Codice Civile art. 1988 - Promessa di pagamento e ricognizione di debito.

Caterina Costabile

Promessa di pagamento e ricognizione di debito.

[I]. La promessa di pagamento o la ricognizione di un debito dispensa colui a favore del quale è fatta dall'onere di provare il rapporto fondamentale. L'esistenza di questo si presume fino a prova contraria [2944].

Inquadramento

L'art. 1988 disciplina la promessa di pagamento e la ricognizione di debito focalizzando l'attenzione sull'effetto derogatorio del principio generale che regola la distribuzione dell'onere probatorio (art. 2697).

Entrambe, difatti, sollevano il destinatario dall'onere di provare l'esistenza del rapporto fondamentale, che si presume fino a prova contraria e deve essere, oltre che esistente, valido (Cass. III, n. 24451/2020).

La promessa di pagamento e la ricognizione del debito possono essere titolate se contengono il riferimento al rapporto giuridico che ne è alla base, o non titolate in assenza di riferimento al rapporto fondamentale: l'effetto di astrazione processuale previsto dalla norma in esame si determina comunque in entrambe le ipotesi (Cass. III, n. 10574/2007).

La giurisprudenza qualifica sia la promessa di pagamento che la ricognizione di debito come dichiarazioni unilaterali recettizie (Cass. III, n. 2104/2012).

La S.C. ha ritenuto che la ricognizione di debito, come qualsiasi altra manifestazione di volontà negoziale, può risultare anche da un comportamento tacito, purché inequivoco, tale essendo il contegno che nessuno terrebbe se non al fine di riconoscersi debitore, e senza altro scopo se non quest'ultimo (Cass. III, n. 14993/2016).

Nel caso in cui la promessa coesista con l'indicazione del fatto costitutivo del debito suddetto, tale indicazione ha natura di confessione, la quale, avendo valore di prova legale, può essere vinta soltanto a mezzo revoca della stessa, provando, secondo quanto previsto dall'art. 2732, l'errore di fatto o la violenza che ha determinato la dichiarazione (Cass. II, n. 9880/2018).

Natura giuridica

L'orientamento prevalente in giurisprudenza afferma la natura negoziale della promessa di pagamento e della ricognizione di debito (Cass. I, n. 16621/2013; contra Cass. II, n. 9097/2018).

Le tesi negoziale (Branca, in Comm. S.B. 1974, 424; Di Majo, 55) e non negoziale (Graziani, in Tr. Res. 1984, 677), continuano invece a fronteggiarsi in dottrina con varietà di argomenti, pur essendo ampiamente maggioritaria la prima.

Secondo la consolidata giurisprudenza la promessa di pagamento e la ricognizione di debito determinano unicamente un effetto confermativo di un preesistente rapporto fondamentale, venendo ad operarsi, un'astrazione meramente processuale della  causa debendi, comportante una semplice relevatio ab onere probandi per la quale il destinatario della promessa o della ricognizione è dispensato dall'onere di provare l'esistenza del rapporto fondamentale, che si presume fino a prova contraria (Cass. III, n. 31818/2024; Cass. II, n23285/2024).

Si esclude, inoltre, che la promessa o la ricognizione abbiano natura confessoria (Cass. III, n. 13689/2012).

Anche parte della dottrina  aderisce a tale impostazione evidenziando che la disposizione in parola realizza l'intento dell'autore della promessa o della ricognizione di rendere maggiormente sicura per il creditore l'attuazione del suo diritto (Branca, in Comm. S.B. 1974, 412 ss.). Altri autori, invece, criticano l'affermazione di una negozialità che si fa coincidere col solo rafforzamento della posizione processuale del promissario (Camilleri, 120; D'Angelo, in Comm. S. 1996, 548).

Oggetto

Costituisce dato pacifico che l'oggetto della promessa di pagamento e della ricognizione di debito coincida col diritto di credito che si afferma spetti al destinatario della promessa unilaterale.

Con riferimento alla ricognizione di debito ci si è interrogati sulla possibilità di ammettere il riconoscimento di un diritto soggettivo diverso da quello di credito, e ciò con particolare riferimento all'ammissibilità dell'atto ricognitivo di diritti reali su cosa altrui in assenza di una disposizione a ciò espressamente dedicata nella disciplina sulla costituzione o il trasferimento dei diritti reali.

