verbali e le registrazioni delle comunicazioni e conversazioni acquisite al fascicolo di cui all'articolo 373, comma ] 3. 2. Salvo quanto previsto dall'articolo 271 comma 3, le registrazioni sono conservate fino alla sentenza non più soggetta a impugnazione. Tuttavia gli interessati, quando la documentazione non è necessaria per il procedimento, possono chiederne la distruzione, a tutela della riservatezza, al giudice che ha autorizzato o convalidato l'intercettazione [267]. Il giudice decide in camera di consiglio a norma dell'articolo 127. 4567 3. La distruzione, nei casi in cui è prevista, viene eseguita sotto controllo del giudice. Dell'operazione è redatto verbale [134] 89.
[1] L'art. 3, comma 1, lett. c) n. 1) del d.lgs. 29 dicembre 2017, n. 216 ha dapprima disposto la sostituzione del comma 1 con la seguente formulazione: « 1. I verbali e le registrazioni, e ogni altro atto ad esse relativo, sono conservati integralmente in apposito archivio riservato presso l’ufficio del pubblico ministero che ha richiesto ed eseguito le intercettazioni, e sono coperti da segreto. Al giudice per le indagini preliminari e ai difensori dell’imputato per l’esercizio dei loro diritti e facoltà è in ogni caso consentito l’accesso all’archivio e l’ascolto delle conversazioni o comunicazioni registrate ». Ai sensi dell'art. 9 comma 1 d.lgs. n. 216, cit., come da ultimo modificato dall'art. 1, comma 1, lett. a) d.l. 30 aprile 2020, n. 28, conv., con modif., in l. 25 giugno 2020, n. 70, tale disposizione si applica «ai procedimenti penali iscritti dopo il 31 agosto 2020» (in precedenza l'art. 1, comma 1, n. 1) d.l. 30 dicembre 2019, n. 161, conv. con modif. in l. 28 febbraio 2020, n. 7, aveva modificato il suddetto art. 9, comma 1, d.lgs. n. 216, cit., disponendo che la disposizione si applicasse «ai procedimenti penali iscritti dopo il 30 aprile 2020»; lo stesso art. 1, comma 1, n. 1) d.l. n. 161, cit., anteriormente alla conversione in legge, aveva invece stabilito che la suddetta disposizione si applicasse «ai procedimenti penali iscritti dopo il 29 febbraio 2020 »). Il termine di applicabilità originariamente previsto dal suddetto art. 9, comma 1, d.lgs. n. 216, cit., ovvero « alle operazioni di intercettazione relative a provvedimenti autorizzativi emessi dopo il centottantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto », era stato già differito dall'art. 2, comma 1, d.l. 25 luglio 2018, n. 91, conv., con modif. in l. 21 settembre 2018, n. 108, sostituendolo con il termine « dopo il 31 marzo 2019 », poi dall'art. 1, comma 1139, lett. a), n. 1), l. 30 dicembre 2018, n. 145, Legge di bilancio 2019), sostituendolo con il termine « dopo il 31 luglio 2019 » e dall'art. 9, comma 2, lett. a), d.l. 14 giugno 2019, n. 53, conv., con modif., in l. 8 agosto 2019, n. 77, sostituendolo con il termine « dopo il 31 dicembre 2019 ». Ma l'art. 2, comma 1, lett. f), n. 1), d.l. 30 dicembre 2019, n. 161, conv., con modif., in l. 28 febbraio 2020, n. 7, ha da ultimo così sostituito il presente comma 1. A norma dell'art. 2, comma 8, d.l. n. 161, cit.,conv. con modif. in l. 28 febbraio 2020, n. 7, come da ultimo modificato dall'art. 1, comma 2, d.l. 30 aprile 2020, n. 28, conv., con modif., in l. 25 giugno 2020, n. 70, prevede che le disposizioni del citato articolo si applicano « ai procedimenti penali iscritti successivamente al 31 agosto 2020, ad eccezione delle disposizioni di cui al comma 6 che sono di immediata applicazione. ». Il testo del comma 1, applicabile ai procedimenti iscritti fino alla suindicata, è il seguente: « 1. I verbali e le registrazioni sono conservati integralmente presso il pubblico ministero che ha disposto l’intercettazione ». [2] In materia di infrastrutture digitali centralizzate per le intercettazioni vedi quanto disposto dall'art. 2, d.l. 10 agosto 2023, n. 105, conv., con modif., in l. 9 ottobre 2023, n. 137, precedentemente, il Comunicato del Ministero della Giustizia 5 agosto 2023 ( in G.U. n. 182 del 5 agosto 2023). [3] L'art. 