Codice Civile art. 919 - Scioglimento del consorzio.Scioglimento del consorzio. [I]. Lo scioglimento del consorzio non ha luogo se non quando è deliberato da una maggioranza eccedente i tre quarti, o quando, potendosi la divisione effettuare senza grave danno, essa è domandata da uno degli interessati. InquadramentoA completamento dell'articolo precedente, che contempla la possibilità della costituzione di un consorzio volontario tra i proprietari di fondi vicini, che vogliano riunire e usare in comune le acque defluenti dal medesimo bacino di alimentazione o da bacini contigui, la norma in commento — che non ha registrato, a quanto consta, applicazioni giurisprudenziali — prevede che lo scioglimento di tale consorzio si possa verificare soltanto allorché venga deliberato da una maggioranza eccedente i tre quarti, o quando, potendosi la divisione effettuare senza grave danno, essa è domandata all'autorità giudiziaria da uno degli interessati. Lo scioglimento del consorzio, anche se richiesto da uno solo degli interessati, produce effetto nei confronti di tutti i partecipanti. Per lo scioglimento del consorzio — e, quindi, il ritorno allo stato pristino di utilizzazione individuale delle proprie acque — occorre, dunque, una deliberazione approvata dalla maggioranza qualificata dei consorziati, eccedente appunto i tre quarti. La dottrina ha sottolineato che, in omaggio al principio della libertà di divisione, lo scioglimento può essere chiesto anche da uno solo dei consorziati, solo nel caso in cui la divisione si possa effettuare senza grave danno. Ove sorga contestazione sul diritto alla divisione (ed in particolare sul presupposto del danno), sarà l'autorità giudiziaria a provvedere. Lo scioglimento risulta, invece, impossibile allorquando si produca la completa dispersione o inutilizzabilità dell'acqua. Ciascun partecipante può essere liberato dalle spese consorziali solo rinunciando al suo diritto di utilizzazione dell'acqua (Tabet-Ottolenghi-Scaliti, La proprietà, in Giurisprudenza sistematica civile e commerciale, diretta da Bigiavi, Torino 1981, 755). BibliografiaAzzaro, Scoli e avanzi d'acqua (servitù di), in Dig. civ., XVIII, Torino, 1998; Calabrese, Diritto sulle acque private e limiti nel loro uso, in Giur. agr. it. 1982, 39; Costantino, Acque private, in Dig. civ., I, Torino, 1987; Gaggero, Presa o derivazione d'acqua (servitù di), in Dig. civ., XIV, Torino, 1996; La Rocca, Problemi pratici derivanti dalla normativa in materia di deflusso delle acque per la pendenza del terreno, in Giur. agr. it. 1983, 474; Lipari, Alterazione del deflusso naturale di acque e risarcimento del danno, in Giur. agr. it. 1987, 486; Pescatore - Albano - Greco, Commentario del codice civile, III, Della proprietà, Torino, 1968; Taldone, Lavori nell'alveo di un fiume e necessità di preventiva autorizzazione, in Dir. e giur. agr. e ambiente 2005, 601. |