Codice Penale art. 570 - Violazione degli obblighi di assistenza famigliare.

Maria Teresa Trapasso

Violazione degli obblighi di assistenza famigliare.

[I]. Chiunque, abbandonando il domicilio domestico [45 2, 143 2, 146 c.c.], o comunque serbando una condotta contraria all'ordine o alla morale delle famiglie, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla responsabilità genitoriale 1  [147, 316 c.c.]o alla qualità di coniuge 2 [143, 146 c.c.], è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da 103 euro a 1.032 euro.

[II]. Le dette pene si applicano congiuntamente a chi:

1) malversa o dilapida i beni del figlio minore [o del pupillo] 3  o del coniuge;

2) fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti [540; 75 c.c.] di età minore, ovvero inabili al lavoro, agli ascendenti [540; 75 c.c.] o al coniuge, il quale non sia legalmente separato [per sua colpa] 4  [146, 150, 151 c.c.].

[III]. Il delitto è punibile a querela della persona offesa [120] salvo nei casi previsti dal numero 1 e, quando il reato è commesso nei confronti dei minori, dal numero 2 del precedente comma 5.

[IV]. Le disposizioni di questo articolo non si applicano se il fatto è preveduto come più grave reato da un'altra disposizione di legge.

 

competenza: Trib. monocratico

arresto: non consentito

fermo: non consentito

custodia cautelare in carcere: non consentita

altre misure cautelari personali: v. art. 282-bis, comma 6, e 384-bis c.p.p.

procedibilità: a querela di parte, salvo nei casi previsti dal comma 3

[1] L' art. 93, d.lg. 28 dicembre 2013, n. 154, ha sostituito alle parole: «potestà dei genitori» le parole: «responsabilità genitoriale». Ai sensi dell’art. 108, d.lg. n. 154 del 2013, la modifica entra in vigore a partire dal 7 febbraio 2014.

[2] V. l’art. 1, comma 11 e 20  l. 20 maggio 2016, n. 76,  sull'obbligo reciproco all'assistenza reciproco all'assistenza morale e materiale nelle unioni civili.

[3] Il riferimento al pupillo deve intendersi superato a seguito della soppressione dell'istituto della tutela legale: v. sub art. 564.

[4] Dopo le innovazioni apportate dalla l. 19 maggio 1975, n. 151, che non fa più menzione della separazione per colpa, v. artt. 151 2 e 1561-3 c.c., ove è configurata l'eventualità di una separazione giudiziale «addebitabile» ad uno dei due coniugi.

[5] Comma inserito dall'art. 90 l. 24 novembre 1981, n. 689.

Inquadramento

Il bene giuridico tutelato è variamente individuato: secondo la concezione tradizionale, esso consisterebbe nell' “assistenza familiare, intesa in senso fisico, morale, economico”; a tenore di altra dottrina, sarebbero invece tutelate soltanto le primarie esigenze economiche della famiglia, sia nella sua unità che al momento della disgregazione (Del Tufo, 444).

Soggetti

Si tratta di un reato proprio, in quanto può essere commesso soltanto dai soggetti su cui gravano obblighi di assistenza, stabiliti dal codice civile, verso taluni membri della famiglia (del Tufo, 444; la S.C. ha precisato come tale obbligo civile costituisca “presupposto” del reato, ad esso preesistente, rispetto al quale il giudice deve limitarsi all'accertamento, esulando dai suoi compiti ogni potestà dichiarativa o costitutiva, Cass. VI, n. 2968/1972).

Titolari di obblighi di assistenza familiare sono innanzitutto: i genitori, anche adottivi, titolari della responsabilità genitoriale (la S.C. ha affermato come la configurabilità del reato di malversazione dei beni del figlio minore non sia esclusa dalla circostanza che il soggetto attivo sia il genitore non affidatario, Cass. VI, n. 22401/2008), la cui eventuale decadenza non incide tuttavia sulla persistenza dell'obbligo di assistenza (Fiandaca-Musco, 366).

Soggetto attivo può anche essere il coniuge, il cui obbligo all'assistenza (che sorge con la celebrazione del matrimonio), cessa con la dichiarazione di nullità del matrimonio o nel momento in cui le sentenza di divorzio divenga esecutiva (Fiandaca-Musco, 366). In dottrina si è osservato come il principio di tipicità impedisca il riconoscimento del qualità di coniuge in capo al convivente more uxorio, integrando una tale estensione interpretativa una violazione del divieto di analogia in malam partem (Fiandaca-Musco, 366; conforme la giurisprudenza; Cass. VI, n. 12201/2020).

L'introduzione dell'art. 574 ter c.p., con cui l'ordinamento ha esteso il termine “matrimonio” anche alla costituzione di un'unione civile tra persone dello stesso sesso, consente di riconoscere la qualità di “coniuge” anche ai soggetti parte di questa unione (d.lgs. n. 6 del 19 gennaio 2017, art. 1, comma 1, lett. b).