Alcuni autori hanno ammesso la riferibilità della dichiarazione ricognitiva anche a rapporti giuridici reali (Branca, in Comm. S.B. 1974, 428). L'orientamento prevalente in dottrina esclude, tuttavia, l'ammissibilità di forme ricognitive di situazioni reali (Camilleri, 137).

Anche la giurisprudenza si è posta in tale ottica evidenziando che l'atto ricognitivo unilaterale di un diritto reale non vale a determinare quella presunzione di esistenza del diritto ricollegata alla ricognizione di debito dall'art. 1988, essendo questa norma inapplicabile ai diritti reali (Cass. II, n. 10238/2013).

È altresì discussa in dottrina l'ammissibilità di una dichiarazione promissoria o ricognitiva di un debito futuro (in arg. v. Branca, in Comm. S.B. 1974, 442; D'Angelo, in Comm. S. 1996, 467).

La S.C. ha recentemente chiarito che la promessa unilaterale di pagamento di un debito altrui è da considerarsi assolutamente nulla, in quanto non rientra nello schema di cui all'art. 1988 che ha per oggetto il debito dello stesso promittente e non quello di altri soggetti (Cass. II, n. 31296/2023).

Il soggetto legittimato

La giurisprudenza ha sottolineato che ricognizione di debito e la promessa di pagamento devono provenire da soggetto legittimato dal punto di vista sostanziale a disporre del patrimonio su cui incide l'obbligazione dichiarata: da ciò discende che, con riferimento alle persone giuridiche e agli enti collettivi, non può aversi una promessa unilaterale proveniente da persona non munita dei relativi poteri rappresentativi (Cass. II, n. 6473/2012).

La prova liberatoria

La promessa di pagamento e la ricognizione di debito, non costituiscono autonoma fonte di obbligazione, ma determinano un'astrazione meramente processuale della causa debendi, comportante una semplice relevatio ab onere probandi, per la quale il destinatario della promessa o della ricognizione è dispensato dall'onere di provare, sub specie facti, l'esistenza del rapporto fondamentale  (Cass. II, n. 10464/2024). Conseguentemente, in base ai principi generali espressi negli artt. 2727 e 2697, anche la prova contraria deve riguardare la sussistenza o meno di fatti, costitutivi, modificativi od estintivi del diritto (Cass. III, n. 21098/2013).

E nel fornire detta prova contraria il promittente non incontra alcun limite probatorio (Cass. I, n. 6191/2005)

Ne discende, altresì, che l'efficacia vincolante della promessa o della ricognizione viene meno qualora sia giudizialmente provato che tale rapporto non è mai sorto, o è invalido, o si è estinto, ovvero che esista una condizione o un altro elemento relativo al rapporto fondamentale, che possa comunque incidere sull'obbligazione oggetto del riconoscimento (Cass. I, n. 2091/2022).

La S.C. ha all'uopo evidenziato che, affinché detto onere possa dirsi adempiuto, non è sufficiente che l'autore della dichiarazione affermi e dimostri che è stato estinto un altro rapporto fondamentale, essendo invece indispensabile non tanto la dimostrazione che in precedenza esisteva un rapporto di debito e credito e che questo, per qualunque motivo, si è estinto, ma che esisteva «coincidenza concreta tra tale rapporto e quello presunto per effetto della ricognizione di debito e non una mera compatibilità tra i due titoli (Cass. III, n. 11766/2018).

I Giudici di legittimità hanno, inoltre, ritenuto che, nel caso in cui la promessa di pagamento coesista con l'indicazione del fatto costitutivo del debito, tale indicazione ha natura di confessione, la quale, avendo valore di prova legale, può essere vinta soltanto a mezzo revoca della stessa, provando, secondo quanto previsto dall'art. 2732, l'errore di fatto o la violenza che ha determinato la dichiarazione (Cass. II, n. 9880/2018).

L'inversione degli oneri probatori trova un limite nella ipotesi in cui il promittente rinunci, anche implicitamente, al vantaggio dell'inversione dell'onere della prova, tale rinuncia non è tuttavia ravvisabile qualora il promissario si limiti ad indicare il rapporto fondamentale che è fonte dell'obbligazione di pagamento dichiarata nella promessa (Cass. lav., n. 8891/2010).

