Codice di Procedura Penale art. 403 - Utilizzabilità nel dibattimento delle prove assunte con incidente probatorio.Utilizzabilità nel dibattimento delle prove assunte con incidente probatorio. 1. Nel dibattimento le prove assunte con l'incidente probatorio sono utilizzabili [191] soltanto nei confronti degli imputati i cui difensori hanno partecipato alla loro assunzione [401 6]. 1-bis. Le prove di cui al comma 1 non sono utilizzabili nei confronti dell'imputato raggiunto solo successivamente all'incidente probatorio da indizi di colpevolezza se il difensore non ha partecipato alla loro assunzione, salvo che i suddetti indizi siano emersi dopo che la ripetizione dell'atto sia divenuta impossibile1.
[1] Comma aggiunto dall'art. 5 l. 7 agosto 1997, n. 267. Precedentemente la Corte cost., con sentenza interpretativa di rigetto, 16 maggio 1994, n. 181, aveva affermato: «Poiché l'art. 403 in tanto può trovare applicazione in quanto non sia stato, nel concreto, assicurato il contraddittorio, che si traduce nella regola della partecipazione del difensore della persona sottoposta alle indagini all'assunzione della prova della cui utilizzazione si discute, da tale disposizione non può derivare l'inutilizzabilità della prova formatasi in sede di incidente probatorio nei confronti di soggetti che solo successivamente all'assunzione della prova [...] sono stati raggiunti da indizi di colpevolezza, atteso che, per definizione, nessun contraddittorio poteva essere nei loro confronti assicurato». InquadramentoL'art. 403 detta le condizioni per l'utilizzabilità ex art. 191 delle prove assunte in sede di incidente probatorio. La regola è che l'utilizzabilità è consentita “nel dibattimento” soltanto nei confronti degli imputati i cui difensori hanno partecipato alla loro assunzione. Inoltre, è stata successivamente aggiunta dal legislatore la previsione secondo cui l'utilizzabilità è esclusa nei confronti dell'imputato raggiunto solo successivamente all'incidente probatorio da indizi di colpevolezza se il difensore non ha partecipato alla loro assunzione, salvo che i suddetti indizi siano emersi dopo che la ripetizione dell'atto sia divenuta impossibile. L'utilizzabilità nel dibattimento delle prove assunte con incidente probatorioProfili generali L' art. 403 detta le condizioni per l'utilizzabilità exart. 191 delle prove assunte in sede di incidente probatorio. La regola, prevista ab origine, è che l'utilizzabilità è consentita “nel dibattimento” soltanto nei confronti degli imputati i cui difensori hanno partecipato alla loro assunzione. Come autorevolmente affermato dalla Corte costituzionale con una celeberrima sentenza (Corte cost. n. 181/1994) la disposizione dell'art. 403, che pone limiti alla utilizzabilità nel dibattimento delle prove assunte con incidente probatorio, costituisce sviluppo attuativo della direttiva n. 40 dell'art. 2 l. n. 81/1987 (legge delega) che, in tema di incidente probatorio, prevede l'obbligo di «garantire la partecipazione in contraddittorio del pubblico ministero e dei difensori delle parti direttamente interessate» (seconda subdirettiva); nonché, il divieto di «... utilizzare le dichiarazioni concernenti persone diverse da quelle chiamate a partecipare» (terza subdirettiva). Interpretando la 'ratiò di tali previsioni, il legislatore delegato ha, nell'art. 403, esteso opportunamente il divieto di utilizzabilità soggettiva a tutte le prove assunte senza la partecipazione dei difensori dei soggetti ad esse interessati, e, quindi, al di là di quelle consistenti in dichiarazioni, le sole formalmente considerate dalla subdirettiva da ultimo citata. Che la norma del codice sia stata concepita in funzione della salvaguardia del contraddittorio, espressione del più generale diritto di difesa, si ricava del resto, oltre che dallo stretto collegamento tra le predette direttive della legge delega, dall'esame sistematico di altre disposizioni collocate nel titolo VII del libro V del codice, fra cui, in particolare, l'art. 401, comma 1, che prevede la partecipazione necessaria all'udienza «del difensore della persona sottoposta alle indagini»; e dal comma 6 del medesimo articolo, che pone il divieto di «estendere l'assunzione della prova a fatti riguardanti persone diverse