3, comma 1, lett. c) n. 2) del d.lgs. 29 dicembre 2017, n. 216, aveva disposto l'inserimento del comma 1-bis. Ai sensi dell'art. 9 comma 1 d.lgs. n. 216, cit., come da ultimo modificato dall'art. 1, comma 1, lett. a) d.l. 30 aprile 2020, n. 28, conv., con modif., in l. 25 giugno 2020, n. 70, tale disposizione si applica «ai procedimenti penali iscritti dopo il 31 agosto 2020» (in precedenza l'art. 1, comma 1, n. 1) d.l. 30 dicembre 2019, n. 161, conv. con modif. in l. 28 febbraio 2020, n. 7, aveva modificato il suddetto art. 9 comma 1 d.lgs. n. 216, cit., disponendo che la disposizione si applicasse «ai procedimenti penali iscritti dopo il 30 aprile 2020»; lo stesso art. 1, comma 1, n. 1) d.l. n. 161, cit., anteriormente alla conversione in legge, aveva invece stabilito che la suddetta disposizione si applicasse «ai procedimenti penali iscritti dopo il 29 febbraio 2020 »). Il termine di applicabilità originariamente previsto dal suddetto art. 9, comma 1, d.lgs. n. 216, cit., ovvero « alle operazioni di intercettazione relative a provvedimenti autorizzativi emessi dopo il centottantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto », era stato già differito dall'art. 2, comma 1, d.l. 25 luglio 2018, n. 91, conv., con modif. in l. 21 settembre 2018, n. 108, sostituendolo con il termine « dopo il 31 marzo 2019 », poi dall'art. 1, comma 1139, lett. a), n. 1), l. 30 dicembre 2018, n. 145, Legge di bilancio 2019), sostituendolo con il termine « dopo il 31 luglio 2019 » e dall'art. 9, comma 2, lett. a), d.l. 14 giugno 2019, n. 53, conv., con modif., in l. 8 agosto 2019, n. 77, sostituendolo con il termine « dopo il 31 dicembre 2019 ». Ma l'art. 2, comma 1, lett. f), n. 2), d.l. 30 dicembre 2019, n. 161, conv., con modif., in l. 28 febbraio 2020, n. 7, ha da ultimo disposto l'abrogazione del suddetto comma 1-bis. A norma dell'art. 2, comma 8, d.l. n. 161, cit.,conv. con modif. in l. 28 febbraio 2020, n. 7, come da ultimo modificato dall'art. 1, comma 2, d.l. 30 aprile 2020, n. 28, conv., con modif., in l. 25 giugno 2020, n. 70, prevede che le disposizioni del citato articolo si applicano « ai procedimenti penali iscritti successivamente al 31 agosto 2020, ad eccezione delle disposizioni di cui al comma 6 che sono di immediata applicazione. ». [4] C. cost. 30 dicembre 1994, n. 463, ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, una questione di legittimità costituzionale del presente comma, ultima proposizione, nella parte in cui impone l'applicazione del rito camerale disciplinato dall'art. 127 c.p.p. alla decisione del giudice per le indagini preliminari sulla richiesta del pubblico ministero, avanzata contestualmente all'istanza di archiviazione, volta alla distruzione della documentazione attinente a intercettazioni telefoniche, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 76 Cost. [5] In tema di divieto di intercettazioni di conversazioni del Presidente della Repubblica e sul conseguente obbligo per l'autorità giudiziaria procedente di distruggere le registrazioni, ancorché « casualmente effettuate », secondo quanto previsto dall'art. 271, comma 3, c.p.p., in relazione alle intercettazioni « eseguite fuori dei casi consentiti dalla legge », v. C. cost. 15 gennaio 2013, n. 1, sub art. 268. [6] In tema di comunicazioni nei confronti di membri del Parlamento e a cui abbiano preso parte membri del Parlamento, v. artt. 4 e 6, comma 1, l. 20 giugno 2003, n. 140. [7] L'art. 3, comma 1, lett. c) n. 3) del d.lgs. 29 dicembre 2017, n. 216 ha dapprima disposto la sostituzione, nel comma 2, delle parole «quando la documentazione non è necessaria per il procedimento, possono chiederne la distruzione, a tutela della riservatezza,» con le parole «a tutela della riservatezza, possono chiedere la distruzione delle registrazioni non acquisite». Ai sensi dell'art. 9 comma 1 d.lgs. n. 216, cit., come da ultimo modificato dall'art. 1, comma 1, lett. a) d.l. 30 aprile 2020, n. 28, conv., con modif., in l. 25 giugno 2020, n. 