L’accertamento della qualità di genitore o di titolare degli obblighi di assistenza inerenti alla responsabilità genitoriale, o di coniuge è di competenza del giudice penale il quale può sospendere il processo se la controversia sullo stato di famiglia è seria e l’azione civile è già in corso (art. 3 c.p.p.).

Materialità

Attualmente la dottrina prevalente e la giurisprudenza più recente ravvisano nella previsione di cui all'art. 570, tre fattispecie autonome (Spena, 200).

a) la condotta di chi si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla responsabilità genitoriale o alla qualità di coniuge, abbandonando il domicilio domestico, o serbando una condotta contraria all'ordine o alla morale familiare (comma 1);

b) la condotta di chi malversa o dilapida i beni del figlio minore, del pupillo, del coniuge (comma 2, n. 1);

c) la condotta di chi fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore o inabili al lavoro, agli ascendenti, al coniuge, da cui non sia legalmente separato (comma 2, n. 2).

Le ipotesi rispettivamente previste all'art. 570, comma 1 e comma 2, n. 2, c.p., configurano due reati autonomi che non sono in rapporto di progressione criminosa, avendo ad oggetto fatti del tutto eterogenei nella loro storicità così da richiedere, sul piano processuale, l'apprezzamento di strategie difensive diverse (così Cass. V, n. 13741/2021).

Sottrazione agli obblighi di assistenza familiare

a) Abbandono domicilio domestico.

Perché si configuri “l'abbandono del domicilio domestico”, non è sufficiente qualsiasi allontanamento dal tetto coniugale, essendo necessario che esso sia accompagnato dall'intenzione di non farvi ritorno (Antolisei, 520), cioè dalla volontà di interrompere la convivenza (del Tufo, 445).

La S.C. ha tuttavia precisato come l'abbandono sia punibile solo in quanto abbia avuto per risultato la violazione degli obblighi di assistenza inerenti la qualità di coniuge, con la conseguenza che il giudice non può limitarsi ad accertare il fatto storico dell'abbandono, ma deve ricostruire la situazione in cui esso si inscrive per verificare l'esistenza di eventuali cause di impossibilità, intollerabilità o estrema penosità della convivenza (Cass. VI, n. 22912/2013): è la violazione degli obblighi di assistenza che integra l'evento del reato (Cass. VI, n. 10604/1983).

L'allontanamento deve essere ingiustificato (non lo integra l'ipotesi di allontanamento per lavoro, cura, carcerazione, si v. Dolcini-Gatta, 2726).

All'abbandono è parificato il rifiuto di coabitazione (non è così per il coniuge separato, o per il figlio, in quanto non gravano su di lui gli obblighi assistenziali descritti nella disposizione).

La fattispecie di abbandono del domicilio e quella dell'omessa prestazione di mezzi di sussistenza non sono in rapporto di continenza o di progressione criminosa, ma hanno ad oggetto fatti del tutto eterogenei nella loro storicità (Cass. VI, n. 3016/2011).

b) Serbare una condotta contraria all'ordine e alla morale delle famiglie.

La condotta è di non agevole definizione, in ragione del difetto di determinatezza delle condotte tipizzate (del Tufo, 446); essa è punita in quanto deve aver determinato la violazione degli obblighi assistenziali inerenti alla responsabilità genitoriale e alla qualità di coniuge (Cass. VI, n. 26037/2004, che, a proposito della violazione degli obblighi di assistenza morale ed affettiva verso i figli, ha affermato come essa, certamente integrata dal totale disinteresse e costante indifferenza verso costoro, risulta configurabile solo se si riflette negativamente sui figli minori).

La violazione dell'obbligo di fedeltà tra coniugi non costituisce violazione degli obblighi di assistenza familiare; una condotta contraria alla morale delle famiglia è punibile solo in quanto abbia prodotto la violazione degli obblighi di assistenza familiare (Cass. VI, n. 6077/1983).

I soggetti attivi della previsione ricomprendono anche l'adottante e l'affilianti in quanto titolari della responsabilità genitoriale.

Malversazione o dilapidazione dei beni del figlio minore, del pupillo, del coniuge

La previsione mira a garantire l'onesta amministrazione del patrimonio delle predette persone (dunque si tratta di un reato proprio). Ai fini della configurabilità della fattispecie è necessario che sia presente il presupposto di fatto della disponibilità dei beni giuridici (Del Tufo, 447).

La S.C. ha infatti precisato come ai fini della sussistenza del reato di cui all'art. 570, comma 2 (per avere il soggetto fatto mancare i mezzi di sussistenza alle persona indicate in tale disposizione di legge), devono concorrere sia la disponibilità di risorse sufficienti da parte dell'obbligato, sia lo stato effettivo di bisogno del soggetto passivo (Cass. VI, n. 8245/1984).

