Codice Civile art. 878 - Muro di cinta.Muro di cinta. [I]. Il muro di cinta e ogni altro muro isolato che non abbia un'altezza superiore ai tre metri non è considerato per il computo della distanza indicata dall'articolo 873. [II]. Esso, quando è posto sul confine, può essere reso comune [874] anche a scopo d'appoggio, purché non preesista al di là un edificio a distanza inferiore ai tre metri. InquadramentoAi fini del computo della distanza nelle costruzioni indicata dal precedente art. 873, la norma in commento precisa che non si considera a tali fini il muro di cinta e ogni altro muro isolato che non abbia un'altezza superiore ai tre metri, aggiungendo che, allorché tale muro sia posto sul confine, può essere reso comune ai sensi dell'art. 874 “anche a scopo d'appoggio”, alla sola condizione che non preesista aldilà un edificio a distanza inferiore ai tre metri. Pertanto, i requisiti del muro di cinta che, ai sensi dell'art. 878, non va tenuto conto ai fini del computo delle distanze ed è accomunato ad ogni altro muro isolato che non abbia altezza superiore a tre metri, sono: a) di essere isolato, nel senso che le facce di esso emergano dal suolo e siano distaccate da ogni altra costruzione; b) di essere destinato alla demarcazione della linea di confine nonché alla separazione e chiusura delle proprietà limitrofe; c) di avere un'altezza non superiore ai tre metri. Ne consegue che il muro realizzato a confine per la recinzione della proprietà, qualora sia unito — con una platea in cemento realizzata sotto il piano di campagna — ad altro muro edificato a ridosso ed in corrispondenza di esso, perde la natura di muro di cinta per acquistare quella di vera e propria costruzione da edificarsi nel rispetto delle distanze legali. Requisiti del muro di cintaAl riguardo, la giurisprudenza ha opportunamente chiarito che un muro può essere qualificato come muro di cinta quando ha determinate caratteristiche: destinazione a recingere una determinata proprietà, altezza non superiore a tre metri, emergere dal suolo ed avere entrambe le facce isolate dalle altre costruzioni; in presenza di tali caratteristiche è applicabile la disciplina prevista dall'art. 878 e dalle norme di esso integrative, in ordine all'esenzione dal rispetto delle distanze tra costruzioni; tuttavia, tale normativa si applica anche nel caso in cui si abbia un manufatto in tutto o in parte carente di alcune di esse, purché sia idoneo a delimitare un fondo e gli possa ugualmente essere riconosciuta la funzione e l'utilità di demarcare la linea di confine e di recingere il fondo (Cass. II, n. 3037/2015; Cass. II, n. 8671/2001); pertanto, l'esenzione dal rispetto delle distanze tra costruzioni, prevista dall'art. 878, si applica sia ai muri di cinta, qualificati dalla destinazione alla recinzione di una determinata proprietà, dall'altezza non superiore a tre metri, dall'emersione dal suolo nonché dall'isolamento di entrambe le facce da altre costruzioni, sia ai manufatti che, pur carenti di alcuni di tali requisiti, siano comunque idonei a delimitare un fondo ed abbiano ugualmente la funzione e l'utilità di demarcare la linea di confine e di recingere il fondo (Cass. II, n. 26713/2020). Al contempo, non può essere considerato muro di cinta, ai sensi e agli effetti dell'art. 878, quello che, ancorché posto sul confine e isolato da entrambe le facce, presenti un'altezza superiore a 3 metri, perché, in tal caso, deve osservarsi la distanza di cui all'art. 873 che concerne le costruzioni in senso lato, e non quella di cui all'art. 17, lett. c), della c.d. legge ponte, ossia la l. n. 765/1967 che riguarda le distanze tra edifici (Cass. II, n. 1134/2000; Cass. II, n. 5472/1991). Sempre sul presupposto che il muro di cinta, non considerabile ai fini del computo delle distanze fra le costruzioni, ai sensi dell'art. 878, è solo quello con facce emergenti dal suolo che, essendo destinato alla demarcazione della linea di confine e alla separazione dei fondi, si presenti separato da ogni altra costruzione, si è affermato che non è da ritenere di cinta un muro che risulti eretto in sopraelevazione di un fabbricato, in corrispondenza di un solaio-terrazza di copertura di questo, con funzione di chiusura di un lato di tale terrazza, posto che un simile manufatto non si configura separato dall'edificio cui inerisce e resta nel medesimo incorporato (Cass. II, n. 8922/2017; Cass. II, n. 1083/1996). In dottrina, se ne è dedotto, pertanto, che il muro di cinta è considerato come inesistente, tamquam non esset, agli effetti delle distanze legali, sicché l'intercapedine minima di tre metri si applica solo tra edifici ed edifici; di conseguenza, l'esistenza di un muro di cinta sul confine non impedisce al vicino di costruire sul suo fondo anche a distanza minore di tre metri dal confine; qualora, poi, l'edificio di un proprietario sia situato a meno di un metro e mezzo dal confine, l'eventuale costruzione di un muro di cinta sul confine da parte dello stesso proprietario, non impedirà al vicino di fabbricare in unione o in aderenza al detto edificio, travolgendo il muro di cinta ed occupando il suolo interposto tra questo e l'edificio (Albano, in Tr. Res., 1982, 577). Fondi a dislivelloSi è, altresì, chiarito che, in tema di muri di cinta tra fondi a dislivello, qualora l'andamento altimetrico del piano di campagna — originariamente livellato sul confine tra due fondi — sia stato artificialmente modificato, deve ritenersi che il muro di cinta abbia la funzione di contenere un terrapieno creato ex novo