70, tale disposizione si applica «ai procedimenti penali iscritti dopo il 31 agosto 2020» (in precedenza l'art. 1, comma 1, n. 1) d.l. 30 dicembre 2019, n. 161, conv. con modif. in l. 28 febbraio 2020, n. 7, aveva modificato il suddetto art. 9 comma 1 d.lgs. n. 216, cit., disponendo che la disposizione si applicasse «ai procedimenti penali iscritti dopo il 30 aprile 2020»; lo stesso art. 1, comma 1, n. 1) d.l. n. 161, cit., anteriormente alla conversione in legge, aveva invece stabilito che la suddetta disposizione si applicasse «ai procedimenti penali iscritti dopo il 29 febbraio 2020 »). Il termine di applicabilità originariamente previsto dal suddetto art. 9 comma 1 d.lgs. n. 216, cit., ovvero « alle operazioni di intercettazione relative a provvedimenti autorizzativi emessi dopo il centottantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto », era stato già differito dall'art. 2 comma 1 d.l. 25 luglio 2018, n. 91, conv., con modif. in l. 21 settembre 2018, n. 108, sostituendolo con il termine « dopo il 31 marzo 2019 », poi dall'art. 1, comma 1139, lett. a), n. 1), l. 30 dicembre 2018, n. 145, Legge di bilancio 2019), sostituendolo con il termine « dopo il 31 luglio 2019 » e dall'art. 9, comma 2, lett. a), d.l. 14 giugno 2019, n. 53, conv., con modif., in l. 8 agosto 2019, n. 77, sostituendolo con il termine « dopo il 31 dicembre 2019 ». Ma l'art. 2, comma 1, lett. f), n. 3), d.l. 30 dicembre 2019, n. 161, conv., con modif., in l. 28 febbraio 2020, n. 7, ha poi così sostituito il presente comma 2, sostanzialmente confermando la formulazione originaria e quindi le parole « quando la documentazione non è necessaria per il procedimento, possono chiederne la distruzione, a tutela della riservatezza, ». A norma dell'art. 2, comma 8, d.l. n. 161, cit.,conv. con modif. in l. 28 febbraio 2020, n. 7, come da ultimo modificato dall'art. 1, comma 2, d.l. 30 aprile 2020, n. 28, conv., con modif., in l. 25 giugno 2020, n. 70, prevede che le disposizioni del citato articolo si applicano « ai procedimenti penali iscritti successivamente al 31 agosto 2020, ad eccezione delle disposizioni di cui al comma 6 che sono di immediata applicazione. ». [8] In tema di divieto di intercettazioni di conversazioni del Presidente della Repubblica e sul conseguente obbligo per l'autorità giudiziaria procedente di distruggere le registrazioni, ancorché « casualmente effettuate », secondo quanto previsto dall'art. 271, comma 3, c.p.p., in relazione alle intercettazioni « eseguite fuori dei casi consentiti dalla legge », v. Corte cost. 15 gennaio 2013, n. 1, sub art. 268. [9] In tema di comunicazioni nei confronti di membri del Parlamento e a cui abbiano preso parte membri del Parlamento, v. artt. 4 e 6, comma 1, l. 20 giugno 2003, n. 140. InquadramentoL'art. 269 regolamenta sia l'obbligo di conservazione del materiale intercettizio durante tutto il corso del procedimento, — e sino alla irrevocabilità della sentenza —, e sia, nel corso dello stesso, la possibilità, su impulso di parte, di provvedere alla distruzione di quanto non necessario e che viola la riservatezza dei soggetti (indagati e/o terzi) interessati. L'obbligo di conservazione
Profili generali Il materiale intercettizio, — intendendosi per esso sia i verbali che quello contenente le registrazioni (bobine; files audio; etc.) —, va conservato nel corso dell'intero svolgersi del processo “in apposito archivio riservato presso l'ufficio del pubblico ministero che ha richiesto ed eseguito le intercettazioni” (così la novella del comma 1, introdotta dal d.lgs. n. 216/2017 ). Tale dovere di conservazione è posto a presidio non solo del corretto svolgimento del processo, essendo in tal modo assicurato l'accesso al materiale intercettizio in qualsiasi momento della sua formazione, ma anche per salvaguardare i diritti delle parti, pubbliche e private, riguardo ad esso. Con il d.l. n. 161/2019 (poi convertito nella l. n. 7/2020) è stato rafforzato il potere di direzione e sorveglianza sull'archivio digitale