da quelle i cui difensori partecipano all'incidente probatorio», salvo, peraltro, quanto previsto dall'art. 402, che prevede la necessaria integrazione del contraddittorio in caso di formale richiesta di estensione dell'incidente ad altri soggetti interessati. La regola di inutilizzabilità soggettiva implicata dall'art. 403 costituisce dunque per la Consulta una sanzione processuale per la violazione del principio del contraddittorio, in funzione del quale, come si esprime la Relazione al progetto preliminare del codice (p. 99), l'istituto dell'incidente probatorio è stato «costruito», dal che consegue che la norma in questione in tanto può trovare applicazione in quanto non sia stato, nel concreto, assicurato il contraddittorio, che si traduce nella regola della partecipazione del difensore della persona sottoposta alle indagini all'assunzione della prova della cui utilizzazione si discute. La S.C. ha tuttavia chiarito che nel caso in cui sia stato disposto l'incidente probatorio ai sensi dell'art. 398, comma 5-bis, cod. proc. pen. in relazione a reati sessuali commessi in danno di minori di anni sedici, non sussiste il diritto delle parti che vi abbiano partecipato ad ottenere la ripetizione in dibattimento delle attività di istruzione probatoria espletate in detta sede in ragione della "ratio legis" sottesa alla norma indicata e del dettato dell'art. 403 cod. proc. pen., che disciplina l'utilizzabilità delle prove assunte in incidente probatorio (Cass. III, n. 22177/2022). L'impostazione della Corte costituzionale era stata criticata dalla dottrina che riteneva non condivisibile la sentenza della Consulta nella parte in cui sosteneva che il diritto di difesa della persona non ancora indagata sarebbe stato sufficientemente tutelato dalla possibilità offerta alla stessa di esaminare il perito in dibattimento o di richiedere una nuova perizia, onde controllare l'obiettività della documentazione acquisita agli atti del procedimento. Le critiche della dottrina sono state ascoltate dal legislatore che, superando l'esegesi della Corte Costituzionale, ha introdotto il comma 1-bis con la l. n. 267/1997, sancendo l'inutilizzabilità della prova assunta in sede di incidente probatorio nei confronti dell'imputato raggiunto solo successivamente all'incidente da indizi di colpevolezza, nel caso in cui il difensore non abbia partecipato alla sua assunzione, salvo che gli indizi siano emersi dopo che la ripetizione dell'atto sia divenuta impossibile. L'utilizzabilità dibattimentale condizionata delle prove “ contra reum”Come chiarito dalla stessa Corte costituzionale nella richiamata sentenza Corte cost. n. 181 del 1994, la regola dettata dall'art. 403, comma 1, è posta a garanzia del contraddittorio. La regola dettata dalla norma processuale attua l'art. 2, direttiva n. 40, l. n. 81/1987 (legge delega), laddove vieta al giudice del dibattimento di utilizzare le dichiarazioni concernenti persone diverse da quelle chiamate a partecipare all'incidente ex art. 392. La giurisprudenza di legittimità ha, in particolare, affermato che dal combinato disposto degli artt. 401 comma 2 e 403 si ricava la regola di procedura, in base alla quale, per l'utilizzazione di quanto acquisitosi con incidente probatorio, è sufficiente che all'espletamento del medesimo sia presente un difensore dell'indagato, che può anche non essere quello di fiducia, dal momento che, in caso di mancata comparizione di costui, il giudice è facultato a nominarne uno di ufficio ai sensi dell'art. 97 comma 4 (Cass. I, n. 1309/1994). Quanto all'estensione della regola di inutilizzabilità espressa dall'art. 403, è pacifico per espressa previsione normativa che la stessa, sotto il profilo soggettivo, riguarda solo la fase dibattimentale; allo stesso modo, sotto il profilo oggettivo la regola opera solo a favore degli imputati i cui difensori non hanno partecipato alla formazione della prova all'udienza di svolgimento dell'incidente. Per quanto riguarda l'ambito soggettivo, la Cassazione ha affermato che la regola della partecipazione del difensore dell'indagato all'assunzione della prova in sede di incidente probatorio, con la conseguente sanzione di inutilizzabilità soggettiva della prova formatasi senza la partecipazione dei difensori