Codice Penale art. 167 - Estinzione del reato.Estinzione del reato. [I]. Se, nei termini stabiliti, il condannato non commette un delitto, ovvero una contravvenzione della stessa indole [101], e adempie gli obblighi impostigli [165], il reato è estinto [676 1, 689 2b c.p.p.]. [II]. In tal caso non ha luogo la esecuzione delle pene (1). (1) Comma così sostituito dall'art. 6 l. 7 febbraio 1990, n. 19. Il testo originario recitava: «In tal caso non ha luogo l'esecuzione della pena e cessa l'esecuzione delle pene accessorie». InquadramentoNel Titolo VI del Libro Primo del Codice è contenuta la disciplina normativa delle cause di estinzione del reato e della pena; al Capo I, tra le cause estintive del reato, si trova la sospensione condizionale della pena. L'articolo in commento descrive le conseguenze che la legge ricollega al buon comportamento serbato dal reo per il periodo predeterminato, secondo che si tratti di pena sospesa conseguente a delitto o a contravvenzione. La veste attuale del secondo comma della norma in esame è stata così conformata dall'art. 6 l. 7 febbraio 1990, n. 19 (il testo precedentemente vigente così recitava: «In tal caso non ha luogo l'esecuzione della pena e cessa l'esecuzione delle pene accessorie»). Per tutto ciò che concerne la natura e la ratio della sospensione condizionale della pena, nonché l’inquadramento dogmatico e sistematico dell’istituto, si può operare un rinvio al commento inerente all'art. 163. Profili generali (rinvio)Anche con riferimento ai connotati essenziali dell'istituto della sospensione condizionale della pena, ci si può riportare al commento relativo all'art. 163. La formulazione normativaLa norma regolamenta gli effetti che conseguono al decorso del periodo di due o cinque anni dall'irrogazione della condanna condizionalmente sospesa, senza che il reo si sia reso protagonista della commissione di ulteriori reati della medesima indole. Secondo la giurisprudenza e la dottrina sostanzialmente concordi, il periodo durante il quale la pena resta condizionalmente sospesa — e dunque il termine necessario perché si produca l'effetto estintivo — decorre non dall'emanazione della condanna sospesa, bensì dal momento in cui questa passa in cosa giudicata (Diotallevi, 704). La ratio di tale collocazione temporale è stata unanimemente posta in relazione al fatto che, solo con la irrevocabilità della condanna, nasce la concreta possibilità che alla pena stessa venga data esecuzione. La disposizione normativa in commento condiziona dunque l'effetto estintivo a due requisiti ben determinati: la condotta serbata dal condannato e l'adempimento — da parte di questi — agli obblighi impostigli in sentenza. Commissione di nuovi fatti illecitiInterpretazione del dettato normativo La dizione letterale adoperata dal legislatore ha in passato ingenerato alcuni dubbi interpretativi. In particolare, si è dibattuto il tema inerente alla portata da attribuire all'espressione «stessa indole»; gli interpreti della norma si sono infatti interrogati, circa la riferibilità di tale locuzione alle sole contravvenzioni, ovvero anche ai delitti. Pare ormai raggiunta una unanimità di vedute, circa la validità della prima soluzione. L'utilizzo della disgiuntiva, infatti, sembra rivestire una valenza univoca: altro non può significare, se non riferire l'espressione «della stessa indole» alle sole contravvenzioni e non anche ai delitti. Si deve allora concludere che la commissione — nei termini specificati dalla legge — di qualsivoglia delitto impedisca l'utile consolidarsi del periodo di sospensione ed il prodursi dell'effetto estintivo; laddove si tratti invece di contravvenzioni, tale impedimento si concretizzerà esclusivamente laddove il nuovo fatto sia della stessa indole del precedente sospeso (si veda la giurisprudenza sotto richiamata). Il concetto di commissione del reato che qui rileva e al quale la norma ricollega l'ostacolo rispetto all'effetto estintivo del reato, è legato alla data di consumazione dello stesso relativamente al quinquennio; l'effetto ostativo è però assoggettato al ricorrere di un accertamento del reato medesimo che sia dotato del carattere della definitività. Ciò in ossequio al dettato dell’art. 27 Cost., in tema di presunzione di non colpevolezza (Cass. V, n. 11759/2019). Portata della locuzione «stessa indole» Con riferimento alla valenza ed alla delimitazione dell'ambito applicativo di tale terminologia, occorre richiamare il disposto dell'art. 101 (al cui commento sembra opportuno rimandare). La riabilitazioneLa riabilitazione è un istituto specificamente connotato da una funzione premiale e socialpreventiva. Può dunque trovare applicazione anche in relazione a condanne condizionalmente sospese, come si