istituito presso le Procure in quanto esso è stato ricondotto sotto la diretta responsabilità del Procuratore della Repubblica che dovrà sovraintendervi anche con apposito, ed autonoma, regolamentazione delle modalità di accesso e svolgimento presso di esso di ogni attività. Proprio in applicazione di tale principio – già enucleabile dalla precedente disciplina – con il d.lgs. n. 216/2017 è stato espressamente previsto, “in ogni caso”, l'accesso all'archivio di cui all'art. 269, comma 1, sia del giudice per le indagini preliminari che dei difensori dell'imputato al fine di esercitare i “loro diritti e facoltà” in merito all'ascolto delle conversazioni o comunicazioni registrate. Luogo di deposito Anche quando il procedimento, nella sua segmentazione, passa dalla fase delle indagini preliminari a quelle successive di merito il luogo di deposito, perennemente individuato, è l'archivio presso l'ufficio del pubblico ministero. Mentre negli atti del procedimento potranno trovarsi le trascrizioni sommarie e/o integrali del materiale intercettizio, — per come formatosi nel corso delle acquisizioni processuali —, i verbali e le registrazioni, nella loro fisicità, restano depositati, unicamente, ed integralmente, presso il suddetto archivio, regolamentato nell'art. 89-bis disp. att., anch'esso introdotto con il d.lgs. n. 216/2017 . L'individuazione del luogo di deposito nell'archivio istituito presso l'ufficio del pubblico ministero che ha disposto l'intercettazione trova ragione non solo nella maggiore garanzia che ciò dovrebbe comportare ai fini del divieto della divulgazione esterna, soprattutto nei periodi di segretezza delle indagini, ma anche nel fatto che il materiale deve essere sempre accessibile alle parti, — secondo le prerogative e le scansioni dettate dal codice —, onde poter consentire alle stesse l'esercizio dei propri diritti. Proprio per declinare correttamente quest'ultimi è da ritenere che tutte le volte in cui vi sia una trasmissione degli atti ad altro ufficio, per ragioni di competenza, anche il materiale intercettizio trovi un luogo di deposito coincidente con quello di svolgimento del processo. Del resto sia l'art. 54, che gli artt. 22 e ss., nell'individuare i casi in cui si dà luogo alla trasmissione per competenza, — rispettivamente da parte dell'ufficio del pubblico ministero o del giudice —, fa significativamente riferimento agli atti del procedimento, intesi nella loro complessità. Consegue da ciò che mentre per la trasmissione tra uffici del pubblico ministero il materiale viene migrato nella sua integralità laddove la pronuncia di incompetenza è adottata dal giudice parallelamente agli atti nel possesso di quest'ultimo si provveda anche a quelli nella custodia della pubblica accusa. Nel procedimento separato per ragioni di competenza territoriale sono utilizzabili gli esiti delle intercettazioni disposte nel procedimento originario, prima della separazione, in relazione alla medesima notizia di reato (Cass. II, n. 13367/2020) Accesso al materiale Mentre l'art. 269, comma 1, sancisce i diritti e le facoltà del giudice per le indagini preliminari e del difensore dell'imputato di accesso all'archivio riservato l'art. 89-bis att. c.p.p. – così come riscritto dal d.l. n. 161/2019 - ne regolamenta le forme ed i modi. Con la l. n. 7/2020 (di conversione del d.l. n. 161/2019) il legislatore ha, in sintonia con quanto stabilito dalla nuova versione dell'art. 268, comma 6, declinato il potere delle parti – e non più solo dei difensori dell'imputato - di accesso all'archivio per l'ascolto delle conversazioni e comunicazioni registrate “per l'esercizio dei loro diritti e facoltà” raccordandolo alle scansioni procedimentali dettate dagli artt. 268, 415-bis e 454, comma 2-bis, quest'ultimi anch'essi novellati allo scopo. Incombe sul procuratore della Repubblica, ove è istituito l'archivio, il potere-dovere di direzione e sorveglianza dello stesso nonché quello di regolamentarne l'accesso, a mezzo di specifiche prescrizioni