Per malversazione si intende la cattiva gestione concretantesi in appropriazioni o distrazioni di beni a proprio o altrui profitto; non è sufficiente un solo atto di appropriazione (non punibile ex art. 649), ma una pluralità di atti del genere (sul punto la dottrina è divisa, del Tufo, 445); la disonesta gestione, che integra la malversazione, prevede un'attività continuativa.

Per dilapidazione, si intende la dispersione sconsiderata di beni altrui (es. la prodigalità e lo sperpero, Antolisei, 524), che ha come conseguenza la dissipazione, anche parziale, del patrimonio amministrato. Per entrambe le ipotesi si richiede che il danno cagionato sia di una certa entità.

Quanto ai soggetti attivi delle predette condotte, essi sono: il genitore, il coniuge, colui che esercita la tutela. Si ritengono ricompresi anche l'adottante e l'affiliante. La malversazione di beni del figlio minore non è esclusa dalla circostanza che il soggetto attivo sia il genitore separato non affidatario (Cass. VI, n. 22401/2008).

Omessa prestazione dei mezzi di sussistenza

a) Soggetti. Si tratta di un reato proprio. Soggetto attivo del reato può anche essere il discendente (figlio o nipote) che commetta il fatto ai danni dell'ascendente.

Rispetto al figlio “non riconosciuto” o “non riconoscibile” l'obbligo ricorre con riguardo al genitore naturale; la giurisprudenza ha infatti stabilito come l'obbligo di procurare i mezzi di sussistenza al figlio minore sussista indipendentemente dalla formale attribuzione della potestà genitoriale, essendo irrilevante la mancanza del riconoscimento giudiziale di paternità, anche ove il compimento di tale atto venga ostacolato dall'altro genitore naturale (Cass. VI, n. 53123/2014; non sussiste però l'obbligo del figlio naturale verso il padre, Del Tufo, 447).La S.C. ha affermato come il soggetto onerato non possa ritenersi liberato adducendo che il minore cui si fanno mancare i mezzi di sussistenza non sia il proprio figlio, occorrendo a tal fine che intervenga il passaggio in giudicato della sentenza civile di accoglimento della domanda di disconoscimento della paternità (la Corte ha precisato che il giudizio civile di disconoscimento della paternità non è pregiudiziale rispetto a quello penale, producendo effetti in tale ambito solo "ex nunc" e non "ex tunc", in quanto l'obbligazione cui fa riferimento l'art. 572 c.p. è collegata ad un rapporto giuridico di filiazione "ex lege", Cass.VI, n. 8144/2020). La Corte di legittimità ha affermato come l’obbligo del genitore naturale di mantenere i figli minori, sorga con la loro nascita, precisando come gli effetti del relativo accertamento giudiziale definitivo retroagiscano a tale data (Cass. VI, n. 40698/2023).

Il convivente "more uxorio" non è soggetto agli obblighi di assistenza previsti dall'art. 570 c.p., (Cass.VI, n. 12201/2020, cit. §.2).

Ai fini della configurabilità della fattispecie, l'equiparazione alla filiazione legittima è piena per l'adozione legittimante (così da creare gli obblighi di assistenza anche verso gli ascendenti e i discendenti); per quella non legittimante, si prevedono obblighi di assistenza esclusivamente tra genitore e figlio (Del Tufo, 447).

Il genitore affidatario è titolare di obblighi verso il minore affidato (questi non li ha invece nei confronti del primo; Del Tufo, 447).

Per i figli maggiorenni l'obbligo sussiste solo se siano totalmente inabili al lavoro (Cass. VI, n. 23581/2013), ma non ove siano studenti (Cass. VI, n. 34270/2012). L’inabilità va intesa, in base alla definizione contenuta negli artt. 2 e 12 l. n. 118/1971, come totale e permanente inabilità lavorativa (Cass. VI, n. 23581/2013, cit.).

b) Elementi costitutivi.

La norma non sanziona l'inosservanza degli obblighi civilistici di mantenimento; essa tutela invece il diritto della persona — che l'ordinamento penale riconosce e tutela- a ricevere il necessario sostegno dai propri familiari, ove si trovi in condizioni di estremo disagio (Spena, 271).

