Codice Civile art. 790 - Riserva di disporre di cose determinate.Riserva di disporre di cose determinate. [I]. Quando il donante si è riservata la facoltà di disporre di qualche oggetto compreso nella donazione o di una determinata somma sui beni donati, e muore senza averne disposto, tale facoltà non può essere esercitata dagli eredi. InquadramentoLa norma regola la particolare ipotesi in cui il donante abbia riservato a sé la facoltà di disporre di una o più cose determinate che abbiano formato oggetto di donazione: in tal caso, qualora il donante sia morto senza aver disposto di simile facoltà la stessa si estingue, non potendo essere esercitata dagli eredi. La natura strettamente personale della facoltà in questione si giustifica con il carattere di tendenziale irrevocabilità della donazione, rispetto al quale l'art. 790 rappresenta disciplina parzialmente derogatoria. La riserva di disporre in favore del donanteSecondo la dottrina, l'inserimento nel contratto di donazione della clausola che riserva al donante la facoltà di disporre di una o più cose determinate incluse nell'oggetto della donazione rappresenta una condizione risolutiva, che, in caso di esercizio della relativa facoltà, fa tornare il bene oggetto di riserva nella titolarità del donante con effetto ex tunc (Gardani Contursi-Lisi, in Comm. S.B., 1976, 340). Il riferimento della norma a “qualche oggetto” compreso nella donazione e ad una “determinata somma” sui beni donati, porta a ritenere inammissibile una riserva di disposizione su tutti i beni donati, che renderebbe la donazione sostanzialmente revocabile per volontà del donante, in contrasto con quanto disposto dall'art. 800, che ammette la revoca solo per ingratitudine o sopravvenienza di figli. La disciplina di cui all'art. 790 è stata anche sospettata di incostituzionalità, nella parte in cui non prevede la possibilità, per il donante, di riservare a proprio favore la facoltà — non trasmissibile agli eredi — di disporre discrezionalmente, per la durata della propria vita, la costituzione a carico del donatario di un obbligo di prestazione di assistenza morale e materiale per la soddisfazione di ogni esigenza di vita del donante medesimo. La Corte Costituzionale, tuttavia, ha dichiarato la questione manifestamente inammissibile in quanto sollevata da soggetto non legittimato (vale a dire il notaio incaricato di rogare il contratto), senza entrare, quindi, nel merito della sua fondatezza (Corte cost. n. 52/2003). BibliografiaAzzariti, Le successioni e le donazioni, Napoli, 1990, 853 ss.; Capozzi, Successioni e donazioni, Milano, 2015, 1505 ss. |