Codice di Procedura Penale art. 391 decies - Utilizzazione della documentazione delle investigazioni difensive 1 .

Alessio Scarcella

Utilizzazione della documentazione delle investigazioni difensive 1.

1. Delle dichiarazioni inserite nel fascicolo del difensore le parti possono servirsi a norma degli articoli 500, 512 e 513.

2. Fuori del caso in cui è applicabile l'articolo 234, la documentazione di atti non ripetibili compiuti in occasione dell'accesso ai luoghi, presentata nel corso delle indagini preliminari o nell'udienza preliminare, è inserita nel fascicolo previsto dall'articolo 431.

3. Quando si tratta di accertamenti tecnici non ripetibili, il difensore deve darne avviso, senza ritardo, al pubblico ministero per l'esercizio delle facoltà previste, in quanto compatibili, dall'articolo 360. Negli altri casi di atti non ripetibili di cui al comma 2, il pubblico ministero, personalmente o mediante delega alla polizia giudiziaria, ha facoltà di assistervi.

4. Il verbale degli accertamenti compiuti ai sensi del comma 3 e, quando il pubblico ministero ha esercitato la facoltà di assistervi, la documentazione degli atti compiuti ai sensi del comma 2 sono inseriti nel fascicolo del difensore [391-octies] e nel fascicolo del pubblico ministero [416 2]. Si applica la disposizione di cui all'articolo 431, comma 1, lettera c).

 

[1] Articolo inserito dall'art. 11, comma 1, l. 7 dicembre 2000, n. 397.

Inquadramento

L'art. 391-decies detta la disciplina riguardante l'utilizzabilità delle indagini difensive. Si prevede, anzitutto, che delle dichiarazioni inserite nel fascicolo del difensore le parti possono servirsi per le contestazioni ai testi, anche irreperibili. La documentazione di atti irripetibili acquisiti in fase di preliminare, inserita nel fascicolo del difensore, fuori del caso in cui è applicabile la disciplina sulla prova documentale, è inserita nel fascicolo del dibattimento. Ove, peraltro, si tratti di svolgere accertamenti tecnici non ripetibili, il difensore è soggetto ad una disciplina modellata a quella prevista per l'attività del P.m., ossia deve darne avviso, senza ritardo, al pubblico ministero per l'esercizio delle facoltà previste, in quanto compatibili, dalla omologa disposizione processuale (art. 360). Negli altri casi di atti non ripetibili, il pubblico ministero, personalmente o mediante delega alla polizia giudiziaria, ha tuttavia facoltà di assistervi. Infine, si prevede che il verbale degli accertamenti compiuti e, quando il P.m. ha esercitato la facoltà di assistervi, la documentazione degli atti compiuti devono essere inseriti nel fascicolo del difensore e nel fascicolo del pubblico ministero.

Il valore probatorio degli atti difensivi

Principi generali

La l. n. 397/2001, in attuazione della l. cost. 23 novembre 1999 n. 2 in tema di giusto processo ha introdotto nel codice di rito vigente il titolo VI-bis, con gli articoli da 391-bis a 391-decies, attuando i principi costituzionali fissati dall'art. 111 Cost. della parità delle parti e del contraddittorio nella formazione della prova. La l. n. 397/2001, dunque, si inserisce nel solco della precedente l. 8 agosto 1995, n. 332, che aveva consentito l'utilizzo diretta davanti al giudice per le indagini preliminari degli elementi probatori a favore dell'indagato, prevedendo che la relativa documentazione, se utilizzata dal giudice ai fini della decisione, fosse inserita nel fascicolo del p.m. La l. n. 397/2001 rappresenta un decisivo passo in avanti, in quanto si pone l'obiettivo di assicurare agli atti di indagine difensiva lo stesso valore probatorio degli atti del P.m., dunque attribuendo ai primi la valenza di “atti del procedimento”.

La lettura costituzionale

La soluzione, tuttavia, non venne considerata scontata dalla giurisprudenza, tant'è che all'indomani dell'entrata in vigore della nuova disciplina, mentre alcuni giudici di merito avevano respinto questioni di costituzionalità sul punto (in tal senso, v. Trib. Bologna, ord. 16 gennaio 2002, che ritenne infondata la questione di costituzionalità per presunta disparità processuale sollevata con riferimento all'art. 391-bis, posto che avvertimenti, obblighi, facoltà e responsabilità, previsti per colui che è «chiamato a riferire» avanti al difensore, corrispondono l'analogia con la «persona informata sui fatti» ascoltata dalla pubblica accusa anche sul piano dell'attendibilità della prova), altri giudici dubitarono della compatibilità della nuova normativa introdotta in tema di indagini difensive con la Carta fondamentale.

