Codice Civile art. 2069 - Efficacia.Efficacia. [I]. Il contratto collettivo deve contenere la indicazione della categoria di imprenditori e di prestatori di lavoro, ovvero delle imprese o dell'impresa, a cui si riferisce, e del territorio dove ha efficacia. [II]. In mancanza di tali indicazioni il contratto collettivo è obbligatorio per tutti gli imprenditori e i prestatori di lavoro rappresentati dalle associazioni stipulanti (1). (1) Per i contratti collettivi di diritto comune recepiti in leggi delegate v. l. 14 luglio 1959, n. 741. InquadramentoLa norma dettava i principi fondamentali in tema di efficacia soggettiva e territoriale dei contratti collettivi nell'ordinamento corporativo. Caduto quest'ultimo, essa ha conservato un ristretto ambito di operatività con riferimento ai contratti collettivi corporativi ancora vigenti exart. 43 d.lgs.lgt. n. 369/1944. Nell'attuale ordinamento, stante la perdurante situazione di in attuazione dell'art. 39 Cost., i contratti collettivi di diritto comune, essendo atti di natura negoziale e privatistica, si applicano esclusivamente ai rapporti individuali intercorrenti tra soggetti che siano entrambi iscritti alle associazioni stipulanti (con la precisazione che il potere conferito dal lavoratore al sindacato cessa soltanto con il venir meno del rapporto associativo costituitosi con l'iscrizione del lavoratore al sindacato stesso e, pertanto, salvo che lo statuto di quest'ultimo non preveda il venir meno della rappresentanza sindacale per effetto della risoluzione del rapporto di lavoro, il nuovo contratto collettivo si applica al lavoratore iscritto anche se è cessato il rapporto di lavoro, sempre che quel contratto contenga una clausola che si riferisca all'epoca in cui il lavoratore era in servizio: Cass. n. 29906/2021; Cass. n. 1571/1986), ovvero che, in mancanza di tale condizione, abbiano fatto espressa adesione ai patti collettivi (e, in tal caso, l'obbligo è circoscritto all'applicazione di quello specifico contratto e non si estende automaticamente a tutti quelli temporalmente successivi: Cass. n. 4070/1999) e li abbiano implicitamente recepiti attraverso un comportamento concludente, desumibile da una costante e prolungata applicazione delle relative clausole ai singoli rapporti (v., tra le tante: Cass. n. 42001/2021; Cass. n. 24336/2013). Fanno eccezione i contratti collettivi dichiarati efficaci erga omnes dalla l. n. 741/1959, e, seppur in diversa prospettiva, quelli stipulati nel settore del lavoro pubblico contrattualizzato, poiché l'art. 40 d.lgs. n. 165/2001 — con una disposizione ritenuta costituzionalmente legittima: Corte cost. n. 307/1999 — imponendo alle pubbliche amministrazioni di osservare i contratti collettivi, realizza di fatto una efficacia generalizzata degli stessi. L'adesione tacitaLa giurisprudenza è consolidata, da un lato, nel senso che la ricezione implicita del contratto collettivo può essere desunta da una costante e prolungata applicazione delle relative clausole ai singoli rapporti e, dall'altro, che, al riguardo, non è sufficiente a concretizzare un'adesione implicita, il semplice richiamo alle tabelle salariali del contratto stesso (Cass. n. 10632/2009; Cass. n. 11875/2003; Cass. n. 5596/2001). L'adesione tacita al contratto collettivo implica l'applicazione del complesso delle clausole contrattuali e non di alcune soltanto (Cass. n. 4705/2000). Pertanto è insufficiente la circostanza che il datore di lavoro abbia proceduto all'applicazione di alcune clausole del contratto contestandone esplicitamente altre, dovendosi escludere in tal caso che il contratto stesso possa avere efficacia vincolante nei suoi confronti anche per quanto riguarda le clausole da lui contestate (Cass. n. 319/1996; Cass. n. 10654/1990). Invece l'attribuzione al lavoratore, operata con esplicito riferimento alla disciplina dettata dalla contrattazione collettiva, di un inquadramento professionale di livello inferiore rispetto a quello cui il lavoratore avrebbe avuto diritto, alla stregua della stessa contrattazione collettiva, in relazione alle mansioni in concreto espletate, è stata valutata, non come una manifestazione di volontà di segno contrario all'adesione a detta disciplina, bensì come una sua erronea applicazione (Cass. n. 10375/2001). Nella giurisprudenza maggiormente risalente non mancano affermazioni secondo le quali, al fine di ritenere che il datore di lavoro abbia aderito implicitamente al contratto collettivo, sarebbe sufficiente la sistematica applicazione delle clausole maggiormente rilevanti (Cass. n. 6412/1993; Cass. n. 4303/1986). Le disposizioni sul trattamento economicoSecondo il tradizionale orientamento della giurisprudenza, l'impossibilità di diretta applicazione del contratto collettivo al datore di lavoro non iscritto alle organizzazioni stipulanti non esclude che il giudice possa far riferimento alle tariffe salariali previste da quel contratto, per determinare la retribuzione proporzionata, ai sensi dell'art. 36 Cost., alle mansioni svolte dal lavoratore (Cass. n. 27138/2013; Cass. n. 18584/2008; Cass. n. 5519/2004). Per ulteriori riferimenti, v. sub art. 2099. I