Codice Penale art. 295 - Attentato contro i Capi di Stati esteri (1).Attentato contro i Capi di Stati esteri (1). [I]. Chiunque nel territorio dello Stato [4 2] attenta alla vita, alla incolumità o alla libertà personale del Capo di uno Stato estero è punito, nel caso di attentato alla vita, con la reclusione non inferiore a venti anni e, negli altri casi, con la reclusione non inferiore a quindici anni. Se dal fatto è derivata la morte del Capo dello Stato estero, il colpevole è punito con (2) l'ergastolo [298, 300, 301]. (1) Per il Sommo Pontefice v. art. 81 Trattato 11 febbraio 1929 fra la Santa Sede e l'Italia. (2) Nel testo originario, il secondo periodo recitava: «Se dal fatto è derivata la morte del Capo dello Stato estero, il colpevole è punito con la morte, nel caso di attentato alla vita; negli altri casi è punito con l'ergastolo». Per i delitti previsti nel codice penale e in altre leggi diverse da quelle militari di guerra, la pena di morte è stata soppressa e sostituita con l'ergastolo: d.lg.lt. 10 agosto 1944, n. 224 e d.lg. 22 gennaio 1948, n. 21. Per i delitti previsti dalle leggi militari di guerra, la pena di morte è stata abolita e sostituita con quella «massima prevista dal codice penale» (l. 13 ottobre 1994, n. 589). V. ora anche art. 27 4 Cost., come modificato dall'art. 1, l. cost. 2 ottobre 2007, n. 1. V. inoltre la l. 15 ottobre 2008 n. 179, di ratifica del Protocollo n. 13 del 3 maggio 2002 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'Uomo e delle libertà fondamentali, relativo all'abolizione della pena di morte in qualsiasi circostanza. competenza: Corte d'Assise arresto: obbligatorio fermo: consentito custodia cautelare in carcere: consentita altre misure cautelari personali: consentite procedibilità: d'ufficio InquadramentoDelitto compreso nel Capo quarto del Titolo primo (intitolato “dei delitti contro la personalità dello Stato”), del Libro secondo del Codice, tra i delitti contro gli Stati esteri, i loro Capi e i loro rappresentanti. L'interesse protetto dalla norma è rappresentato dall'esigenza di assicurare una protezione privilegiata a quegli organi che sono funzionalmente rappresentativi di Stati esteri e della sovranità dei medesimi. L'interesse correlato dello Stato italiano è costituito dall'esigenza di prevenire l'insorgenza di forme di responsabilità nei confronti di Stati esteri; ciò in conseguenza di condotte di offesa, che vengano arrecate in danno di soggetti che tali Stati rappresentino. Trattasi di interesse concernente le articolazioni della personalità dello Stato, nell'ambito dei rapporti che lo stesso intrattiene in ambito internazionale; esso concerne, segnatamente, “la convenienza di garantire, con speciale protezione penale, l'inviolabilità della persona fisica dei Capi di Stato esteri contro gli attentati commessi in tutto o in parte nel territorio dello Stato italiano” (Manzini 1955, 55). Il delitto può essere realizzato esclusivamente nel territorio dello Stato (art. 4). Rientrano in tale categoria le navi e gli aerei di nazionalità italiana, ovunque si trovino; ne restano esclusi i casi nei quali tali mezzi di trasporto siano soggetti — sulla base del diritto internazionale — ad una legge straniera. Trattasi infine di disposizione normativa destinata ad essere applicata solo allorquando risulti esistente la condizione di reciprocità prevista dall'art. 300. I soggettiSoggetto attivo Si tratta di una ipotesi di reato comune, visto che di esso si può rendere autore chiunque; quindi sia il cittadino, sia lo straniero. Soggetto passivo Questo è da individuarsi nel Capo di uno Stato estero, ossia in colui che si trovi nella posizione apicale di un ente dotato di radicamento territoriale e che eserciti sovranità in tale ambito geografico. Non saranno dunque da ricomprendere in tale alveo, ad esempio, i Capi di Stati che siano a loro volta membri di uno Stato di tipo federale. Si ritiene unanimemente essenziale il requisito del riconoscimento proveniente dalla comunità internazionale e, per quanto concerne l'Italia, il riconoscimento che promani dagli organi competenti all'instaurazione ed al mantenimento delle relazioni in campo internazionale. In ragione di ciò, si ritiene che anche il Capo di uno Stato riconosciuto, il cui governo sia in esilio, possa rientrare nella previsione in argomento. La dottrina ha infatti scritto che: “I Capi di Stato cui si rivolge la protezione sono soltanto quelli di enti riconosciuti come «Stati» dallo Stato italiano. La posizione assunta a questo riguardo dagli organi di relazioni internazionali è decisiva per il giudice penale.” (Quadri, 47) Giova precisare che — in maniera similare rispetto a quanto accade in relazione alla figura del Presidente della Repubblica — anche la qualità di Capo di uno Stato estero assume, nell'ambito della fattispecie delittuosa in esame, una valenza predominante. Viene insomma qui tutelata la intangibilità sotto il