Codice di Procedura Penale art. 512 bis - Lettura di dichiarazioni rese da persona residente all'estero 1 .

Alessandro Trinci

 Lettura di dichiarazioni rese da persona residente all'estero1.

1. Il giudice, a richiesta di parte, può disporre, tenuto conto degli altri elementi di prova acquisiti, che sia data lettura dei verbali di dichiarazioni rese da persona residente all'estero anche a seguito di rogatoria internazionale se essa, essendo stata citata, non è comparsa e solo nel caso in cui non ne sia assolutamente possibile l'esame dibattimentale.

[1] Articolo originariamente inserito dall'art. 8 d.l. 8 giugno 1992, n. 306, conv., con modif., nella l. 7 agosto 1992, n. 356 e poi così sostituito dall'art. 43 l. 16 dicembre 1999, n. 479.

Inquadramento

L'articolo in esame, in ossequio al principio di non dispersione dei mezzi di prova, consente un eccezionale «ripescaggio» delle dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari dal cittadino italiano o straniero residente all'estero, qualora il dichiarante non sia comparso in dibattimento e non sia assolutamente possibile esaminarlo.

Presupposti

La lettura delle dichiarazioni rese dal cittadino italiano o straniero residente all'estero, anche se rese a seguito di rogatoria internazionale, è subordinata a tre presupposti che devono concorrere congiuntamente:

a) che il dichiarante sia stato regolarmente citato e non sia comparso;

b) che l'esame dibattimentale sia assolutamente impossibile;

c) che la lettura sia giustificata dal complessivo quadro probatorio disponibile.

Trattasi di un procedimento acquisitivo che, derogando al principio del contraddittorio nella formazione della prova, non può essere passibile di estensione analogica.

Inoltre, il carattere derogatorio della lettura dei verbali ex art. 512-bis impone al giudice una rigorosa verifica preliminare dei presupposti applicativi, di cui deve essere fornito adeguato riscontro in motivazione (Cass. II, n. 8565/1999).

Occorre premettere che la disciplina in esame trova applicazione sempre che il soggetto fosse effettivamente residente all'estero già al momento in cui rese le dichiarazioni della cui lettura si tratta, dovendo invece trovare applicazione la disciplina di cui all'art. 512 qualora tale soggetto fosse, al momento della deposizione, anche di fatto residente in Italia (Cass.S.U., n. 27918/2010; Cass. V, n. 13522/2017).

Ai fini dell'acquisizione mediante lettura dibattimentale ex art. 512-bis delle dichiarazioni rese nel corso delle indagini da persona residente all'estero, è necessario preliminarmente accertare l'effettiva e valida citazione del teste non comparso secondo le modalità previste dall'art. 727 per le rogatorie internazionali o dalle convenzioni di cooperazione giudiziaria, verificandone l'eventuale irreperibilità mediante tutti gli accertamenti opportuni (Cass. S.U. , n. 27918/2010).

Occorre, inoltre, che l'impossibilità di assumere in dibattimento il testimone sia assoluta ed oggettiva, non essendo sufficienti né mere problematiche relative all'organizzazione dell'esame (come difficoltà logistiche, spese elevate, intralci burocratici, ecc.) né la mera impossibilità giuridica di disporre l'accompagnamento coattivo. Occorre, piuttosto, che risulti assolutamente impossibile la escussione del dichiarante attraverso una rogatoria internazionale concelebrata o mista, secondo il modello previsto dall'art. 4 della Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale (Cass. S.U. , n. 27918/2010).

Alcuni autori ritengono che una lettura costituzionalmente orientata della norma in esame (ai sensi degli artt. 33 e 111, comma 5, Cost.) dovrebbe portare a ritenere che anche l'imprevedibilità sopravvenuta della situazione impediente, benché non espressamente menzionata, rientri fra i requisiti di operatività della lettura ex art. 512-bis. (Conti, 478).

Ciò che rileva per l'operatività della norma in esame è la residenza su territorio estero del dichiarante, indipendentemente dalla cittadinanza, sicché essa è operante anche per il cittadino italiano, per lo straniero o per l'apolide che risiedono oltre confine (Cesari, 263).

Il termine “residenza” utilizzato dalla norma in esame non va inteso nel suo significato tecnico-giuridico, come una nozione contrapposta o comunque differenziata rispetto a quella della “dimora”. Con il predetto termine il legislatore ha solo voluto riferirsi a quei cittadini stranieri che sono di fatto stabilmente e normalmente residenti e dimoranti all'estero, e che soltanto occasionalmente e per un periodo breve e transitorio si siano trovati ad essere presenti in Italia.

