Codice Penale art. 631 - Usurpazione (1) (2).

Roberto Carrelli Palombi di Montrone

Usurpazione (1) (2).

[I]. Chiunque, per appropriarsi, in tutto o in parte, dell'altrui cosa immobile [812 1-2 c.c.], ne rimuove o altera i termini è punito, a querela della persona offesa [120, 639-bis], con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a 206 euro [649].

(1) Articolo così sostituito dall'art. 94 l. 24 novembre 1981, n. 689.

(2) V. art. 4 d.lg. 28 agosto 2000, n. 274, in tema di competenza penale del giudice di pace. V. inoltre la norma transitoria di cui all'art. 64 d.lg. n. 274, cit. Per le ipotesi di reato attribuite alla competenza del giudice di pace si applica la sanzione della multa da 774 euro a 2.582 euro o quella della permanenza domiciliare da 20 a 45 giorni o del lavoro di pubblica utilità da 1 a 6 mesi.

competenza: Giudice di pace; Trib. monocratico (ipotesi aggravata ex art. 639-bis oppure aggravanti ex art. 4 3 d.lg. n. 274 del 2000)

arresto: non consentito

fermo: non consentito

custodia cautelare in carcere: non consentita

altre misure cautelari personali: non consentite

procedibilità: a querela di parte; d'ufficio (ipotesi aggravata ex art. 639-bis)

Inquadramento

L'interesse protetto dall'art. 631 c.p. viene individuato dalla prevalente dottrina nell'integrità della proprietà immobiliare che può essere minacciata dall'eliminazione dei segni che la delimitano materialmente (Fiandaca-Musco, 246). Altra parte della dottrina ritiene che l'interesse tutelato dalla norma in esame debba essere ravvisato nel diritto all'integrità delle terminazioni fondiarie, quali mezzi di prova della proprietà agricola (Manzini, 484; Antolisei, 397). Si parla, al riguardo, di una figura di reato che costituirebbe un residuato storico dell'economia agricola, oggi superato dalle moderne tecniche di determinazione dei confini (Fiandaca-Musco, 245), volendosi, da parte di certa dottrina, rivalutarne l'importanza come fattispecie criminosa volta a prevenire la commissione dei reati più gravi da parte di organizzazioni criminali operanti in contesti rurali (Marini, 1999).

Soggetti

Soggetto attivo

La dottrina considera l'usurpazione un reato proprio, in quanto, nonostante che il testo della norma incriminatrice faccia riferimento a chiunque, soggetto attivo del reato può essere soltanto il proprietario o il possessore del fondo limitrofo, richiedendo, appunto, la legge il fine di appropriarsi dell'altrui cosa immobile (Manzini, 445).

La giurisprudenza, invece, ha affermato che il delitto di usurpazione di terreno può essere commesso anche da persona diversa dal proprietario o dal possessore del terreno a favore del quale si verifica l'usurpazione (Cass. II, n. 4747/1982); nella fattispecie concreta oggetto della decisione ora citata si trattava dell'usurpazione commessa dal coltivatore del fondo, convivente con la proprietaria dello stesso, e l'azione penale era stata esercitata unicamente contro detto coltivatore. E del resto anche più recentemente la Cassazione ha ritenuto che il delitto di usurpazione sussiste anche qualora la rimozione o l'alterazione riguardi i termini legittimamente apposti al bene immobile non solo dal proprietario del medesimo, ma anche dal suo possessore (Cass. II, n. 44028/2010). Ancora  la Cassazione ha precisato che il reato di cui all’art. 631 consiste nel fatto di colui che, per appropriarsi in tutto o in parte dell’altrui cosa mobile, ne rimuova o altera i termini. E si è in proposito precisato che, nonostante la norma, per individuare il soggetto attivo, faccia riferimento a chiunque, l’aggettivo altrui che figura nella disposizione comporta che il termine non può che essere inteso come non proprietario. Si ribadisce, quindi, ulteriormente, che l’art. 631 non può essere applicato al proprietario del fondo (Cass. II, n. 49370/2012).

Soggetto passivo

Soggetto passivo del reato può essere solo il proprietario del fondo in danno del quale i termini vengono alterati o rimossi o anche il soggetto che venga a trovarsi in un diverso rapporto giuridico o d'interesse con il bene stesso, ove si ritenga che la tutela giuridica offerta dall'art. 631 c.p. sia estesa anche al possesso.

Elemento materiale

Dottrina e giurisprudenza sono concordi nell'affermare che l'oggetto materiale della condotta è rappresentato dai termini, consistenti in qualsiasi segno, naturale o artificiale, visibile o facilmente ritrovabile, idoneo a delimitare un immobile (Manzini, 491). Difatti, in assenza dei termini il reato non può essere commesso, per la mancanza dell'oggetto materiale dello stesso, con la conseguenza che l'alterazione di una linea di confine ideale può integrare, eventualmente, il diverso reato previsto dall'art. 633 c.p. Si è precisato che la nozione penalistica di termini è più ampia di quella contenuta nel codice civile all'art. 951, essendo comprensiva di qualsiasi oggetto materiale idoneo a rappresentare, anche simbolicamente, la linea di confine tra i fondi, purché ciò avvenga in maniera stabile e permanente (Pisapia, 392). Si ritiene, invece, che non possano costituire oggetto materiale del reato i termini provvisori utilizzati per una divisione in corso come quelli collocati all'interno di una stessa proprietà (Mantovani, 2).

La norma incriminatrice fa espresso riferimento solo alle cose immobili e ciò rende configurabile il reato solo in relazione alla proprietà fondiaria, intendendo in essa compresi i beni demaniali ed i beni patrimoniali indisponibili, non potendo, invece, essere oggetto di appropriazione gli edifici.

La condotta del reato consiste nel rimuovere o alterare i termini, cioè nel toglierli dal luogo in cui si trovano oppure nel modificarli, renderli irriconoscibili, sopprimerli o distruggerli, in modo da privarli dell'idoneità a segnalare il confine dell'immobile (Fiandaca-Musco, 246).

Quindi, il reato non può sussistere in caso di proprietà non delimitata da termini (Cass. II, n. 30398/2015); così nella fattispecie concreta la Corte di Cassazione ha annullato con rinvio una decisione di secondo grado che aveva confermato la sentenza di condanna emessa dal Giudice di Pace per avere l'imputato arato e recintato una strada vicinale di proprietà comunale. Segnatamente era stato correttamente eccepito che il reato di cui all'art. 631 c.p. non può sussistere in caso di proprietà non delimitata da termini, facendosi rilevare che nel caso concreto la vicinale in questione non era mai stata identificata sul terreno con termini lapidei o con altri segnali.

Il Tribunale di Firenze ha sollevato una questione di legittimità costituzionale dell'art. 633 c.p. in riferimento agli artt. 2, 3, 42 e 47 Cost., nella parte in cui la fattispecie di reato si applica anche all'invasione a scopo abitativo di edifici in stato di abbandono da più anni; segnatamente il giudice remittente, premesso che il diritto all'abitazione costituisce un diritto fondamentale della persona, dubita che la funzione sociale della proprietà sia rispettata nel caso in cui il titolare lasci il proprio immobile per un lungo periodo di tempo in condizioni di abbandono, dovendosi al riguardo tener conto della persistente emergenza abitativa che connota la realtà italiana. La Corte costituzionale ha ritenuto non fondata la questione, non condividendo l'assunto del remittente sulla irragionevolezza della scelta di munire di tutela penale la proprietà di immobili lasciati dal titolare per un lungo periodo di tempo in condizioni di abbandono; secondo la Corte, appunto, dallo stato di abbandono di un immobile non può farsi discendere un automatico effetto estintivo dello ius escludendi alios riservato al proprietario, al possessore o al detentore qualificato né della pretesa punitiva rivolta alla tutela di quel diritto (Corte cost. n. 28/2024).  

Elemento psicologico

Per l'integrazione del reato, da un punto di vista soggettivo, è necessario il dolo specifico, non essendo, a tal fine, sufficiente la coscienza e volontà di rimuovere o alterare i termini del fondo altrui, ma occorrendo il fine specifico di appropriarsi, in tutto o in parte, dell'altrui cosa immobile (Mantovani, 2).

Consumazione

Trattasi di un reato di evento per la cui consumazione è necessario che alla condotta del soggetto agente consegua l'effetto di impedire, anche parzialmente, l'individuazione della linea di confine originariamente segnata (Mantovani, 2). L'usurpazione è, quindi, un reato istantaneo con effetti permanenti che si consuma nel momento in cui si realizza la rimozione o l'alterazione dei termini, non occorrendo, invece, che alla condotta consegua un'effettiva deminutio patrimonii (Mantovani, 2); ciò porta, generalmente, ad escludere la configurabilità del tentativo, ammesso, invece, ove si riconosca la possibilità di una consumazione frazionata del reato (Antolisei, 372).

Rapporti con altri reati

La Cassazione ha ritenuto che commette il delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni e non già quello di usurpazione di terreni colui il quale abbia voluto spostare, senza ricorrere al giudice, il confine tra il fondo di sua proprietà e quello del proprietario attiguo, agendo con la coscienza e volontà di impossessarsi di una striscia di terreno che consideri sua senza attendere che il giudice abbia a pronunciarsi in proposito (Cass. VI, n. 4346/1985).

Profili processuali

Il reato di usurpazione è punibile a querela della persona offesa, da individuarsi nel proprietario del fondo o anche nel semplice possessore dello stesso, sulla base di quanto sopra detto circa l'oggetto giuridico del reato.

Se ricorrono le circostanze previste dall'art. 639 bis c.p., il reato è procedibile d'ufficio.

È punito con la sanzione della reclusione fino a tre anni e della multa fino ed € 206,00.

Bibliografia

Antolisei, Manuale di diritto penale, parte speciale, Milano; Fiandaca - Musco, Diritto penale, parte speciale II, Bologna, 1997; Mantovani, Usurpazione, in Enc. giur. Treccani, XXXII; Manzini, Trattato di diritto penale italiano, Torino, 1981; Marini, Delitti contro il patrimonio, Torino, 1999; Pisapia, Usurpazione, in Nss. d. I. XX, 1975.

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