Codice Civile art. 2033 - Indebito oggettivo.Indebito oggettivo. [I]. Chi ha eseguito un pagamento non dovuto ha diritto di ripetere ciò che ha pagato. Ha inoltre diritto ai frutti [820 ss.] e agli interessi [1284] dal giorno del pagamento, se chi lo ha ricevuto era in mala fede, oppure, se questi era in buona fede [1147], dal giorno della domanda. InquadramentoNel nostro ordinamento ogni spostamento patrimoniale deve essere giustificato, pertanto l'inesistenza originaria del titolo del pagamento o il suo venir meno costituiscono il presupposto per la ripetizione di quanto versato al fine di ricondurre i patrimoni nella situazione precedente, con il solo temperamento, per quanto riguarda i frutti e gli interessi, derivante dall'eventuale condizione di buona fede dell'accipiens. Si parla a riguardo di condicio indebiti sine causa ovvero di condicio indebiti ob causam finitam per indicare, rispettivamente, l'assenza o il venir meno della giustificazione dello spostamento patrimoniale. La giurisprudenza ha all'uopo rimarcato che nel giudizio di indebito oggettivo l'attore può invocare sia l'invalidità, sia l'inesistenza d'un titolo giustificativo del pagamento: nella prima ipotesi, ha l'onere di provare che il titolo del pagamento sia invalido; nella seconda ipotesi ha unicamente onere di allegare l'inesistenza di qualsiasi titolo giustificativo del pagamento, essendone impossibile la prova positiva, mentre sarà onere del convenuto dimostrare che il pagamento era sorretto da una giusta causa (Cass. III, n. 19902/2015). Un pagamento, per poter dar vita ad un'eventuale pretesa restitutoria di chi asserisce di averlo indebitamente effettuato, deve tradursi nell'esecuzione di una prestazione da parte di quel medesimo soggetto, ovvero il solvens, con conseguente spostamento patrimoniale in favore di altro soggetto, l'accipiens (Cass. III, n. 798/2013). Nella ripetizione di indebito opera il normale principio dell'onere della prova a carico dell'attore il quale, quindi, è tenuto a dimostrare sia l'avvenuto pagamento sia la mancanza di una causa che lo giustifichi (Cass. II, n. 30713/2018). Ai fini della ripetizione dell'indebito oggettivo, non è necessario che il "solvens" versi in errore circa l'esistenza dell'obbligazione, posto che, diversamente dall'indebito soggettivo "ex persona debitoris", in cui l'errore scusabile è previsto dalla legge come condizione della ripetibilità, ricorrendo l'esigenza di tutelare l'affidamento dell'"accipiens" - il quale riceve ciò che gli spetta sia pure da persona diversa dal vero debitore -, nell'ipotesi di cui all'art. 2033 non vi è un affidamento da tutelare, in quanto l'"accipiens" non ha alcun diritto di conseguire, né dal "solvens" né da altri, la prestazione ricevuta e la sua buona o mala fede rileva solo ai fini della decorrenza degli interessi (Cass. VI, n. 7066/2019). L'oggetto della ripetizioneLa dottrina interpreta in maniera ampia il concetto di indebito riferendolo all'adempimento di qualsiasi prestazione non dovuta, consistente vuoi nel versamento di una somma di denaro, vuoi nella consegna di una cosa, nella costituzione di un diritto, o nella esecuzione di un facere (Gallo, Arricchimento in Tr. Sac. 1996, 115). La giurisprudenza aveva inizialmente aderito alla suesposta impostazione dottrinale, evidenziando che il termine «pagamento» utilizzato dall'art. 2033 non è riferibile soltanto ad una somma di danaro, bensì è comprensivo della effettuazione di ogni prestazione derivante da un vincolo obbligatorio, che risulti a posteriori non dovuta, abbia essa ad oggetto un dare o un facere (Cass. III, n. 2029/1982). La S.C. nelle più recenti pronunce ha, invece, ritenuto che chi ha eseguito una prestazione di facere non dovuta non può esperire l'azione di ripetizione dell'indebito oggettivo, dovendo invece ricorrere all'azione generale di arricchimento (Cass. I, n. 6747/2014). Presupposti della ripetizione dell'indebitoTradizionalmente i presupposti per la ripetizione dell'indebito vengono individuati nella prestazione, nel suo carattere non dovuto, cui veniva tradizionalmente affiancato l'ulteriore requisito soggettivo dell'errore del solvens. La dottrina moderna ritiene l'istituto in linea di principio applicabile a qualsiasi prestazione non dovuta (Gallo, in Tr. Sac. 1996, 116). Per quanto attiene al profilo del carattere non dovuto della prestazione si reputa sufficiente che non abbia potuto realizzarsi la causa solvendi programmata dall'accipiens (Rescigno, 1224). La giurisprudenza ha rimarcato che l'azione di ripetizione ex art. 2033 ha per suo fondamento l'inesistenza dell'obbligazione adempiuta da una parte, o perché il vincolo obbligatorio non è mai sorto, o perché venuto meno successivamente, a seguito di annullamento, rescissione o inefficacia connessa ad una condizione risolutiva avveratasi (Cass. III, n. 13207/2013). Pertanto, qualora venga acclarata la mancanza di una "causa adquirendi" - tanto nel caso di nullità, annullamento, risoluzione o rescissione di un contratto, quanto in quello di qualsiasi altra causa che faccia venir meno il vincolo originariamente esistente - l'azione accordata dalla legge per ottenere la restituzione di quanto prestato in esecuzione del contratto stesso è quella di ripetizione di indebito oggettivo (Cass. II, n.14013/2017), e ciò