Codice Civile art. 1085 - Tempo d'esercizio della servitù.Tempo d'esercizio della servitù. [I]. Il diritto alla presa d'acqua si esercita, per l'acqua estiva, dall'equinozio di primavera a quello d'autunno; per l'acqua iemale, dall'equinozio d'autunno a quello di primavera. [II]. La distribuzione d'acqua per giorni e per notti si riferisce al giorno e alla notte naturali. [III]. L'uso delle acque nei giorni festivi è regolato dalle feste di precetto vigenti al tempo in cui l'uso fu convenuto o in cui si è incominciato a possedere. InquadramentoRiguardo all'effettivo espletamento della servitù de qua, la norma in commento stabilisce che il diritto alla presa d'acqua si esercita, per l'acqua estiva, dall'equinozio di primavera a quello d'autunno, aggiungendo che, per l'acqua iemale, dall'equinozio di autunno a quello di primavera. Si precisa, poi, che la distribuzione d'acqua per giorni e per notti si riferisce al giorno e alla notte naturali. Si dispone, infine, che l'uso delle acque nei giorni festivi è regolato dalle feste di precetto vigenti al tempo in cui l'uso fu convenuto o in cui si è incominciato a possedere. Nello specifico, il comma 1 riguarda le servitù di presa d'acqua stagionali; in applicazione del principio secondo il quale si computa il giorno iniziale e non quello finale, la norma dispone che la servitù estiva si esercita nel tempo compreso tra l'equinozio di primavera (21 marzo) e quello di autunno (20 settembre), mentre la presa d'acqua invernale si esercita dall'equinozio di autunno (21 settembre) a quello di primavera (20 marzo). La previsione del comma 2 riguarda la distribuzione d'acqua per giorni e per notti che viene regolata secondo i ritmi naturali, intendendo per periodo diurno quello che va dal sorgere del sole al tramonto e per periodo notturno quello che trascorre dal tramonto al levar del sole. Il comma 3 disciplina la derivazione d'acqua nei giorni festivi, consentendo l'uso della stessa nelle feste di precetto, intendendosi per tali le festività religiose previste dalla Chiesa cattolica ed enumerate nel codice di diritto canonico, più che le solennità civili. Ad avviso della dottrina, la norma de qua, la prima tra quelle richiamate dall'art. 1084, disciplina il tempo di esercizio della servitù per l'ipotesi in cui esso non sia regolato dal titolo e, in mancanza, dagli usi locali. In tal caso, essa riveste carattere suppletivo, mentre, quando il titolo fa generico riferimento alle modalità temporali di esercizio della servitù e non soccorrono gli usi locali, la disposizione dell'art. 1085 funge da criterio di interpretazione e da strumento di integrazione delle clausole generiche contenute nel titolo (Branca, in Comm. S.B. 1979, 524). Ad ogni buon conto, la disciplina in commento si applica alle sole servitù c.d. ad intervalli o periodiche, mentre la presa d'acqua continua è disciplinata dall'art. 1080. BibliografiaBiondi, Le servitù, Milano 1967; Caruso - Spanò, Le servitù prediali, Milano 2013; De Tilla, Servitù prediali, in Enc. dir., XIV, Milano, 2007; Gallucci, Servitù prediali: natura, funzione e contenuto del diritto, in Il Civilista, 2010, n. 3, 79; Grosso - Deiana, Le servitù prediali, Torino, 1963; Musolino, Servitù prediali: l'estinzione per rinunzia, in Riv. not. 2013, 368; Terzago G. - Terzago P., Le servitù prediali - Volontarie - Coattive - Pubbliche - Costituzione - Esercizio - Estinzione - Tutela - Le singole servitù, Milano, 2007; Vitucci, Servitù prediali, in Dig. civ., XVIII, Torino 1998; Zaccheo, La tutela possessoria della servitù, in Giust. civ. 1982, II, 215. |