Codice Penale art. 95 - Cronica intossicazione da alcool o da sostanze stupefacenti.InquadramentoL'articolo in commento prende in esame e disciplina la cronica intossicazione da alcool o da sostanze stupefacenti limitandosi a stabilire che si applicano le disposizioni di cui agli artt. 88 e 89: ne consegue che il soggetto che abbia commesso un reato in stato di cronica intossicazione, è dichiarato non imputabile (art. 88) parzialmente capace d'intendere e di volere (art. 89) con tutte le ulteriori conseguenze in ordine alla possibilità di applicare le misure di sicurezza di cui agli artt. 206, 219 e 222. La problematica che, quindi, si pone in relazione alla suddetta norma è quella esaminata nel commento agli artt. 88 e 89. La nozione di cronica intossicazioneMolto si dibatte circa la nozione di cronica intossicazione e, soprattutto, su quali siano i criteri di differenziazione rispetto alla situazione prevista dall'art. 94 (assunzione abituale di bevande alcooliche o di stupefacenti). Della suddetta questione il legislatore era ben consapevole e ad essa, nella Relazione al Codice, fu data la seguente soluzione: «Da alcuni è stata messa in rilievo la quasi impossibilità di distinguere l'ubriachezza abituale dall'alcoolismo cronico. Senza dubbio accurate indagini occorrono per discernere i due stati, anche perché l'ebbrezza abituale, nel maggior numero dei casi, ma non sempre, come potrebbesi con eccessiva facilità affermare, può condurre all'alcoolismo cronico; ma clinicamente essi sono ben distinti. L'ubriachezza, infatti, anche se abituale, è sempre un episodio della vita dell'individuo, il quale, scomparso il perturbamento acuto delle sue facoltà psichiche, torna alla normale sua personalità. L'alcoolismo cronico, invece, è un processo patologico permanente, un'affezione cerebrale, caratterizzata dall'interferenza di cause e di effetti, che sopra si sono indicati. Non era dunque possibile, e non sarebbe stato giusto, applicare all'intossicazione cronica le norme dell'intossicazione acuta; e, d'altra parte, essendo indiscutibile che l'intossicazione cronica, oltre che produrre un progrediente e caratteristico abbrutimento nel carattere, dà origine a vere e proprie psicopatie, doveroso era il richiamo, ecc.». Questa precisa indicazione, è stata fatta propria dalla giurisprudenza che, in modo assolutamente consolidato lo ha sempre ribadito che la cronica intossicazione da alcool o sostanze stupefacenti «che influisce sulla capacità di intendere e di volere è solo quella che, per il suo carattere ineliminabile e per l'impossibilità di guarigione, provoca alterazioni patologiche permanenti, cioè una patologia a livello cerebrale implicante psicopatie che permangono indipendentemente dal rinnovarsi di un'azione strettamente collegata all'assunzione di sostanze stupefacenti, tali da fare apparire indiscutibile che ci si trovi di fronte a una vera e propria malattia psichica»: Cass. III, n. 35872/2007; Cass. VI, n. 47078/2013; Cass. II, n. 44337/2013; Cass. VI, n. 25252/2018; Cass. IV, n. 42486/2024. Quindi, i requisiti perché si possa affermare che l'intossicazione (da alcool o stupefacenti) è cronica sono due: a) dev'essere permanente e irreversibile; b) deve avere provocato nel soggetto agente una patologia a livello cerebrale implicante psicopatie che permangono indipendentemente dal rinnovarsi di un'azione strettamente collegata all'assunzione di sostanze stupefacenti o alcoliche, tali da fare apparire indiscutibile che ci si trovi di fronte a una vera e propria malattia psichica che incide profondamente sui processi intellettivi o volitivi: le più note psicosi da alcool sono quelle denominate delirium tremens (che può essere definito come una vera e propria crisi di astinenza caratterizzata da allucinazioni, tremori, sudorazioni, crisi epilettiche e ipertermia), sindrome di Korsakoff, paranoia ecc. In altri termini, «la cronica intossicazione da alcool rappresenta lo stadio conclusivo dell'alcoolismo, caratterizzato da un impulso, ripetitivo e condizionante tutto il comportamento del soggetto, all'assunzione di sostanze alcooliche e da stabili perturbazioni di ordine fisico — specie nel campo somatico viscerale e vasale — neurologico e psicologico, con alterazioni mentali progressive, profonde e definitive, sino allo sfacelo della personalità psichica, per cui l'individuo è, secondo le risultanze biologiche, un malato di mente, e la sua capacità, sotto l'aspetto giuridico, è permanentemente, secondo i casi, o esclusa o grandemente scemata»: Cass. I, n. 2881/1982. Stesso concetto, è ripetuto in relazione allo stato di cronica intossicazione da sostanze stupefacenti che assume rilevanza ex art. 95 «soltanto quando abbia provocato alterazioni psichiche permanenti»: ex plurimis: Cass. II, n. 8721/1984; Cass. VI, n. 3073/1989; Cass. I, n. 3633/1995; Cass. VI, n. 47078/2013. Sulla questione è intervenuta anche Corte cost .n. 114/1998, che ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 94 e 95, sollevate, in riferimento agli artit. 