Codice Penale art. 335 bis - Disposizioni patrimoniali (1).Disposizioni patrimoniali (1). [I]. Salvo quanto previsto dall'articolo 322-ter, nel caso di condanna per delitti previsti dal presente capo è comunque ordinata la confisca anche nelle ipotesi previste dall'articolo 240, primo comma. (1) Articolo inserito dall'art. 6 1 l. 27 marzo 2001, n. 97. V. l'art. 64 l. n. 97, cit., in tema di acquisizione dei beni al patrimonio disponibile del Comune. InquadramentoIn caso di condanna per ogni delitto dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, l'art. 335-bis, introdotto con l. 27 marzo 2001, n. 97, trasforma in obbligatoria la confisca facoltativa prevista dal 240, comma 1, per le cose che «servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il prodotto o il profitto», perseguendo l'obiettivo di valorizzare nella lotta alla criminalità il ricorso a misure di natura patrimoniale attraverso l'amplificazione dei contenuti generalpreventivi e repressivi delle fattispecie ricomprese nell'ambito di operatività della disposizione, secondo la logica per la quale «il crimine non paga». PresuppostoIl presupposto per l'applicazione della disposizione in esame è costituito dall'emanazione di una sentenza di condanna (Cass. VI, n. 27043/2008). Per le nozioni di prodotto, profitto e prezzo del reato, cfr. sub art. 240. Ambito di operatività dell'art. 335- bis e differenze con l'art. 322-bisL'ambito di operatività della confisca ex art. 335-bis può essere ritagliato segnalando le differenze che intercorrono con la disposizione di cui all'art. 322-ter: 1) L'art. 322- bis non si applica a tutti i reati commessi dalle persone qualificate nei confronti della pubblica amministrazione ma esclusivamente per quelli nominati dall'art. 314 all'art. 320 (art. 322- ter , comma 1) e per il delitto previsto dall'art. 321 (art. 322- ter , comma 2), mentre l'art. 335-bis si applica a tutti i reati previsti “dal Capo I del Titolo II del Libro II del Codice penale”, a condizione che, per i delitti ricompresi nel novero di quelli rientranti nell'art. 322-ter, quest'ultima disposizione non sia applicabile. Ciò in quanto l'art. 335-bis funge, rispetto all'art. 322-ter, come fattispecie sussidiaria e di chiusura sicché il primo (l'art. 335-bis) è applicabile solamente quando il secondo (art. 322- ter) non operi; 2) le disposizioni dell'art. 322-ter consentono la confisca per equivalente o di valore e sono applicabili sia in caso di condanna e sia in caso di applicazione della pena su richiesta delle parti (art. 444 c.p.p.), mentre la confisca ex art. 335-bis si applica, secondo la disposizione letterale della norma, solo in caso di sentenza di condanna e non consente la confisca per equivalente. Tuttavia si sostiene in dottrina che la situazione sembra mutata, a seguito della l. n. 134/2003, art. 2, che ha novellato l'art. 445, comma 1, c.p.p. il quale — mentre in precedenza menzionava solo il caso della confisca obbligatoria (art. 240, comma 2), nel senso che nel patteggiamento non erano applicabili, tra l'altro, le misure di sicurezza ad eccezione, appunto, della confisca obbligatoria — ora menziona l'art. 240,tout court, con la conseguenza che l'estensione dell'eccezione dell'art. 445 c.p.p. alla confisca anche facoltativa, orienta a ritenere superata la segnalata differenza. Pare insomma che la confisca dell'art. 335-bis, come quella dell'art. 322-ter, debba essere disposta anche nei casi di applicazione di pena a seguito di patteggiamento (Romano, 455, 456); 3) nell'ambito di operatività dell'art. 335-bis, a differenza dell'art. 322-ter, sono ricomprese le cose che costituiscono, oltre al profitto ed al prezzo, anche il prodotto del reato. Siccome l'art. 322-ter c.p. prevede la possibilità tanto della confisca diretta del prezzo o del profitto del reato, quanto, in via sussidiaria, di beni del valore corrispondente, di cui il reo abbia la disponibilità, sempre che, in quest'ultimo caso, non sia rinvenibile il prezzo o il profitto del reato, è stato ritenuto che la domanda - con la quale il P.M. chieda l'applicazione della misura del sequestro preventivo finalizzata a quel tipo di confisca - contempla necessariamente l'ipotesi della misura di sicurezza diretta del profitto del reato. Ne consegue che il giudice - laddove ritenga che non sia configurabile un reato che, a mente dell'art. 322-ter c.p., consenta tanto la confisca diretta quanto l'eventuale confisca per equivalente, bensì un reato contro la pubblica amministrazione che, ai sensi del combinato disposto dell'art. 240 c.p., comma 1, e art. 335-bis c.p., impone la confisca diretta del profitto - può legittimamente disporre il sequestro preventivo in vista della confisca diretta del profitto del reato, essendo irrilevante che il pubblico ministero non abbia espressamente menzionato nella sua istanza tali ultime disposizioni del codice penale (Cass. VI, n. 10096/2021). Effetti della confisca ex art. 335-bisLa confisca prevista dall'art. 335-bis, in quanto obbligatoria, opera anche nei confronti degli aventi diritto estranei al reato, sempre che sia ravvisabile un nesso strumentale tra la “res” ed il reato ipotizzato (Cass. VI, n. 26094/2011). L' art. 6, comma 4, l. n. 97/2001 prevede che gli immobili confiscati ai sensi dell'articolo 335-bis e 322-ter siano acquisiti ope legis e gratuitamente al patrimonio disponibile del comune nel cui territorio si trovano e che la sentenza che dispone la confisca costituisca titolo per la trascrizione nei registri immobiliari. Se i reati di cui al capo I, titolo II, libro II sono stati commessi a fini patrimoniali, l'art.6, comma 2, l. 97/2001 stabilisce che la sentenza di condanna debba essere trasmessa alla Procura Generale presso la Corte dei conti, che svolge accertamenti patrimoniali nei confronti del condannato. L'art.321, comma 2-bis, c.p.p. dispone che, nei procedimenti penali relativi ai delitti previsti dal capo I, titolo II, libro II del codice penale, è obbligatorio il sequestro preventivo dei beni di cui è consentita la confisca. BibliografiaV. sub art. 335. |