dei soggetti ad essa interessati, — oltre a non riguardare quei soggetti che solo successivamente all'assunzione della prova, o addirittura proprio sulla base di essa, siano stati raggiunti da indizi di colpevolezza — non è applicabile nell'ipotesi in cui il difensore abbia partecipato all'assunzione dell'atto, anche se all'epoca l'imputato era raggiunto da indizi di colpevolezza in ordine ad una contestazione diversa rispetto a quella, poi, definitivamente formulata in sede di rinvio a giudizio (Cass. VI, n. 28845/2002). Allo stesso modo, poi, si è aggiunto che è legittima l'acquisizione e l'utilizzazione dei verbali dell'incidente probatorio formati in altro procedimento a carico dello stesso imputato con la partecipazione del suo difensore (Cass. V, n. 13277/2013). Per quanto, invece, attiene al profilo oggettivo, prevedendo espressamente la norma l'inutilizzabilità “dibattimentale”, non v'è dubbio in dottrina che la prova possa essere utilizzata nella fase delle indagini preliminari, come ad esempio per emettere una misura cautelare o un provvedimento di archiviazione o di rinvio a giudizio, come anche in funzione della pronunzia della sentenza resa in sede di giudizio abbreviato, o ai fini dell'applicazione della pena su accordo delle parti, o, da ultimo, al fine dell'emissione del decreto penale di condanna. La tesi prevalsa in dottrina è stata seguita dalla giurisprudenza di legittimità. La Cassazione afferma infatti con orientamento ormai consolidato che le prove assunte con l'incidente probatorio sono sempre e comunque utilizzabili ai fini dei provvedimenti da adottare nel corso delle indagini preliminari, senza alcun limite soggettivo, mentre nel dibattimento sono utilizzabili soltanto nei confronti degli imputati i cui difensori hanno partecipato alla loro assunzione, secondo il dettato dell'art. 403 (Cass. V, n. 299/1993, relativa ad una fattispecie in tema di misure cautelari personali, in cui una perizia, disposta con le forme dell'incidente probatorio nei confronti di alcuni indagati, è stata ritenuta utilizzabile nei confronti di altri, desumendosi da essa indizi di colpevolezza). Analogamente, si è di recente riaffermato che nel giudizio abbreviato sono utilizzabili, ai sensi dell'art. 438 c.p.p., le prove acquisite nei confronti di coimputati con le forme dell'incidente probatorio al quale l'imputato richiedente non abbia partecipato, atteso che si tratta di inutilizzabilità relativa e che il limite di cui all'art. 403 opera solo per il dibattimento (Cass. I, n. 44958/2018). Nello stesso senso si è affermato che la perizia, anche se disposta nelle forme dell'incidente probatorio, può essere utilizzata ai fini dell'emissione della misura cautelare non appena sia stata depositata la relazione scritta, e quindi anche prima che il perito sia stato sentito, ponendosi il problema del rapporto temporale fra la lettura della relazione e l'esame orale del perito solo nella fase dibattimentale a norma dell'art. 511, comma 3 (Cass. I, n. 3521/1995; Cass. I, n. 26077/2013). In applicazione di tali principi, quindi, la giurisprudenza ritiene che in tema di misure cautelari personali coercitive, ai fini della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, il giudice «de libertate» può legittimamente valutare le risultanze investigative e metterle a confronto con le prove in senso proprio, se già acquisite ex art. 392, e, quindi, effettuare un'anticipata valutazione non solo dell'attendibilità delle risultanze dell'incidente, ma anche della sussistenza di elementi indicativi di pressioni subite dal teste, che facciano prevedere l'acquisizione in giudizio delle dichiarazioni rese al P.M. o alla polizia giudiziaria ai sensi dell'art. 500, comma 4 (Cass. VI, n. 10680/2009; Cass. I, n. 31188/2004). Tale soluzione appare del resto confermata dall'esegesi giurisprudenziale secondo cui in sede cautelare non vi sono atti che abbiano una maggiore o minore valenza probatoria rispetto ad altri e, perciò, sia le risultanze delle indagini preliminari, sia quelle dell'incidente probatorio debbono essere valutate sullo stesso piano e nella loro globalità. Ciò tanto più se si considera che ormai, con il meccanismo delle contestazioni e dopo la novella apportata all'art. 500 con