contratti collettivi efficaci erga omnesLa l. n. 741/1959 ha attribuito efficacia erga omnes ai contratti collettivi recepiti nei decreti legislativi emanati in base ad essa. La Corte costituzionale ha chiarito che il conferimento dell'efficacia generale alle clausole contrattuali in questione non ne altera la natura e i limiti (Corte cost. n. 106/1962), con la conseguenza che che l'eventuale contrasto con norme imperative di legge e a maggior ragione con precetti costituzionali non dà luogo ad una questione di competenza della Corte costituzionale, ma ad un problema di mera interpretazione, rimesso, secondo i principi, al giudice ordinario (Corte cost. n. 107/1962; Corte cost., n. 129/1963; Corte cost., n. 120/1974). L'efficacia territorialeVenuto meno, a seguito della soppressione dell'ordinamento corporativo, il principio espresso dalla norma in commento (secondo cui l'efficacia nello spazio del contratto collettivo, coincidendo con la sfera di competenza delle associazioni professionali, non poteva da queste essere esteso oltre il territorio dello Stato, con conseguente inevitabile inapplicabilità dei contratti collettivi corporativi al lavoro degli italiani all'estero), la giurisprudenza adotta l'opposta impostazione in base alla quale l'ambito territoriale di efficacia del contratto collettivo non è necessariamente e neppure presuntivamente limitato al territorio nazionale, ma va accertato in base ad un'interpretazione delle singole clausole contrattuali, diretta a stabilire quali siano neutre rispetto al luogo della prestazione e, dunque, valevoli anche per l'attività svolta all'estero (Cass. n. 8668/1996). Tale accertamento deve essere compiuto in base al criterio dell'interpretazione secondo buona fede, valutando cioè la funzionalità causale del contratto in relazione alla particolare situazione che si presenta, dovendosi in particolare escludere la sussistenza della funzionalità, parziale o totale, del contratto collettivo, in presenza di una convenzione individuale che abbia regolato in via autonoma la materia, convenzione che, pur nella sua autonomia, non può tuttavia assicurare una tutela economico-normativa globalmente inferiore rispetto a quella prevista dal contratto collettivo (Cass. n. 6652/1994). Si tenga conto però che, a norma dell'art. 2 d.l. n. 317/1987, conv. con modif., in l. n. 398/1987, il contratto di lavoro dei lavoratori italiani da impiegare o da trasferire all'estero deve necessariamente prevedere un trattamento economico e normativo complessivamente non inferiore a quello previsto dai contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative per la categoria di appartenenza del lavoratore. I contratti collettivi aziendaliLa giurisprudenza sembra ormai consolidata nel senso che i contratti collettivi aziendali sono applicabili a tutti i lavoratori dell'azienda, ancorché non iscritti alle organizzazioni sindacali stipulanti, con l'unica eccezione di quei lavoratori che, aderendo ad una organizzazione sindacale diversa, ne condividono l'esplicito dissenso dall'accordo e potrebbero addirittura essere vincolati da un accordo sindacale separato (Cass. n. 31201/2021; Cass. n. 6044/2012; Cass. n. 11939/2004; ). Anche in dottrina è largamente diffusa la tesi dell'efficacia generale del contratto collettivo aziendale per tutti gli appartenenti alla collettività aziendale. Conclusione fondata, a volte, su ricostruzioni che fanno riferimento alla capacità rappresentativa dei soggetti stipulanti (Ferraro 1981, 275; Caruso, 158), altre volte su dati oggettivi e, in particolare, sull'indivisibilità dell'interesse dedotto nel regolamento contrattuale, la quale implicherebbe necessariamente l'applicazione generalizzata del contratto, poiché la stessa materia oggetto di contrattazione coinvolge necessariamente gli interessi di tutti i lavoratori dell'impresa (Dell'Olio, 170). Un più immediato riscontro della posizione assunta dalla giurisprudenza si ritrova in quella dottrina che, muovendo dalla concezione del contratto collettivo quale fonte di fatto, lo ritiene capace di imporsi al dissenso individuale, facendo però salvo, in omaggio al principio di libertà sindacale, il dissenso sindacale (Proia 1994). La giurisprudenza ha però precisato che la regola secondo cui i contratti o gli accordi collettivi aziendali sono applicabili a tutti i lavoratori dell'azienda, ancorché non iscritti alle organizzazioni sindacali stipulanti (con l'unica eccezione di quei lavoratori che, aderendo ad una organizzazione sindacale diversa, ne condividono l'esplicito dissenso dall'accordo medesimo), non vale nell'ipotesi di trasformazione del rapporto di lavoro subordinato a tempo pieno in rapporto a tempo parziale ai sensi dell'art. 5 d.lgs. n. 61/2000 (v., ora, art. 8 d.lgs. n. 81/2015), in quanto tale trasformazione, seppure prevista da un contratto collettivo aziendale come strumento alternativo alla collocazione in mobilità, non può avvenire a seguito di determinazione unilaterale del datore di lavoro, ma necessita in ogni caso dell'esplicito consenso scritto del lavoratore (Cass. n. 16089/2014). 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