Codice Civile art. 1251 - Garanzie annesse al credito.

Cesare Trapuzzano

Garanzie annesse al credito.

[I]. Chi ha pagato un debito mentre poteva invocare la compensazione non può più valersi, in pregiudizio dei terzi, dei privilegi e delle garanzie a favore del suo credito, salvo che abbia ignorato l'esistenza di questo per giusti motivi.

Inquadramento

Qualora il debitore abbia corrisposto la prestazione in favore del suo creditore, nonostante avesse un controcredito che avrebbe potuto opporre in compensazione, non può più avvalersi, ai fini di ottenere la riscossione del proprio credito, dei privilegi e delle garanzie che assistono tale credito, che siano state accordate da terzi, in loro pregiudizio. E ciò a tutela dei terzi che hanno prestato le garanzie, atteso che il debitore ben avrebbe potuto evitare di attingere alle garanzie qualora avesse eccepito la compensazione (Perlingieri, in Comm. S. B., 1988, 378). In questa prospettiva la norma configura una sanzione nei confronti del debitore che, adempiendo, abbia impedito ai garanti di avvalersi della facoltà di opporre la compensazione. Dalla previsione alcuni traggono il principio che in tale evenienza ricorrerebbe un vero e proprio dovere di eccepire la compensazione (Di Prisco, in Tr. Res., 1999, 316); altri parlano di mero onere (Ragusa-Maggiore, 18). In senso critico altra dottrina ha osservato che la norma sarebbe anacronistica, in quanto mero residuo del principio ormai superato dell'operatività ipso iure della compensazione (Schlesinger, 726). Qualora l'adempimento del debitore sia parziale, la compensazione può realizzarsi per il residuo e i garanti sono così liberati esclusivamente nei limiti dell'adempimento effettuato. La disposizione può essere oggetto di deroga dalle parti, qualora i garanti prestino il consenso a mantenere le garanzie anche ove il debitore-creditore adempia anziché far valere la compensazione.

L'ignoranza per giusti motivi

La norma prevede che la decadenza dai privilegi e dalle garanzie prestate dai terzi, qualora il debitore adempia, anziché eccepire la compensazione, non opera quando il debitore ignori l'esistenza del proprio controcredito per giusti motivi. Si tratta di una clausola di salvezza di tali garanzie nonostante l'adempimento. In realtà la disposizione esige due condizioni affinché tale clausola operi: non deve esservi ignoranza; ma in più quest'ultima deve essere ricondotta alla ricorrenza di giusti motivi. Sicché l'ignoranza colpevole non giova al debitore. La condizione di ignoranza può riguardare sia l'esistenza del credito sia la sussistenza dei requisiti di compensabilità. Non può invece attenere alla non consapevolezza, per definizione colpevole, in ordine alla possibilità che in presenza di un controcredito il nostro ordinamento giuridico prevede il meccanismo della compensazione (Perlingieri, in Comm. S. B., 1988, 380). I giusti motivi devono essere ponderati secondo il parametro dell'ordinaria diligenza e la prova della relativa integrazione è a carico del debitore adempiente. Si ritiene che i giusti motivi siano integrati anche quando la compensazione sia impedita dall'interesse di terzi qualificati; in tale evenienza il debitore, quand'anche adempia, non perderà le garanzie che assistono il proprio controcredito (Perlingieri, in Comm. S. B., 1988, 380).

Bibliografia

Barassi, La teoria generale delle obbligazioni, III, Milano 1964; Buccisano, La novazione oggettiva e i contratti estintivi onerosi, Milano 1968; De Lorenzi, voce Compensazione, in Dig. civ., 1988; Favero, voce Confusione, in Enc. dir., Milano 1961; Giacobbe-Guida, Remissione del debito (diritto vigente), in Enc. dir., Milano, 1988; Magazzù, voce Novazione (diritto civile), in Enc. dir., Milano 1978; Ragusa-Maggiore, voce Compensazione (diritto civile), in Enc. dir., Milano, 1961; Rescigno, voce Novazione (diritto civile), in Enc. dir., Milano 1965; Schlesinger, voce Compensazione, in Nss. D. I., Torino, 1959; Tilocca, voce Remissione del debito, in Nss. D. I., Torino, 1968.

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