il d.l. n. 306/1992, anche gli atti formati nel corso delle indagini preliminari possono essere acquisiti al fascicolo del dibattimento e, in determinate circostanze, valutati come prove (Cass. I, n. 3015/1993, riguardante una fattispecie relativa a rigetto di ricorso contro provvedimento che aveva respinto l'appello avverso ordinanza del G.I.P. che non aveva revocato la misura della custodia cautelare, in cui la S.C. ha ritenuto che «il giudice di merito ben poteva attribuire maggiore attendibilità alle dichiarazioni rese dal teste al P.M. piuttosto che a quelle rese in sede di incidente probatorio, e ciò ha fatto, con motivazione ineccepibile, spiegando le ragioni del suo convincimento»). Può discutersi circa la rigorosa applicazione della sanzione di inutilizzabilità anche nel caso in cui l'esito della prova in tal modo acquisita sia favorevole all'imputato, il cui difensore non è stato presente all'incidente probatorio. La dottrina è divisa. A fronte di chi sostiene che la regola non debba valere per gli effetti in bonam partem, per la prevalenza del principio del favor rei, con la conseguenza che i risultati dell'incidente probatorio sarebbero utilizzabili illimitatamente se a favore del soggetto che sia rimasto, suo malgrado, estraneo alla loro assunzione diversamente c'è chi sostiene che l'inutilizzabilità debba riguardare anche l'ipotesi in cui le risultanze della prova incidentale siano favorevoli. Riteniamo che, in analogia a quanto previsto per le disposizioni che impediscono di utilizzare le dichiarazioni rese dal soggetto che si sia avvalso poi della facoltà di non rispondere, anche la regola dell'inutilizzabilità dettata dall'art. 403, essendo posta a presidio dei diritti di difesa dell'imputato — nel senso che le prove “incidentali” acquisite in assenza di difensore non possono essere utilizzate per giustificare un giudizio di colpevolezza —, consenta di pervenire all'affermazione che di esse si può tener conto sempre a favore dell'imputato (v., Cass. V, n. 14991/2012; v. anche Cass. I, n. 4343/1995, secondo cui la «ratio» giustificatrice delle regole enunciate dall'art. 63, comma 1 e 2, va ricercata, unitaria, nell'esigenza di escludere dalla cognizione del giudice ogni circostanza che si risolva in sfavore per il dichiarante, ritenendosi dunque che tali dichiarazioni possono e devono essere prese in considerazione e valutate quando si risolvano in favore della persona esaminata o siano per la stessa indifferenti, per assumere il dichiarante la condizione di testimone o persona informata sui fatti). La giurisprudenza si è poi occupata dei rapporti tra il disposto dell'art. 238 e l'art. 403. In particolare, la Cassazione ha chiarito che la prescrizione dell'art. 238, comma 1, che consente l'acquisizione di verbali di prove di altro procedimento, limitatamente alle prove assunte nell'incidente probatorio o nel dibattimento, è applicabile soltanto in sede dibattimentale e non anche in sede di riesame ai fini della verifica da parte del Tribunale della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza (Cass. III, n. 49595/2009). È stata poi ritenuta legittima l'acquisizione e l'utilizzazione dei verbali dell'incidente probatorio formati in altro procedimento a carico dello stesso imputato con la partecipazione del suo difensore (Cass. V, n. 13277/2013). Infine, si è poi precisato che è legittima l'acquisizione, nel processo minorile, dei verbali di prove di altro procedimento penale, assunte nell'incidente probatorio o nel dibattimento cui abbia partecipato il difensore, svoltosi a carico dell'imputato medesimo per fatti commessi dopo il raggiungimento della maggiore età (Cass. III, n. 21627/2010; in motivazione la Corte ha precisato che non è ostativo all'acquisizione il cosiddetto divieto di connessione di cui all'art. 14). Parallelamente, la Cassazione ha poi escluso, in una fattispecie relativa a reati sessuali in danno di minori, l'applicabilità dell'art. 190-bis, comma 1-bis, quando è richiesta la ripetizione in dibattimento dell'esame della persona offesa, già sentita in sede di incidente probatorio, divenuta nel frattempo maggiorenne (Cass. III, n. 6095/2014; in motivazione, la Corte ha precisato che, in applicazione delle disposizioni generali di cui