Codice Civile art. 821 - Acquisto dei frutti.Acquisto dei frutti. [I]. I frutti naturali appartengono al proprietario della cosa che li produce [1477, 1775], salvo che la loro proprietà sia attribuita ad altri [168 2, 170, 177 1b, 217 2, 324 2, 896, 959, 984, 1021, 1148, 1615, 1960, 2791]. In questo ultimo caso la proprietà si acquista con la separazione. [II]. Chi fa propri i frutti deve, nei limiti del loro valore, rimborsare colui che abbia fatto spese per la produzione e il raccolto [984 3, 1149]. [III]. I frutti civili si acquistano giorno per giorno, in ragione della durata del diritto. InquadramentoGli artt. 820 e 821 dapprima individuano le distinte nozioni di frutti naturali, i quali provengono direttamente dalla cosa, e di frutti civili, che invece derivano dalla cosa quale corrispettivo del godimento ceduto a terzi; quindi specificano il loro differente regime di acquisto. Frutti naturali e frutti civiliCostituiscono frutti civili, ad esempio, quelli dovuti, in sede di divisione, dal comproprietario che abbia utilizzato, in via esclusiva, un bene fruttifero rientrante nella comunione, in quanto adempiono alla funzione di corrispettivo del godimento della cosa e possono essere liquidati con riferimento al valore figurativo del canone locativo di mercato, a prescindere da comportamenti leciti o illeciti altrui (Cass. II, n. 17876/2019).Sulla diversità fra frutti naturali, frutti civili e danni derivanti dall'uso illegittimo della cosa comune, v. Cass. II, n. 7019/ 2019). L'obbligo di restituzione dei frutti della cosa da parte del possessore in favore del proprietario — indipendentemente dalla buona fede o meno del primo — ha carattere di debito di valore relativamente ai frutti naturali, mentre dà luogo ad un debito di valuta, soggetto al principio nominalistico, in relazione ai frutti civili (nella specie, somme riscosse a titolo di pigione: Cass. II, n. 5776/2006). L'obbligo restitutorio del possessore, ai sensi dell'art. 1148, riguarda i frutti “civili”, sia percepiti che percepibili con la diligenza del buon padre di famiglia (Cass. II, n. 12362/1992). Il legislatore considera il prodotto della escavazione non come parte necessariamente integrante del fondo, tant'è che annovera espressamente i prodotti delle miniere, delle cave e delle torbiere tra i frutti naturali. I contratti di diritto privato aventi per oggetto lo sfruttamento di cave possono così dar luogo ad una vendita immobiliare, ad una vendita mobiliare o ad una convenzione riconducibile nello schema dell'affitto (Cass. II, n. 27256/2018). L'acquisto dei fruttiIn ipotesi di scioglimento della comunione, il comproprietario rimasto nel possesso esclusivo dei beni fruttiferi è tenuto alla restituzione dei frutti conseguiti dalla cosa, i quali si acquistano giorno per giorno in ragione della durata del diritto (art. 821, comma 3), a far data dalla domanda di divisione, quale momento d'insorgenza del debito di restituzione (pro quota) del bene medesimo (Cass. I, n. 10896/2005). In particolare, i frutti naturali della cosa comune già separati al momento della divisione sono di proprietà di tutti i partecipanti, in conformità del disposto degli artt. 820 e 821, e non possono quindi, salva diversa volontà delle parti, diventare di proprietà esclusiva del condividente cui sia stato assegnato il bene che li ha prodotti. Invece, nell'ipotesi in cui i frutti stessi non siano stati ancora separati al momento della divisione, è operante l'efficacia retroattiva dell'art. 757, con la conseguenza che il condividente assegnatario ha il diritto di percepire per l'intero i frutti stessi anche se riferibili al periodo in cui il bene che li ha prodotti era comune (Cass. II, n. 5978/2024; Cass. II, n. 2975/1991). L'art. 821, comma 2, viene interpretato nel senso che chi ha sostenuto spese per la produzione e il raccolto può chiedere, a colui che fa propri i frutti, il rimborso delle sole spese a tal fine indispensabili e necessarie e non di tutte quelle affrontate, ancorché superiori a quelle che ordinariamente si incontrano (Cass. II, n. 17331/2024). La mancata o ritardata fruizione di un bene fruttifero causata dal colpevole comportamento di chi avrebbe dovuto rendere possibile tale fruizione implica di per sé la potenzialità di un danno secondo il criterio dell’id quod plerumque accidit, rientrando nella normalità delle cose che la disponibilità di un bene siffatto consenta di ricavarne un reddito e che, quindi, la sua privazione lo impedisca (Cass. II, n. 6656/2000). La prescrizione del diritto alla restituzione dei frutti della cosa da altri detenuta o posseduta non richiede per la sua decorrenza il previo accertamento giudiziale del diritto di proprietà della cosa (Cass. II, n. 10296/1990). Scarpa Antonio BibliografiaBiondi, voce Cosa mobile ed immobile (diritto civile), in Nss. D.I., IV, Torino 1959, 1024 ss.; La Torre, Il bene «duale» nella teoria delle cose, in Giust. civ. 2008, 267 ss.; Scozzafava, I beni e le forme giuridiche di appartenenza, Milano, 1982, 90; Trimarchi, Universalità di cose, in Enc. dir., XLV, Milano 1992, 820. |