che garantiscano la segretezza dei dati in esso custoditi, segretezza da cui sono espressamente esclusi “i verbali e le registrazioni delle comunicazioni e conversazioni acquisite al fascicolo” del pubblico ministero. Di contro al diritto all'ascolto delle registrazioni ed alla consultazione delle comunicazioni da parte dei difensori dell'imputato non corrisponde il diritto ad ottenerne copia. Dev'essere, pertanto, istituito un apposito registro informatico che riporti nel dettaglio ogni operazione svolta all'interno dell'archivio al fine di consentire, in ogni momento, la tracciabilità di ogni accesso ed i modi in cui lo stesso ha trovato sviluppo. La durata della conservazione
Profili generali Incombe sull'ufficio del pubblico ministero non solo l'obbligo di conservazione dell'intero materiale intercettizio bensì anche l'assicurazione che ciò avvenga per l'intero corso del procedimento tanto da individuare il termine finale di tale dovere nella “sentenza non più soggetta ad impugnazione”. Integralità Non sempre il materiale intercettizio nel corso del procedimento è oggetto di una trascrizione integrale ben potendo lo stesso avere trovato, per le più svariate ragioni evolutive del processo, legate anche alla scelta delle parti, solo una parziale riproduzione cartacea. È per tale ragione che, a fronte di tali eventuali opzioni parziali di disponibilità processuale del materiale intercettizio, il legislatore ha imposto un onere di conservazione integrale dello stesso al fine di poterlo sempre esaminare, raffrontare e completare mediante l'accesso ad esso. Irrevocabilità della sentenza L'onere di conservazione incombe sull'ufficio del pubblico ministero per l'intera durata del processo e fino alla sentenza non più impugnabile. Com'è noto l'art. 648 individua le sentenze irrevocabili in quelle non più soggette ad impugnazione, “diversa dalla revisione”. Quest'ultimo perimetro appare più specifico rispetto a quelle delineato dall'art. 269, comma 2, il quale, invece, si preoccupa di includere anche la sentenza di non luogo a procedere (art. 425) che, sebbene anch'essa sottoponibile ad impugnazione, non può mai essere, — stante la sua natura —, oggetto di revisione bensì, unicamente, di revoca (artt. 434 e ss.). Con l'irrevocabilità della sentenza cessa l'obbligo di conservazione e ciò a prescindere dal fatto che vi sia stata o meno una riproduzione cartacea del materiale intercettizio, parziale o integrale. Sentenza ex art. 425 c.p.p. La peculiare natura della sentenza di non luogo a procedere che prevede strutturalmente la possibilità di essere, in qualsiasi momento, revocata comporta un'implicita eccezione alla possibilità di distruzione del materiale intercettizio in seguito alla sentenza irrevocabile. Essendo la sentenza di non luogo a procedere, sia pur non più soggetta ad impugnazione, revocabile in forza di nuove fonti di prova, da valutare unitamente a quelle già acquisite, ne consegue che vada esaminata con particolare cura l'eventuale distruzione del materiale intercettizio. Proprio in ragione del fatto che nuove fonti di prova potrebbero essere valutate unitamente a quelle già acquisite necessita che quest'ultime vengano preservate in modo diverso dalla situazione in cui il procedimento è stato definito con sentenza irrevocabile. Potrebbe trovare spazio in questi casi, laddove non sia accaduto già nel corso del processo, una trascrizione integrale cartacea del materiale prima di dar luogo alla distruzione. Archiviazione Sebbene il legislatore abbia utilizzato quale chiusura temporale dell'obbligo di conservazione il decorso del termine di impugnazione della sentenza che ha definito il processo è, di tutta evidenza, che esso contenga anche le definizioni di diversa natura, come le archiviazioni exartt. 