desume dal dato testuale dell'art. 179. Qui si trova infatti il riferimento — in tema di individuazione del termine di decorrenza affinché sia possibile accedere all'istituto — sia all'avvenuta esecuzione, sia all'estinzione della pena (ossia, l'effetto che — sulla pena in relazione alla quale sia stato accordato il beneficio in parola — producono l'utile decorso del tempo e l'adempimento alle prescrizioni). La riduzione da cinque a tre anni del termine di cui all'art. 179 — per effetto della novella di cui all'art. 3 l. 11 giugno 2004, n. 145 non ha comportato modifiche al termine necessario perché si possa consolidare l'effetto estintivo in relazione alla pena condizionalmente sospesa (per l'aggancio giurisprudenziale in ordine alle questioni qui trattate, si vedano le sentenze sotto richiamate). L'estinzione del reatoIn generale L'effetto estintivo consiste nella rinuncia, da parte dell'ordinamento, all'esecuzione della pena. Esso, come già visto in sede di commento all'art. 166, si estende sia alle pene principali, sia a quelle accessorie ed alle misure di sicurezza, con esclusione della confisca. Rapporti con l'elettorato passivo Ricordiamo il disposto del d.lgs. 31 dicembre 2012, n. 235 (c.d. decreto “Severino”) che disciplina il regime della incandidabilità alle cariche pubbliche elettive e di governo. La giurisprudenza si è di recente trovata ad esaminare il problema delle conseguenze ricollegabili all'intervento di cause di estinzione del reato; in particolare, si è posto il tema dell'effetto estintivo prodotto dalla sospensione condizionale della pena, sul permanere delle condizioni ostative dettate dalla suddetta norma in relazione all'elettorato passivo. Sembra comunemente accettato, sul punto specifico, il principio dell'ininfluenza della sopravvenuta estinzione del reato o della pena, al fine della riacquisizione dei requisiti utili per l'accesso alle cariche (Tar. Lazio Roma, 8 ottobre 2013, n. 8696). Si è giustamente scritto, sul punto, che “[...] l'istituto della incandidabilità [...] non rientra nel quadro degli effetti sanzionatori del reato: l'accertamento della responsabilità penale, stabilizzato nella condanna definitiva, viene assunto dal legislatore come elemento di valutazione/presupposto nella definizione dei requisiti soggettivi per l'accesso alle cariche pubbliche elettive. L'intermediazione del legislatore (e dell'autonoma valutazione compiuta con questa operazione di qualificazione), dunque, «sgancia» l'istituto della incandidabilità dal piano del trattamento sanzionatorio del reato, che è invece l'ambito di pertinenza proprio delle cause di estinzione del reato (e della pena). Pertanto, sono del tutto evidenti le ragioni per cui il maturare di una causa di estinzione del reato non è in condizione di incidere (inibendola) sulla applicazione delle cause di incandidabilità. I due piani risultano separati, o meglio indipendenti tra loro, come chiarito anche in termini espliciti dalla disciplina in questione, con riferimento all'eventuale comminazione della pena accessoria di interdizione dai pubblici uffici” (Ponti, 372). Casisticaa. La revoca della sospensione condizionale della pena discende — attenendosi al dato testuale della norma — dalla commissione di un nuovo delitto, ovvero di una contravvenzione della stessa indole della precedente. La locuzione «stessa indole» è quindi da riconnettere alle sole contravvenzioni e non anche ai delitti. E infatti, l'utilizzo della congiunzione non consente perplessità, circa il fatto che la revoca del beneficio debba conseguire solo alla commissione di una contravvenzione che sia «della stessa indole» di quella in ordine alla quale risulti accordato il beneficio della condanna condizionale; trattasi invece di condizione non pretesa dalla norma, laddove si verta in tema di delitti. In tale ultimo caso, la commissione di un fatto nuovo ha l'effetto di provocare la revoca del beneficio, qualunque sia la natura del delitto commesso ed anche nel caso in cui non sussista alcuna assimilabilità ontologica, rispetto al fatto dal quale ebbe origine la sospensione condizionale (Cass. I, n. 1705/1986). b. Non è di ostacolo alla concessione del benefico della sospensione condizionale, il fatto che la pena risulti già interamente scontata, mediante scomputo del periodo di custodia cautelare presofferto. Sussiste infatti comunque un interesse specifico del condannato all'ottenimento del beneficio, tanto con riferimento all'incidenza sulla pena pecuniaria, quanto ai fini della successiva estinzione del reato (Cass. VI, n. 31259/2009). c. Anche in relazione alla condanna condizionalmente sospesa può trovare applicazione l'istituto della riabilitazione (Cass. I, n. 6617/1999). Ancora in tema di