In particolare, venne sollevata questione di legittimità costituzionale (Trib. Napoli, ord. 18 agosto 2001), degli artt. 391-bis, 391-ter, 391-octies e 391-decies, nella parte in cui nel conferire alle prove assunte dalla difesa la medesima valenza di quelle assunte dalla accusa non prevedono in capo ai difensori i medesimi obblighi di garanzia a tutela della genuinità della prova stessa, in relazione all'art. 2, 3 e 111 Cost. La Corte costituzionale, tuttavia, ritenne (Corte cost. ord., n. 264/2002) manifestamente inammissibile la questione di costituzionalità, trattandosi di questione priva del requisito della rilevanza, in quanto il giudice «a quo», quando ha emesso l'ordinanza di rimessione della questione, avendo già respinto la richiesta di revoca della custodia cautelare, aveva definito la procedura ex art. 299, così esaurendo il proprio potere decisorio.

L'avallo della Cassazione

La lettura della Cassazione è stata nel senso dell'equiparazione probatoria degli atti di indagine difensiva a quelli della Pubblica Accusa.

In particolare, si è affermato (Cass. II, n. 13552/2002) che la nuova disciplina delle indagini difensive, nel prevedere un'amplissima possibilità per i difensori delle parti private di assumere prove, delinea per le stesse un equiparazione quanto ad utilizzabilità e forza probatoria a quelle raccolte dalla pubblica accusa sia nella fase delle indagini e dell'udienza preliminare, che in quella dibattimentale; ne consegue che, allorché al giudice del riesame vengano dalla difesa dell'indagato offerti elementi di prova in favore del proprio assistito, il Tribunale ha l'obbligo di valutarli unitamente a tutte le altre risultanze del procedimento attraverso argomentazioni logico giuridiche adeguatamente corrette.

Trattasi di principio più volte ribadito dalla giurisprudenza di legittimità successiva che ha, infatti, evidenziato come le dichiarazioni assunte dal difensore dell'indagato nell'ambito di attività di investigazione difensiva hanno lo stesso valore probatorio astratto delle dichiarazioni acquisite dal P.m., salva la valutazione di attendibilità intrinseca dei dichiaranti (Cass. II, n. 43349/2007, che ha ritenuto congruamente motivata la valutazione dei giudici di merito, a parere dei quali i soggetti interrogati dal difensore — tutti parenti ed amici dell'indagato —, erano intrinsecamente non credibili).

Proprio muovendo dalla sostanziale equiparazione del valore probatorio degli atti di investigazione difensiva a quelli dell'organo dell'accusa, i giudici di legittimità si sono spinti ad affermare che la presentazione al giudice degli elementi di prova raccolti dal difensore a favore del proprio assistito ne implica non solo l'acquisizione ma anche la valutazione con il conseguente obbligo, ove siano disattesi, di motivazione circa le ragioni della ritenuta minore valenza rispetto alle altre risultanze processuali (Cass. II, n. 28662/2008; Cass. VI, n. 7070/2010).

Il regime processuale dell'utilizzabilità degli atti

Le contestazioni

Il comma 1 dell'art. 391-decies, in attuazione del principio della parità delle parti, stabilisce che i verbali delle dichiarazioni inseriti nel fascicolo del difensore, e quindi confluiti in quello del p.m., sono utilizzabili a norma degli artt. 500, 512 e 513.

Per quanto concerne le contestazioni nell'esame testimoniale, atteso l'esplicito richiamo operato all'art. 500, il regime è quello “ordinario”, seguente alle modifiche operate dall'art. 16, l. n. 63/2001: le dichiarazioni lette per la contestazione possono essere valutate — esclusivamente — ai fini della credibilità del teste.

La norma, tuttavia, non contiene alcun rinvio all'art. 503 che riguarda la possibilità di effettuare le contestazioni nell'esame delle parti. Verosimilmente la ragione di tale silenzio è giustificata dal fatto che l'art. 503, comma 3, si riferisce alle dichiarazioni contenute nel fascicolo del P.M., a differenza dell'art. 391-decies, che si riferisce solo al fascicolo del difensore. Ciò tuttavia, non è di ostacolo all'operatività del regime delle contestazioni nell'esame delle parti, atteso che nel fascicolo del P.m. confluisce il fascicolo del difensore dopo la chiusura delle indagini preliminari. Si noti, però, che le dichiarazioni rese al difensore possono servire solo per valutare la credibilità e non come prova, giacché l'art. 503, comma 5 riconosce valore di prova, a seguito di contestazione, soltanto alle dichiarazioni assunte dal P.m. o dalla P.G. su delega del P.m.