anche quando la controprestazione non sia a propria volta ripetibile, stante l'eccezionalità, e conseguente non estensibilità, delle ipotesi legislative di irripetibilità delle prestazioni eseguite (Cass. III, n. 32696/2024). L'errore del solvens veniva individuato nella convinzione eseguire la prestazione in vista di una causa solvendi in realtà insussistente. Tuttavia, la dottrina recente ha evidenziato che l'art. 2033 si limita ad asserire che chi ha effettuato un pagamento non dovuto ha diritto di ripetere ciò che ha pagato senza alcun riferimento al requisito dell'errore, con conseguente irrilevanza della scusabilità o meno dell'errore stesso (Gallo, 1998, 4). Anche la giurisprudenza ha rimarcato che l'azione di ripetizione di quanto indebitamente pagato prescinde dall'accertamento della scusabilità o meno dell'errore che ha dato luogo all'erronea corresponsione (Cass. lav., n. 17404/2003). La S.C. ha, inoltre, chiarito che la proponibilità dell'azione di ripetizione d'indebito oggettivo non è esclusa dall'avere il "solvens" effettuato il pagamento non già nell'erronea consapevolezza dell'esistenza dell'obbligazione, ma, al contrario, nella convinzione di non essere debitore e, quindi, senza l'"animus solvendi", nemmeno quando tale convinzione sia stata enunciata in una espressa riserva formulata in sede di pagamento (Cass. III, n. 3894/2020). La S.C. ritiene che il diritto della controparte (ferma restando la necessità della relativa domanda) alla restituzione delle somme erogate in esecuzione della sentenza di primo grado sorge per effetto della pronuncia di appello; la caducazione della prima decisione comporta che viene meno ex tunc e definitivamente il titolo delle attribuzioni, sicché la parte ha diritto al ripristino della situazione patrimoniale precedente; la relativa questione non si inquadra nell'ambito dell'istituto dell'indebito, per esserne diverse natura e funzione, e quindi neppure vengono in rilievo gli stati soggettivi di buona o mala fede dell'accipiens (Cass. III, n. 34011/2021; Cass. VI, n. 8309/2020). L'indebito soggettivo ex latere accipientisL'indebito soggettivo ex latere accipientis ricorre quando il debito di colui che ha eseguito il pagamento esiste, ma non verso colui che lo ha ricevuto, ovvero nell'ipotesi in cui il solvens è debitore ma non dell'accipiens. Trattasi di figura non espressamente disciplinata dal nostro ordinamento e tradizionalmente ricondotta nell'ambito dell'indebito ex art. 2033 in quanto anche in siffatta ipotesi il pagamento e la mancanza di titolo sono gli unici presupposti del diritto alla restituzione, mentre resta irrilevante l'errore del solvens (Albanese, 458). Anche la giurisprudenza ritiene che in caso di soggettivo ex latere accipientis a legittimare il solvens alla ripetizione di quanto indebitamente pagato, deve ritenersi sufficiente l'obbiettiva inesistenza di una iusta causa solvendi, non avendo alcuna rilevanza la scusabilità, o meno, dell'errore per effetto del quale il pagamento stesso è stato eseguito (Cass. I, n. 3802/2003). Frutti e interessiL'accipiens indebiti è tenuto a restituire unitamente al bene anche i frutti e gli interessi percepiti in base ad esso. La disposizione in esame stabilisce che l'accipiens di mala fede è tenuto alla restituzione dal giorno del pagamento, mentre chi era in buona fede, è tenuto alle restituzioni solo a partire dal giorno della domanda. La buona fede dell' accipiens al momento del pagamento è presunta per principio generale, sicché grava sul solvens che faccia richiesta di ripetizione dell'indebito l'onere di dimostrare la malafede dell' accipiens all'atto della ricezione della somma non dovuta al fine del riconoscimento degli interessi con decorrenza dal giorno del pagamento stesso e non dalla data della domanda (Cass. I, n. 12362/2024; Cass. VI, n. 13424/2015). Le S.U. intervenute per risolvere un precedente contrasto, hanno statuito che, ai fini del decorso degli interessi in ipotesi di ripetizione d'indebito oggettivo, il termine "domanda", di cui all'art. 2033, non va inteso come riferito esclusivamente alla domanda giudiziale ma comprende, anche, gli atti stragiudiziali aventi valore di costituzione in mora, ai sensi dell'art. 1219 (Cass. S.U., n. 15895/2019). PrescrizioneCostituisce dato pacifico in giurisprudenza (Cass. I, n. 6857/2014) che i rimedi restitutori si prescrivono nel termine ordinario decennale (art. 2946), e non nel termine più breve delle azioni di risarcimento (art. 2947). Il termine di prescrizione inizia a decorrere dalla data del pagamento risultato indebito (Cass. lav., n. 20427/2024; Cass. III, n. 10250/2014). BibliografiaAlbanese, Il pagamento dell'indebito, Padova, 2004; Gallo, Ripetizione dell'indebito. L'arricchimento che deriva da una prestazione altrui, in Dig. civ., Torino, 1998; Moscati, voce Indebito (pagamento e ripetizione), in Enc. dir., XXI, Milano, 1971; Moscati, voce Obbligazioni naturali, in Enc. dir., XXXIX, Milano, 1979; Moscati, Gestione d'affari: pagamento dell'indebito, Bologna, 1981; Navarretta, La causa e le prestazioni isolate, Milano, 2000; Nivarra, Obbligazione naturale, in Dig. civ., Torino, 1995; Perlingieri, Le vicende delle obbligazioni naturali, in Riv. dir. civ., 1969, I, 357; Rescigno, Ripetizione dell'indebito, in Nss. D.I., XV, Torino, 1968. |