La disposizione, pertanto, non è applicabile a quei cittadini stranieri che abbiano conservato la residenza all'estero, ma che di fatto abbiano avuto o abbiano dimora in Italia per un periodo di tempo comunque apprezzabile e non si siano invece limitati ad una breve permanenza sul territorio italiano. Ciò anche al fine di assegnare alla norma — che costituisce una rilevante eccezione al principio di oralità e del contradditorio probatorio nel dibattimento — una portata che la renda il più possibile conforme ai principi costituzionali posti dal nuovo testo dell'art. 111 Cost. (Cass. V, n. 4945/2021; Cass. VI, n. 12374/2013; Cass. III, n. 2470/1999, che ha escluso l'applicabilità dell'art. 512-bis in relazione a dichiarazioni rese da una cittadina straniera in realtà residente ininterrottamente in Italia per lo meno da diciotto mesi).

Nei confronti dei soggetti cui non è applicabile la previsione in esame, il recupero delle precedenti dichiarazioni può comunque essere effettuato, ricorrendone i presupposti, con il meccanismo di cui all'art. 512 (Cass. I, n. 12306/1995).

Le dichiarazioni del cittadino residente all'estero, recuperate al fascicolo per il dibattimento ex art. 512,non possono essere poste a fondamento, esclusivo o prevalente, di una pronuncia di condanna, qualora sia accertato che l'assenza in dibattimento del dichiarante è connotata dalla volontà di sottrarsi all'esame, desumibile o da prova diretta o da presunzione collegata all'avvenuta citazione per il dibattimento (Cass. VI, n. 39985/2008; Cass. S.U. , n. 27918/2010, secondo cui «ai fini dell'operatività del divieto di provare la colpevolezza dell'imputato sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si è sempre volontariamente sottratto all'esame dell'imputato o del suo difensore, non è necessaria la prova di una specifica volontà di sottrarsi al contraddittorio, ma è sufficiente — in conformità ai principi convenzionali (art. 6 Cedu) — la volontarietà dell'assenza del teste determinata da una qualsiasi libera scelta, sempre che non vi siano elementi esterni che escludano una sua libera determinazione»).

Tuttavia, deve osservarsi che la giurisprudenza interna, recuperando un orientamento della Corte di Strasburgo (Corte Edu , 15 dicembre 2011, Al Khawaja e Tahery c. Regno Unito), ha ritenuto che una sentenza di condanna che si basi unicamente o in misura determinante su una testimonianza resa in fase di indagini da un soggetto che l'imputato non sia stato in grado di interrogare o far interrogare nel corso del dibattimento, integra una violazione dell'art. 6 Cedu solo se il pregiudizio così arrecato ai diritti di difesa non sia stato controbilanciato da elementi sufficienti, ovvero da solide garanzie procedurali in grado di assicurare l'equità del processo nel suo insieme (Cass. VI, n. 2296/2013, che ha escluso la violazione dell'art. 6 Cedu in un caso in cui le dichiarazioni rese in sede di indagini, acquisite in dibattimento ex art. 512-bis, non erano risultate indispensabili per sostenere la fondatezza dell'accusa, essendo quest'ultima risultata provata alla luce di ulteriori emergenze processuali).

La norma prevede che l'ingresso della prova avvenga su richiesta di parte; tuttavia, deve ritenersi che il giudice non sia vincolato all'impulso delle parti, perché ai fini della valutazione se procedere o meno con la lettura, deve tener conto anche « degli altri elementi di prova acquisiti ».

Secondo la giurisprudenza, con tale dizione il legislatore ha voluto precisare che le dichiarazioni possono entrare a far parte del materiale probatorio sottoposto all'esame del giudice soltanto se necessarie per la decisione in rapporto al materiale probatorio già acquisito, e non imporre al giudice una regola di giudizio secondo la quale tali dichiarazioni possono essere apprezzate per pervenire alla decisione solo dopo la valutazione degli altri elementi di prova agli atti. Infatti, una volta autorizzatane la lettura in sede dibattimentale, dette dichiarazioni vanno valutate secondo i criteri generali di cui al primo comma dell'art. 192, che non pone alcuna gerarchia in ordine alla valutazione metodologica o temporale delle prove prese in considerazione per la decisione adottata derivante dalla loro natura o dal modo in cui esse sono state assunte, direttamente o mediante lettura (Cass. I, n. 6488/2002; Cass. II, n. 1094/1993, che ha ritenuto corretto l'operato del giudice di merito che non ha acquisito le dichiarazioni ex art. 512-bis ritenendo intrinsecamente inattendibili i testi, per le contraddizioni insite nelle loro dichiarazioni e perché le affermazioni della persona offesa, pienamente riscontrate, rendevano inutile e superflua l'escussione dei testimoni a discarico).

Secondo alcuni autori, il legislatore ha invece voluto stabilire una regola di giudizio per la valutazione delle dichiarazioni analoga a quella prevista dagli artt. 192, comma 3 e 500, comma 4 (Monaco, 2592).