3 e 111 Cost., sotto il profilo della loro irragionevolezza e sotto quello, collegato, della impossibilità di motivazione di un provvedimento giurisdizionale che debba fondarsi sulla impossibile differenziazione delle due fattispecie. Pertanto, riassumendo la cronica intossicazione si differenzia (Bruno, 433): a) dalla ubriachezza normale (intossicazione acuta) «per la sicura e rapida reversibilità degli effetti di quest'ultima: reversibilità conseguente all'eliminazione dell'alcool ingerito»; b) dalla ubriachezza abituale, perché, come si è osservato, anche quest'ultima ha natura transitoria; c) «dall'ubriachezza patologica (complicata o abnorme): cioè da quelle forme di ebrietà, le quali, per fattori di predisposizione costituzionale, o acquisiti, decorrono in modo eccezionale, con fenomeni imponenti che sono insoliti nell'ubriachezza normale. Gli effetti dell'ubriachezza patologica, pur integrando gravi o gravissime alterazioni psichiche sono tuttavia limitati, nel tempo, al periodo di eliminazione dell'alcool ingerito: perciò, ai fini dell'imputabilità, tale forma di ebbrietà dev'essere assimilata all'ubriachezza normale, e seguire il regime per quest'ultima preveduto negli artt. 91, 92, 94». La problematica relativa alla cronica intossicazione derivante dall'assunzione di sostanze stupefacenti, è, come si è osservato, speculare a quella appena esaminata in relazione alla cronica intossicazione di alcool, sicché, parallelamente, si può individuare: a) un'intossicazione acuta da stupefacenti che si manifesta con perturbamenti temporanei di coscienza oltre che disturbi somatici che variano a seconda del tipo di stupefacente assunto (art. 92) b) un'intossicazione cronica che sarà distinta da quella di cui è portatore il consumatore abituale ex art. 94, secondo i criteri supra illustrati. L'accertamento della capacità di intendere e di volere di chi è affetto da intossicazione cronica da alcool spetta al giudice indipendentemente da ogni onere probatorio a carico dell'imputato, una volta che questi abbia allegato documentazione attestante il suo etilismo cronico: Cass. V, n. 12896/2020; Cass. IV, n. 5924/1995, in tale accertamento, ovviamente, un ruolo centrale ha la perizia medico-legale (Cass. IV, n. 841/1988). In particolare, si è sostenuto che, per affermare la sussistenza del vizio di mente (totale o parziale), non è sufficiente che il giudice di merito riconduca l'azione dell'imputato ad un modello di infermità apoditticamente affermata, ma, proprio ai fini della corretta qualificazione del vizio, è necessario che egli indichi e valuti motivatamente i dati anamnestici, clinici, comportamentali, evincibili dalle stesse modalità del fatto, ragionevolmente rivelatori dell'asserito quadro morboso, agli effetti della sua «graduabilità» rispetto all'imputabilità: Cass. VI, n. 31483/2004. In giurisprudenza, si è posto il problema della rilevanza da attribuire alla crisi di astinenza, ossia quello stato di sofferenza psicofisica (idoneo a causare anche reazioni organiche) che colpisce la persona la quale sospende oppure riduce bruscamente il consumo abituale di sostanze (quali alcool, farmaci o droga), idonee a creare stati di dipendenza. Sul punto, si è statuito che «ai fini del riconoscimento del vizio totale o parziale di mente, nessun rilievo può assumere la presenza, in capo all'autore della condotta delittuosa, di un generico stato di agitazione determinato da una crisi di astinenza dall'abituale consumo di sostanze stupefacenti, e non accompagnato da una grave e permanente compromissione delle sue funzioni intellettive e volitive» Cass. VI, n. 17305/2011; Cass. VI, n. 6357/1996; Cass. I, n. 1180/1983. Peraltro, si cadrebbe in errore ove si ritenesse che l'astinenza (da stupefacenti o da alcool) non possa mai rientrare nell'ipotesi di cui all'art. 95: l'astinenza non è una malattia ma è solo un sintomo. Di conseguenza, di fronte a quel sintomo, è compito del giudice accertare se sia o meno manifestazione di un'alterazione patologica permanente, e decidere di conseguenza (applicando gli artt. 88 e 89, se sintomo di cronica intossicazione, o l'art. 92, in caso contrario). Quanto alla determinazione della pena, Cass. III, n. 12949/2021, ha ritenuto che, ove sia accertata la cronica intossicazione, il giudice, deve graduare la pena in funzione della gravità della malattia e della sua incidenza nella genesi della condotta antigiuridica, potendosi applicare una riduzione inferiore a quella massima consentita solo qualora risulti che l'autore sia stato indotto al reato anche da altri fattori, diversi dalla patologia mentale e con essa concorrenti (cfr commento sub art. 89 § 2.2.). Di conseguenza, nella determinazione della misura della diminuzione di pena, il giudice non può valorizzare la circostanza che la seminfermità derivi, in parte, dalla condotta dello stesso imputato, in quanto è lo stesso ordinamento che le attribuisce rilevanza indipendentemente dalla sua riconducibilità a comportamenti o abitudini pregresse dell'agente qualora - a differenza della ubriachezza volontaria, colposa o preordinata di cui all'art. 92 c.p. - abbia assunto carattere patologico e cronico. BibliografiaBruno, voce Cronica intossicazione da alcool, in Enc. dir., XI, Milano, 1962. |