Tenuto conto dell'articolato regime probatorio previsto dalla legge (testimone puro e teste assistito), le dichiarazioni dei testimoni saranno utilizzabili per le contestazioni ex art. 500 se tali soggetti assumono in dibattimento la veste di testimone a norma dell'art. 197-bis. Inoltre, la persona imputata di un reato connesso ai sensi dell'art. 12 lett. c) o collegato ai sensi dell'art. 371, comma 2, lett. b), che abbia reso dichiarazioni al difensore sulla altrui responsabilità, potrà essere esaminata a norma dell'art. 503, se non abbia già assunto la veste di testimone in sede di indagini difensive. Tuttavia, in applicazione della disciplina di cui all'art. 210, comma 6, prima dell'esame dovrà essere dato l'avviso che tale persona, se renderà dichiarazioni sulla responsabilità altrui, assumerà in ordine a tali fatti la veste di testimone con conseguente applicazione dell'art. 500. Infine, non v'è dubbio che anche la documentazione dell'indagine integrativa svolta dal difensore può essere utilizzata ex art. 500.

Le letture

Le dichiarazioni acquisite dal difensore ed inserite nel relativo fascicolo sono utilizzabili nei limiti di quanto previsto dagli artt. 512 e 513.

La previsione normativa ha consentito quindi il superamento della giurisprudenza di legittimità che, vigente l'art. 38 disp. att., (secondo cui il difensore che ha svolto investigazioni in favore del proprio assistito può presentare direttamente al giudice elementi che egli reputa rilevanti ai fini della decisione da adottare), riteneva si applicabile il disposto dell'art. 500 alle dichiarazioni raccolte dal difensore, ammettendo che le stesse potessero essere usate per contestare il contenuto delle deposizioni testimoniali ed inserite nel fascicolo del dibattimento se sussiste difformità, ma escludeva che di tali dichiarazioni potesse darsi lettura ex artt. 512 (e 512-bis), giacché tali previsioni, si osservava, riguardano soltanto le dichiarazioni assunte dalla polizia giudiziaria, dal pubblico ministero o dal giudice dell'udienza preliminare, o in generale le dichiarazioni assunte a verbale (Cass. III, n. 12291/2000).

Oggi, grazie alla nuova previsione dell'art. 391-decies, comma 1, dei verbali delle dichiarazioni raccolte dal difensore, inseriti nel relativo fascicolo, può esserne invece data lettura ai fini dell'utilizzabilità probatoria, alle condizioni richieste dalle richiamate norme processuali, ossia quando, per fatti o circostanze imprevedibili, ne è divenuta impossibile la ripetizione, ferma restando però la lettura, sempre consentita, dei verbali relativi all'acquisizione ed alle operazioni di distruzione dei documenti anonimi e degli atti relativi ad intercettazioni illegali.

Si noti, poi, che l'art. 391-decies prevede espressamente l'applicabilità dell'art. 512 alle dichiarazioni inserite nel fascicolo del difensore (“Il giudice, a richiesta di parte, dispone che sia data lettura degli atti assunti.....dai difensori delle parti private...”). Anche degli atti di indagine difensiva integrativa può esserne data lettura ex art. 512, se la loro ripetizione è divenuta impossibile per fatti o circostanze sopravvenute ed imprevedibili.

Nessun richiamo, si noti, è operato dall'art. 391-decies all'art. 512-bis, che consente la lettura di dichiarazioni rese dalla persona residente all'estero. L'art. 512-bis si riferisce ai «verbali di dichiarazioni rese da persona residente all'estero», senza tuttavia specificare quali soggetti devono aver assunto le dichiarazioni e in quale fascicolo il relativo verbale deve essere contenuto. Il mancato richiamo, dunque, non dovrebbe essere ostativo, pur nel silenzio della giurisprudenza di legittimità sul punto, alla lettura del verbale delle dichiarazioni rese al difensore dalla persona residente all'estero, purché ovviamente siano rispettate le condizioni per l'utilizzabilità, ossia, per utilizzare la sequenza codicistica, solo “se essa, essendo stata citata, non è comparsa e solo nel caso in cui non ne sia assolutamente possibile l'esame dibattimentale”.

