Codice di Procedura Penale art. 2 - Cognizione del giudice.

Sergio Beltrani

Cognizione del giudice.

1. Il giudice penale risolve ogni questione da cui dipende la decisione, salvo che sia diversamente stabilito [3, 30, 263 3, 324 8, 479] 1.

2. La decisione del giudice penale che risolve incidentalmente una questione civile, amministrativa o penale non ha efficacia vincolante in nessun altro processo.

 

[1] V. anche artt. 1 l. cost. 9 febbraio 1948, n. 1 e 23 l. 11 marzo 1953, n. 87, relativi alla devoluzione alla Corte costituzionale delle questioni di legittimità costituzionale da parte del giudice. Per la pregiudiziale comunitaria, v. art. 177 Trattato Cee firmato a Roma il 25 marzo 1957, ratificato e reso esecutivo con l. 14 ottobre 1957, n. 1203.

Inquadramento

L'art. 2 stabilisce « la regola dell'autonoma cognizione del giudice per quanto concerne le questioni strumentali rispetto alla decisione finale. Si tratta di una cognizione che ha effetti limitati al processo in corso (cognitio incidenter tantum), senza alcuna efficacia di giudicato » (Rel. prog. prel. c.p.p., 2).

La disposizione, nell'attribuire al giudice penale investito di un petitum la risoluzione di ogni questione da cui dipende la decisione, « salvo che sia diversamente stabilito », non esclude, in virtù di tale clausola di riserva, la configurabilità di questioni pregiudiziali penali a processo penale (Cass. VI, 12 ottobre 1993, Santolla).

La cognizione del giudice penale

Secondo la giurisprudenza, l'art. 2 ha una portata generale, che non distingue le questioni pregiudiziali di fatto che coinvolgono terzi, da quelle attinenti solo alle parti processuali, con la conseguenza della legittimità dell'accertamento in via incidentale, e senza effetto di giudicato, da parte di tali giudici, dei comportamenti, ancorché infamanti, di terzi, qualora siffatto accertamento risulti necessario in relazione all'accertamento dei fatti costituenti reato oggetto del processo penale (Cass. civ. III, n. 25123/2006: nella specie, la S.C., alla luce del principio, ha rigettato il motivo di ricorso fondato sull'asserita inviolabilità dei diritti dei soggetti estranei al processo, confermando la sentenza impugnata basata sull'inesistenza, nell'ordinamento vigente, di un divieto, per il giudice penale, in funzione della decisione del processo, di esprimere, nella sentenza, degli apprezzamenti circa la sussistenza, a carico di un terzo estraneo al giudizio penale, di indizi di reità in ordine ad un determinato fatto, senza che sia iniziato, nei suoi confronti, un procedimento o vengano esperite formali indagini).

Le eccezioni

Dopo avere enunciato la regola generale secondo cui il giudice penale ha il potere di risolvere « ogni questione da cui dipende la decisione », l'art. 2 fa salva « una serie di situazioni nelle quali la regola può essere derogata; in un inventario con il carattere della tassatività e dunque insuscettibile di estensione analogica ai sensi dell'art. 14 delle preleggi.

Secondo la dottrina, le situazioni riconducibili letteralmente alla previsione dell'art. 2 dovrebbero essere soltanto quelle che prevedono una vera e propria sottrazione al giudice penale del potere-dovere di decidere, su uno degli elementi costitutivi della fattispecie, con la connaturale implicazione di un effetto vincolante per il giudice penale della decisione pronunciata da altro organo giurisdizionale o forse anche da altro organo istituzionale dello Stato » (Giarda, 243).