409 e ss. Anche queste decisioni, — a differenza di quelle irrevocabili —, sono in qualsiasi momento “rivedibili” alla luce dell'istituto della riapertura delle indagini, previsto, sia pur in diverse forme, dagli artt. 414 e 415 ed anche per esse, come per la revoca della sentenza di non luogo a procedere, è prevista la necessità di valutare le nuove investigazioni anche alla luce del materiale preesistente. Non è abnorme l'ordinanza con la quale il giudice per le indagini preliminari, in un procedimento definito con archiviazione, rigetti, all'esito dell'udienza camerale la richiesta dell'ufficio del pubblico ministero di distruggere il materiale intercettizio laddove la stessa sia priva di specifica individuazione delle conversazioni e non tenga conto della potenziale riapertura delle indagini – (Cass., V, n. 13459/2022). La deroga all'obbligo di conservazione
Profili generali Fa eccezione all'obbligo generale di conservazione integrale l'eventuale distruzione sancita per motivi di inutilizzabilità ex art. 271, comma 3, distruzione sanzionatoria richiamata anche dall'art. 268, comma 6. La richiesta Soggetti legittimati a richiedere la distruzione del materiale sono una platea più ampia di quelli sottoposti al procedimento penale. Possono, difatti, essere “interessati” ad ottenere la distruzione anche persone terze, estranee al reato, coinvolte (indirettamente o casualmente) nelle intercettazioni. Interesse Il tema dell'intrusione nella privacy personale assume connotazioni di peculiare delicatezza in quanto, con l'attivazione del mezzo intercettizio, oltre ad essere violata quella del soggetto interessato, — con quel che ne consegue in termini di rispetto e non divulgazione degli aspetti non attinenti la sfera processuale —, si assumono informazioni anche su soggetti estranei al reato. Riservatezza e necessarietà Per potere ottenere la distruzione del materiale intercettizio d'interesse occorrono due requisiti, complementari tra loro. In primo luogo il materiale intercettizio deve essere ritenuto tale da ledere la sfera di riservatezza del soggetto interessato, intendendosi la stessa in senso lato cioè riguardante tutti quegli aspetti della personalità (vita di relazione; dati sulle proprie condizioni di salute; abitudini; etc.) che appartengono alla sfera privata. Una volta verificata l'invasione della sfera di riservatezza occorre esaminare se la documentazione intercettizia acquisita sia “necessaria per il procedimento”. Dinanzi ad una prognosi di necessarietà (a fini di prova) del materiale intercettizio – che ben può essere il frutto di una valutazione diversa anche tra polizia giudiziaria ed ufficio del pubblico ministero - la sfera di riservatezza è destinata a soccombere prevalendo la pretesa punitiva dello Stato e l'accertamento della verità. Rispetto a quanto statuito dal d.lgs. 216/2017, la legge di conversione (n. 7/2020) del d.l. n. 161/2019 ha avuto modo di indicare come espressamente esclusi dal segreto non solo “i verbali e le registrazioni delle comunicazioni e conversazioni acquisite al fascicolo di cui all'art. 373, comma 5” bensì anche tutti quelli “comunque utilizzati nel corso delle indagini preliminari”, utilizzando una formula fin troppo aperta e che potrà essere oggetto di interpretazioni non univoche. L'udienza camerale Il giudice funzionalmente competente, — cioè il giudice che ha “autorizzato o convalidato” (o prorogato) “l'intercettazione” —, compulsato dai soggetti interessati, decide in udienza camerale, con la presenza non necessaria delle parti. In sede decisionale, con l'eventuale apporto delle parti intervenute, — che sono sentite se compaiono —, il giudice deciderà sullo specifico oggetto della questione sottopostagli comparando, volta per volta, e se necessario anche per specifica comunicazione, il valore della necessarietà probatoria o meno della stessa e quello della riservatezza. È stata, in sede di legittimità, ritenuta non attivabile l'udienza in contraddittorio laddove non siano oggetto della stessa valutazioni di natura processuale bensì eventuali violazioni di ordine sostanziale riconducibili a diritti ed interessi di natura costituzionale - (Cass. VI, n. 18373/2013). Differenza con lo stralcio Le differenze