L'omesso versamento dei mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore è configurabile anche in mancanza di un valido provvedimento giudiziale di separazione, in quanto l'obbligo morale e giuridico di contribuire al mantenimento dei figli grava sui genitori anche in caso di separazione di fatto (la S.C. ha confermato la condanna dell'imputato con la quale si era ritenuto irrilevante che il provvedimento che disciplinava l'assegno di mantenimento fosse stato dichiarato nullo per un difetto di notificazione dell'atto introduttivo del giudizio, Cass. VI, n. 5237/2020).

c) Lo stato di bisogno. È un presupposto della condotta e viene fatto consistere nella mancanza dei mezzi di sussistenza, da cui la persona non è in grado di uscire autonomamente (del Tufo, 448)

Quanto alla nozione di “mezzi di sussistenza”, essa non coincide con gli “alimenti”, disciplinati dal codice civile: mentre i primi indicano ciò che è indispensabile per vivere; i secondi hanno ad oggetto quanto occorre per soddisfare i bisogni della vita, secondo la condizione economica e sociale del beneficiario (Cass. VI, n. 49755/2012, Cass. VI, n. 3485/2020; Cass. VI, n. 1879/2021). La Corte di legittimità ha precisato come il reato si configuri nel caso in cui il genitore obbligato si limiti a prestare garanzie patrimoniali, per debiti contratti nell'interesse de minore, non seguite da un effettivo adempimento mediante esborso delle somme dovute (precisando come l'obbligo di mantenimento sanzionato penalmente debba intendersi quale concreta prestazione di mezzi di sussistenza tramite dazione di denaro o soddisfacimento diretto dei bisogni del minore, Cass. III, n. 11565/2017).

Il codice non punisce la violazione della corresponsione degli “alimenti”, ma il rifiuto dei mezzi necessari per vivere: pertanto il delitto non ricorre se il discendente, l'ascendente, il coniuge non versino in condizioni di bisogno (benché titolari del diritto agli alimenti).

L'obbligo giuridico di prestare gli alimenti costituisce il presupposto del reato: in assenza di tale obbligo il reato non sussiste (Cass. VI, n. 2968/1972).

Il soggetto deve essere in condizione di adempiere (anche parzialmente): la prova dell'impossibilità di farlo a tenore della giurisprudenza, spetta all'interessato (Cass. VI, n. 2736/2008; Del Tufo, 448) L'incapacità economica dell'obbligato, intesa come impossibilità di far fronte agli inadempimenti sanzionati dall'art. 570, deve essere assoluta e deve altresì integrare una situazione di persistente, oggettiva ed incolpevole indisponibilità di introiti (Cass. VI, n. 53173/2018; Cass. VI, n. 33997/2015).  

ll giudice del merito, nel caso in cui sia contestato il reato di cui all'art. 570, comma 1, è chiamato ad accertare se l'inadempimento al mantenimento fissato dal giudice della separazione personale risponda alla volontà del soggetto di violare gli obblighi di assistenza inerenti alla qualità di coniuge o invece non esprima una difficoltà di ordine economico alle cui conseguenze si sarebbe trovato esposto l'avente diritto anche in costanza di matrimonio (Cass. VI, n. 25246/2018).

Lo stato di detenzione dell'obbligato può configurarsi quale scriminante in presenza delle seguenti condizioni: che il periodo di detenzione coincida con quello dei mancati versamenti; che l'obbligato non abbia percepito comunque dei redditi; che lo stesso si sia attivato per procurarsi legittimamente dei proventi, presentando all'amministrazione penitenziaria la domanda per essere ammesso al lavoro all'interno o all'esterno del luogo di detenzione ( Cass. VI, n. 2381/2017; Cass.VI, n. 13144/2022). Per queste ragioni lo stato di detenzione dell'obbligato non può costituire causa di forza maggiore giustificativa dell'inadempimento, in quanto la responsabilità per l'omessa prestazione non è esclusa dall'indisponibilità dei mezzi necessari, quando questa sia dovuta, anche parzialmente, a colpa dell'obbligato, ma può rilevare ai fini della verifica della sussistenza dell'elemento soggettivo del reato. (Cass.VI, n. 13144/2022; che ha ritenuto sussistente il dolo, non avendo l'imputato dato prova di aver fatto quanto possibile per fruire, in regime detentivo, di fonti di reddito lavorativo, presentando domanda di lavoro, ed avendo lo stesso la disponibilità di un cespite immobiliare, pur formalmente intestato ad una società estera, di cui non era stata neppure tentata la vendita).

E' onere del pubblico ministero provare l'insussistenza dell'impossibilità incolpevole di prestare i mezzi di sussistenza, in quanto le regole dell'accertamento probatorio impongono all'accusa di dimostrare, al di là di ogni ragionevole dubbio, il fatto oggetto della imputazione e la sua attribuibilità soggettiva (la S.C. ha confermato la sentenza di assoluzione di un imputato, che era stato detenuto per l'intero periodo dell'inadempimento e aveva aiutato economicamente la figlia minore sia pur saltuariamente, rilevando che l'accusa non aveva provato che la sua incapacità economica non fosse assoluta, Cass. VI, n. 4116/2020).