all'art.190, il riascolto è comunque inammissibile per manifesta superfluità della prova quando le circostanze dedotte nella richiesta di esame coincidono con quelle oggetto della precedente escussione). Analogamente, si è puntualizzato che le dichiarazioni testimoniali rese, nei procedimenti per i delitti di cui all'art. 392, comma 1-bis, cod. proc. pen., da persona minorenne in sede di incidente probatorio disposto in udienza preliminare, sono utilizzabili ai fini della decisione del giudizio dibattimentale e non inficiate da alcuna nullità, anche se, all'atto della loro assunzione, non siano sussistite, né siano state indicate, circostanze da cui inferire la non rinviabilità della prova al dibattimento (In motivazione, la Corte ha precisato che, per le prove assunte con incidente probatorio, l'inutilizzabilità è contemplata solo relativamente agli imputati i cui difensori non abbiano partecipato alla loro assunzione, e che non sussiste alcuna nullità, né di ordine generale, in assenza della violazione del diritto di difesa, né relativa, stante il principio di tipicità delle nullità: Cass. III, n. 31609/2019). Si è poi aggiunto che, allorché si proceda per un reato diverso da quelli espressamente previsti dall'art. 190-bis cod. proc. pen., è consentita la lettura delle dichiarazioni rese dal testimone nel corso dell'incidente probatorio solo successivamente alla rinnovazione del suo esame, ove richiesto dalle parti e possibile (Cass. I, n. 21731/2019). L'inutilizzabilità in caso di gravità indiziaria “postuma”L'art. 403, comma 1-bis, come anticipato, vieta l'utilizzabilità nei confronti dell'imputato delle prove assunte in sede di incidente probatorio nel caso in cui egli venga raggiunto, solo successivamente allo svolgimento del medesimo, da indizi di colpevolezza, per il caso in cui il difensore non ha partecipato alla loro assunzione, salvo che i suddetti indizi siano emersi dopo che la ripetizione dell'atto sia divenuta impossibile. Trattasi di previsione inserita dal'art. 5, l. n. 267/1997 che ha delimitato l'ambito ed i limiti soggettivi di efficacia della prova assunta con incidente probatorio. L'occasione che ha ispirato il legislatore ad introdurre detta nuova ipotesi di inutilizzabilità venne data dalla sentenza della Corte cost. n. 198/1994 (v. supra) la quale — nel dichiara infondata la questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 112 Cost., dell'art. 403 — aveva affermato che, una volta stabilito che l'art. 403 in tanto può trovare applicazione in quanto non sia stato, nel concreto, assicurato il contraddittorio, da tale disposizione non può derivare l'inutilizzabilità della prova formatasi in sede di incidente probatorio nei confronti di soggetti che solo successivamente all'assunzione della prova (ed eventualmente, come nel caso esaminato dalla Consulta, proprio sulla base di essa) sono stati raggiunti da indizi di colpevolezza, atteso che, per definizione, nessun contraddittorio poteva essere nei loro confronti assicurato. Tale interpretazione, peraltro, va privilegiata anche in quanto — precisava la Corte costituzionale — è la sola conforme a Costituzione, giacché una diversa lettura della norma, che al divieto da essa posto, alla utilizzazione nel dibattimento delle prove assunte nell'incidente probatorio nei confronti degli imputati i cui difensori non vi abbiano partecipato, attribuisse un valore «assoluto», condurrebbe a riconoscerne il contrasto e con l'art. 112 Cost. — perché nei confronti di coindagati «ignoti», non sarebbe consentito compiere atti di assicurazione della prova non rinviabile al dibattimento, tali da rendere possibile l'esercizio dell'azione penale — e con il principio di ragionevolezza, non essendo comprensibile come altri atti compiuti nella fase delle indagini, suscettibili di varia utilizzazione dibattimentale — in primis gli accertamenti tecnici non ripetibili ex art. 360 — per i quali la legge preveda garanzie difensive, sia pure diverse dalla partecipazione necessaria ad un'attività di udienza, possano essere sottratti ad un simile regime di radicale inutilizzabilità soggettiva. Sicché vengono meno — in quanto basate sulla interpretazione della norma impugnata che la Corte respinse — le censure di violazione dei