riabilitazione. L'abbassamento del termine ex art. 179 da cinque a tre anni - per effetto dell'art. 3 l. 11 giugno 2004, n. 145 - non esplica impliciti effetti per equiparazione sul termine previsto per la produzione dell'effetto estintivo, in relazione a condanna con sospensione condizionale (Cass. I, n. 20650/2007). Il Supremo Collegio ha infine chiarito come — nel caso di applicazione di pena ai sensi e per gli effetti dell'art. 444 c.p.p. — non sussista interesse ad ottenere la riabilitazione, visto che l'effetto estintivo del reato si produrrà ugualmente con il decorrere del tempo necessario (Cass. I, n. 44665/2004). d. Dall'estinzione del reato ai sensi dell'art. 167 non derivano effetti penali diversi da quelli previsti. Se ne deduce che di tale condanna deve comunque tenersi conto nel computo della recidiva (Cass. VI, n. 5855/2011; nello stesso senso, Cass. IV, n. 45351/2010 , Cass. III, n. 28746/2015 e Cass. III, n. 5412/2019). e. In tema di prevenzione di delitti contro il patrimonio e, segnatamente, con riferimento alla ricorrenza delle condizioni personali indicate nella figura contravvenzionale di cui all'art. 707, l'estinzione ai sensi dell'art. 167 di precedenti condanne sospese continua a mantenere rilevanza. Trattasi infatti di effetto estintivo concernente le sole pene principali ed accessorie, ma che non si estende agli ulteriori effetti penali discendenti dalla condanna (Cass. IV, n. 1314/1995). Profili processualiSegnaliamo innanzitutto che — quando un determinato reato sia stato trasformato in illecito amministrativo, ma ciò sia avvenuto dopo il consolidarsi di una causa estintiva — incomberà comunque sul giudice dell'esecuzione l'obbligo di dichiarare che il fatto non è più previsto dalla legge come reato. Si tratta di un'applicazione del generale principio del favor rei, atteso che tale pronuncia comporterà il venir meno di tutti gli effetti penali derivanti dalla condanna. Con la conseguenza, dunque, della cancellazione della stessa dal casellario giudiziale, a norma dell'art. 5 comma 2 lett. a) d.P.R. 14 novembre 2002, n. 313 (Cass. I, n. 4334/2012). E ancora in tema di esecuzione, il Supremo Collegio ha chiarito come tra i due meccanismi estintivi, previsti rispettivamente dall'art. 445 c.p.p. (condizioni postulate dalla legge per il prodursi dell'effetto estintivo susseguente alla sentenza di applicazione di pena concordata) e dall'art. 167 (estinzione del reato in virtù della concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena), non sussista un rapporto di specialità, bensì semplicemente un campo applicativo differente. Si desume da tale impostazione concettuale che il giudice dell'esecuzione — pur laddove escluda la ricorrenza dei presupposti necessari per la declaratoria di estinzione ex art. 445 c.p.p. — è comunque tenuto a valutare la eventuale sussistenza dei presupposti pretesi dalla norma, perché si possa invece dichiarare l'estinzione del reato ai sensi dell'art. 167 (Cass. I, n. 38043/2006). Il Supremo Collegio — dirimendo un contrasto giurisprudenziale lungamente protrattosi — ha stabilito come, mediante la medesima pronuncia, non sia consentito applicare l'indulto ed accordare il beneficio della sospensione condizionale della pena. Quest'ultimo beneficio, infatti, prevale sull'altro (Cass. S.U., n. 36837/2010). In epoca precedente a tale decisione, la Corte non aveva invece ravvisato incompatibilità fra gli istituti della sospensione condizionale della pena (che produce l'estinzione del reato allo scadere di un periodo prestabilito, in assenza di reiterazione ed in virtù dell'adempimento degli obblighi imposti) e dell'indulto (al quale consegue l'estinzione immediata della pena). Aveva pertanto indicato come, in ossequio al principio del favor rei, i due benefici potessero trovare applicazione congiunta, anche nei casi in cui non risultassero realizzate le condizioni per la concretizzazione dell'effetto estintivo ex art. 167 o si fossero già presentate le condizioni per la revoca ex art. 168 (Cass. III, n. 1200/1998). Segnaliamo poi che Cass. VI, n. 14369/1989 aveva però indicato come la sospensione condizionale della pena, estinguendo il reato, dovesse prevalere sull'indulto, che estingue la sola pena; Cass. II, n. 5540/1984 — una volta ribadita in via generale la piena conciliabilità fra i due istituti e l'inesistenza di incompatibilità logica e giuridica fra essi — aveva invece ritenuto applicabile l'indulto anche alle pene condizionalmente sospese (per una esaustiva disamina della questione, v. Morelli). BibliografiaMorelli, Rapporto tra indulto e sospensione condizionale della pena, in penale.it, 6/2008; Ponti La incandidabilità e gli effetti della estinzione del reato, in Giornale dir. amm., 4/2014. |