L'obbligo non viene meno quando i soggetti siano assistiti da terzi o dall'assistenza pubblica (Cass. VI, n. 21320/2018). In particolare, nel caso di minori, è l'età ad integrare lo stato di bisogno, così da configurare il reato anche se l'assistenza è assicurata dall'altro coniuge o da terzi (Del Tufo, 448; Cass. VI, n. 21320/2018; si v. pure Cass. VI, n. 19508/2018 che ha stabilito come eventuale convincimento del genitore inadempiente di non essere tenuto, in caso di prestazione sussidiaria da parte dell'altro genitore, all'assolvimento del suo primario dovere, non integri nemmeno un'ipotesi di ignoranza scusabile di una norma che corrisponde ad un'esigenza morale universalmente avvertita sul piano sociale). Il soggetto obbligato a fornire i mezzi di sussistenza non può opporre, a titolo di compensazione, al fine di escludere la ipotizzabilità del reato di cui all'art. 570, un suo credito verso l'avente diritto Cass. VI, n. 45450/2018Cass. VI, n. 9553/2020).

Elemento psicologico

Il delitto è doloso; il dolo, generico, consiste nella volontà di sottrarsi senza giusta causa agli obblighi di cui si è titolari in ragione della propria qualità, nella consapevolezza dello stato di bisogno cui versa il soggetto passivo (Dipaola, 47). Non è necessario che la condotta venga posta in essere con l'intenzione e la volontà di far mancare i mezzi di sussistenza alla persona bisognosa (così la S.C. a proposito della previsione di cui al secondo comma, n. 2, dell'art. 570, Cass. VI, n. 24644/2014).

Ai fini della configurabilità dell'elemento soggettivo di cui all'art. 570, è sufficiente che il soggetto attivo si sia volontariamente posto nella situazione di non poter adempiere gli obblighi di assistenza familiare (è stato ritenuto doloso, quanto meno sotto il profilo del dolo eventuale, il comportamento del marito e padre che, inopinatamente dimettendosi dal posto di lavoro, aveva fatto venir meno i mezzi di sussistenza alla moglie e ai figli, Cass. VI, n. 5287/1989).

Il delitto di cui all'art. 570, comma 2, n. 1, è doloso; il dolo è generico (Del Tufo, 447).

Il delitto di cui all'art. 570, comma 2, n. 2, è doloso; il dolo è generico. In dottrina viene ritenuto sufficiente anche il dolo eventuale, che si avrà quando l'obbligato si rappresenti la possibilità che in mancanza del proprio adempimento l'avente diritto rimarrà privo dei propri mezzi di sussistenza e nondimeno decida comunque di lasciare inadempiuto il proprio obbligo, disinteressandosi della sorte della vittima (Spena, 302)

In materia di violazione degli obblighi di assistenza familiare, non si può invocare l'errore di fatto, né l'ignoranza inevitabile della legge penale, poiché l'obbligo sanzionato deriva da inderogabili principi di solidarietà, ben radicati nella coscienza della collettività, prima ancora che nell'ordinamento (Cass. V, n. 5447/1995). L’eventuale convincimento del genitore inadempiente di non essere tenuto all’assolvimento del dovere di corrispondere ai bisogni della prole (ove l’altro genitore vi provveda in via sussidiaria), non integra l’ipotesi di ignoranza scusabile di una norma che corrisponde ad un’esigenza morale, universalmente avvertita sul piano sociale (Cass. VI, n. 34675/2016).

Consumazione e tentativo

Consumazione

Il reato di cui al comma 1 è considerato “permanente” da costante giurisprudenza, a tenore della quale, la consumazione si protrae finché dura la sottrazione agli obblighi morali e materiali e cessa con il sopraggiunto pagamento o con l'accertamento della responsabilità da parte del giudice di primo grado (Cass. VI, 51499/2013, che ha precisato come il termine di prescrizione decorra dalla cessazione della permanenza). In sede di legittimità si è affermato come la natura permanente del reato ne impedisca la scomposizione in una pluralità di reati omogenei (in ragione dell'unicità del bene leso dall'omissione); pertanto le cause di estinzione del reato operano non in relazione alle singole violazioni, ma solo al cessare della permanenza, che si verifica o con l'adempimento dell'obbligo eluso ovvero con la pronuncia della sentenza di primo grado (Cass. VI, 45462/2015).Il reato si consuma nel luogo di effettiva dimora dell’avente diritto alla prestazione (Cass. VI, n. 29161/ 2016).

Di diverso avviso la dottrina, a tenore della quale il momento consumativo coincide con la mancata prestazione di assistenza (del Tufo, 446).

La previsione di cui al comma 2, n. 1, viene considerata “reato istantaneo” (del Tufo, 447), mentre il delitto di cui all'art. 570, comma 2, n. 1, è considerato attualmente come “reato permanente”.