Secondo altri, invece, il momento della valutazione riguarda soltanto il carattere della non superfluità o della irrilevanza delle dichiarazioni, di talché la lettura dei verbali ex art. 512-bis dovrebbe essere disposta solo se le dichiarazioni di cui si chiede l'acquisizione appaiono necessarie o, addirittura, decisive alla luce delle prove già in atti (Bassi, 2112).

Procedimento acquisitivo

Poiché l'art. 512-bis consente di recuperare atti di indagine sconosciuti al giudicante, la lettura per sopravvenuta irripetibilità è disposta dal giudice su richiesta di parte (con esclusione quindi della persona offesa non costituita parte civile e degli enti ed associazioni ex art. 91), dovendosi escludere la possibilità di una iniziativa officiosa.

La parte che richiede la lettura dibattimentale per sopravvenuta impossibilità di ripetizione ha l'onere di provare sia il carattere dell'imprevedibilità che quello, oggettivo, dell'impossibilità di assumere l'esame testimoniale.

L'istanza va discussa nel contraddittorio delle parti e il giudice può valutarla liberamente, senza essere vincolato alle ragioni esposte dalla parte a sostegno della richiesta, la quale può essere accolta o respinta anche per motivi diversi da quelli prospettati, purché con decisione che sia adeguatamente motivata.

Ove il giudice non dia spiegazione della verifica compiuta in ordine all'impossibilità di esaminare nel contraddittorio fra le parti il dichiarante che si trovi all'estero, la lettura deve ritenersi svolta illegittimamente con conseguente inutilizzabilità del relativo verbale (Cass. II, n. 8565/1999).

Una volta accolta la richiesta, la lettura deve essere effettiva, posto che la possibilità di indicare gli atti utilizzabili per la decisione in luogo della loro lettura è prevista solo nell'art. 511.

Gli atti non acquisibili mediante lettura per difetto dei presupposti richiesti dalla norma, possono trovare ingresso nel fascicolo per il dibattimento su accordo delle parti.

Atti utilizzabili

Tramite il meccanismo acquisitivo delle letture ex art. 512-bis possono essere utilizzati per la decisione i verbali di dichiarazioni rese da persone residenti all'estero e contenuti nel fascicolo delle indagini preliminari.

Ai fini dell'acquisizione e della lettura a dibattimento delle dichiarazioni rese da persona residente all'estero occorre che le dichiarazioni orali siano state rese davanti ad un ufficiale di polizia giudiziaria, che siano state raccolte a verbale e che sia stata preventivamente esperita la procedura della rogatoria ai fini della citazione. Non possono, pertanto, considerarsi un valido equipollente ai fini probatori le missive, contenenti la descrizione dei fatti posti a fondamento della contestazione all'imputato, inviate dall'estero da parte del teste-persona offesa, che non abbia in precedenza mai reso dichiarazioni e non sia stato citato a comparire a dibattimento (Cass. VI, n. 9964/2003).

La giurisprudenza ritiene che il generico riferimento ai “verbali di dichiarazioni” contenuto nell'art. 512-bis non esclude le dichiarazioni orali di querela raccolte in un verbale (Cass. III, n. 7530/1999).

Per quanto riguarda le dichiarazioni assunte dalla polizia giudiziaria straniera, la giurisprudenza ne ammette il recupero ai sensi dell'art. 512-bis, sul rilievo che l'art. 78, comma 2, disp. att. — in base al quale « gli atti non ripetibili compiuti dalla polizia straniera possono essere acquisiti nel fascicolo del dibattimento se le parti vi consentano ovvero dopo l'esame testimoniale dell'autore degli stessi » — riguarda soltanto gli atti di accertamento che siano stati direttamente «compiuti» dalla polizia straniera (quali, ad esempio, rilievi tecnici, ispezioni, sequestri), rimanendo invece esclusi gli atti «assunti» o «raccolti», tra cui, in particolare, le dichiarazioni rese da persone residenti all'estero (Cass. II, n. 23597/2002).

Nonostante il silenzio della norma, per evitare irragionevoli disparità di trattamento con il pubblico ministero, si ritiene che anche i verbali delle dichiarazioni assunte dal difensore nel corso delle proprie investigazioni possano transitare nel dossier processuale tramite le letture ex art. 512-bis (Cesari, 266).

Per la soluzione negativa, ma antecedente alla riforma delle indagini preliminari operata dalla l. n. 397/2000, cfr. Cass. III, n. 12291/2000.

Bibliografia

v. sub Artt. 511 e 511-bis. Basi, Alcune riflessioni in materia di atti irripetibili alla luce della novella 356/1992, in Cass. pen. 1994, 2112; Cesari, Dichiarazioni irripetibili, in Di Chiara (a cura di), Eccezioni al contraddittorio e giusto processo. Un itinerario attraverso la giurisprudenza, Torino, 2009, 263; Monaco, Brevi considerazioni sull'utilizzabilità dibattimentale delle dichiarazioni rese dal cittadino straniero residente all'estero, in Cass. pen. 1995, 2592.

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