profilo fisico del soggetto passivo; ciò in maniera anche slegata, rispetto all'effettivo esercizio di funzioni e prerogative. Rientra quindi nell'alveo previsionale della norma in commento, ad esempio, anche l'attentato che sia commesso a fini puramente privatistici (Caringella-De Palma-Farini-Trinci, 31). Si discute in ordine all'applicabilità della norma, nel caso in cui lo Stato estero veda al proprio vertice una figura non individuale, bensì di tipo collegiale. Prevale, tra gli esegeti della norma, la tesi negativa. Si muove infatti dalla considerazione secondo la quale il legislatore avrebbe inteso riferirsi ad organi di natura individuale, come dimostrerebbe proprio la tipologia stessa dei beni oggetto di protezione (ossia la vita, l'incolumità e la libertà personale). I fatti posti in essere in danno di organi di natura collegiale, che siano depositari di tale potere, dovranno pertanto essere ricondotti sotto l'egida normativa delle fattispecie comuni di reato (Nuzzo, in Rassegna Lattanzi-Lupo, 405). Al Pontefice, infine, è accordata la medesima tutela riservata al Capo dello Stato italiano, in virtù dell'art. 8 del Trattato Lateranense (v. sub art. 276). Materialità (rinvio)Trattasi di fattispecie che — per ciò che attiene all'elemento oggettivo — è esattamente sovrapponibile alla figura tipica dell'attentato alla vita, all'incolumità personale o alla libertà del Presidente della Repubblica, di cui all'art. 276, al cui commento è dunque possibile fare integrale richiamo. Si segnala come l'art. 5 l. n. 304/1982 preveda che l'autore del reato in esame — laddove collabori fattivamente per scongiurare l'evento del fatto commesso - debba esser punito per i soli fatti consumati, qualora questi integrino un autonomo titolo di reato. Elemento psicologicoIl coefficiente psichico richiesto dalla norma è il dolo generico. Questo è rappresentato dalla coscienza e volontà di commettere un fatto di attentato in danno della vita, della incolumità personale o della libertà di un Capo di Stato estero. Restano ovviamente avulsi dall'ambito previsionale della fattispecie tipica tanto i motivi che possano aver mosso il soggetto agente, quanto lo scopo al quale possa aver mirato l'attentatore. Si è giustamente sottolineato come la condotta tipica non resterebbe scriminata neppure dalla eventuale ricorrenza di un fine patriottico (Manzini 1950, 575). Consumazione e tentativo (rinvio)Possono anche qui mutuarsi tutte le considerazioni svolte in relazione all'art. 276. Si rinvia pertanto alla lettura del commento inerente a tale norma. Forme di manifestazioneÈ previsto un aumento sanzionatorio — con irrogazione originariamente della pena di morte, ora sostituita dall'ergastolo — nel caso in cui dalla condotta di attentato derivi il decesso del Capo di Stato estero che ne sia oggetto. Si è molto agitata — in sede di interpretazione della norma — la questione attinente alla natura giuridica di tale previsione. Ossia, si è dibattuto in ordine al fatto che si tratti effettivamente di una ipotesi circostanziale. In quanto tale, essa dovrebbe essere valutata, ai sensi dell'art. 59, a carico del soggetto agente solo laddove a questi nota, o ignorata per colpa, o anche esclusa per errore determinato da colpa; dovrebbe inoltre andare soggetta al giudizio di bilanciamento ex art. 69. Sembra forse preferibile ritenere l'autonomia della fattispecie aggravata dall'evento morte. Configurare cioè l'evento morte quale elemento costitutivo della fattispecie, oggetto di specifica rappresentazione e volizione in capo al soggetto agente sin dal momento genetico dell'azione criminosa, ossia fino dall'istante in cui questi metta in moto il meccanismo causale diretto alla concretizzazione dell'evento. CasisticaSecondo l'insegnamento del Supremo Collegio, la fattispecie delittuosa in commento appresta protezione contro ogni azione che tenda specificamente ad inibire o limitare la libertà di autodeterminazione, sub specie di libera disponibilità della propria persona. Si distingue così nettamente dal successivo art. 296, che invece tutela la libertà morale; da intendersi, quest'ultima, quale possibilità di autonoma determinazione volitiva ed intellettiva, dunque come attività non fisica, bensì spirituale (Cass. I, n. 947/1978). Profili processualiIl reato in esame è reato procedibile d’ufficio e di competenza della Corte d’Assise; è prevista la celebrazione dell’udienza preliminare. Per esso: a) è possibile disporre intercettazioni; b) l’arresto in flagranza è obbligatorio; c) il fermo è consentito; d) è consentita l’applicazione della custodia in carcere e delle altre misure cautelari personali. BibliografiaCaringella-De Palma-Farini-Trinci, Manuale di Diritto Penale – Parte speciale, Roma, 2015; Manzini, Trattato di diritto penale italiano, IV, Torino, 1950; Manzini, Istituzioni di Diritto Penale italiano, Parte speciale, II, Padova, 1955; Quadri, in Enc. Dir., XII, Milano, 1964. |