Tentativo

Il tentativo viene ritenuto in dottrina ammissibile per la previsione di cui al comma 2, n. 1, dell'art. 570 (del Tufo, 447).

Nello stesso senso la giurisprudenza, che ha affermato come il tentativo sia configurabile con riferimento al reato di omessa prestazione di mezzi di sussistenza, trattandosi di illecito commissivo (Cass. VI, n. 50097/2013).

Rapporti con altri reati

La l. n. 74/1987 ha introdotto l'art. 1- sexies, che incrimina il fatto del coniuge divorziato che non corrisponda all'altro coniuge, o al figlio minorenne o al maggiorenne, se non economicamente indipendente, l'assegno di mantenimento, stabilendo per esso le stesse pene previste per l'art. 570 (da intendersi riferentesi a quelle di cui al comma 1: così Cass.  S.U., n. 23866/2013). Tale disciplina è stata estesa anche al coniuge separato che violi gli obblighi di natura economica a suo carico (tra i quali, l'obbligo di corresponsione dell'assegno di mantenimento al coniuge, ai figli minori, al figlio maggiorenne, portatore di handicap grave o non indipendente economicamente, ex art. 155-quinquies c.c.).

Il delitto previsto dall'art. 12- sexies l. n. 898/1970 (abrogato dall'art. 7 d.lgs. n. 21/2018, v. ora art. 570-bis), si configura per il semplice inadempimento dell'obbligo di corresponsione dell'assegno nella misura disposta dal giudice in sede di divorzio, prescindendo dalla prova dello stato di bisogno dell'avente diritto (Cass. VI, n. 44086/2014). Tra la fattispecie in parola e l'art. 570 intercorrono delle differenze quanto ai soggetti (nella seconda è più esteso il novero dei soggetti attivi) e quanto all'oggetto: l'art. 570 ha riguardo all'omessa prestazione di mezzi di sussistenza; l'art. 12-sexies, la corresponsione dell'assegno di mantenimento (le differenza sono state attenuate dalla giurisprudenza che attualmente riconduce nell'ambito dei mezzi di sussistenza non solo il vitto e l'alloggio, ma anche mezzi di soddisfacimento di altri bisogni, del Tufo, 450).

In sede di legittimità si è affermato come la condotta del genitore separato che faccia mancare i mezzi di sussistenza ai figli minori – omettendo di versare l'assegno di mantenimento – integri esclusivamente il reato di cui all'art. 570, comma 2, n. 2, nel quale è assorbita la violazione meno grave prevista dall'art. 12-sexies l. n. 898/1970 [ora abrogato N.d.R.] (Cass. VI, n. 32039/2024; Cass. VI, n. 36567/2024; Cass. VI, n. 36207/2020; Cass. VI, n. 20013/2022).

In senso contrario, si è invece ritenuto sussistente un concorso formale eterogeneo, e non un rapporto di consunzione fra il delitto previsto dall'art. 12-sexies l. n. 898/1970, e la previsione di cui all'art. 570, comma 2, (Cass. VI, n. 8612/2020; Cass. V, n. 12190/2022).

Concorso di reati

Se il delitto di cui al comma 2, n. 1, art. 570, è commesso nei confronti di più soggetti conviventi nello stesso nucleo familiare, l'attuale giurisprudenza di legittimità ritiene che si configuri una pluralità di reati in concorso formale o, ove ne ricorrano i presupposti, in continuazione tra loro (Cass. S.U., n. 8413/2007).

Il delitto di maltrattamenti e quello di cui all'art. 570 possono concorrere tra loro, avendo ad oggetto beni giuridici distinti: il primo, la dignità della persona; il secondo, il rispetto dell'obbligo legale di assistenza nei confronti dei familiari (Cass. VI, n. 4390 /2009).

Casistica

La condotta sanzionata nel secondo comma dell'art. 570, presuppone uno stato di bisogno, nel senso che l'omessa assistenza deve avere l'effetto di far mancare i mezzi di sussistenza, che comprendono quanto è necessario per la sopravvivenza, situazione che non si identifica né con l'obbligo di mantenimento, né con quello alimentare, aventi una portata più ampia (Cass. S.U., n. 23866/2013).

Il mancato versamento dell'assegno previsto dalla sentenza di separazione non è idoneo a configurare il reato di cui all'art 570, essendo imprescindibile una verifica dell'effettivo stato di bisogno in cui il coniuge si venga a trovare in seguito all'inadempimento (Cass. VI, n. 50295/ 2016).

Ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 570, comma 1, quando l'avente diritto non versa in stato di bisogno, la mancata corresponsione dell'assegno di mantenimento in favore del coniuge separato assume rilevanza solo se dovuta alla volontà di disconoscere i vincoli di assistenza materiale e morale, sussistenti (sia pure in forma attenuata), anche durante la separazione, e non invece quando è riconducibile alle precarie condizioni economiche dell'obbligato (Cass. VI, n. 52393/2014).

La minore età dei discendenti, destinatari dei mezzi di sussistenza, rappresenta in re ipsa una condizione soggettiva di stato di bisogno, che obbliga i genitori a contribuire al loro mantenimento; pertanto, il reato di cui al secondo comma dell'art. 570 sussiste anche quando uno dei genitori ometta la prestazione di mezzi di sussistenza in favore dei figli minori o inabili, ed al mantenimento della prole provveda in via sussidiaria l'altro genitore (Cass. VI, n. 53607/2014).

Integra il reato la mancata prestazione da parte del soggetto obbligato e capace di provvedervi, a fronte di grave patologia invalidante del familiare, di quei mezzi necessari per integrare le spese per le cure mediche non assicurate nella forma dell'assistenza diretta e gratuita degli enti di previdenza, nonché la mancata osservanza dell'ulteriore dovere di assicurarsi, a mezzo di costanti rapporti personali, dell'effettivo stato di bisogno del predetto familiare (Cass. VI, n. 26494/2014).

Il mancato contributo del coniuge non legalmente separato che non determini uno stato di bisogno nell'altro coniuge e di conseguenza non comporti il venire meno dei mezzi di sussistenza, non determina l'integrazione del reato (Cass. VI, n. 12516/2012).

Integra il reato la condotta del soggetto obbligato che modifichi arbitrariamente i contenuti dell'obbligazione economica al mantenimento posta a suo carico, ospitando i figli nella propria abitazione oltre i giorni assegnati e provvedendo in tale periodo ai loro bisogni, trattandosi di iniziative occasionali ed estemporanee, in ogni caso inidonee a compensare il mancato versamento dell'assegno su cui l'altro genitore deve poter fare affidamento per il soddisfacimento delle esigenze primarie dei minori (Cass.VI, n. 418/2020).

Integra il delitto di violazione degli obblighi di assistenza familiare la condotta del genitore che, obbligato in forza di provvedimento del giudice civile a corrispondere una somma di danaro a titolo di contributo al mantenimento del figlio minore, di propria iniziativa, scelga di adempiere mediante la cessione di un credito verso terzi (nel caso di specie l'imputato aveva richiesto alla propria datrice di lavoro di corrispondere le somme di denaro a lui dovute per straordinari direttamente alla madre del figlio) (Cass. VI, n. 14025/2024 che ha ribadito il divieto dell’obbligato di sostituire, di sua iniziativa, la somma di denaro stabilita dal giudice civile a titolo di contributo per il mantenimento; nello stesso senso, Cass. VI, n. 23017/2014, che ha ritenuto la sussistenza del reato in un caso in cui l’obbligato aveva sostituito arbitrariamente la somma di danaro stabilita dal giudice civile con "regalie" di beni voluttuari o comunque inidonei ad assicurare il quotidiano soddisfacimento delle esigenze primarie; Cass. VI, n. 8998/2010, in un caso in cui l’obbligato aveva sostituito la somma di denaro stabilita dal giudice con due "computers" portatili, capi di abbigliamento e uno strumento musicale; si vedano, altresì, Cass. VI, n. 23599/2013 (sostituzione della somma di denaro con il diritto di nuda proprietà su un immobile) e Cass. VI, n. 23017/2014 (in caso di regalie di beni voluttuari comunque inidonei ad assicurare il soddisfacimento quotidiano delle esigenze primarie).

Profili processuali

Il delitto è punito a querela di parte (è prevista la procedibilità d'ufficio nei casi di cui al comma 3: n.1 e n. 2: malversazione o dilapidazione dei beni del figlio minore o del coniuge o della omessa prestazione dei mezzi di sussistenza ove la condotta venga realizzata a danno dei minori); la competenza è del Tribunale monocratico. Il diritto di presentare querela, conformemente alla natura di reato permanente della fattispecie, può essere esercitato dall'inizio della permanenza fino alla maturazione del termine di tre mesi dal giorno della sua cessazione e la sua effettiva presentazione rende procedibili tutti i fatti consumati nell'arco della permanenza (Cass.VI, n. 2382/2022 in relazione all'art. 570, comma 2, n.2).Non è consentito né l'arresto, né il fermo, né la custodia cautelare in carcere.

Nel reato di all'art. 570-bis cod. pen. - il quale ha integralmente sostituito il disposto dell'art. 12-sexies, conservandone il trattamento sanzionatorio - il generico rinvio, "quoad poenam", all'art. 570 c.p., deve intendersi riferito alle pene alternative previste dal comma 1di quest'ultima disposizione (Cass.VI, n. 33165/2020).

