Codice Civile art. 898 - Comunione di siepi.

Alberto Celeste

Comunione di siepi.

[I]. Ogni siepe tra due fondi si presume comune ed è mantenuta a spese comuni, salvo che vi sia termine di confine o altra prova in contrario.

[II]. Se uno solo dei fondi è recinto, si presume che la siepe appartenga al proprietario del fondo recinto, ovvero di quello dalla cui parte si trova la siepe stessa in relazione ai termini di confine esistenti.

Inquadramento

La norma in commento prevede che ogni siepe — considerando come siepe anche la staccionata o palizzata formata da strisce lineari contigue di legno — tra due fondi si presume comune ed è mantenuta a spese comuni, salvo che vi sia termine di confine o altra prova in contrario. Fra le prove in contrario della comunione, la più importante è l'esistenza di un termine di confine, quale una pietra o un albero, sicché se la siepe è sita entro il confine, delimitato dal termine, appartiene al proprietario del fondo. Altre prove contrarie alla comunione potranno essere il titolo, l'usucapione od altri fatti idonei a dimostrare la proprietà esclusiva, quale, ad esempio, la piantagione e la coltivazione della siepe. Qualora, però, uno solo dei fondi è recinto, si presume che la siepe appartenga al proprietario del fondo recinto, o di quello dalla cui parte si trova la siepe stessa in relazione ai termini di confine esistenti.

Ad avviso della dottrina, la comunione delle siepi poste tra due fondi è prevista dalla norma de qua in base a presunzione semplice, fondata sulle stesse ragioni di probabilità e utilità che dettano le presunzioni di comunioni in tema di muro ex art. 880 e di fossi ex art. 897. Si è rilevato, altresì, il carattere pleonastico della previsione della ripartizione delle spese di mantenimento, in quanto, trattandosi di comunione, deve ritenersi applicabile il relativo regime (Pescatore, Della proprietà, in Commentario al codice civile, Torino 1968, 393).

Secondo alcuni (De Martino, in Comm. S. B., 1976, 370), la comunione potrebbe farsi cessare solo al fine di sostituire la siepe con un altro e più solido mezzo di chiusura, quale un muro.

La presunzione di cui sopra si applica tanto alle siepi “vive”, formate da piante in vegetazione, quanto alle siepi “morte”: la distinzione è rilevante agli effetti della prova contraria perché, mentre le siepi morte possono stare sul confine ed appartenere in proprietà esclusiva ad uno dei confinanti, le siepi vive, in base all'art. 892, non possono mai essere sul confine senza essere comuni o almeno senza che il loro proprietario in esclusiva abbia acquistato la servitù di tenerle a distanza inferiore a quella legale (Albano, in Tr. Res., 1982, 598).

Il comma 2 stabilisce, invece, due presunzioni di proprietà esclusiva della siepe. In base alla prima, quando uno solo dei due fondi è recinto, la siepe si presume di proprietà del titolare del fondo recinto, posto che nessuna utilità ritrarrebbe dalla siepe il proprietario del fondo non recinto, e quindi aperto ai lati, quanto meno ai fini della chiusura (Piazza, Alberi, in Nuovo D.I., I, Torino 1957, 453). In forza della seconda, che costituisce un'eccezione rispetto alla prima, quando, pur essendo recinto uno solo dei due fondi, tra la siepe e uno dei fondi stessi esistano termini di confine, si presume che la siepe appartenga in proprietà esclusiva al proprietario dell'altro fondo, sia questo recinto o meno.

Bibliografia

Alvino, Costruzione su fondi non contigui ed osservanza delle distanze, in Giust. civ., 1983, I, 156; Benedetti, Distanze legali tra costruzioni: il punto sull'applicazione dell'art. 873 c.c., in Riv. giur. edil. 1999, I, 456; De Cupis, Sulla distanza legale tra costruzioni, in Giust. civ. 1982, II, 431; De Giovanni, Rapporti di vicinato, Milano, 2013; Del Bene, Distanze tra costruzioni, in Enc. giur., XI, Roma, 1996; Fusaro, Le distanze nelle costruzioni, in Nuova giur. civ. 1986, II, 165; Galletto, Distanze fra costruzioni, in Dig. civ., VI, Torino, 1990; Terzago G. - Terzago P., I rapporti di buon vicinato, Milano, 1996.

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