dall'opera dell'uomo, e vada, per l'effetto, equiparato a un muro di fabbrica, come tale assoggettato al rispetto delle distanze legali tra costruzioni (Cass. II, n. 13628/2010; Cass. II, n. 1217/2010; Cass. II, n. 9998/2003). Nella stessa lunghezza d'onda, si è affermato (Cass. II, n. 10512/2018) che, qualora l'andamento altimetrico di due fondi limitrofi, sia stato artificialmente modificato, così da creare tra essi un dislivello che prima non esisteva, il muro di cinta viene ad assolvere, oltre alla funzione sua propria di delimitazione tra le proprietà, anche quella di sostegno e contenimento del terrapieno creato dall'opera dell'uomo, sicché esso va equiparato ad una costruzione in senso tecnico-giuridico agli effetti delle distanze legali (senza che abbia rilievo chi, tra i proprietari confinanti, abbia in via esclusiva o prevalente realizzato tale intervento) ed è assoggettato al rispetto delle distanze stesse. Invero, i requisiti essenziali del muro di cinta, che a norma dell'art. 878 non va considerato nel computo delle distanze legali, sono costituiti dall'isolamento delle facce, l'altezza non superiore a metri tre, la sua destinazione alla demarcazione della linea di confine e alla separazione e chiusura della proprietà; peraltro, nel caso di fondi a dislivello, nei quali funzione di sostegno del terrapieno o della scarpata, una faccia non si presenta di norma come isolata e l'altezza può anche superare i tre metri, se tale è l'altezza del terrapieno o della scarpata; pertanto, non può essere considerato come costruzione, ai fini dell'osservanza delle distanze legali il muro che, nel caso di dislivello naturale, oltre a delimitare il fondo, assolve anche alla funzione di sostegno e contenimento del declivio naturale, mentre nel caso di dislivello di origine artificiale deve essere considerato costruzione in senso tecnico-giuridico il muro che assolve in modo permanente e definitivo anche alla funzione di contenimento di un terrapieno creato dall'opera dell'uomo (Cass. II, n. 8144/2001; Cass. II, n. 7594/1995; cui adde, da ultimo, Cass. II, n. 6766/2018, secondo la quale il muro di contenimento di una scarpata o di un terrapieno naturale non può considerarsi costruzione agli effetti della disciplina di cui all'art. 873 c.c. per la parte che adempie alla sua specifica funzione di sostegno e contenimento, dalle fondamenta al livello del fondo superiore, qualunque sia l'altezza della parete naturale o della scarpata o del terrapieno cui aderisce, impedendone lo smottamento, dovendosi escludere la qualifica di costruzione anche se una faccia non si presenti come isolata e l'altezza possa superare i tre metri, qualora tale sia l'altezza del terrapieno o della scarpata). Muro di fabbricaNella stessa prospettiva, si è puntualizzato che il muro di sostegno di un terrapieno, in quanto costituente vera e propria costruzione ai fini delle distanze legali, deve considerarsi come muro di fabbrica, e non come muro di cinta che, a norma dell'art. 878, è quello destinato alla protezione e delimitazione del fondo con altezza non superiore a tre metri e con le due facce isolate (Cass. II, n. 8144/2001; Cass. II, 2940/1992; Cass. II, n. 6483/1998). Tuttavia, il muro di cinta — caratterizzato dall'isolamento delle due facce e dall'altezza non superiore ai tre metri, nonché dalla destinazione a funzione di protezione del fondo recinto dalle possibili invasioni — non cessa di essere tale, diventando un muro di fabbrica, per il solo fatto dell'utilizzo del muro quale appoggio di un fuoco rustico o di altre suppellettili di cucina, protette da una tettoia, elementi tutti di evidente precaria consistenza; tale utilizzazione del muro, infatti, non imprime al muro un accrescimento o consolidamento della sua originaria consistenza, né attribuisce allo stesso la qualificazione giuridica di costruzione, necessaria per l'identificazione del muro di fabbrica (Cass. II, n. 3484/1981). Costruzione in appoggioOrbene, considerato che, ai sensi dell'art. 878, comma 2, il vicino può costruire in appoggio al muro di cinta rendendolo comune, purché non sia violata la distanza di tre metri dalla costruzione esistente al di là del muro, costituisce, in tale ipotesi, esercizio legittimo dei poteri inerenti al diritto di proprietà, che altrimenti verrebbe limitato dall'opera del vicino, costruire in aderenza al muro di cinta senza l'obbligo di renderlo comune, obbligo che non è previsto dalla citata norma (Cass. II, n. 8807/2003). La semplice funzione di appoggio che il muro di cinta possa esercitare rispetto ad una parte accessoria dell'immobile, non imprimendo al muro stesso un accrescimento e consolidamento della sua originaria consistenza, non vale a trasformarlo, ai fini delle norme sulle distanze, in muro di fabbrica, poiché per la sua identificazione deve farsi riferimento alla funzione prevalente cui esso assolve (Cass. II, n. 2887/1987). BibliografiaAlvino, Costruzione su fondi non contigui ed osservanza delle distanze, in Giust. civ., 1983, I, 156; Benedetti, Distanze legali tra costruzioni: il punto sull'applicazione dell'art. 873 c.c., in Riv. giur. edil. 1999, I, 456; De Cupis, Sulla distanza legale tra costruzioni, in Giust. civ. 1982, II, 431; De Giovanni, Rapporti di vicinato, Milano, 2013; Del Bene, Distanze tra costruzioni, in Enc. giur., XI, Roma, 1996; Fusaro, Le distanze nelle costruzioni, in Nuova giur. civ. 1986, II, 165; Galletto, Distanze fra costruzioni, in Dig. civ., VI, Torino, 1990; Terzago G. - Terzago P., I rapporti di buon vicinato, Milano, 1996. |