Discusso è, invece, se sia sufficiente per configurare una revoca implicita l'articolazione di mezzi di prova in relazione all'esistenza del rapporto fondamentale da parte del destinatario della promessa o della ricognizione (in senso favorevole Cass. III, n. 7787/2010). Secondo una parte della giurisprudenza, difatti, la rinuncia al vantaggio probatorio derivante dalla ricognizione di debito richiede un'inequivoca manifestazione di volontà abdicativa, non essendo sufficiente che la parte sollevata dall'onere di provare il rapporto fondamentale ne offra egualmente la prova (Cass. II, n. 13039/2016).

La S.C. ha ritenuto che la rinuncia implicita al vantaggio della dispensa dell'onere della prova del rapporto fondamentale è configurabile quando il beneficiario, nell'azionare il credito, deduca, oltre alla promessa di pagamento, il rapporto ad essa sottostante chiedendo "sua sponte" di provarlo, e non anche quando lo stesso promissario formuli tale richiesta istruttoria per reagire alle eccezioni del promittente (Cass. III, n. 9701/2024; Cass. III, n. 14773/2019).

E' stato, altresì, chiarito che la dichiarazione con la quale taluno si impegna a pagare un debito futuro, non determinato nel quantum, dispensa il creditore dall'onere di provare il rapporto fondamentale, restando, invece, a suo carico la dimostrazione dell'effettivo ammontare della somma pretesa, come cristallizzatosi in epoca successiva alla promessa (Cass. III, n. 3477/2024).

In un recente pronuncia in tema di promessa di pagamento non titolata, si è ritenuto che la mera indicazione del promissario circa la riferibilità della promessa ad altro rapporto, rispetto a quello dedotto dal promittente, non comporta implicita rinuncia ad avvalersi del beneficio dell'astrazione processuale: la rinuncia al vantaggio della dispensa dell'onere della prova del rapporto fondamentale richiede, infatti, una inequivoca manifestazione della volontà abdicativa, la quale è configurabile quando il beneficiario, nell'azionare il credito, deduca, oltre alla promessa di pagamento, il rapporto a essa sottostante con autonoma iniziativa istruttoria (Cass. III, n. 9701/2024).

L'utilizzo dei titoli di credito come promessa di pagamento

La giurisprudenza è costante nell'affermare che i titoli di credito privi di qualche elemento di validità, possono valere come promesse di pagamento.

deve considerarsi, nei rapporti tra traente e prenditore ovvero tra girante e immediato giratario, come promessa di pagamento ai sensi dell'art. 1988 anche nel caso in cui l'azione cartolare non possa essere più esperita per prescrizione (Cass. III, n. 25164/2024; Cass. III, n. 188131/2024).

La S.C. ha, inoltre, chiarito che l'utilizzo della cambiale quale promessa di pagamento, nei rapporti tra le parti del rapporto sottostante, implica l'esercizio dell'azione causale inerente a tale rapporto e, in applicazione dell'art. 1988 grava il debitore dell'onere di provare l'inesistenza di tale rapporto, ovvero l'estinzione delle obbligazioni da esso nascenti (Cass. VI, n. 17850/2017Cass. I, n. 19803/2016).

Nondimeno, il mero possessore di un titolo di credito di cui non risulti né prenditore né giratario deve fornire la prova in ordine alla promessa di pagamento in suo favore, non potendo valere il titolo di credito come promessa di pagamento (Cass. VI, n. 7056/2020).

Bibliografia

Benedetti, Dal contratto al negozio unilaterale, Milano, 1969; Camilleri, Le promesse unilaterali, Milano, 2002; Di Majo, voce Promessa unilaterale (dir. priv.), in Enc. dir., VI, Milano, 1988; Furno, Accertamento convenzionale e confessione stragiudiziale, Firenze, 1948; Gorla, Il contratto, I, Milano, 1954; Sbisà, Promessa al pubblico, in Enc. giur., XXIV, Roma, 1991; Id., La promessa al pubblico, Milano, 1974.

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