Codice Civile art. 625 - Erronea indicazione dell'erede o del legatario o della cosa che forma oggetto della disposizione.

Mauro Di Marzio

Erronea indicazione dell'erede o del legatario o della cosa che forma oggetto della disposizione.

[I]. Se la persona dell'erede o del legatario è stata erroneamente indicata [1433], la disposizione ha effetto quando dal contesto del testamento o altrimenti risulta in modo non equivoco quale persona il testatore voleva nominare [628].

[II]. La disposizione ha effetto anche quando la cosa che forma oggetto della disposizione è stata erroneamente indicata o descritta [1433], ma è certo a quale cosa il testatore intendeva riferirsi.

Inquadramento

L'art. 625 contiene la disciplina dell'errore ostativo nei suoi due possibili rilevanti aspetti, per il caso che la reale volontà del testatore diverga dalla dichiarazione recata dalla scheda testamentaria con riguardo alla persona dell'erede ovvero del legatario o, altrimenti, della cosa che ha costituito oggetto della disposizione.

La figura dell'errore contemplato dalla norma in commento presuppone che non vi sia stato un errore nella formazione della volontà (Cicu, 133).

In giurisprudenza si trova affermato che a norma dell'art. 625, non è escluso che l'indicazione dell'erede incompleta o equivoca, contenuta nel testamento possa essere integrata mediante la prova testimoniale di circostanze che concorrano a chiarire in modo preciso e sicuro la volontà del de cuius imperfettamente manifestata con l'atto testamentario. L'art. 625, che, nel contrasto, riguardo alla persona dell'istituito, tra la volontà effettiva del de cuius e la dichiarazione, impone la prevalenza della prima sulla seconda, trova applicazione non solo nel caso d'indicazione incompleta e insufficiente, ma anche nel caso in cui l'indicazione del soggetto istituito non corrisponda, per errore del dichiarante, alla volontà di questo (Cass. n. 268/1950).

In tale prospettiva è stato detto che, nell'interpretare la volontà espressa dal testatore il giudice deve tener conto che il lessico comune individua i «cugini» solo in quelli di primo grado, avendo anche riguardo alla specifica situazione di età, cultura e condizione personale del de cuius (Trib. Venezia 25 luglio 1992, Giur. it., 1993, I, 2, 118). In generale, cioè deve ritenersi ammissibile un'interpretazione antiletterale del testamento quando sia evidente, alla stregua dell'interpretazione soggettiva, che il testatore è incorso nell'errore ostativo (Trib. Vallo della Lucania 17 aprile 2002, Giur. it., 2002, 2070).

Analoghi principi trovano applicazione anche per l'errore dell'indicazione della cosa legata o della cosa che per volontà del testatore debba far parte di una quota di eredità (Cicu, 136).

In applicazione dell'art. 625, con riguardo ai beni oggetto della disposizione, si è evidenziato come possa venire in questione l'errore compiuto dal testatore in ordine al regime giuridico dei medesimi. La sorte dei beni caduti in successione e regolata in base al regime giuridico in cui si trovano al momento dell'apertura della successione, ciò tuttavia non impedisce che, al fine di stabilire l'effettiva volontà del testatore in un determinato caso concreto, sia necessario invece tener conto, in applicazione del principio enunciato nel secondo comma dell'art. 625, di un'eventuale falsa rappresentazione che del regime giuridico dei propri beni abbia avuto il testatore, qualora si accerti che proprio in considerazione di essa i beni stessi debbano ritenersi attribuiti all'uno piuttosto che all'altro dei chiamati all'eredita (Cass. n. 64/1970).

Anche dalla disposizione in commento, oltreché, naturalmente, dall'art. 628, si traggono argomenti altresì per sostenere che la ricerca della volontà testamentaria non debba arrestarsi dinanzi ad una imprecisa o incompleta formulazione della disposizione testamentaria (Cass. n. 141/1985; Cass. n. 1980/1963).

Bibliografia

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