Le eccezioni al principio secondo cui il giudice penale risolve ogni questione rilevante ai fini della decisione sono state limitate, essendo stato privilegiato il diritto dell'imputato ad essere giudicato in tempi ragionevoli e senza ingiustificati ritardi, sancito, nell'ambito dei principi del “giusto processo”, dall'art. 6 § 1 CEDU (cui l'emanando codice, ai sensi dell'art. 2 comma 1, l. delega 16 febbraio 1987, n. 81, doveva adeguarsi), e successivamente recepito quale principio costituzionale (cfr. art. 111, comma 1, Cost., inserito dall'art. 1, l. cost. n. 2/1999). Tra esse, ammesse in virtù della clausola « salvo che sia diversamente stabilito », possono essere ricordate quelle previste, nel codice di rito, dagli artt. 3 (con riguardo alle questioni pregiudiziali sullo stato di famiglia o di cittadinanza), 263 comma 3 e 324 comma 8 (con riguardo alle controversie sulla proprietà delle cose sequestrate, rilevante all'atto della restituzione), 479 (con riguardo alle questioni civili od amministrative, diverse da quelle di stato o di cittadinanza, dalle quali dipenda la decisione sull'esistenza del reato); conservano, inoltre, rilievo, la pregiudiziale costituzionale e quella c.d. comunitaria, ex art. 177 Trattato CE (in argomento, E. Marzaduri, voce Questioni pregiudiziali, 116 ss.).

La riserva contenuta nell'art. 2 evoca, inoltre, ogni altra situazione nella quale il giudice penale risulti privo di un autonomo potere decisorio: il riferimento è ai poteri riconosciuti alla Corte costituzionale (nelle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di legge), alla Corte EDU (quanto all'interpretazione della Cedu e dei relativi Protocolli aggiuntivi) ed alla Corte di Giustizia UE (quanto all'interpretazione autentica, “in via pregiudiziale”, del Trattato UE): si tratta di casi nei quali la decisione di un giudice diverso da quello penale è pregiudiziale rispetto alla decisione di quest'ultimo, che ne è vincolato.

Gli effetti della decisione del giudice penale

La decisione del giudice penale che risolve incidentalmente una questione civile, amministrativa o penale, non ha efficacia vincolante in un diverso processo.

La dottrina ha osservato, in proposito, che « da un punto di vista letterale, la disposizione non precisa che la sentenza del giudice penale che abbia risolto incidentalmente una questione civile, amministrativa o penale non vincola nessun altro giudice, nemmeno se sia passata in cosa giudicata, ma è abbastanza facile osservare che il riferimento al passaggio in cosa giudicata è implicito, atteso che un problema di effetto vincolante, nel senso di preclusione per un giudice di decidere in modo diverso rispetto al dictum decisorio di un'altra sentenza, si pone di regola su un piano sistematico solo per le sentenze passate in giudicato; con ciò intendendosi dire che un problema di vincolatività o meno potrebbe riguardare solo decisioni non più soggette alle ordinarie impugnazioni »; peraltro, esulano dall'ambito applicativo dell'art. 2 « i profili attinenti all'eventuale utilizzabilità delle prove raccolte nel corso del procedimento penale, magari anche al solo fine di decidere tutte le questioni, in via incidentale; profili che si dovranno affrontare secondo le usuali regole della problematica della c.d. “circolarità della prova” » (Giarda, 242).

Una volta esclusa la possibile efficacia vincolante delle suddette decisioni incidentali del giudice penale in altri giudizi, deve ritenersi che esse ben possano essere disattese, sia in sede civile ed amministrativa, che nella stessa sede penale, ma in altro processo, in virtù di una diversa regola di giudizio (si pensi alla diversa ripartizione dell'onere della prova nei giudizi civili e penali), o comunque di una diversa valutazione dei medesimi elementi probatori, o di diversi elementi probatori tout court; il che rende sempre possibile l'apparente contrasto tra giudicati.

In applicazione della disciplina dettata dall'art. 2, comma 2, la giurisprudenza ha ritenuto che la circostanza aggravante del nesso teleologico (art. 61, comma 1, n. 2, c.p.) può essere ritenuta anche se il reato-fine venga giudicato separatamente (Cass. V, n. 12707/2003, in fattispecie relativa al delitto di falso, per aver circolato con targa sostituita allo scopo di impedire l'accertamento del furto della vettura, reato giudicato separatamente).