su citati precetti costituzionali avanzate in proposito, restando comunque fermo che la individuazione di quali persone, in relazione all'atto da assumere, debbano essere considerate «indagati», in quanto raggiunte da elementi indizianti, è rimessa al vaglio del giudice del dibattimento, e che, per altro verso, l'utilizzabilità nel dibattimento della prova assunta in incidente probatorio nei confronti di soggetti solo successivamente sottoposti a indagini non incide in alcun modo sul loro diritto alla prova, tutelato dall'art. 190, anche attraverso la facoltà della parte di richiedere che il mezzo di prova sia rinnovato in sede dibattimentale. In applicazione dell'esegesi operata dalla Corte costituzionale, invero la Cassazione aveva affermato che la regola della partecipazione del difensore dell'indagato all'assunzione della prova in sede di incidente probatorio, con la conseguente sanzione di inutilizzabilità soggettiva della prova formatasi senza la partecipazione dei difensori dei soggetti ad essa interessati, non riguarda quei soggetti che solo successivamente all'assunzione della prova, o addirittura proprio sulla base di essa, siano stati raggiunti da indizi di colpevolezza, dato che, per definizione, nei loro confronti nessun contraddittorio poteva essere assicurato (Cass. I, n. 745/1997). Da qui la modifica legislativa che ha determinato il superamento della sentenza della Consulta. L'art. 403, comma 1-bis, come osservato in dottrina, a differenza del comma 1, prescinde dai profili afferenti alla violazione di norme processuali: il legislatore, cioè, impone di salvaguardare il contraddittorio anche se nel momento di formazione della prova fosse del tutto fisiologica la mancata partecipazione del difensore. A tale regola di inutilizzabilità, tuttavia, il legislatore introduce un'eccezione: l'inutilizzabilità nel caso in cui l'indagato venga raggiunto, solo successivamente allo svolgimento del medesimo, da indizi di colpevolezza, per il caso in cui il difensore non abbia partecipato alla loro assunzione vale sempre ad eccezione del caso in cui “i suddetti indizi siano emersi dopo che la ripetizione dell'atto sia divenuta impossibile”. In altri termini, la regola dell'inutilizzabilità cede solo nel caso in cui l'atto fosse già irripetibile al momento dell'assunzione della qualità di indagato. L'irripetibilità, secondo parte della dottrina, dovrebbe essere valutata secondo la regola di cui all'art. 512, anche se tra le due disposizioni non v'è piena coincidenza (ad esempio, si fa notare come nell'art. 403 non è menzionato il requisito della imprevedibilità). Da ultimo, si fa notare in dottrina come l'art. 403, comma 1-bis, non è stato armonizzato, a differenza del comma 1 della medesima disposizione, con l'art. 238. Secondo la giurisprudenza di legittimità, però, sono utilizzabili le dichiarazioni del teste divenuto successivamente irreperibile, in precedenza rese in un diverso procedimento nelle forme dell'incidente probatorio contro un imputato il cui difensore non aveva partecipato all'assunzione, in quanto la regola dell'utilizzabilità «condizionata» stabilita dall'art. 238, comma 2-bis, deve essere coordinata con quella del comma 3 della predetta disposizione (Cass. III, n. 26166/2008). CasisticaL'utilizzabilità nel dibattimento delle prove assunte con incidente probatorio Con riferimento alla disciplina dettata dall'art. 403, la stessa può essere così sintetizzata: a) trattasi di previsione che detta le condizioni per l'utilizzabilità ex art. 191 delle prove assunte in sede di incidente probatorio; b) la regola è che l'utilizzabilità è consentita “nel dibattimento” soltanto nei confronti degli imputati i cui difensori hanno partecipato alla loro assunzione; c) superando l'interpretazione di Corte cost. n. 198/1994 è stata aggiunta al comma 1-bis la previsione secondo cui l'utilizzabilità è esclusa nei confronti dell'imputato raggiunto solo successivamente all'incidente probatorio da indizi di colpevolezza se il difensore non ha partecipato alla loro assunzione; d) a tale regola di inutilizzabilità fa eccezione il caso in cui i suddetti indizi siano emersi dopo che la ripetizione dell'atto sia divenuta impossibile. 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