Codice Civile art. 1818 - Impossibilità o notevole difficoltà di restituzione.

Caterina Costabile

Impossibilità o notevole difficoltà di restituzione.

[I]. Se sono state mutuate cose diverse dal danaro, e la restituzione è divenuta impossibile o notevolmente difficile per causa non imputabile al debitore [1256], questi è tenuto a pagarne il valore, avuto riguardo al tempo e al luogo in cui la restituzione si doveva eseguire.

Inquadramento

Qualora sono state mutuate cose diverse dal danaro e la loro restituzione fosse divenuta impossibile o notevolmente difficile per causa non imputabile al debitore, l'art. 1818 dispone che il mutuatario, anziché restituirle in natura, sarà «tenuto» a pagarne il valore, avendo riguardo al tempo e al luogo in cui la restituzione si doveva eseguire.

Nonostante la formula usata dal legislatore («sarà tenuto»), si ritiene che, mentre per la prima ipotesi la norma opera in favore del creditore, superando la vicenda estintiva dell'impossibilità sopravvenuta mediante una modificazione oggettiva del rapporto (per sostituzione del pretium alla res dovuta), nell'altra ipotesi essa opera invece a favore del mutuatario, concedendogli la facultas solutionis del valore come mezzo per sottrarsi, se crede, all'onere dell'adempimento in natura divenuto difficoltoso (Giampiccolo, 461).

Ambito di applicazione

Perché possa trova applicazione la disposizione in esame l'impossibilità deve essere assoluta ed oggettiva.

L'art. 1818 non è, dunque, applicabile nel caso che l'impossibilità o la difficoltà di restituzione in natura risultino temporanee (salva l'ipotesi prevista nella seconda parte del secondo comma dell'art. 1256), nonché qualora il genus debitum non può ritenersi estinto perché ha subito per legge soltanto una trasformazione (esempio, conversione di titoli del debito pubblico): in quest'ultimo caso saranno dovute le cose comprese nel genus novum equivalente (Fragali, in Comm. S. B., 407).

In caso di impossibilità parziale il mutuatario può liberarsi mediante l'esecuzione per la parte che è rimasta possibile e mediante il pagamento del corrispettivo in denaro per la restante parte (Teti, 645).

Inoltre la norma non si applica — e qui l'esclusione è testuale — al mutuo di danaro. Ma occorre dire che in base alle disposizioni degli art. 1277 ss. anche la disciplina del mutuo pecuniario non è, sul punto, molto diversa (Giampiccolo, in Tr. G. S.-P., 1972, 97).

Mutamento di valore delle cose

Il debito della restituzione è insensibile ai mutamenti di valore delle cose: il mutuatario ha l'obbligo di restituire cose della stessa specie e qualità di quelle avute a mutuo, non già l'obbligo di restituire un identico valore.

Contro il rischio di un deprezzamento o di un rincaro delle cose, che è rischio naturalmente insito nel differimento della partita di restituzione, le parti possono dunque premunirsi, in quanto la legge non ne faccia specifico divieto, soltanto mediante speciali clausole, la più usata delle quali è quella con cui si àncora il debito di restituzione ad un parametro prefissato (ad esempio, oro, moneta estera, merci, numeri indice, ecc.), così da farne oggetto non più la stessa quantità di cose data in prestito, ma quella quantità, maggiore o minore, che alla scadenza potrà risultare dovuta per ragguaglio alla prescelta unità di misura (Giampiccolo, 462).

Occorre anzi aggiungere che quello appena indicato è, secondo una parte della dottrina, l'unico rimedio possibile, posto che, anche in caso di un mutamento di valore dovuto ad eventi straordinari ed imprevedibili, deve escludersi che le parti possano far ricorso alle norme degli artt. 1467 e 1468: non il mutuante che con la consegna ha compiuto ogni sua prestazione; non il mutuatario posto che l'onerosità cui fanno riferimento le predette norme non può incidere sul criterio di un equo bilanciamento del rischio tra le parti (Giampiccolo, ult. cit.).

Altri autori, invece, ritengono applicabile l'art. 1467 al mutuo oneroso e l'art. 1468 al mutuo gratuito (Carresi, in Tr. Vas., 1957, 148; Fragali, in Comm. S. B., 1966, 410) ritenendo possibile la risoluzione o la riduzione della prestazione ad equità in caso di eccessiva onerosità sopravvenuta a causa di eventi straordinari ed imprevedibili.

L'art. 3, d.l. n. 93/2008 (conv., con modif., dall'art. 1, comma 1, l. n. 126/2008) prevede una specifica forma di tutela per i soggetti che abbiano stipulato un mutuo a tasso variabile finalizzato all'acquisto della prima casa che si sia rivelato eccessivamente oneroso a causa dell'innalzamento dei tassi d'interesse.

Secondo il disposto della norma, il Ministero dell'economia e delle finanze e l'Associazione bancaria italiana definiscono con apposita convenzione, aperta all'adesione delle banche e degli intermediari finanziari, le modalità ed i criteri di rinegoziazione dei mutui a tasso variabile stipulati per l'acquisto, la costruzione e la ristrutturazione dell'abitazione principale anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto in esame.

Bibliografia

Dalmartello, Appunti in tema di contratti reali, contratti restitutori e contratti sinallagmatici, in Riv. dir. civ., 1955; Galasso, Mutuo e Deposito irregolare, Milano, 1968; Gardella Tedeschi, Il Mutuo (contratto di), in Dig. civ., Torino, 1994; Giampiccolo, voce Mutuo, Enc. dir., XXVII, Milano, 1977; Grassani, Mutuo, in Noviss. Dig. it., X, Torino 1964; Mazzamuto, Mutuo di scopo, in Enc. Giur., XX, Roma, 1990.

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