Codice Penale art. 625 bis - Circostanze attenuanti (1).

Angelo Valerio Lanna, aggiornato da Matteo Lanna

Circostanze attenuanti (1).

[I]. Nei casi previsti dagli articoli 624, 624-bis e 625 la pena è diminuita da un terzo alla metà qualora il colpevole, prima del giudizio, abbia consentito l'individuazione dei correi o di coloro che hanno acquistato, ricevuto od occultato la cosa sottratta o si sono comunque intromessi per farla acquistare, ricevere od occultare.

(1) Articolo inserito dall'art. 2 4 l. 26 marzo 2001, n. 128.

Inquadramento

Previsione inserita nel Capo primo del Titolo tredicesimo del Libro Secondo del Codice; dunque collocata- sotto il profilo sistematico — tra i delitti contro il patrimonio, in particolare fra i delitti contro il patrimonio commessi mediante violenza alle cose o alle persone. È stata introdotta nell'ordinamento dall'art. 2, comma 4,  l. n. 128/2001.

Trattasi di una circostanza attenuante applicabile indistintamente a tutte le forme di manifestazione del delitto di furto; essa è correlata ad una attività posta in essere dal soggetto agente del reato di furto, dopo la consumazione dello stesso. Si tratta quindi di una forma di ravvedimento operoso, o di dissociazione attuosa. È stato infatti scritto che: “Ci si trova in presenza, in tutta chiarezza, di uno strumento di lotta contro il dilagare dei reati di furto e di ricettazione, mediante il quale il legislatore, attraverso appunto la promessa di un'attenuazione della pena, vuole favorire la dissociazione e la collaborazione operosa, sì da minare alla base la compattezza e la reticenza che tradizionalmente caratterizzano i soggetti dediti a tali attività delittuose, intimamente correlate tra loro” (Amato, 42). Ricorre qui dunque una ipotesi peculiare di ravvedimento post delictum, che si differenzia dall'archetipo di cui all'art. 56 comma 3; non si richiede infatti che il soggetto scongiuri il verificarsi di un fatto delittuoso. Vi è qui anzi la previsione di benefici per il reo, che sono ricollegati alla condotta da questi serbata dopo la consumazione del delitto (Bonilini e Confortini, 472).

Con riferimento alle forme non circostanziate di reato — ossia in ordine ai delitti di furto semplice e di furto in abitazione o con strappo — tale circostanza sarà sottoposta ad un ordinario giudizio di bilanciamento ex art. 69, in caso di concorrenza con eventuali aggravanti comuni. Maggiori problemi applicativi residuano, al contrario, nel caso in cui la diminuente in commento vada a concorrere con una delle ipotesi di furto aggravato di cui all'art. 625. In questo caso, l'espresso dettato normativo prevede l'applicazione della circostanza attenuante in commento anche all'ipotesi di furto circostanziato ex art. 625; e quindi, dopo la determinazione della pena mediante computo delle aggravanti ad effetto speciale.

Ne deriverebbe, sostanzialmente, l'applicazione di una attenuante ad effetto speciale dopo la determinazione della pena ottenuta mediante l'applicazione di aggravanti. Cosa che ovviamente creerebbe difficoltà di tipo pratico ed applicativo.

È stata dunque proposta una diversa interpretazione di tale articolo, nel senso di considerarlo quale diminuente implicitamente esclusa dal giudizio di comparazione fra circostanze. Sulla scorta delle sopra esposte considerazioni, si è allora definita la previsione in esame quale “circostanza rinforzata” o “circostanza di circostanza” (Marini, La Monica, Mazza, 3127; per una contraria opinione, si veda Caringella, De Palma, Farini, Trinci, 1243, laddove tale circostanza attenuante ad effetto speciale viene invece considerata bilanciabile con le aggravanti speciali del furto).

Per quanto attiene squisitamente alla delimitazione del campo applicativo della previsione, evidenziamo due aspetti di rilievo. Vi è in primo luogo una collocazione che è cronologica e processuale, la quale funge da criterio di delimitazione dell'ambito di operatività della diminuente. Occorre cioè che l'atteggiamento collaborativo in esame venga assunto dal soggetto dopo la consumazione del fatto, ma, testualmente, prima del giudizio.

Inoltre, giova sottolineare come sia stata adoperata dal legislatore — evidentemente a ragion veduta — la disgiuntiva.  L’utilizzo di tale forma autorizza l’applicazione dell’attenuante in esame pure nei casi in cui il soggetto si adoperi per consentire esclusivamente l’identificazione di un correo e non anche del ricettatore, o magari viceversa; si richiede solo che gli elementi offerti concretizzino un apporto di rilevante valenza (Dolcini, Marinucci, 6164).