di quanto previsto dall'art. 269, commi 2 e 3 con lo stralcio disciplinato dall'art. 268, comma 6, sono molteplici. Va, innanzi tutto evidenziato, che, fermo restando il diritto del pubblico ministero e dei difensori a partecipare allo stralcio, — i quali devono essere avvisati “almeno ventiquattro ore prima” —, nel corso di quest'ultimo il giudice può provvedere anche di ufficio. La seconda differenza è data dal fatto che nello stralcio non si valuta l'aspetto della riservatezza bensì unicamente quello della rilevanza probatoria o meno del materiale intercettizio, peraltro a mezzo del parametro della non manifesta irrilevanza. La terza è che mentre nell'udienza prevista dall'art. 269, comma 2, la finalità è quella della distruzione (parziale o meno) del materiale intercettizio nello stralcio la stessa va individuata nella trascrizione (parziale o integrale) di quello non manifestamente irrilevante sotto il profilo probatorio. La distruzione del materiale
Profili generali All'esito dell'apposita camera di consiglio il giudice dà luogo alle delibazioni sulle specifiche richieste di distruzione avanzategli dai soggetti interessati. Qualora il giudice si determini per la distruzione del materiale intercettizio ritenuto non necessario per il procedimento ed invasivo della sfera di riservatezza del soggetto interessato ne dispone la distruzione, distruzione che ha ad oggetto sia le registrazioni che ogni supporto cartaceo che le riguardi. A tali operazioni, — di cui va redatta verbalizzazione —, sovraintende il giudice che, nella specifica occasione, darà anche luogo alle disposizioni pratiche indispensabili. Competenza funzionale V'è stretta attinenza funzionale tra il giudice che dà luogo alla delibazione in merito all'inutilizzabilità del materiale intercettizio e quello che sovraintende alla sua distruzione: per tale ragione, i giudici di legittimità hanno dichiarato abnorme il provvedimento con il quale tale competenza sia stata declinata da parte del primo in favore del giudice che governa altra fase o grado del giudizio - (Cass. II, n. 25590/2009). Modalità applicative Nel silenzio del legislatore è da ritenere che laddove il giudice dispone la distruzione del materiale debba necessariamente affidarsi alla polizia giudiziaria, della quale ha facoltà di disporre direttamente ai sensi dell'art. 58. Può trovare applicazione analogica quanto disposto dall'art. 83, comma 2, disp. att. Spese di liquidazione Strettamente connessa alla fase riguardante la conclusione del processo in relazione alle intercettazioni svolte nel corso dello stesso, — ma anche, invero, in modo svincolato da essa —, si pone il problema delle liquidazione delle spese loro attinenti - (Tali spese sono, di sovente, ingenti non essendo previsto in sede di concessione statuale alle compagnie telefoniche apposite convenzioni favorevoli alla pretesa punitiva dello Stato esercitata a mezzo di esse). Ebbene, se nel corso del procedimento il “magistrato che procede” (art. 168 d.P.R. n. 115/2002) è facilmente individuabile a seconda del momento in cui interviene la domanda di liquidazione laddove lo stesso sia stato archiviato la competenza a liquidare spetta al pubblico ministero - (Cass. IV, n. 2212/2014). CasisticaLa facoltà di ascolto delle conversazioni intercettate, al fine di poterne richiedere l’istruzione, non è estensibile a soggetti “potenzialmente indagabili” ovvero alla persona offesa “in un collegato procedimento penale” dovendo essere, invece, circoscritta all’imputato ed ai difensori delle parti stante la necessità di garantire la segretezza delle comunicazioni (art. 15 Cost.) a tutela della riservatezza : non è pertanto ricorribile per abnormità l’ordinanza del giudice per le indagini preliminari che neghi l’accesso sulla base di un’interpretazione restrittiva dell’art. 269 cod. proc. pen., così come novellato dalla legge n. 7/2020 – (Cass., V, n. 20639/2021). BibliografiaAprile - Spiezia, Le intercettazioni telefoniche ed ambientali, Milano, 2004. |