Codice Penale art. 249 - Partecipazione a prestiti a favore del nemico.Partecipazione a prestiti a favore del nemico. [I]. Chiunque, in tempo di guerra [310], partecipa a prestiti o a versamenti a favore dello Stato nemico, o agevola le operazioni ad essi relative, è punito con la reclusione non inferiore a cinque anni [313 2]. [II]. Tale disposizione non si applica allo straniero che commette il fatto all'estero [7, 8]. competenza: Corte d'Assise arresto: obbligatorio fermo: consentito custodia cautelare in carcere: consentita (ma v. art. 275, comma 2 bis, c.p.p.) altre misure cautelari personali: consentite procedibilità: d'ufficio, se il reato è commesso a danno dello Stato italiano; con l'autorizzazione del Ministero della giustizia se il reato è commesso a danno di uno Stato estero InquadramentoDelitto compreso nel Capo I del Titolo I del Libro II del Codice (Titolo intitolato “Dei delitti contro la personalità dello Stato”), tra i delitti contro la personalità internazionale dello Stato. In riferimento al bene giuridico oggetto di tutela, la dottrina ha osservato che la norma tutela l'interesse (e, quindi, la sicurezza) dello Stato nella sua qualità di belligerante; è volta ad evitare che i privati contribuiscano ad accrescere le disponibilità finanziarie dello Stato nemico ed indirettamente il suo potenziale bellico (Ariolli, in Rassegna Lattanzi-Lupo, 41). I soggetti
Soggetto attivo Trattasi di reato comune, che può essere commesso da chiunque. Resta naturalmente estraneo a tale disposizione lo straniero che commetta il fatto tipizzato, a patto però che la sua opera si svolga interamente in territorio estero; nulla esclude, pertanto, la responsabilità dello straniero che — in tempo di guerra ed in territorio italiano — prenda parte a prestiti o a versamenti a favore di uno Stato nemico dell'Italia, ovvero agevoli le operazioni ad essi relative. MaterialitàTrattasi di reato di pura condotta, nonché di pericolo presunto iuris et de iure, la cui esistenza non ammette prova contraria (la norma infatti non esige la concretizzazione di un effettivo danno mediato o immediato allo svolgimento delle operazioni di guerra italiane, trattandosi invece di operazione finanziaria che, in re ipsa, è giudicata pericolosa dal legislatore). Presupposto necessario per la astratta realizzabilità della fattispecie delittuosa in esame è l'esistenza di una condizione di guerra (art. 310). La condotta tipica indicata dal legislatore consiste nel fatto di partecipare a prestiti o versamenti in favore dello Stato nemico, ovvero nel fatto di agevolare in qualsivoglia maniera il compimento di tali operazioni economiche. Per prestito deve qui intendersi — in senso ampio — qualsiasi forma di finanziamento, sussidio o sponsorizzazione in denaro, che comunque vada a sovvenzionare le finanze di uno Stato nemico; il termine versamento può qui invece considerarsi nella accezione di sottoscrizione, dazione monetaria, o anche raccolta di fondi a carattere privato, oppure magari anche pubblicizzata secondo forme indirette. L'unica differenziazione ontologica possibile, tra le due condotte, sembra forse rintracciabile nella natura del trasferimento monetario; questa è onerosa nel prestito (operazione alla quale è naturalmente sotteso un obbligo restitutorio) e generalmente a titolo di mera liberalità nel versamento. In ordine alla delimitazione del tipo di condotta cristallizzata nella previsione incriminatrice, la dottrina ha osservato che il termine «partecipazione» non è sinonimo di concorso con altri nel reato; esso delinea invece una precipua modalità di condotta, ovvero il prendere parte - indipendentemente da qualsiasi intesa - a prestiti o versamenti a favore dello Stato nemico. La dottrina ha precisato come il termine “prestito” rimandi ad una dazione di denaro che postula la sua restituzione; con la parola “versamento” ci si riferisce invece ad una dazione di denaro che venga effettuata a qualsiasi altro titolo (Delpino-Pezzano, 21). Elemento psicologicoAd integrare il reato in esame è sufficiente il dolo generico, dunque la coscienza e volontà di porre in essere il fatto tipico, accompagnate dalla consapevolezza del fatto che gli spostamenti monetari siano destinati ad uno Stato in conflitto con l’Italia (Caringella, De Palma, Farini, Trinci, 93) Consumazione e tentativoIl reato si consuma «nel momento e nel luogo in cui l'agente ha effettuato il versamento o il prestito ovvero ha posto in essere agevolatrice» (Alpa-Garofoli, 27, che riprendono l'opinione di Manzini, Trattato). Il tentativo è ammissibile (Beltrani, 147). Profili processualiGli istituti Il reato in esame è reato procedibile d'ufficio, se è commesso in danno dello Stato italiano; è invece necessaria l'autorizzazione del Ministro della Giustizia, se perpetrato in « danno di uno Stato estero o alleato o associato, a fine di guerra, allo Stato italiano » (art. 313, comma 2). La competenza è della Corte d'assise; è prevista la celebrazione dell'udienza preliminare. Per esso: a) è possibile disporre intercettazioni; b) l'arresto in flagranza è obbligatorio, il fermo è consentito; c) è consentita l'applicazione della custodia in carcere e delle altre misure cautelari personali. BibliografiaAlpa-Garofoli, Manuale di Diritto Penale - Parte speciale, I, Roma, 2015; Beltrani, Il delitto tentato. Parte generale e parte speciale, Padova, 2003; Caringella, De Palma, Farini, Trinci, Manuale di Diritto Penale, Parte Speciale, Roma. 2016; Delpino-Pezzano, Manuale di Diritto Penale- Parte speciale, Napoli, 2015; Farini e Trinci, Diritto Penale - Parte speciale, Roma, 2015; Malizia, voce Distruzione e danneggiamento di opere, di edifici o cose militari in Enc. dir., XIII, Milano, 1964; Marconi, voce Stato (delitti contro la personalità internazionale dello), in Digesto penale, XIII, Torino, 1997; Padovani, voce Stato (reati contro la personalità dello), in ED, XLIII, Milano, 1990; Pannain, Personalità internazionale dello Stato (delitti contro la), in NN.D.I., XII, Torino, 1965. |