Èpoi una scelta nella compilazione della norma che assume un notevole rilievo – sia dogmatico, sia di politica criminale – in quanto essa è evidentemente evocativa della volontà legislativa di premiare comunque l'attività collaborativa, quale manifestazione di ravvedimento e resipiscenza. Poco interessa ovviamente — in ambito penale — che vi sia stata da parte del reo una effettiva rivisitazione critica del pregresso agire criminale. La scelta collaborativa è stata quindi ritenuta meritevole di premio — ad opera del legislatore — pur se magari legittimamente motivata da scelte di tipo meramente processuale ed utilitaristico. Affinché dunque il soggetto sia meritevole dell'attenuazione sanzionatoria ora in esame, deve ritenersi bastevole l'indicazione anche solo di alcuni dei correi (non obbligatoriamente di tutti). Così come sufficiente deve reputarsi anche l'indicazione di alcuni (non necessariamente di tutti) i soggetti che si siano andati ad inserire nella filiera di ricettatori e intermediari, in epoca successiva alla consumazione del furto. Una interpretazione che andasse in contrario avviso finirebbe infatti per negare l'applicazione della diminuente, ad esempio, in tutti i casi in cui il soggetto possa magari non essere a conoscenza dell'esatta identità di tutti i partecipi al fatto. Riteniamo quindi applicabile l'attenuante ogni volta che, comunque, vi sia prima del giudizio una forma di dissociazione da parte del reo, che comunque indichi anche solo alcuno dei soggetti a vario titolo partecipanti al reato, in veste di correi o di ricettatori o di mediatori. Del resto, la lettura per così dire minimale della disposizione sembra aderente alla ratio della stessa, che è comunque da ricercare nell'intenzione del legislatore di incoraggiare ogni atteggiamento che comunque implichi distacco da logiche di tipo criminale.

Evidenziamo comunque che, in contrario avviso, si è giustamente anche sottolineato che “La collaborazione, in vero, può essere ritenuta tale solo se piena e completa; non bastando apporti o contributi parziali, incompleti e, per l'effetto, inidonei a garantire quell'effetto interruttivo e impeditivo dell'attività criminosa che sta alla base della previsione attenuata” (Amato, 42).

Si deve però sottolineare come la norma ricolleghi l'effetto premiale ad una indicazione che sia sostanziale, rilevante, che insomma conduca in maniera concretamente apprezzabile all'individuazione dei correi. Non sarebbe quindi sufficiente fornire il mero nominativo, in maniera magari vaga e fumosa e in assenza di ulteriori indicazioni di tipo personale, atte a portare all'esatta identificazione del sodale.

Casistica

Affinché possa essere applicata l'attenuante in commento, occorre che il giudice — nell'ambito di una valutazione poi censurabile in sede di legittimità solo nei limiti indicati dall'art. 606, comma 1, lett. c) c.p.p. — ritenga che la collaborazione sia stata materialmente idonea a condurre all'identificazione dei correi (Cass. V, n. 32937/2014).

Dello stesso avviso la poc'anzi citata Cass. V, n. 13396/2020, la quale ha puntualizzato come, per poter beneficiare della circostanza attenuante speciale prevista dall'art. 625-bis c.p., l'imputato deve offrire un apporto collaborativo rilevante, utile all'identificazione dei complici del furto o di chi ha ricevuto la cosa rubata. È stato altresì puntualizzato come la valutazione dell'effettiva utilità e concretezza di tale collaborazione è rimessa al giudizio discrezionale del giudice. Tale principio è stato ribadito altresì da Cass. V, n. 46069/2022.

Il Supremo Collegio ha poi chiarito come la concessione della circostanza di cui all'art. 625-bis sia del tutto slegata dall'esito del giudizio promosso a carico dei soggetti identificati grazie alla collaborazione del beneficiario dell'attenuante (Cass. IV, n. 11490/2013).

Secondo la Cass. V, n. 17915/2017, l'attenuante ad effetto speciale della collaborazione, che è prevista dall'art. 625-bis, deve sottostare all'ordinario giudizio di bilanciamento tra circostanze eterogenee ex art. 69. Ad essa non è infatti consentito applicare lo speciale regime di esclusione della valutazione comparativa, che è dettato dall'art. 8 d.l. n.152/1991(relativamente ai delitti di mafia e senza la valenza di principio di applicazione generalizzata).

La Corte costituzionale ha recentemente affermato l'illegittimità costituzionale dell'art. 69, comma 4, c.p., nella parte in cui stabilisce il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all'art. 625-bis c.p. sulla recidiva reiterata prevista dall'art. 99, comma 4, c.p. (Corte Cost. n. 55/2025).

Bibliografia

Amato, “Contro il crimine l'arma del ravvedimento operoso”, in Guida dir. 16, 2001; Bonilini e Confortini, Codice penale commentato, a cura di Ronco e Romano; Torino, 2012; Caringella, De Palma, Farini, Trinci, Manuale di Diritto penale - Parte speciale, 2016, Roma, 2015; Marini, La Monica, Mazza, Commentario al codice penale, Torino, 2002;

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario