Codice Civile art. 210 - Modifiche convenzionali alla comunione legale dei beni (1).

Giuseppe Buffone
aggiornato da Annachiara Massafra

Modifiche convenzionali alla comunione legale dei beni (1).

[I]. I coniugi possono, mediante convenzione stipulata a norma dell'articolo 162 [2647], modificare il regime della comunione legale dei beni [177 ss.] purché i patti non siano in contrasto con le disposizioni dell'articolo 161 [160].

[II]. I beni indicati alle lettere c), d) ed e) dell'articolo 179 non possono essere compresi nella comunione convenzionale.

[III]. Non sono derogabili le norme della comunione legale relative all'amministrazione dei beni della comunione [180] e all'uguaglianza delle quote limitatamente ai beni che formerebbero oggetto della comunione legale [194].

(1) Articolo così sostituito dall'art. 79 l. 19 maggio 1975, n. 151. L'art. 78 della stessa legge, ha modificato l'intitolazione di questa Sezione.

Inquadramento

Il regime patrimoniale della famiglia è suscettibile di modifiche convenzionali, abilitate dall'art. 210. Alcune norme, tuttavia, non sono derogabile costituendo regole imperative: ne consegue che i patti in contrasto sono da considerarsi nulli. In particolare, per espressa previsione del terzo comma dell'art. 210, non sono suscettibili di deroga le norme della comunione legale relative all'amministrazione dei beni della comunione e all'uguaglianza delle quote limitatamente ai beni che formerebbero oggetto della comunione legale. La disciplina pattizia è pure limitata nell'oggetto: alcuni beni, infatti, non possono essere compresi nella comunione convenzionale. Si tratta dei beni indicati alle lett. c), d) ed e) dell'art. 179 ossia: i beni di uso strettamente personale di ciascun coniuge ed i loro accessori; i beni che servono all'esercizio della professione del coniuge, tranne quelli destinati alla conduzione di una azienda facente parte della comunione; i beni ottenuti a titolo di risarcimento del danno nonché la pensione attinente alla perdita parziale o totale della capacità lavorativa.

Regime giuridico

È controverso, in dottrina, l'esatto perimetro applicativo dell'art. 210. Secondo una prima tesi, accanto alla comunione legale e alla separazione dei beni, sussisterebbe un autonomo terzo regime patrimoniale ossia quello della convenzionale legale. Di diversa opinione, anche autorevolmente, quella dottrina che predica, invece, l'esistenza di due soli regimi patrimoniali, qualificando la comunione convenzionale come evoluzione della comunione legale, per effetto delle modifiche al regime apportabili in via pattizia. Per tale dottrina, dunque, la comunione convenzionale disciplinerebbe i poteri (limitati) di modifica della comunione legale. In posizione intermedia si colloca chi assume che il potere modificatorio possa riguardare non solo i contenuti della comunione legale ma anche il tipo di regime. Il tenore letterale dell'art. 210 (che parla espressamente di “comunione convenzionale”) nonché il titolo della sezione IV introdotta dall'art. 210 (che parla anch'esso espressamente di “comunione convenzionale”) depongono nel senso di un istituto autonomo, un regime patrimoniale modellato secondo l'autonomia privata esercitata dai coniugi. L'art. 210 introduce, comunque delle regole non derogabili ove si tratti di confezionare una comunione convenzionale. In primo luogo, gli sposi non possono derogare né ai diritti né ai doveri previsti dalla legge per effetto del matrimonio (art. 160). In secondo luogo, gli sposi non possono pattuire in modo generico che i loro rapporti patrimoniali siano in tutto o in parte regolati da leggi alle quali non sono sottoposti o dagli usi, ma devono enunciare in modo concreto il contenuto dei patti con i quali intendono regolare questi loro rapporti (art. 161). In terzo luogo, gli sposi non possono derogare alle norme della comunione legale relative all'amministrazione dei beni della comunione e all'uguaglianza delle quote limitatamente ai beni che formerebbero oggetto della comunione legale. Infine, i beni indicati alle lettere c), d) ed e) dell'art. 179 non possono essere compresi nella comunione convenzionale.

Estensione della comunione a beni acquistati anteriormente al matrimonio

La giurisprudenza si è interrogata circa la validità di convenzioni dirette ad estendere la comunione anche ai beni acquistati anteriormente al matrimonio: essa validità è stata affermata dalle Sezioni Unite della Cassazione (Cass. S.U., n. 77/1999) ed è conclusione che si ricava secondo la Suprema Corte dalla lettura dell'art. 210, comma 2, che, quanto ai beni che possono far parte della comunione convenzionale, pone il solo limite dei beni indicati dalle lett. c), d) ed e) dell'art. 179, tra i quali non rientrano i c.d. beni prenuziali (salvo che, ovviamente, non ricadano, a loro volta, in una delle lettere dell'art. 179 sopra indicate: così Cass. n. 21786/2008).

Unione civile

In virtù dell'art. 1 comma 20, l. n. 76/2016, la disposizione qui in commento è applicabile anche all'unione civile. Sono pure applicabili all'unione civile, gli articoli successivi essendo richiamata l'intera Sezione IV.

Bibliografia

Cian, Trabucchi (a cura di), Commentario breve al codice civile, Padova, 2011; Sesta (a cura di), Codice della famiglia, Milano, 2015.

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