Casistica

Gli incidenti di falso: relazioni di notifica e verbali di udienza

Il nuovo codice di procedura penale non contempla l'istituto dell'incidente di falso, che, nell'abrogato codice di rito, regolamentava l'impugnazione di un atto o di un documento del processo denunziato di falsità.

La giurisprudenza (Cass. VI, n. 1361/2019) ha affermato che i verbali delle attività di polizia giudiziaria non hanno valore probatorio privilegiato e, pertanto, le contestazioni riguardanti il loro contenuto non richiedono la presentazione di querela di falso, ma sono definite nell'ambito del processo penale, alla stregua di ogni altra questione, con i limiti di cui all'art. 2, comma 2; il mancato riconoscimento a tali atti della fede privilegiata ex art. 2700 c.c. deriva dall'omessa previsione, nel nuovo codice di procedura penale, dell'istituto dell'incidente di falso e dalla non riferibilità agli atti del processo penale della disciplina processualcivilistica, non essendo neppure prevista la sospensione del processo penale in attesa della decisione definitiva in quello civile.

La nuova disciplina ha originato problemi in relazione alle ipotesi di falsità delle relazioni (o relate) di notifica (in relazione alle quali si rinvia sub art. 168), e dei verbali di udienza (in relazione alle quali si rinvia sub art. 482).

Altre applicazioni

Secondo la giurisprudenza, qualora il giudice penale abbia pronunciato sentenza risolvendo — come, di regola, è suo dovere — una questione pregiudiziale civile diversa da quelle di stato, di famiglia o di cittadinanza, senza sospendere il processo, oppure revocando legittimamente la disposta sospensione, il sopravvenuto giudicato civile che abbia deciso la stessa questione non può fare stato nel processo penale ancora in corso; ne consegue che, legittimamente, il giudice penale che procede per il reato di cui all'art. 485 c.p. senza sospendere il procedimento, emette sentenza di condanna e dichiara falsa la scrittura privata riconosciuta autentica in una sentenza civile, anche se può derivarne un eventuale contrasto di giudicati: tale eventualità è, tuttavia, esclusa se (come nella specie) la scrittura privata sia stata riconosciuta autentica a seguito del procedimento di verificazione previsto dagli artt. 216 ss. c.p.c., nel quale — a differenza di quello previsto negli artt. 221 ss. c.p.c. — non si assume la falsità di un documento, ma semplicemente si nega di averlo redatto o sottoscritto. In tal caso, a maggior ragione, il giudicato civile è privo d'influenza sul giudizio penale in corso (Cass. V, 6 maggio 1976, Vecchio).

Spetta al giudice penale decidere in via incidentale la natura pubblica o privata di un ente, quando la questione assuma rilevanza ai fini della qualificazione giuridica del fatto oggetto dell'imputazione (Cass. V, 18 gennaio 1999, Migotto, in fattispecie nella quale, in relazione alla contestazione del reato di falso in atto pubblico, si è ritenuto che spettasse al giudice penale decidere della qualificazione quale ente pubblico o privato di una casa di riposo, rientrante tra le istituzioni di assistenza e beneficenza, senza dover attendere la decisione del giudice civile sulla natura del rapporto di lavoro dell'imputata).

Si è anche ritenuto che l'impossibilità economica di far fronte all'obbligo di versamento della cauzione imposta, ai sensi dell'art. 3-bis l. n. 575/1965 (ma v. ora art. 31 d.lgs. n. 159/2011), al soggetto nei cui confronti sia stata applicata una misura di prevenzione, è deducibile anche nel giudizio penale instaurato a carico del medesimo soggetto per il reato costituito dall'inosservanza di detto obbligo, e deve, quindi, essere verificata dal giudice penale a prescindere da quanto già compiuto dal giudice della prevenzione al momento della determinazione della somma da versare (Cass. I, n. 13521/2010).

Qualora venga dedotta la falsità di un atto fidefacente (nella specie, un certificato medico), rilevante nel giudizio quale prova, il giudice penale deve verificare la fondatezza della questione e decidere su di essa in via incidentale nell'ambito del procedimento stesso; ne consegue che tale decisione non determina alcun effetto preclusivo da giudicato al fine di non pregiudicare l'accertamento eventuale di responsabilità per il delitto di falso (Cass. VI, n. 26026/2018).

In tema di espulsione dello straniero dal territorio dello Stato (art. 86 d.P.R. n. 309/1990), il giudice della misura di sicurezza deve accertare in via incidentale la sussistenza dei presupposti che, alla stregua delle prospettazioni dell'interessato, potrebbero condurre al riconoscimento in suo favore della cd. protezione sussidiaria, a nulla rilevando la possibilità per il medesimo di agire in via ordinaria per ottenere il riconoscimento del diritto alla stessa (Cass. I, n. 49242/2017).

Una recente decisione ha ritenuto che, ai fini della procedibilità del delitto di cui all'art. 633 c.p., nel caso in cui la querela sia presentata da un erede del proprietario dell'immobile illecitamente invaso od occupato, l'accettazione tacita dell'eredità da parte sua o la prescrizione del suo diritto ad accettarla ex art. 480 c.c. non possono formare oggetto di valutazione incidentale in sede di giudizio penale, posto che tale accertamento necessita dell'instaurazione del contraddittorio con la parte interessata a dimostrare di aver accettato tacitamente l'eredità o comunque che il suo diritto ad accettare non si è prescritto (Cass. II, n. 3125/2024: fattispecie in cui gli imputati avevano eccepito che il querelante non era legittimato a proporre querela per il delitto in oggetto, in quanto non aveva accettato l'eredità ed il suo diritto si era prescritto, sicché non sarebbe mai divenuto proprietario dell'immobile arbitrariamente invaso).

La cognizione incidentale sulle questioni amministrative

La giurisprudenza ritiene preclusa al giudice penale la valutazione della legittimità dei provvedimenti amministrativi che costituiscono il presupposto dell'illecito penale qualora sul tema sia intervenuta una sentenza irrevocabile del giudice amministrativo, ma tale preclusione non si estende ai profili di illegittimità, fatti valere in sede penale, che non siano stati dedotti ed effettivamente decisi in quella amministrativa (Cass. I, n. 11596/2011; conforme Cass. III, n. 44077/2014, in fattispecie nella quale la S.C. ha giudicato immune da censure la conferma del sequestro preventivo di uno stabilimento balneare per il reato previsto dagli artt. 54 e 1161 c. nav., previa disapplicazione della concessione demaniale ritenuta illegittima perché priva di durata determinabile, a fronte di una pronuncia del T.A.R. che si era limitata a verificare, ed escludere, che detta concessione dovesse essere dichiarata «scaduta»).

La valutazione del giudice penale in ordine alla validità di un atto amministrativo al fine di accertare o di escludere l'esistenza del reato della cui cognizione è investito, è eseguita — ai sensi dell'art. 5 l. n. 2248/1865, alleg. E — incidenter tantum, con efficacia circoscritta all'oggetto dedotto in giudizio: di conseguenza, il giudicato sul caso deciso non preclude la libera ed eventualmente diversa valutazione dello stesso provvedimento ad opera di altro giudice in caso analogo (Cass. I, n. 29453/2001: in applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto sussistente il reato di contravvenzione al foglio di via obbligatorio, nonostante il fatto che, in un precedente giudizio riguardante una vicenda analoga, il medesimo provvedimento fosse stato disapplicato dal giudice perché ritenuto illegittimo).

La dottrina ha rilevato, in proposito, che « riguardo ad uno stesso atto amministrativo (...), oggetto di cognizione sia da parte di un giudice amministrativo che di un giudice penale, qualora esso sia reputato illegittimo dal giudice amministrativo e quindi annullato (con efficacia ex tunc), il giudice penale — pur non potendo far rivivere l'atto e dovendo, dunque, prendere in considerazione tale annullamento ex tunc — certamente può stimarsi non vincolato da tale pronuncia ai fini della sua decisione. L'annullamento del provvedimento non ha, infatti, efficacia di giudicato nel processo in corso », proprio in virtù della regola sancita dall'art. 2. Naturalmente, il giudice amministrativo potrà, a sua volta, nell'ambito del processo amministrativo, annullare l'atto amministrativo ritenuto legittimo dal giudice penale; inoltre, l'accertamento del giudice penale ha efficacia soltanto nel processo nel quale esso è compiuto: « pertanto, se un atto amministrativo viene stimato illegittimo dal giudice penale, tale qualificazione giuridica obbliga soltanto quest'ultimo a disapplicare l'atto e a decidere il processo come se l'atto non esistesse. Se lo stesso atto viene preso in considerazione in un altro processo, può essere ritenuto legittimo senza che la precedente qualificazione di invalidità possa vincolare il giudice del diverso processo, anche se la mancanza di “efficacia vincolante” non lo esime da una adeguata motivazione che spieghi le ragioni per le quali la precedente qualificazione di illegittimità non sia giudicata sussistere ». Non è di ostacolo a questa conclusione la disciplina dettata dall'art. 654, in tema di efficacia della sentenza penale (di condanna o di assoluzione) in altri giudizi civili od amministrativi: « il vincolo del giudicato è circoscritto ai fatti accertati, investe il fatto storico: è esclusa la qualificazione giuridica e quindi la valutazione di legittimità dell'atto amministrativo » (Gambardella, 3497 ss.).

Un più recente orientamento giurisprudenziale (Cass. III, n. 31282/2017) ha precisato che la valutazione del giudice penale in ordine alla legittimità di un atto amministrativo, costituente il presupposto di un reato, è stata ritenuta non preclusa da un giudicato amministrativo formatosi all’esito di una controversia instaurata sulla base di documentazione incompleta, o comunque fondata su elementi di fatto rappresentati in modo parziale o addirittura non veritiero, sempre che tali criticità risultino da dati obiettivi preesistenti e sconosciuti al giudice amministrativo, o comunque sopravvenuti alla formazione del giudicato. In applicazione del principio, in fattispecie riguardante la violazione dell’art. 44 T.U. Urb. contestata ad un imprenditore agricolo, la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione di merito che aveva escluso la sussistenza di una preclusione, da giudicato amministrativo, in ordine all’insufficienza del patrimonio edilizio preesistente a soddisfare le esigenze abitative dell’imputato, in quanto tale requisito — costituente presupposto essenziale per il legittimo rilascio del permesso di costruire in zona agricola — era stato valutato dal giudice amministrativo sulla base di una rappresentazione dei luoghi che, in sede penale, era risultata falsa. Si è precisato che al giudice penale è preclusa la valutazione della legittimità dei provvedimenti amministrativi che costituiscono il presupposto dell'illecito penale qualora sul tema sia intervenuta una sentenza irrevocabile del giudice amministrativo, ma tale preclusione non si estende ai profili di illegittimità, fatti valere in sede penale, non dedotti ed effettivamente decisi dal giudice amministrativo (Cass. VI, n. 17991/2018)

 

Bibliografia

Gambardella, Riflessioni intorno alla cognizione incidenter tantum del giudice penale sulle questioni amministrative, in Cass. pen. 2002, 3497; Giarda, Sub art. 2, in Codice di procedura penale commentato, a cura di A. Giarda-G. Spangher, I, Milano, 2010, 238; Marzaduri, voce Questioni pregiudiziali (dir. proc. pen.), in Enc. dir., XXXVIII, Milano, 1987, 116. 

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