Infine, quanto al disposto dell'art. 513, espressamente richiamato dall'art. 391-decies, il dubbio applicativo discende dal fatto che il difensore non può assumere informazioni dal proprio assistito, nonché dalla chiara previsione normativa che limita l'acquisizione per lettura delle dichiarazioni dell'imputato assente o che si rifiuta di sottoporsi all'esame ai soli verbali delle dichiarazioni rese dall'imputato “al pubblico ministero o alla polizia giudiziaria su delega del pubblico ministero o al giudice nel corso delle indagini preliminari o nell'udienza preliminare”. La lettura più ragionevole della norma è nel senso che il richiamo operato dall'art. 391-decies sembrerebbe essere riferito solo comma 2 dell'art. 513, relativo alle dichiarazioni rese dalle persone indicate nell'art. 210, comma 1, ossia alle dichiarazioni rese dagli imputati in un procedimento connesso a norma dell'art. 12, comma 1, lett. a) nei cui confronti si procede o si è proceduto separatamente e che non possono assumere l'ufficio di testimone, nonché degli imputati in un procedimento connesso ex art. 12, comma 1, lett. c) o di un reato collegato, che non hanno reso in precedenza dichiarazioni concernenti la responsabilità dell'imputato.

Vale per tali dichiarazioni, il regime di utilizzabilità indicato dal comma 2 dell'art. 513, ossia il giudice, a richiesta di parte, dispone, secondo i casi, l'accompagnamento coattivo del dichiarante o l'esame a domicilio o la rogatoria internazionale ovvero l'esame in altro modo previsto dalla legge con le garanzie del contradditorio. Se non è possibile ottenere la presenza del dichiarante, ovvero procedere all'esame in uno dei modi suddetti, si applica la disposizione dell'articolo 512 qualora la impossibilità dipenda da fatti o circostanze imprevedibili al momento delle dichiarazioni. Qualora il dichiarante si avvalga della facoltà di non rispondere, il giudice dispone la lettura dei verbali contenenti le suddette dichiarazioni soltanto con l'accordo delle parti.

Il regime processuale degli atti irripetibili

Del relativo regime se ne occupano i commi 2, 3 e 4 dell'art. 391-decies, che devono peraltro essere letti in combinato disposto con lart. 431, comma 1, lett. c)), espressamente richiamato dalla stessa norma processuale (“Si applica la disposizione di cui all'articolo 431, comma 1, lett. c”).

Rileva, anzitutto, quanto affermato dalla clausola di riserva «fuori del caso in cui è applicabile l'art. 234». L'inciso deve essere letto nel senso che il riferimento è ai soli documenti stricto sensu relativi ad attività irripetibili, ovvero a quelli formati al di fuori del procedimento e alle indagini difensive.

Passando all'esame degli ulteriori commi, si osserva come sembrerebbe esservi un contrasto tra il comma 2 ed il comma 4 dell'art. 391-decies. Ed invero, mentre il comma 2 stabilisce che tutti i verbali di atti non ripetibili compiuti in occasione dell'accesso ai luoghi sono acquisiti al fascicolo per il dibattimento, diversamente il comma 4 richiama l'art. 431, comma 1, lett. c), solo nel caso in cui all'accesso ai luoghi abbia presenziato il P.m.

Più articolata è la previsione del comma 3 dell'art. 391-decies, che distingue tra atti irripetibili aventi natura di accertamento tecnico ed atti irripetibili cui non è attribuibile tale natura.

Sul punto la giurisprudenza di merito ha affermato che il difensore, nell'ambito delle investigazioni difensive, non può compiere accertamenti tecnici che importino una modificazione irreversibile dello stato dei luoghi che renda l'accertamento stesso non ripetibile, se essi non siano anche indifferibili (Trib. Lanciano, 14 marzo 2003). Pertanto, il giudice non può autorizzare ex art. 391-septies, comma 1, l'accesso in luogo privato nel caso in cui l'istanza difensiva sia volta al compimento di un'attività irreversibilmente modificativa dello stato dei luoghi.

Casistica

Utilizzabilità degli atti d'indagine difensiva

Con riferimento alla disciplina dettata dall'art. 391-decies, il codice di rito detta la disciplina riguardante l'utilizzabilità delle indagini difensive. In sintesi, le regole applicabili:

a) delle dichiarazioni inserite nel fascicolo del difensore le parti possono servirsi per le contestazioni ai testi, anche irreperibili;

b) la documentazione di atti irripetibili acquisiti in fase di preliminare, inserita nel fascicolo del difensore, fuori del caso in cui è applicabile la disciplina sulla prova documentale, è inserita nel fascicolo del dibattimento;

c) quando si tratta di svolgere accertamenti tecnici non ripetibili, il deve darne avviso, senza ritardo, al pubblico ministero per l'esercizio delle facoltà previste dall'art. 360;

d) negli altri casi di atti non ripetibili, il pubblico ministero, personalmente o mediante delega alla polizia giudiziaria, ha tuttavia facoltà di assistervi;

e) il verbale degli accertamenti compiuti e, quando il P.m. ha esercitato la facoltà di assistervi, la documentazione degli atti compiuti, devono essere inseriti nel fascicolo del difensore e nel fascicolo del pubblico ministero.

Bibliografia

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