Per quanto concerne le altre misure cautelari, nei casi in cui si debba procedere d'ufficio, trovano applicazione le previsioni di cui agli artt. 282-bis , comma 6, e 384-bis c.p.p.

Quanto alla prima disposizione, la l. n. 154/2001 ha stabilito che può essere disposto l'allontanamento dalla casa familiare nel casi di cui all'art. 570 (benché preveda una sanzione inferiore a quella che consente l'applicazione delle misure coercitive, si v. art. 282 bis-c.p.p.). Tale misura, con il consenso dell'agente, può essere eseguita con le modalità di cui all'art. 275-bis c.p.p. (concernente l'adozione di mezzi elettronico, come il braccialetto elettronico).

Quanto alla seconda disposizione, la l. n. 119/2013 ha introdotto all'art. 384-bis c.p.p. la misura dell'allontanamento d'urgenza dalla casa familiare ad opera dell'autorità giudiziaria, su autorizzazione del P.M., nel caso in cui la persona sia colta in flagranza del delitto di cui all'art. 570 o qualora sussistano gravi motivi per ritenere che le condotte possano essere reiterate con grave e attuale pericolo per la vita e l'integrità fisica o psichica della persona offesa (Del Tufo, 449).

Ai fini della determinazione della competenza territoriale per il reato di cui all'art. 570, comma 2, n. 2, deve aversi riguardo al luogo di effettiva dimora dell'avente diritto alla prestazione dei mezzi di sussistenza (Cass. VI, n. 23017/2014). Quando la condotta è contestata con l'individuazione della sola data d'inizio, il termine di prescrizione, trattandosi di reato permanente, decorre dalla data della sentenza di primo grado e non da quello dell'emissione del decreto di citazione, qualora sia emerso nel corso del giudizio, che la condotta omissiva si è protratta anche dopo l'esercizio dell'azione penale (Cass. VI, n. 33220/2015 ; nello stesso senso, Cass. VI, n. 16561/ 2016). In sede di legittimità si è affermato come sussista il difetto di giurisdizione del giudice italiano qualora l'avente diritto alla prestazione dimori stabilmente all'estero e non sussistano condotte, finalizzate a sottrarsi o a precostituire ostacoli all'adempimento, commesse nel territorio nazionale e idonee ad integrare il criterio di collegamento di cui all'art. 6 c.p. (Cass.VI, n. 8613/2020).

Quando si procede per il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare, la modesta entità dell'obbligo contributivo imposto e non adempiuto non è di per se sufficiente a configurare la causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto, avendo a tal fine rilievo le modalità e la durata della violazione (Cass. VI, n. 44683/2015).

La causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, di cui all'art. 131-bis, non può essere dichiarata qualora venga reiteratamente omessa la condotta di mancata corresponsione dell'assegno divorzile, configurandosi un'ipotesi di “comportamento abituale” ostativa al riconoscimento (Cass. II, n. 23020/ 2016; Cass. VI, 20941/2022).

L'obbligo di assistenza familiare nei confronti dei figli sussiste dal momento della nascita, ma se l'imputazione individua in un momento posteriore il termine iniziale della condotta omissiva, il giudice di merito non può estendere in sentenza la condanna per il reato sin dal momento della nascita senza violare il principio di correlazione tra accusa e sentenza (Cass. VI, n. 27194/2018).

Bibliografia

Antonini, La tutela penale degli obblighi di assistenza familiare, Milano, 2008; Beltrani, Omessa prestazione di mezzi di sussistenza in danno di più familiari conviventi, non unità ma pluralità di reati, in Cass. pen. 2008, 2756; Carelli Palombi, Violazione degli obblighi di assistenza familiare, Milano, 2008; Cisterna, A rischio incertezza la violazione obblighi di assistenza familiare, in Guida dir., 2018, 75; del Tufo, Delitti contro la famiglia, in Pulitanò, Diritto penale, Parte speciale, I, Tutela penale della persona, Torino, 2014, 443 ss.; Fierro Cenderelli, voce Violazione degli obblighi di assistenza familiare, in Enc. dir., Milano, XLVI, 766; Dolcini-Gatta, Art. 570, in Codice penale commentato, a cura di Dolcini, Gatta, Milano, 2015; Larizza, Violazione degli obblighi di assistenza familiare: i limiti della tutela penale, in Cass. pen. 1997, 2723; Lazzeri, Omesso versamento dell’assegno a favore di figli di coppie non coniugate dopo il D.Lgs. 21/2018; primi orientamenti giurisprudenziali su art. 570 bis e dintorni, in penalecontemporaneo.it, 8 ottobre 2018; Spena, Reati contro la famiglia, in Trattato di diritto penale, diretto da Grosso, Padovani, Pagliaro, Parte speciale, XIII, Milano, 2012.

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